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Privacy e tecnologia, a che punto siamo?

tecnologia e diritto
tecnologia e diritto

Negli ultimi mesi, un paio d’anni ormai, si è parlato moltissimo dei diritti online: i diritti degli utenti, il diritto all’oblio, dove finiscono i nostri dati e come vengono utilizzati. A tutte queste domande e richieste da parte dei cittadini, ha cercato di porvi rimedio la legislazione dei vari stati e soprattutto le direttive dell’Unione Europea, attraverso la promulgazione del ‘Right to Be Forgotten’, il diritto alla cancellazione dei propri dati, e nel 2018 con il GDPR Europeo che regola gli articoli 17, 21 e 22 il modo in cui i nostri dati personali vengono raccolti nel mondo digitale e come possiamo richiederne la rimozione.

Queste leggi – e come è già successo – l’utente del web, ovvero il titolare dei dati personali può richiedere la rimozione di tutti i dati sensibili presenti nei motori di ricerca: dunque spazzare via foto, informazioni sul lavoro e altri dati personali presenti online. È proprio questo il diritto all’oblio, di cui si parla già dal 2014, ma che è stato rafforzato negli ultimi anni anche a causa di alcuni scandali che hanno colpito le grandi compagnie tech (pensate a Cambridge Analytica e il suo legame con Facebook e la politica americana).

Secondo uno studio di Google però, dall’introduzione del diritto all’oblio, sono stati moltissimi gli utenti del web – cittadini europei – che hanno chiesto la rimozione dei propri dati dalla rete. La maggior parte delle richieste proveniva dalla Francia, a seguire la Germania. Mentre l’Italia si ferma ad un 8.7% di richieste. La maggior parte di queste richieste riguarda proprio la rimozione di informazioni professionali come lavoro e altri dati sensibili, ma in alcuni casi si parla anche di ex detenuti o criminali che vogliono tagliare i ponti con il passato. Google ha accettato quasi la metà delle richieste, valutando caso per caso. Il report completo lo trovate qui.

Ma cosa possiamo fare per proteggere i nostri dati e la nostra privacy da una tecnologia sempre più invasiva? In quella che ormai viene definita l’età della sorveglianza, la maggior parte degli utenti dovrebbe essere informato su cosa può utilizzare per difendere i propri dati e soprattutto da cosa li deve difendere.

Come dice Harold Li, vice presidente di ExpressVPN: ‘la privacy e la sicurezza non sono più dei lussi ora. Avere una VPN è come fare un giro di chiave alla porta di casa’. Ed è una giusta metafora se si pensa che tutti i nostri dati valgono moltissimo per le aziende e anche per i governi. Una VPN ad esempio è un utilissimo strumento per proteggere la nostra privacy. 

Come funziona una VPN?

Semplicemente attivando una crittografia totale alla vostra connessione e oscurando il vostro indirizzo IP e rendendoci invisibili.

Che altro possiamo fare nella vita di tutti i giorni per cercare di arginare la diffusione delle nostre informazioni? Possiamo sicuramente attivarci ed utilizzare uno di questi strumenti:

  • Usare browser sicuri come DuckDuckGo
  • Proteggere i propri dati con account sicuri (password univoche) ed evitare di utilizzare la stessa password per più profili.
  • Evitare condivisioni sui social di foto personali e/o dati come indirizzi e numeri di telefono soprattutto se minorenni.
  • Attenzione ai siti che visitate (devono essere sicuri, dunque contrassegnati con il protocollo https) e ai download che effettuate (i quali possono nascondere malware)

Queste sono solo alcune regole di base per evitare una proliferazione dei nostri dati. Certo, nel momento in cui accettiamo di usare la rete diamo il nostro consenso all’utilizzo di una parte delle nostre informazioni private. Ma questo non significa che le aziende e i governi le possano usare a loro piacimento.

Informazione dunque, leggi appropriate e strumenti utili è ciò che serve ad ogni cittadino per proteggere la propria privacy.