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Lesioni - Cassazione Penale: sussistono le lesioni gravi se il successivo infarto della persona offesa era prevedibile

Lesioni - Cassazione Penale: sussistono le lesioni gravi se il successivo infarto della persona offesa era prevedibile
Lesioni - Cassazione Penale: sussistono le lesioni gravi se il successivo infarto della persona offesa era prevedibile

La Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini della valutabilità delle aggravanti del delitto di lesioni, la necessaria previsione o prevedibilità dell’evento integrante una delle suddette circostanze sussiste quando la condotta dell’agente riveli l’intenzione di arrecare notevole danno alla vittima o, in mancanza di una simile condotta, quando concorrano particolari condizioni fisiche o di salute della persona offesa, sia apparenti che prevedibili in ragione dell’età, del sesso e quant’altro nel caso specifico possa ragionevolmente essere preso in considerazione ai suddetti fini.

 

Il caso in esame

In primo grado, i giudici del Tribunale avevano condannato un soggetto per il delitto di lesioni personali gravi ai sensi degli articoli 582 e 583, comma 1, n. 1, del Codice Penale, per aver provocato, con uno schiaffo vigoroso, alla persona offesa uno stress emotivo con infarto del miocardio acuto, dal quale era derivata una malattia che aveva messo in pericolo la vita della persona offesa.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello, che aveva confermato la penale responsabilità dell’imputato, la difesa proponeva ricorso per Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli articoli 59 e 583, comma 1, n. 1, del Codice Penale, in quanto, secondo il ricorrente, non era stato provato che l’imputato avesse conoscenza delle condizioni di cardiopatia della vittima, in virtù del fatto che l’articolo 59 del Codice Penale richiede la conoscenza da parte dell’agente delle aggravanti ai fini della loro imputabilità.

 

La decisione della Suprema Corte

Sul punto, i giudici di legittimità hanno ritenuto il ricorso fondato.

Come osservato in sentenza, l’articolo 59 del Codice Penale “richiede espressamente che le circostanze aggravanti, siano esse antecedenti, contemporanee o successive alla condotta dell’agente, possono essere valutate a carico di quest’ultimo soltanto se da lui conosciute, ignorate per colpa, o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa, imponendo all’interprete, quindi, la verifica della presenza di un elemento soggettivo nell’agente”.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, “nel reato di lesioni volontarie la previsione o la prevedibilità dell’evento integrante una delle circostanze aggravanti di cui all’art. 583 cod. pen. e, conseguentemente, la valutabilità della stessa a carico dell’agente, ai sensi del disposto dell’art. 59 comma secondo cod. pen., deve ritenersi sussistente quando la condotta dell’agente per la qualità del mezzo adoperato, la direzione, la violenza, la reiterazione dei colpi, di per sé riveli l’intenzione di arrecare notevole danno alla vittima. Nell’ipotesi in cui la condotta non assuma i caratteri enunciati, la valutazione della prevedibilità deve essere fatta da caso a caso, e, quando all’esito grave o gravissimo concorrano particolari condizioni fisiche o di salute della persona offesa, occorre tener conto, oltre che della situazione “apparente” della vittima, che riveli le sue particolari condizioni di salute, anche di quella prevedibile in relazione all’età, al sesso e a quant’altro nel caso specifico possa ragionevolmente essere preso in considerazione ai fini di cui sopra”.

Applicando tali principi, la Corte di Cassazione ha ritenuto che i giudici dell’impugnata sentenza non avessero motivato adeguatamente in ordine alla ritenuta consapevolezza da parte dell’imputato delle condizioni di salute della vittima, già cardiopatica, e alla prevedibilità dell’evento infartuale, integrante la circostanza aggravante di cui all’articolo 583, comma 1, n. 1, del Codice Penale, come conseguenza della propria condotta.

E, infatti, tra le parti sussisteva esclusivamente un rapporto di vicinato, circostanza non sufficiente a provare l’effettiva conoscenza o anche la sola conoscibilità da parte del ricorrente delle precarie condizioni di salute della persona offesa.

Per tali ragioni, la Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello territorialmente competente per un nuovo esame.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 3 settembre 2018, n. 39436)