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Pirateria marittima e riciclaggio internazionale

Maritime piracy and international money laundering
I colori delle albe e dei tramonti
Ph. Ermes Galli / I colori delle albe e dei tramonti

Abstract

Il seguente articolo si prefigge di illustrare brevemente il rapporto tra pirateria marittima e riciclaggio, in un contesto storico quello attuale difficile sul profilo economico e quello sociale con le spiacevoli ripercussioni internazionali che ben conosciamo. Nel testo vengono affrontate, basandosi su elementi storico-giuridici, le dinamiche sociali ed economiche legate all’attività del commercio marittimo. In particolare quando, nello specifico a questa attività, avvengono da parte di organizzazioni criminali usi strumentali, in modo diretto o indiretto, alla realizzazione di condotte illecite come il riutilizzo illecito di capitali e di beni. Inoltre vengono individuate le fonti e i possibili flussi di capitali (illeciti) generati dalla pirateria marittima, con il loro successivo trasferimento e le possibili tecniche per occultare la loro provenienza. Si è tentato di presentare un identikit degli autori, i modus operandi, i mezzi e le finalità perpetrate. Un fenomeno, quello dell’attuale condotta di pirateria marittima, che desta preoccupazione alla comunità internazionale dovuto, in particolare, al numero crescente attacchi, un incremento che non si registrava dal 2009. Infine, l’obiettivo dell’elaborato è trasmettere informazioni e conoscenze a professionisti del settore finanziario, che quotidianamente per professione o per attività di ricerca, si occupano di monitorare, segnalare e contrastare i reati economici internazionali così da garantire una sana circolazione economica di denaro e beni.

The aim of the article is to briefly illustrate the relationship between maritime piracy and money laundering in the current difficult economic and social context with the unfortunate international repercussions we are all familiar with. In the text, the social and economic dynamics linked to the activity of maritime trade are addressed, based on historical-legal elements. In particular, when, specifically in this activity, criminal organisations use it as a direct or indirect instrument for illicit conduct such as the illicit re-use of capital and goods. Furthermore, the sources and possible flows of (illicit) capital generated by maritime piracy are identified, with their subsequent transfer and concealment of their origin. An attempt has been made to present a sketch of the perpetrators, their modus operandi, means and purposes. The current piracy is a phenomenon that is causing concern to the international community, especially in terms of the number of attacks, an increase not seen since 2009. Finally, the aim of the paper is to transmit information and knowledge to professionals in the sector economic, who on a daily basis, whether by profession or research, are involved in monitoring, reporting and combating international economic crime so as to ensure the healthy economic circulation of money.

 

Sommario

1. Introduzione

2. Il Diritto Penale della navigazione

3. Cenni storici e profili evolutivi della pirateria marittima

4. Definizione, fonti normative interne e sovranazionali al contrasto alla pirateria

5. La quantificazione economica dei proventi illeciti originati dalla pirateria marittima

6. Il riciclaggio come strumento per collocare, stratificare e integrare la provenienza illecita

7. Il contrasto operativo alla pirateria marittima. Il ruolo della Marina Militare Italiana

 

Summary

1. Introduction

2. The Criminal Law of Navigation

3. Historical background and evolutionary profiles of maritime piracy

4. Definition, internal and supranational regulatory sources to combat piracy

5. Economic quantification of illicit proceeds from maritime piracy

6. Money laundering as a tool to place, stratify and integrate illicit origin

7. The operational fight against maritime piracy. The role of the Italian Navy

 

1. Introduzione

Per alcune settimane durante il mese di marzo, i principali notiziari del mondo riportavano le immagini di un grande nave mega cargo porta-container della compagnia Ever Given, lunga 400 metri e larga 59 mt, con un’altezza di 15/20 piani (mt), incagliatosi in modo orizzontale tra le coste del Canale di Suez causando il blocco della tratta che inizia dal Canale sino alla via della Seta, bloccando per quasi una settimana l’intero traffico marittimo in una delle tratte commerciali marittime più importanti, infatti questo tratto collega l’Europa con L’Asia, senza dover passare e fare il giro del continente africano. Tale tratto rappresenta circa il 20% del trasporto marittimo internazionale. La stima dei danni causati dal blocco, secondo gli economisti, è di circa 59 miliardi di dollari. Difatti nel 2020 si sono contati in quello stesso tratto 19 mila transiti, quasi una media di 51 al giorno. I suddetti fatti evidenziano quanto sia importante e dia peso, sul profilo economico e quello logistico, l’attività di commercio marittimo ricompresa nelle sue più svariate tipologie. Tale attività è riconducibile in molti ordinamenti come un principio alla libera iniziativa economica è quindi meritevole di tutela da parte degli ordinamenti nazionali e internazionali soprattutto attraverso la predisposizione di organi di polizia per la sua sicurezza, integrità e inviolabilità, secondo i modi e nelle forme stabilite dal legislatore. Secondo i dati del 2019, pubblicati dall’UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development) viene indicato che tra il decennio 2008-2018 il commercio marittimo è aumentato del 57% (tenendo conto che i 4/5 del commercio mondiale, in tonnellate, è trasportato via mare), per cui si prevede che avverrà un graduale aumento del traffico anche nei prossimi anni[1]. Purtroppo si verifica sempre più con maggiore frequenza l’utilizzo strumentale dell’attività marittima commerciale da parte di organizzazioni criminali, in particolare attraverso le condotte di pirateria marittima verso navi commerciali sulle principali rotte intercontinentali con l’intento di appropriarsi, in modo illegittimo e con l’uso della violenza, delle merci trasportate. Da questa attività e da più indagini da parte di diversi organismi internazionali, si è dimostrato che le successive conseguenze di tali atti di pirateria sono state il riutilizzo illecito dei beni rubati e il successivo collocamento verso il commercio illegale nel c.d. “mercato nero[2]. Ritorna dunque a incutere timore la pirateria marittima che già dall’inizio del 2021 conta nel primo trimestre più di 5 attacchi. Nel report dell’autorità di monitoraggio internazionale IMB (International Maritime Bureau) – Piracy Reporting Centre e dalla ICC (International Chamber of Commerce), i numeri riguardanti gli attacchi in mare per il 2020 sono stati 195, rispetto ai 162 del 2019, con un aumento del 20,04% per fatti principalmente accaduti nel Golfo di Guinea e di Singapore. Le navi abbordate sono state 161 (130 nel 2019), quelle oggetto di tentato assalto 20 (17), quelle oggetto di colpi d’arma da fuoco 11 (11) e quelle sequestrate 3 (4). Nel corso degli incidenti dello scorso anno sono stati rapiti 135 marittimi (134), 9 sono stati feriti (7), 8 minacciati (6) e 34 presi in ostaggio (59). Con le attuali difficoltà economico-sanitarie originate dalla pandemia, il ricorso a questa pratica criminale marittima si prevede che subirà, nel prossimo triennio 2020-2023, un ulteriore aumento. La pirateria marittima non è la sola e unica condotta criminale che genera proventi illeciti; vi sono infatti altre condotte tipiche dei reati marittimi come l’immigrazione clandestina che rappresenta un vero business milionario per gli scafisti che imbarcano migranti provenienti dall’Africa, Medio Oriente e Asia, con l’obiettivo drammatico di far arrivare questi ultimi in Europa[3]. Si aggiunge l’ulteriore fenomeno criminale internazionale del narcotraffico internazionale di droga con corrieri provenienti dalle coste del Nord Africa e Sud America e diretti alle coste degli Stati Europei[4]. Lo scopo di questo excursus consiste in sostanza nel presentare la natura delittuosa della pirateria marittima, tracciando un profilo metodologico, storico e nel contempo d’individuare i diversi collegamenti economico-internazionali che sussistono con la fattispecie di reato di riciclaggio, sempre più con un maggiore coinvolgimento internazionale[5].

 

2. Il Diritto Penale della navigazione

Ogni ordinamento penale, per mezzo di un sistema codificato, prende in esamina in modo tassativo e fuori da qualsiasi riferimento analogico verso altri ordinamenti tutta una serie di fattispecie criminose considerate antigiuridiche o illecite in quanto in contrasto con i dettati costituzionali di uno Stato moderno. In generale, riconducendo ad una fattispecie astratta una normativa imperativa di fare o non fare, suscettibile di sanzione penale, si concretizza il reato. Nel nostro ordinamento penale vengono dettati dei principi generali che necessitano di un contenuto per l’identificazione della fattispecie illecita per l’impossibilità del singolo legislatore di configurare tutti i reati, tuttavia come materia generale il legislatore ne disegna i profili essenziali tali da considerarli “speciali” rispetto a quelle materie giuridiche cc.dd. “Generali” o “Autonome” come per esempio: il Diritto Commerciale, il Diritto Pubblico o il Diritto Privato etc. […] Tuttavia tale specialità della materia penale, nei cui confronti è interdetta l’applicazione analogica (art. 14 delle preleggi e art. 25, comma 2, Costituzione: Principio della stretta legalità) spesso viene in aiuto ai diversi ordinamenti per colmare lacune normative e procedurali, così da attribuire una maggiore rilevanza giuridica alle nuove molteplici discipline del diritto moderno[6]. Così le locuzioni reato e navigazione che unite assumono un’autonoma disciplina giuridica denominata Diritto Penale della Navigazione, regolamentata dal Codice della Navigazione[7]. Difatti la ratio del legislatore, nell’emanare il Codice della Navigazione del 1942, è stata quella di regolamentare in un singolo libro più istituti e principi generali nelle sole discipline della navigazione marittima e aerea che non si esauriscono alla sola navigazione, in termini generali di confini di territorio o conoscenze in ambito tecnico, ma presentano l’unione di più discipline giuridiche (es., il Diritto Internazionale, il Diritto Amministrativo, il Diritto Processuale Civile e Penale, il Diritto Commerciale e al Diritto del Lavoro). Così il ruolo del Diritto Penale nel Codice della Navigazione, con riferimento ai principi generali e ai criteri di imputazione al reato. Basti qui pensare alla distinzione tra “delitti e contravvenzioni” (cfr. art. 39 codice penale), alla responsabilità penale (cfr. Art. 27 Cost.) laddove si trova un’autonoma applicazione nella responsabilità personale dell’equipaggio e del capitano. Una volta individuato il contenuto giuridico del diritto penale della navigazione e i riferimenti normativi generali di esso[8], esistono poi alcune fattispecie interne al Codice della navigazione che sono disciplinate dal Diritto Penale marittimo come una ulteriore specifica branca giuridica che tralascia il comparto penale riguardante l’attività aerea per trattare le sole fattispecie penali del ramo marittimo (cc.dd. Reati marittimi)[9]. Per reato marittimo s’intende la commissione di un fatto avvenuto in mare, in acque nazionali e internazionali, a bordo o per mezzo di una imbarcazione marittima, per la quale i suoi membri abbiano commesso un reato con successiva applicazione di una pena detentiva o pecuniaria prevista dai suddetti codici (Diritto Penale e Codice della Navigazione)[10]. I reati marittimi, per il compimento o la realizzazione di condotte attive e omissive da parte dei loro armatori o equipaggio, provocano anche un danno diretto a istituzioni, organi internazionali per cui il legislatore internazionale con gli anni ha dovuto attribuire una maggiore tutela giuridica con l’individuazione di un soggetto (persona fisica o giuridica) “leso”, ossia offeso sul profilo della reputazione e con ripercussioni economico-penali (es., danno contro la personalità dello Stato nei casi in cui una imbarcazione attacchi un’altra; nel caso in cui con questa si commetta un illecito ambientale: azioni dirette a destabilizzare la sicurezza della navigazione, la fede pubblica, la proprietà della nave e infine la lesione contro la persona e la sua dignità, come per esempio nei casi di commercio di schiavi o di omicidio)[11].

 

3. Cenni storici e profili evolutivi della pirateria marittima

La storia dei pirati e delle loro imprese è molto più remota di quanto il cinema o i romanzi possano raccontare. Difatti il reato di pirateria, a passo con il reato di omicidio, è considerato uno dei reati più antichi della storia; questo perché è iniziato e tutt’ora si evolve con la disciplina del commercio marittimo. Fin da quando l’uomo ha ritenuto necessario spostarsi e trasportare beni da un luogo ad un altro la disciplina della pirateria è mutata in continuazione[12]. I libri di storia ci insegnano però che non era e non è facile viaggiare in mare, a volte ci voleva tempo, pazienza e con molte insidie da affrontare. Le prime forme di navigazione tra porti vicini, per fini commerciali, risalgono ai tempi dell’Egitto (5.000-3.000 a.C.) quando il principale porto marittimo verso il Mediterraneo era il delta del Nilo, il cuore del commercio e della ingegneria navale con le spedizioni di esportazione e importazione su zattere di papiro e successivamente su imbarcazioni di legno (legni d’acacia e fico sicomoro, gli unici alberi alti e presenti nella regione) lunghe anche fino a 56 mt con imponenti vele; imbarcazioni ricche di beni come oro, stoffe pregiate, viveri diretti verso i porti prima egiziani e successivamente nel Mediterraneo. A passo con lo sviluppo della navigazione sono anche aumentati gli interessi da parte di predoni o briganti, principalmente insediati nelle coste della Cilicia, Creta e dell’Illiria, con l’intento di depredare le navi di passaggio. Le imbarcazioni spesso non venivano affondate ma venivano riutilizzate, i beni al loro interno venivano consumati o rivenduti e le povere vittime vendute nei mercati locali come schiavi. Nel successivo periodo storico, la Penisola Greca con le sue coste rappresentava un ottimo rivale commerciale per l’Egitto, più vicino all’Italia e con i porti del Mediterraneo con maggiori possibilità di esportazione di prodotti nuovi e più interessanti, a causa soprattutto di un clima più favorevole e permissibile. Arrivando all’epoca Romana, l’attività principe era il trasporto marittimo tra le diverse province romane di prodotti e schiavi. I mari in quel tempo erano costantemente minacciati dai pirati barbari e l’Impero Romano con diversi interventi cercò di ristabilire la sicurezza alla navigazione marittima; per prima cosa nei viaggi lunghi alle navi romane si assicurò una scorta con navi d’appoggio militare, inoltre da fonti storiche fu approvata nel 67 A.C., dal Senato, la Lex Gabinia: una legge che prevedeva l’attribuzione di poteri e risorse economiche a Gaio Pompeo Magno (106 a.C. – 48 a.C.), un militare e politico romano, per fronteggiare le minacce e le violenze dei pirati; compito che portò a termine circa tre anni dopo. Si può stabilire con certezza che l’Impero Romano, attraverso il suo reparto di marina militare è stato il primo soggetto pubblico a formare e organizzare un corpo militare con funzioni di polizia marittima. Successivo alla caduta all’Impero Romano D’Occidente nel 476 d.C., con l’insediamento del Regno Romano-Barbarico, la principale minaccia proveniva dal Regno dei Vandali tanto che i Visigoti dovettero emanare delle leggi speciali per reprimere il dilagare della condotta di pirateria attraverso disposizioni racchiuse nella Lex burgundiourum e Lex romana visigothorum. Una nuova forma di pirateria sorgeva però dall’Oriente islamico che con saraceni, turchi, algerini e pirati barbareschi rendeva i mari ancora più insicuri alla navigazione. In poco tempo (circa 300 anni) iniziò un colonialismo da parte di quest’ultimi dall’Africa Settentrionale fino a stabilirsi con insediamenti in Sicilia, nel Mezzogiorno e in Spagna[13]. Con la successiva scoperta dell’America nel 1492 sorgono però problemi di stabilità geopolitica tra Stati e Colonie, cosa che in poco tempo determinerà ripercussioni su entrambi i versanti. Fino al XVIII secolo continueranno queste battaglie con conseguenze anche in ambito politico-religiose tra gli Stati Europei in relazione all’evoluzione degli interessi economico-commerciali verso le colonie; contrasti che con il passar degli anni diventarono insostenibili tanto da arrivare all’indipendenza di alcuni di questi dalla Madrepatria. Difatti tra il XIV e il XVII, con l’età del colonialismo, la pirateria non sarà più diretta a depredare una qualsiasi nave ma ad attaccare le imbarcazioni appartenenti a colonie nemiche o appartenenti alla Madrepatria, per saccheggiarle. A tale proposito è molto interessante sul profilo giuridico l’evoluzione della condotta di pirata, che muta per interessi economico-politici; infatti si passa da essere un “pirata” a un corsaro: colui che come comandante di una nave privata viene autorizzato dal proprio stato ad attaccare bastimenti nemici, ricevendo dallo Stato dei benefici, premi e protezione per le sue imprese. A testimoniare ciò vi sono ad esempio i resti dei galeoni spagnoli affondati che trasportavano oro e pietre preziose provenienti dal Sud America o di quelli olandesi e inglesi che venivano attaccati per depredare viveri e tessuti pregiati provenienti dal Nord e Centro America e diretti in Europa. Con gli eventi della Rivoluzione Francese e l’avvio delle codificazioni giuridiche tra il XVII e XVIII secolo, sorgono maggiori diritti e tutele verso il settore della navigazione e la sicurezza marittima, e se pur permanendo la minaccia della pirateria gli attacchi si verificavano di rado. Giungendo al 20esimo secolo, il fenomeno criminale della pirateria si è attenuato. Alti livelli di preoccupazione e di rischio sono incrementati però dal 2008 in Somalia, in alcune zone dell’Africa settentrionale e Oceano Indiano.

 

4. Definizione, fonti normative interne e sovranazionali al contrasto alla pirateria

Con l’analisi del fenomeno della pirateria marittima, si colgono nell’immediato due macro dati empirici relativi al reato di pirateria: chi è l’autore del fatto e dove questo avviene: “…in alto mare da parte di una nave privata contro un’altra nave: violenza non autorizzata dallo Stato di cui la nave avesse la nazionalità ed esercitata con intenti di depredazione…”[14]. Il reato di pirateria marittima consiste in una condotta soggettiva di natura dolosa specifica che contiene in sé diverse tipologie di fattispecie penali, autonome ma collegate tra loro. “In primis” il Codice di Diritto Penale italiano disciplina in linea generale il reato di rapina (art. 628 c.p.); qualora (i soggetti pirati) ricerchino maggiore profitto si può configurare anche il sequestro di persona o il rapimento (art. 605 c.p.) e successivamente l’estorsione (art. 629 c.p.). In casi più gravi si arriva all’omicidio (art. 575 c.p.). In sostanza la condotta se perpetrata in mare segue questo iter: abbordare la nave e prendere in modo illegittimo e con l’uso della forza e per mezzo di armi da fuoco il possesso di un bene (la stessa nave o il suo contenuto), di poi valutare la possibilità di un profitto maggiore con il rapimento della persona (personale di bordo) per la quale si chiede un riscatto economico o per riavere la nave con il suo contenuto o la/le persona/e sequestrata, con il rischio per lo Stato coinvolto di non avere la certezza della restituzione sia dell’uno che dell’altro. L’altro elemento è invece rappresentato dalla particolarità del luogo dove si consuma il reato ossia in mare e con la presenza almeno di due imbarcazioni (tipico caso in cui la normativa dettata nel Diritto Penale si integra, come ampliamento della fattispecie penale, nel diritto della Navigazione)[15].

I pirati, vengono chiamati in arabo «JIN» (Diavolo, e in Somalo «Burcad baded»). Disegnando un profilo di azione degli autori di questi gesti si comprende uno stile di vita drammatico dei medesimi: sono sempre in gruppo come “fratelli”, sono giovani (a volte dai 17 anni ed oltre), intraprendenti, con ambizioni, con risorse economiche precarie e che vivono prevalentemente nella costa, in case di paglia o muratura, a volte sono nomadi o pescatori alle dipendenze di mercenari o dittatori locali, conosciuti anche come “i signori della guerra” (capi tribù locali, potenti criminali).

I neo pirati che vengono scelti devono dimostrare molto coraggio; seguono un breve periodo di formazione paramilitare nel quale gli viene insegnato come affrontare e cosa può succedere durante tutte le fasi, precedenti e post, all’abbordaggio di una nave. In particolare, il breve corso è diretto a trasmettere conoscenze e sicurezza all’utilizzo di armi da fuoco: come l’uso del noto fucile automatico Kalashnikov, di pistole e di esplosivi come granate e lanciarazzi RPG (Rocket Propelled Grenade) e inoltre l’uso per situazioni ravvicinate, anche di coltelli. Nel corso si apprendono poi conoscenze basilari in materia di navigazione e conduzione di veicoli natanti, le lingue straniere e il saper utilizzare sistemi satellitari e radar di tracciamento navale, sistemi di infine conoscenza basilare di telecomunicazioni e saper eseguire transazioni bancarie[16].

Giungendo ai riferimenti della normativa interna, nell’ordinamento italiano, la Pirateria trova il suo riferimento nel Codice della Navigazione nel Libro primo < Disposizioni penali < Titolo I < Disposizioni generali < Capo VI < Dei delitti contro la proprietà della nave, dell’aeromobile o del carico, dagli artt. 1135 e ss.

All’art. 1135 cod. nav., s’intende per “Pirateria”: Il comandante o l’ufficiale di nave nazionale o straniera, che commette atti di depredazione in danno di una nave nazionale o straniera o del carico, ovvero a scopo di depredazione commette violenza in danno di persona imbarcata su una nave nazionale o straniera, è punito con la reclusione da dieci a venti anni. All’art. 1136 cod. nav.: – Nave sospetta di pirateria – “Il comandante o l’ufficiale di nave nazionale o straniera, fornita abusivamente di armi, che naviga senza essere munita delle carte di bordo, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Il fenomeno della pirateria trova al suo interno una ulteriore condotta definita all’art. 1137 cod. nav.: Rapina ed estorsione sul litorale della Repubblica da parte dell’equipaggio, che afferma nel dettaglio: “Il comandante o l’ufficiale di una nave nazionale o straniera, che sul litorale della Repubblica commette alcuno dei fatti previsti negli articoli 628, 629 del codice penale, è punito a norma dell’articolo 1135 del presente codice”. Infine, l’art. 1138 cod. nav. Impossessamento della nave o dell’aeromobile: I componenti dell’equipaggio di una nave o di un aeromobile, i quali se ne impossessano, sono puniti: 1) con la reclusione da dieci a venti anni, se il fatto è commesso mediante violenza o minaccia in danno del comandante, degli ufficiali della nave o dei graduati dell’aeromobile; 2) con la reclusione da tre a dodici anni, se il fatto è commesso clandestinamente o con mezzi fraudolenti. Per i promotori o per i capi la pena è aumentata fino a un terzo. Se il fatto è commesso da persona estranea all’equipaggio, le pene sono ridotte di un terzo[17].

Il delitto di pirateria alla luce degli elementi normativi interni, pocanzi citati, trova una sua analoga o similare regolamentazione in quasi tutti i Paesi del Mondo. Tale attività di armonizzazione, di cui pioniere è L’ONU (Organismo delle Nazioni Unite, Consiglio di Sicurezza), comporta verso Istituzioni e Governi di aderire ai trattati internazionali attraverso impegni reciproci comportanti responsabilità di natura politica, giuridica e operativa nel contrastare e prevenire gli illeciti marittimi. Andando con ordine, il principale atto di Diritto Internazionale è dato dalla Convenzione di Ginevra del 29 aprile 1958, che riconosce e attribuisce all’attività di pirateria il reato di Crimen iuris gentium in quanto coinvolge la sicurezza sociale ed economica di tutti gli Stati. L’ulteriore atto internazionale per la tutela della navigazione e difesa è dato dalla Convenzione del Mare (UNCLOS, Montego Bay) del 1982[18], che prende in esamina alcune violazioni realizzate in acque internazionali. In riferimento a quest’ultimo, si riscontra la definizione internazionale di pirateria marittima, all’art. 101: “Art. 101 Definizione di pirateria. Si intende per pirateria uno qualsiasi degli atti seguenti: a) ogni atto illecito di violenza o di sequestro, o ogni atto di rapina, commesso a fini privati dall’equipaggio o dai passeggeri di una nave o di un aeromobile privati, e rivolti: i) nell’alto mare, contro un’altra nave o aeromobile o contro persone o beni da essi trasportati, ii) contro una nave o un aeromobile, oppure contro persone e beni, in un luogo che si trovi fuori della giurisdizione di qualunque Stato; b) ogni atto di partecipazione volontaria alle attività di una nave o di un aeromobile, commesso nella consapevolezza di fatti tali da rendere i suddetti mezzi nave o aeromobile pirata; navigazione marittima 40 0.747.305.15 c) ogni azione che sia di incitamento o di facilitazione intenzionale a commettere gli atti descritti alle lettere a) o b).”, mentre negli articoli successivi (dagli artt. 102 e 103) vengono disciplinate le caratteristiche di una imbarcazione definita “pirata”. Con gli anni sono stati emanati da parte dell’ONU particolari atti normativi riguardanti la difesa e salvaguardia dell’ambiente anche per le coste della Somalia, uno dei principali luoghi con il tasso più alto di attacchi da parte dei pirati. Attraverso l’emanazione della risoluzione n. 1816 del 2 giugno 2008 si afferma che uno Stato membro, previa autorizzazione delle autorità Somale, può accedere acque territoriali Somale, invece con le risoluzioni n. NU 1838 (2008) e 1851 del 2008, si autorizza l’inseguimento di un vascello sospetto in mare e la repressione della pirateria anche sulla terra ferma, distruggendo e arrestando gli autori della pirateria in virtù dei principi internazionali della dignità del prigioniero.

Con l’intervento operativo dell’Unione Europea iniziato dal 2008, visti anche i gravi fatti della pirateria Somala dello stesso anno attraverso i suoi rappresentanti e alleati nell’ambito della Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC), con il supporto della forza militare NATO e per mezzo delle sovvenzioni del Comitato Economico Sociale Europeo (CESA), sono stati avviati progetti e missioni navali finalizzate alla sorveglianza marittima e al contrasto alla pirateria marittima[19]. Nello specifico sono stati previsti due interventi: l’uno nello stanziare annualmente fondi economici verso progetti di difesa per tutelare le acque internazionali e commercio marittimo, l’altro nel dislocare a secondo delle percezioni di rischio i principali corpi militari marittimi verso zone, a maggiore rischio pirateria. Con ciò l’UE ritiene nello stesso tempo necessario anche rafforzare ed istaurare maggiore cooperazione inter-giudiziale tra le Corti di Giustizia internazionale con paesi come Somalia, Nigeria, Corno d’Africa, Etiopia etc. […][20]. Ciò perché, in diversi precedenti fatti, si determinarono nella comunità internazionale dei malumori per una insufficienza capacità investigativa e giudiziaria (tempi processuali lunghi e condanne inappropriate) nell’affrontare i casi di pirateria negli Stati suddetti, incentivando così ancor di più l’attività di pirateria marittima[21].

Infine, essenziale è il ruolo di monitoraggio internazionale contro la pirateria marittima. Di rilievo vi è il ruolo svolto dalla International Maritime Bureau, organo internazionale fondato nel 1992, il quale attraverso il report annuale Piracy Reporting Centre fornisce valide informazioni e soluzioni per contrastare la pirateria.

 

5. La quantificazione economica dei proventi illeciti originati dalla pirateria marittima

Ogni criminale, prima di commettere un reato avente come oggetto l’acquisizione di un bene, compie una serie di valutazioni (alcune seppur molto sintetiche) incentrate alla convenienza e alla possibilità di successo tra l’atto che sta per commettere, con i mezzi a sua disposizione e i benefici generati una volta che il bene sarà in suo possesso[22]. La pirateria marittima è proprio uno di quei reati dove questa valutazione di convenienza e beneficio è fatta in ogni sua fase e ha un grande peso verso anche i rischi ipotetici e reali che possono verificarsi. In particolare, nella pirateria marittima la suddetta valutazione avviene in moltissime fasi, dall’abbordaggio della nave a quando si dovrà istaurare le trattative con i prigionieri fino alla via di fuga; pertanto tali fasi sono accompagnate da attente valutazioni, preparazione e conoscenza. Esistono diverse “fonti” economiche legate all’attività di commercio marittimo. La suddetta attività, presenta molte tipologie di operatività, proprio perché siamo in presenza di un settore commerciale e di trasporto molto diffuso e molto vantaggiosa. perché molte volte il valore della merce trasportata supera i costi di trasporto per via terra e via aerea, diventando quindi molto più conveniente sul profilo economico ma sconveniente sul profilo del tempo. In ambito logistico vengono distinti i viaggi tra short sea shipping (tratte brevi) dai deep sea shipping (viaggi lunghi, intercontinentali o oltreoceano). Le multinazionali per trasportare le loro merci si affidano a grandi società marittimo-navali che imbarcano una vasta tipologia di prodotti; i diversi punti di stoccaggio delle merci si chiamano hotspot (porti commerciali dei vari continenti soddisfacendo così le esigenze del mercato). Queste società incaricate del servizio si compongono in flotte con diverse tipologie di navi definite “Cargo”; in grado di trasportare merci da un continente all’altro. Esempio da trasporto liquidi è la Petroliera (non solo idrocarburi, max. 20.000 tonnellate di liquido), la Mataniera per trasporto di gas (max. 75.000m3), le famose Portacontainer, con capienza media di circa 20.000 container; le Rinfusiere (in inglese Bulk carriers) destinate al trasporto di merci non trasportabili nelle suddette tipologie di navi e infine ci sono le navi rompighiaccio per arrivare anche nei luoghi più freddi. Mediamente una nave “cargo”, a pieno carico, può arrivare a trasportare la merce con un valore economico complessivo che oscilla tra gli 80 e 200 milioni per ogni singolo viaggio (specialmente quelle che trasportano petrolio). L’attività marittima commerciale produce utili per circa 380 miliardi l’anno, quasi il 14% del PIL (Prodotto Interno Lordo) mondiale, che varia dalla natura del bene trasportato (a volte non solo materie prime ma anche navi cargo contenenti armamenti militari). Il rischio pirateria conta numeri preoccupanti. Difatti tra il 2009 e il 2017 il valore della pirateria marittima ha toccato i 793 milioni di dollari, tenendo anche conto che mediamente, all’anno, dalla pirateria marittima si determinano guadagni anche nella fase post attacco a secondo, delle capacità degli autori del fatto criminoso di poter ricollocare i beni (materie prime o capitali) in cc.dd. Mercati neri. Oltre alle fasi di abbordaggio, con il sequestro della nave e del furto del suo contenuto, vi sono ulteriori fonti economiche che vengono generate come il rapimento e sequestro del personale (capitano, tecnici ed equipaggio) della nave[23]. Tali pratiche, il rapimento e il sequestro con richiesta di riscatto, avviene anche nei punti fissi di estrazione degli idrocarburi situati in mezzo agli oceani (es., i giacimenti marini di ENI nell’Oceano Indiano), i cc.dd. Asset estrattivi. Tali azioni comportano inevitabilmente l’intervento dello Stato di appartenenza (sia del cargo che dei prigionieri) e l’intervento di autorità militari marittime. In alcune realtà è successo che talune società, per non rischiare ripercussioni sui prigionieri, per un mancato pagamento e con l’uccisione di quest’ultimi, hanno comunque accettato di pagare un riscatto milionario (es., nel 2009, il caso della nave cargo Ucraina Faina, la Superpetroliera Saudita Sirius Star). Fatti per i quali l’ONU mantiene una linea dura e contraria al pagamento dei riscatti in quanto sostiene che siano introiti destinati al finanziamento di attività criminali.

Inoltre, se tutto ciò non fosse sufficiente, sussiste l’ulteriore rischio più volte espresso dalle organizzazioni umanitarie e autorità di polizia marittima circa l’utilizzo dell’attività di trasporto in mare; specialmente con l’utilizzo di portacontainer per trasferire beni rubati, droga e armi che agevolano condotte di contrabbando. Tali container son utilizzati per realizzare il trasferimento fraudolento di valori e addirittura quello di persone (Cfr. Traffico di esseri umani) in modo illecito da un checkpoint portuale ad un altro, dissimulando il suo contenuto come un bene destinato al mercato globale. In situazioni più gravi, queste operazioni avvengono con la compiacenza o la corruzione del capitano della nave e di funzionari doganali.

Altro aspetto riguardo alle fonti economiche illecite che si aggiunge alla pirateria marittima, è quello di quei proventi generati annualmente anche da fenomeni criminali propri delle nazionali dove si verificano gli attacchi in mare. Secondo l’UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development) in un report pubblicato il 2017, si afferma che il Continente africano genera ogni anno più di 150 miliardi di dollari provenienti da illeciti di diversa natura (reati patrimoniali, prostituzione, traffico di umani, traffico di droga frodi come la frode Nigeriana). Le comunità internazionali per assistere queste popolazioni regolarmente stanziano fondi per progetti sociali, educativi e lavorativi sia per il settore privato che nel pubblico, fondi che però non vengono utilizzati nella maggior parte dei casi per gli scopi per i quali sono stati destinati impedendo o rallentando lo sviluppo economico e sociale dei popoli. Sempre in merito a ciò, nel luglio del 2020 l’INTERPOL, per mezzo di un suo report, espresse forti preoccupazioni anche per la crescita di fenomeni criminali legati alle attività di Cyber-criminalità per mezzo di circuiti di pagamenti m-payment. Molto di quanto suddetto è dovuto principalmente alla strategica posizione del continente africano, il quale spesso costituisce un ponte tra le diverse realtà criminali nei diversi continenti.[24]

 

6. Il riciclaggio come strumento per “ripulire” e occultare la provenienza illecita

Dopo gli attacchi terroristici del settembre 2001 negli Sati Uniti e le successive minacce di terrorismo rivolte alle principali capitali europee, le principali autorità finanziarie e di sicurezza nazionale per prevenire il verificarsi di questi eventi hanno imposto ai Paesi partner il recepimento negli ordinamenti interni di alcuni pacchetti normativi ad-hoc, per impedire il verificarsi di questi eventi. Il timore è nell’attività economica (in generale) e in particolare nel commercio marittimo, vi possano verificarsi delle infiltrazioni criminali con le finalità di determinare un disordine economico e sociale. In particolare si fa riferimento ad atti di terrorismo politico e confessionale (Cfr. i cc.dd. fenomeni di Terrorismo interno, domestico e esterno). Tale ruolo di prevenzione, individuazione e monitoraggio a questi fenomeni illeciti, viene svolto da appositi corpi di polizia e agenzie di monitoraggio finanziario come l’UIF (Unità d’informazione Finanziaria)[25]. In particolare le normative antiriciclaggio e antiterrorismo, fin dalla loro introduzione, cercano di assicurare e garantire la corretta circolazione e utilizzo dei diversi strumenti finanziari (contante, pagamenti elettronici etc.). Grazie a studi approfonditi in materia di antiriciclaggio internazionale e alle molteplici attività investigative, si è riusciti a stabilire che derivante dall’attività di riciclaggio di denaro sono connesse anche le attività criminali riguardanti i reati tributari, le frodi informatiche, il trasferimento fraudolento di valori. In particolare, le misure per contrastare tali fenomeni convergono in sostanza nell’impedire la consumazione del delitto di terrorismo, impedendo così tutte le possibili fonti di finanziamento (CFT – Countering Financing Terrorismo)[26]. È inoltre necessario accennare ai rischi, che in particolare sono emersi di recente, riguardo alle minacce di terrorismo marittimo, diretto a sovvertire l’equilibrio economico mondiale[27]. Questo perché le organizzazioni criminali, per poter ricollocare nel mercato lecito un bene in loro possesso, necessitano che i beni oggetto di illecito siano “ripuliti”, così da far perdere le tracce e successivamente essere beni ricollocabili, passando da beni illeciti a leciti. La condotta delittuosa di riciclaggio di denaro, per mezzo di un sistema artificioso e a volte complesso da ricostruire, l’autore si prefigge di acquisire, occultare e convertire capitali o beni di provenienza illecita che vengono successivamente reintrodotti nel mercato attraverso tre fasi: 1) Placement, 2) Layering e 3) Immersion[28].

L’attività di regolamentazione internazionale antiriciclaggio è guidata anzitutto dal GAFI-FATF (Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale) per mezzo delle 40 raccomandazioni[29]. In Europa invece con l’introduzione delle direttive Antiriciclaggio (AMLD, Anti Money Laundering Directive). Insieme forniscono un quadro normativo e operativo completo per fornire i necessari strumenti a Stati e soggetti obbligati a non poter eludere le procedure AML. Purtroppo anche la funzione AML conosce dei limiti di analisi e di collaborazione come per esempio quando si verifica l’inadempienza o l’omissione da parte di soggetti obbligati compiacenti che non procedono ad una appurata e adeguata verifica del cliente, oppure ad una insufficiente conoscenza del cliente (KYC – Know Your Customer). Sul profilo tecnico, benché si conoscano i modus di come le organizzazioni criminali riciclino denaro, l’ulteriore difficoltà di rintracciare questi fondi risiede nel loro mutamento per esempio: il denaro che viene convertito in altra valuta o beni (oro, argento, beni mobili o beni immobili) e altre utilità (si passa dalla fase Layering a Immersion), e senza possibilità di rintracciare tali proventi. Le autorità internazionali e i report di EUROPOL e INTERPOL, dichiarano che il bene acquisito in modo illecito con l’abbordaggio della nave in alto mare viene portato alla costa e poi, nell’arco di alcuni giorni, trasferito in altri Stati (es., dalla costa verso il centro Africa o Africa Settentrionale), così da far disperdere le proprie tracce. È quindi logico pensare che il luogo ove si verifica l’evento di pirateria sia anche connesso, direttamente o indirettamente, ad un successivo luogo o centro dove con maggiore probabilità si possa verificare il ricollocamento in modo fittizio di questi beni.

Il ruolo degli investigatori internazionali è quindi di cercare e di ricostruire, a ritroso, il percorso di questi beni e in quali canali vengono utilizzati, ove avvengono gli incontri (i luoghi) tra domanda e offerta dei beni e oggetto di scambio che possono essere i mercati illeciti di contrabbando, es., le società fittizie e le strutture parabancarie, ma anche i siti internet come avviene nel Dark web, per trasferire beni e denaro.

A tale proposito, nel contesto internazionale ed europeo, la presenza di autorità finanziarie e di polizia con incarichi di vigilanza economica permette che i beni trasferiti siano attentamente analizzati prima della loro introduzione presso uno Stato. In particolare, l’azione italiana si sviluppa attraverso un ruolo di sinergia con le istituzioni interne; come avviene con l’interazione e scambio informativo tra i diversi Ministeri e il CSF (Comitato di Sicurezza Finanziario), con gli organi di polizia, le agenzie di sicurezza nazionale e di analisi finanziaria dell’UIF (L’unità d’Informazione finanziaria) e in fine sul fronte operativo con la Guardia di Finanza (Nucleo Speciale di Polizia Valutaria) e gli operatori delle Agenzie doganali (ADM).

In particolare, sempre nell’ordinamento italiano, sul fronte dell’economia circolare e della salvaguardia contro fenomeni criminali, la normativa in materia antiriciclaggio ha disposto che l’UIF Italiana in stretta collaborazione con i soggetti obbligati (Cfr. art. 3, d.lgs. 231/2007), quali figure di riferimento d’intermediazione creditizia e la Guardia di Finanza, come organo deputato alle indagini economiche, realizzino un continuo scambio e analisi incrociate di dati, riconducibili alle cc.dd. operazioni sospette (SOS); questa attività a volte permette di determinare e ricostruire la natura, i contraenti, l’oggetto illecito del trasferimento e le finalità. Ulteriori attività supporto sono quelle di Risk Based To Approach (RBA) e l’attività di Due Diligence attraverso l’acquisizione documentale e conoscenza, da parte del soggetto obbligato, di chi sia la controparte, quali sono le sue risorse, a seconda dell’importo e dall’oggetto dell’operazione. Le procedure sopra elencate fanno parte di un’attività di analisi del cliente definita adeguata verifica del cliente che permette di determinare un profilo di rischio del cliente che viene determinato da un punteggio numerato da 1-4 e con quattro colori rappresentativi di un’intensità maggiore o minore di rischio. Inoltre è essenziale per il soggetto obbligato conoscere i cc.dd. fattori di anomalia specifici di alcune situazioni oggettive e soggettive che possono far indurre sospetti per un utilizzo anomalo della destinazione del denaro per finalità criminali. A fronte di ciò, la Banca D’Italia e l’UIF, individuano e pubblicano regolarmente i cc.dd. Schemi e indici di anomalia[30]; sono degli esempi, schemi e anche analisi correlate da specifiche indicazioni che possono dare un valido supporto, a chi è chiamato a svolgere la funzione di controllo e segnalazione AML. Nel caso della pirateria marittima, gli indicatori di anomali, potrebbero rinvenirsi il luogo di partenza e destinazione del bene, la quantità, verifiche verso il soggetto mittente e il destinatario del trasferimento, adeguate verifiche verso la tipologia di bene trasferito (in particolare verso beni come oro, oggetti d’arte), attività che prevede anche la cooperazione degli enti doganali.

Infine, per contrastare in modo efficiente la lotta antiriciclaggio, gli Stati non devono cessare, ma continuare ad intensificare le relazioni internazionali, sia sul profilo normativo che operativo, contribuendo così a rafforzare una cooperazione per evitare l’introduzione di beni oggetto di illeciti nei propri Paesi.

 

7. Il contrasto operativo alla pirateria marittima. Il ruolo della Marina Militare

È impensabile che le sole autorità di polizia finanziaria, pur svolgendo un ruolo determinante alla lotta ai traffici illeciti internazionali, siano in grado di mitigare il rischio pirateria. Come si è visto possono individuare e bloccare l’utilizzo di proventi illeciti e possono attenuarlo o sfavorirlo. Pertanto a questa complessa attività bisogna intervenire “a monte”, ossia evitando e disincentivando il fenomeno dall’inizio, ossia in mare e perseguire il reato nella terra ferma. Le attuali rotte marittime più “brevi” per raggiungere l’Asia sono due e purtroppo sono le più a rischio di attacchi: la prima è quella ad ovest del continente Africano, passando dall’Africa Settentrionale verso all’Africa Occidentale costeggiando l’Africa Centrale fino all’Africa Meridionale oppure da Est, dal Mar Mediterraneo, passando per il Canale di Suez verso il Mar Rosso. Prima però di affrontare le dinamiche di contrasto interdisciplinari e le tecniche operative al contrasto alla pirateria, è necessario individuare i territori soggetti a maggiore rischio.

mappa

Figura 1. – fonte: Nautic Away.[31]

 

Come individuato nella mappa, i principali due Oceani coinvolti dagli attacchi con le graduazioni di rischio più grandi sono L’Oceano Atlantico e l’Oceano Indiano. In particolare dal Corno d’Africa, si prosegue fino al Golfo di Guinea e nell’Oceano Indiano dal Canale di Suez, scendendo fino al Golfo di Aden, arrivando alle coste della Etiopia, Somalia e scendendo giù fino al Mozambico/Madagascar. Secondo gli ultimi report della IMB, il fenomeno ultimamente è diminuito nel lato Est, invece verso il lato Ovest del Continente Africano è aumentato, in particolare negli ultimi anni nel Golfo di Guinea, ove si verificano attacchi a mercantili e transitano navi Cargo provenienti dai porti Europei verso il Pacifico diretti alle capitali asiatiche.[32]

Il contrasto alla pirateria vede coinvolti diversi autori: le istituzioni internazionali, gli Stati, le Società mercantili, l’equipaggio e le unità navali militari.[33] Come principale misura di contrasto alla pirateria marittima vi è la cooperazione internazionale, elemento che purtroppo in molti Stati viene considerato insufficiente. Difatti, in ambito giudiziario, si pensi al mancato perseguimento del reo per la commissione del delitto di pirateria. Inoltre, risulta essere in comune la presenza di carenze normative e procedurali in ambito penale e processuale: ad es., il trattamento e invio tardivo di risposte a rogatorie da parte di Stati terzi durante un’indagine internazionale. Si rinviene inoltre una mancata organizzazione e insufficienza di collaborazione investigativa tra le diverse forze di polizie locali (a volte dovuta a negligenza o a condotte di corruzione pubblica) nella ricerca e arresto del reo. Ulteriori lacune si riscontrano nella formazione e preparazione dei diversi corpi di polizia nel contrastare i pirati in mare. Tutta una serie di fattori che purtroppo favoriscono la commissione di questo reato. Dal 2008, la pirateria marittima aveva raggiunto un grande numero di attacchi, specialmente con la pirateria Somala.[34] Ciò ha preoccupato la comunità internazionale e in particolare il Consiglio Europeo, che ha chiesto alla NATO d’intervenire scoraggiando, evitando e per quanto possibile disarmare e arrestare i pirati. La NATO ha poi richiesto a diversi Stati membri UE e non, di disporre di mezzi navali per operazioni di antipirateria ad Est e ad Ovest del continente africano con operazioni di protezione e salvaguardia al traffico marittimo. Ciò è avvenuto attraverso patti bilaterali di natura operativa, come ad esempio con la United State Navy (Marina Militare Statunitense), il United States Naval Forces Central Command, e diversi Stati Europa tra cui l’Italia con la Marina Miliare (e non Europei) con un coinvolgendo in questa attività operativa (antipirateria) di circa 30 Stati con i loro reparti di Marina Militare. Il compito prevede funzioni antipirateria nelle rotte più a rischio ricomprendendo in esse le attività di protezione, sorveglianza (con l’ingaggio di armamenti) soccorso e assistenza umanitaria alle navi o che si trovano minacciate, così da sfavorire e persuadere qualsiasi tentativo di pirateria.

Le attività intraprese dalla Marina Militare Italiana, dal 2008 ad oggi, attraverso unità specializzate, sono le operazioni “OCEAN SHIELD” nel Corno d’Africa con il dispiego dei seguenti mezzi: Durand de la Penne (D560) Cacciatorpediniere lanciamissili classe Durand de la Penne, Fregata Nave Libeccio (F572) classe maestrale, Fregata Scirocco uso vigilanza unità disarmata-classe maestrale, la Fregata Bersagliere (F584) classe Lupo, il Cacciatorpediniere lanciamissili Andrea Doria (D553) unità classe Orizzonte, la Fregata Grecale (F571) classe Maestrale, l’Unità da guerra e sbarco San Marco (L9893) Classe San Giorgio e il Cacciatorpediniere lanciamissili Francesco Mimbelli (D561). Anni di operatività svolti dal novembre 2008 all’agosto 2014.

Parallelamente ma nel lato est dell’Africa, si è svolta “l’Operazione ATLANTA (EU NAVFOR)” con il dispiego dei seguenti mezzi: il Pattugliatore d’altura Comandante Bettica (P492) classe Comandanti, la Fregata Missilistica Maestrale (F570) classe Maestrale, il Pattugliatore d’altura Comandante Borsini (P490) classe Comandanti, Nave Comando e supporto logistico Etna (A5326) classe Etna, la Fregata Zeffiro (F577), classe Maestrale, la Fregata Espero (F576) classe Maestrale, la nave da guerra anfibia San Giusto (L9894) classe San Giorgio, la Fregata missilistica Carabiniere (F593) classe Bergamini, la Fregata Euro (F575) classe Maestrale, la Fregata Antonio Marceglia (F597) classe Bergamini, la Fregata missilistica Carlo Bergamini (F590) classe Bergamini, la Fregata multiruolo Federico Martinengo (F596) classe Bergamini (Nov. 2020) e infine la Fregata multiruolo Luigi Rizzo (F595) classe Bergamini. L’attività di antipirateria nelle acque Somale è iniziata dal marzo 2009 fino ad oggi e molte di queste unità sono state anche richieste in interventi nel Golfo di Guinea e in Nigeria, così da assicurare un costante intervento e completo monitoraggio al fenomeno della pirateria. Di recente è stata attivata una nuova missione antipirateria con l’Operazione denominata “Gabinia”, che prevede, per la durata di 8 mesi (Nov. 2020 – Ago. 2021), l’invio di due unità navali italiane: la Fregata Luigi Rizzo e la Fregata Carabiniere, che saranno operative nel Golfo di Guinea fornendo supporto alle già presenti unità militari estere.

Inoltre, la Marina Militare Italiana (e non solo) per rispondere con efficacia alle molteplici chiamate ed esigenze di intervento, ha predisposto che alcune di queste unità navali la possibilità di svolgere funzioni definite multiruolo: infatti a seconda della tipologia di intervento (ricerca, soccorso o ingaggio), le navi militari dispongono al loro interno di diversi reparti d’appoggio alle suddette operazioni, come elicotteri SH-90, unità anfibie e unità d’élite della Marina Militare, con i reparti speciali COMSUBIN e fucilieri di Brigata.

Infine, dopo aver analizzato le iniziative internazionali e militari al contrasto della pirateria marittima, come ultima possibilità per impedire il verificarsi di un attacco ad una nave, diventa essenziale evidenziare il ruolo e la preparazione dei membri dell’equipaggio e del loro capitano. Bisogna in primis capire come i pirati attaccano e anticipare le loro azioni. Esistono diverse manovre marittime per l’assalto ad una nave: la principale tecnica è il metodo del cavo, consiste nell’utilizzo di due imbarcazioni (poste in posizione ortogonale rispetto all’imbarcazione vittima) legate tra di loro per mezzo di un cavo metallico, a causa della spinta dei motori della nave, le due imbarcazioni vengono spinte ai lati di bordo della nave, rendendo possibile l’affiancamento e il successivo abbordaggio. Sicuramente più nota è la tecnica della pesca simulata, specialmente quando vi sono pescherecci e la nave è obbligata a costeggiare la costa: questa consiste in due o più imbarcazioni che simulano una battuta di pesca, ma poi con manovre molto veloci e repentine avviano un abbordaggio dalla poppa. Vi sono poi le tecniche di attacco controbordo. Infine, vi è la tecnica del falso allarme radio VHF inviato alla nave cargo vittima; consiste in una richiesta di soccorso da parte di una imbarcazione dovute alle cause di una falsa avaria o falso soccorso. Lo scopo di quest’ultima tecnica consiste, per mezzo di un inganno, rapire l’equipaggio o l’interna nave (trucco del cavallo di Troia). In molte occasioni la pericolosità dei pirati è rappresentata dalla presenza in mare di più imbarcazioni, le quali caratteristiche sono: veloci e di piccole dimensioni. Per fronteggiare tali rischi, è opportuno che gli operatori marittimi e il loro equipaggio effettuino delle simulazioni con interventi antipirateria, così da preparare tutto il personale di bordo ad affrontare tale evento. Vi sono anche alcune manovre cc.dd. tecniche di difesa passiva; invero sono tutta una serie di procedure e strumentazioni di bordo, installate e azionate dall’equipaggio, idonee a ostacolare l’abbordaggio della nave da parte dei pirati[35]. Queste tecniche, che vengono affrontate in specifici corsi di formazione permettono di proteggere l’incolumità di una nave e dei suoi operatori. Infatti molte navi cargo possono utilizzare, se presenti, una serie di dispositivi sonori, luminosi e di protezione ambientale per impedire un abbordaggio; come ad esempio fari LED a lungo raggio omologazione “Eye-safe”, altoparlanti e megafoni ad ultrasuoni, cancelli e filo spinato. Infine l’utilizzo di un impianto idrico su tutto il perimetro della nave così da impedire l’avvicinamento di qualsiasi minaccia, sfruttando la pressione delle pompe e il movimento ondulatorio dell’acqua. Le suddette misure in molti casi, possono essere utile, ma non sempre possono proteggere, specialmente se i pirati conoscono tali misure e le raggirano.

Pertanto in alcune occasioni, in particolare modo nei territori a rischio attacchi, le società navali assumono corpi di Guardie giurate private: sono operatori militari (Contractor o corpi militari appartenenti ad un contingente Statale militare) con funzioni di intimidazione e difesa armata per respingere un eventuale attacco[36]. Le autorità internazionali di polizia marittima e l’organizzazione internazionale marittima IMO (International Maritime Organization) ha emanato con gli anni un codice di condotta su come affrontare un attacco di pirateria[37]. in alcuni casi hanno definito delle linee guida come comportarsi prima, durante e dopo un attacco armato da parte dei pirati. Anzitutto, bisogna prestare molta attenzione alla strumentazione di bordo come radar o mappe virtuali nel rilevare l’avvicinamento di vascelli sospetti, in aggiunta porre personale di guardia sui tre lati della nave, di bordo e di prua, stabilendo turni a rotazione di 24 ore. Se si avvista l’arrivo dei pirati è necessario porre in allarme subito la nave, azionando i dispositivi passivi e mettersi in contatto con il centro emergenze marittime. Nel frattempo è necessario eseguire due operazioni, la prima, aziona il sistema idraulico antincendio; questo aziona il blocco delle porte e attiva getti d’acqua a spruzzo per ostacolare l’avvicinamento dei pirati, il secondo, inviando del personale di bordo non necessario nella cc.dd. cittadella. Infatti, come dice il nome, questa è una piccola città blindata e rinforzata da pareti antiproiettile che si chiude dall’interno: al suo interno vi è acqua, viveri, kit di primo soccorso e una centralina di comunicazione via radio per comunicare verso l’esterno. Nel frattempo, mentre i pirati sono intenti a salire per mezzo di scale pieghevoli lunghe anche 4-8 mt o con il lancio di rampini, il capitano e altro personale restante, mettono in sicurezza la nave spegnendo i motori e per quanto loro possibile ostacolano la salita dei pirati. Inoltre, si consiglia, al personale che è rimasto, di essere collaborativo nei confronti dei pirati e di non dare occasione in nessun modo di creare situazioni di agitazione e nervosismo, acconsentendo per quanto è possibile alle richieste fatte dai pirati e di non mettere a repentaglio la propria vita o quella dell’equipaggio.

 

[1] S.RHO, Commercio internazionale, trend, flussi di merci e rotte navali. In Rivista CSWINDOS. Milano. 22 maggio 2020.

[2] P. SCHLESINGER, I Mercati “neri”. In Rivista di Diritto Civile. CEDAM. Padova. Fasc. 2/1999, vol. 45.

[3] Da alcune indagini da parte di organi internazionali per la difesa dei Diritti Umani, si è scoperto che naufraghi che giungono pagano mediamente tra gli 8.000 e i 20.000 mila dollari, somme che non riescono ad avere in un’unica soluzione, per cui un viaggio dura anche anni per passare da un check point, per poi poter arrivare dal centro Africa fino alle coste della Libia e raggiungere le coste dell’Europa.

[4] A. LEANDRO, Diritto del mare e sicurezza degli spazi marini: riflessioni e adeguamenti nel contrasto ai traffici illeciti. In Rivista di Diritto Marittimo. Genova. 2018.

[5] M.T. Nance e A. P. JACOBI, Laundering Pirates? The Potential Role of Anti-money Laundering in Countering Maritime Piracy. In Journal of International Criminal Justice, Volume 10, Issue 4, September 2012, pp. 857-880.

[6] S. Rossi, Il sistema penale della navigazione contributo allo studio del diritto penale marittimo. In Collana Della Facoltà di Giurisprudenza, n. 27. Università di Trento. Facoltà di Giurisprudenza. Trento. 2020. p. 51 e ss.

[7] E. ROMAGNOLI, I delitti della navigazione: cenni introduttivi al diritto penale marittimo. In Rivista Trasporti: Diritto Economia Politica. Torino. Fasc. n.108/2009. pp. 9-28.

[8] P. TULLIO, Reato, analisi Reati della Navigazione. Reati della navigazione in senso formale e in senso sostanziale. In Enciclopedia del Diritto, Rivista De Jure. Giuffrè. Milano. 1987.

[9] P.P. RIVELLO, Reati marittimi ed aeronautici. In Rivista di Dig. pen. N. XI/1996.

[10] Idem, Diritto Penale della Navigazione. In Digesto Penale. IPSOA. Walter Kluwer. 1990.

[11] A. RANIERI, La condotta offensiva nella pirateria marittima moderna. In Azione di contrasto della pirateria: dal controllo dei mari a quello dei flussi finanziari. Atti del Convegno tenutosi a Taranto l’11 marzo 2013 presso la Scuola Sottoufficiali della Marina Militare Lorenzo Bezzi”. Cacucci Editore. Bari. 2013.

[12] J.P. De Jorio, La pirateria marittima storia di ieri storia di oggi. Inquadramento giuridico di un fenomeno che è tornato di attualità dall’Oceano Indiano al Mar Mediterraneo. In Jovene Editore. Napoli. 2019.

[13] Approfondimenti: S. CONTI, Islam, Pirati Saraceni e Corsari Barbareschi. In Civiltà del Mare, saggio. 2015.

[14] United Nations Convention on the Law of the Sea (UNCLOS) del 1982. F. GALGANO, Dizionari Enciclopedico del Diritto. Voce “Pirateria”. CEDAM. 1996.

[15] S. D’URIA, Pirateria marittima da Terzo Millennio. Normativa e attività di contrasto. In Gianos. Rivista Italiana di Intelligence. Roma. Fasc. 4/2012.

[16] N. CARMINEO e M. GUGLIELMO, Chi sono i Pirati della Somalia. In Rivista italiana di Geopolitica LIMES. Fasc. 1/2009. G. ANDRIANI, Sicurezza – Security – Quattro tipi di Pirateria in mare. In YouTube. Giugno 2020. Url:

https://www.youtube.com/watch?v=XWeIZ0JmgrM&ab_channel=guidoandriani Visto il 30/01/2020.

[17] L. TULLIO, Codice della Navigazione. Artt. 1135-1138. Giuffrè. Milano. 2012.

[18] United Nations Convention on the Law of the Sea. Artt. 200, 1135, 1136 e 1235. ONU. New York. 1982.

F. CAFFO, Le Nazioni Unite impegnate nel contrasto alla pirateria marittima. In Informazioni della Difesa. Fasc. 6/2008.

S. D’URIA, Inquadramento giuridico della pirateria, Pirateria Marittima da Terzo Millennio. In Rubrica Criminalità. Gnosis. Fasc. 4/2012.

[19] Azione Comune 2008/851/PESC del Coniglio del 10 novembre 2008 “relativa all’operazione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla dissuasione, alla prevenzione e alla repressione degli atti di pirateria e delle rapine a mano armata al largo della Somalia”, in Gazzetta Ufficiale, L. 301/33 del 12.11.2008. Parere n. 2013/C76/03 del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La pirateria marittima: potenziare la risposta dell’UE» (parere d’iniziativa). In Gazzetta Ufficiale Unione Europea. 14.03.2013.

[20] E. PERROTTA, Sicurezza della navigazione, diritto internazionale e legislazione penale comparata: gli strumenti di contrasto alla pirateria marittima in Europa, Africa ed Asia. In Riv. Coop. Giur. Int. 52/2016.

[21] C. TELESCA, Recenti misure internazionali di contrasto alla pirateria. In Rivista di Diritto dell’Economia, dei trasporti e dell’ambiente. Palermo. Fasc. 7/2009.

[22] R.M. BORDONI, L’altro piatto della bilancia: il ruolo della prevenzione situazionale all’interno della teoria dell’analisi economica del comportamento criminale. In AA. VV. Il prezzo del reato. La pena in una prospettiva interdisciplinare. In Collana Università Degli Studi Di Urbino “Carlo Bo”. Facoltà Di Giurisprudenza. Giappichelli. Torino. 2010. Pp. 229-256.

[23] FAFT-GAFI, Organized Maritime Piracy and Related Kidnapping for Ransom. In FAFT REPORT. Luglio. 2011.

[24] Per approfondimenti: C. G.V. GIKONYO, Money laundering and piracy: the legal nexus. Doctoral thesis. Johannesburg. 2016.

[25] M. CARBONE e L. PETESE. Il monitoraggio dei flussi finanziari nell’ordinamento giuridico. In Azioni di contrasto Della pirateria: dal controllo dei mari a quello dei flussi finanziari. Atti del Convegno tenutosi a Taranto l’11 marzo 2013 presso la Scuola Sotto ufficiali della Marina Militare “Lorenzo Bezzi”. Cacucci Editore. Bari. 2013.

[26] Approfondimento: si consideri che legata all’attività di contrasto al finanziamento al terrorismo vi è anche la poco conosciuta attività di Proliferation Financing (PF), ossia la lavorazione ed emissione nel mercato di armi (Chimiche, biologiche e batteriologiche) di distruzione di massa le quali vengono trasportate via mare, via terra e via aerea. FINANCIAL INTELLIGENCE Analysis Unita (FIAU) of MALTA, Proliferation Financing. State of Malta. Web Site Url: https://www.aif.sm/site/home/proliferation-financing.html

[27] Interessante è la definizione di “Terrorismo Marittimo”: M. BANDIOLI, Terrorismo marittimo, sicurezza dei porti e protezione delle forze operative. In Informazioni della Difesa. Fasc. 6/2004.

[28] R. RAZZANTE, Manuale di legislazione e prassi dell’antiriciclaggio, prefazio di Claudio Clemente. Giappichelli Torino. Novembre 2020. p. 8.

[29] Nota: Istituiti nel 1990 dl GAFI: – Politiche e coordinamento AML/CFT (Raccomandazioni 1 e 2), – Riciclaggio di denaro e confisca (Raccomandazioni 3 e 4), – Finanziamento del terrorismo e finanziamento della proliferazione (Raccomandazioni 5-8), – Misure preventive (Raccomandazioni 9-23), – Trasparenza e titolarità effettiva delle persone giuridiche e degli accordi (Raccomandazioni 24-25) – Poteri e responsabilità delle autorità competenti e altre misure istituzionali (Raccomandazioni 26-35), – Cooperazione internazionale (Raccomandazioni 36-40).

[30] Unità D’Informazione Finanziaria. Indici e schemi di Anomalia. Banca D’Italia. Roma. Italia. Url: https://uif.bancaditalia.it/normativa/normindicatorianomalia/index.html?com.dotmarketing.htmlpage.language=102

[31] https://www.nautic-way.com/fr_FR/tour-du-monde-en-voilier

[32] A. MASIELLO, Pirateria e sicurezza marittima nel Golfo di Guinea. In Rivista Paper Strategic Governance. Paper di Ricerca n. 9. Aprile 2021.

[33] UNCTAD, An overview of the international legal framework and of multilateral cooperation to combat piracy. To Piracy Maritime. United Nation. New York and Geneva. 2014.

[34] N. STRAKE & M. BOS, Piracy: Motivation and Tactics The Case of Somali Piracy. Gulf Research Center. Dubai United Arab. 2009. L. STRIULI, La Pirateria Somala. In Ricerca Centro militare di studi strategici. 2009.

[35] G. ANDRIANI, Tecniche di Difesa passiva dall’attacco di Pirati. Lezioni di Antipirateria. 2015.

[36] A. CHERILLO, Antipirateria, la battaglia silenziosa. In informazioni marittime. Society Intersped. Napoli. 4.05.2021.

Url: https://www.informazionimarittime.com/post/antipirateria-la-battaglia-silenziosa

[37] F. CAFFIO e N. RONZITTI, La pirateria: che fare per sconfiggerla. In Approfondimenti, Osservatorio di politica internazionale. Istituto Affari Internazionali (IAI). Roma. Fasc. 44. Aprile. 2012.