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Quelle droghe “leggere” che “leggere” non sono

Droghe
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Quelle droghe “leggere” che “leggere” non sono

 

Profili giurisprudenziali

In epoca attuale, la Giurisprudenza italiana tende a mitigare la severità sanzionatoria delle disposizioni penali contenute nel TU 309/90. P.e., Cass., sez. pen. IV, 8 giugno 2016, n. 34834 ha esteso grandemente la precettività dei criteri riduzionistici contemplati nel comma 1 bis Art. 75 TU 309/90 (quantità della sostanza, modalità di presentazione, peso lordo complessivo, confezionamento frazionato ed altre circostanze dell'azione). Oppure ancora, sempre nel comma 1 bis Art. 75 TU 309/90, Cass., sez. pen. VI, 28 aprile 2017, n. 27090 e Cass., sez. pen. III, 27 ottobre 2016, n. 5631 sottolineano che una quantità “esigua” fa quasi sempre presumere un uso esclusivamente personale. La personalità dell'uso, in Cass., sez. pen. VI, 8 giugno 2016, n. 26623 scatta in maniera automatica anche in presenza di un quantitativo “minimo” da frazionarsi tra un gruppo di consumatori. Interessante è pure Cass., sez. pen. VI, 3 luglio 2017, n. 39374 (di poco preceduta da Cass., sez. pen. VI, 2 luglio 2017, n. 17061), la quale invita il Magistrato del merito ad applicare la “lieve entità” ex comma 5 Art. 73 TU 309/90 in tutti i casi in cui non sussista una “significativa potenzialità offensiva e, dunque, un elevato pericolo di diffusività della sostanza”. Si tratta di asserti giurisprudenziali che inducono il giudice di prima e seconda istanza ad abbandonare il rigore sanzionatorio degli Anni Novanta del Novecento. Ormai, infatti, la Suprema Corte tende a prendere atto circa la normalità delle mode tossicomaniacali giovanili. Sicché, la Cassazione non poteva non assumere un atteggiamento filo-abolizionista, specialmente con attinenza alla canapa, il cui utilizzo è capillarmente diffuso presso gli adolescenti.

Prima delle aperture riduzionistiche degli Anni Duemila, la coltivazione di cannabis era sempre e comunque sussunta nel campo precettivo del comma 1 Art. 73 TU 309/90, e ciò a prescindere dal grado di professionalità e dalla finalità della coltura. Soltanto Cass., sez. pen. VI, 18 gennaio 2007, n. 17983 aveva coraggiosamente proposto di differenziare tra la “coltivazione domestica”, depenalizzabile ex Art. 75 TU 309/90, e la “coltivazione tecnico-agraria”, penalmente rilevante ex Art. 73 TU 309/90. Tale potenziale svolta ipotizzata da Cass., sez. pen. VI, 18 gennaio 2007, n. 17983 è stata stroncata dal neo-retribuzionismo predicato da Cass., SS.UU.,  24 aprile 2008, nn. 28605 e 28606. Tuttavia, in Dottrina, Manes (2005)[1] fece notare la non-proporzionalità insita nell'applicare l'Art. 73 TU 309/90 a fattispecie “non concretamente offensive”, soprattutto se aventi ad oggetto marjuana o haschisch.

Del pari, anche Massimario Corte di Cassazione (2016)[2] ha messo in evidenza che il Magistrato del merito non deve applicare l'Art. 73 TU 309/90 in maniera automatica, bensì valutando, di volta in volta, il “concreto grado di offensività” della sostanza, ovverosia “è compito del giudice verificare se la condotta singola sia [o meno] assolutamente inidonea, nel caso specifico, a ledere o mettere in pericolo il bene protetto [della salute ex comma 1 Art. 32 Cost.]. Tradizionalmente, l'inoffensività in concreto tende a coincidere con la assoluta inettitudine drogante della sostanza ricavata”. Ecco, dunque, che Massimario Corte di Cassazione (ibidem)[3] mette in risalto la primaria necessità di “contestualizzare” ciascun caso concreto, in tanto in quanto il giudice del merito non è un calcolatore elettronico deputato ad azionare algebricamente ed apoditticamente l'Art. 73 o, viceversa, l'Art. 75 TU 309/90. Ogni fattispecie reca una sua propria specificità.

Ciononostante, la ratio della “inettitudine drogante della sostanza” è tutt'altro che un concetto pacifico. P.e.,  il principio del “tenore drogante” fatica ad essere applicato nell'evenienza del sequestro di piante di stupefacenti non ancora giunte a maturazione. A tal proposito, un primo filone esegetico è quello di Cass., sez. pen. VI, 15 maggio 2013, n. 22459, a norma della quale “la coltivazione va punita ad ogni stadio, senza che la mancata maturazione delle piante possa escludere tipicità ed offensività, poiché, diversamente, verrebbero irragionevolmente escluse dall'area della punibilità tutte le piantagioni scoperte ed interrotte in una fase immediatamente antecedente a quella della maturazione”. Siffatta applicabilità del comma 1 Art. 73 TU 309/90 alle piante di stupefacenti non ancora “mature” è asserita pure da Cass., sez. pen. IV, 5 luglio 2017, n. 50970, Cass., sez. pen. IV, 10 maggio 2017, n. 30238, Cass., sez. pen. VI, 28 aprile 2017, n. 35654 nonché da Cass., sez. pen. VI, 1 febbraio 2017, n. 10931.

Viceversa, in Dottrina, l'applicazione dell'Art. 73 TU 309/90 ad arbusti droganti non germogliati è stata aspramente criticata da Manes (2008)[4], secondo cui “siamo di fronte ad un cortocircuito logico-interpretativo: da un lato, si ritiene tipico un fatto in sé non arrivato a piena consumazione; dall'altro, si bypassa l'accertamento dell'offensività in concreto non possibile su piante che non abbiano ancora prodotto sostanza. In definitiva, s'invera qui il rischio che il bene protetto [ex comma 1 Art. 32 Cost.] finisca per non essere che il semplice simulacro del divieto in sé”. Sulla scia di Manes (2008)[5], pure Cass., sez. pen. IV, 4 luglio 2017, n.  43849 e Cass., SS.UU., 22 gennaio 2009, n. 22676 presentano anch'esse la punibilità della coltivazione di piante psicotrope ancora “acerbe” alla stregua di un inaccettabile “delitto di mero sospetto” fondato su un'altrettanto inaccettabile pericolosità giuridico-sociale puramente “astratta”

Esiste pure, tuttavia, un orientamento ermeneutico maggiormente elastico. P.e., Cass., sez. pen. VI, 21 ottobre 2015, n. 2618 (anticipata, in parte, da Cass., sez. pen. VI, 28 ottobre 2008, n. 1222) ha evidenziato l'irrilevanza penale di alcune piante di canapa sequestrate “quando erano poco più che germogli”. Più nel dettaglio, Cass., sez. pen. VI, 21 ottobre 2015, n. 2618 ha sentenziato che “la verifica dell'offensività in concreto non può limitarsi all'accertamento della corrispondenza al tipo botanico, ma dev'essere rivolta ad accertare la potenziale lesività delle piantine [ex comma 1 Art. 32 Cost.] […] avendo riferimento all'attualità, non alla futura ed eventuale capacità di mettere in pericolo il bene tutelato. [Dunque] il giudice del merito ha omesso ogni valutazione in concreto sull'offensività della condotta oggetto di contestazione, operando un giudizio sulla futura esistenza di principi attivi e, quindi, sulla capacità drogante della sostanza estraibile dalle piantine, pervenendo ad un accertamento ipotetico che fonda il riconoscimento della responsabilità penale con riferimento ad una condotta di coltivazione di cui non risulta dimostrata la capacità di mettere in pericolo il bene tutelato [ex comma 1 Art. 32 Cost.]”.

Pertanto, come si può notare, Cass., sez. pen. VI, 21 ottobre 2015, n. 2618 mette in risalto l'assurdità, nella Giuspenalistica, di un delitto “a pericolosità astratta”. Ogni reato, per essere tale, deve cagionare un'offensione concreta e non potenziale. Viceversa, si darebbe cittadinanza, anche nel TU 309/90, ai delitti “di mero sospetto”, il che aprirebbe la via a derive autoritarie ed anti-democratiche. Similmente, tale ratio della “concretezza” del pericolo e dell'offesa anti-normativa è asserita da Cass., sez. pen. VI, 10 novembre 2015, n. 5254, ovverosia la coltivazione di poche piante di canapa per uso personale è “sostanzialmente irrilevante” sotto il profilo penalistico, in tanto in quanto tale coltura “domestica” non reca né ad una lesione della salute collettiva, né ad un significativo aumento delle sostanze droganti in circolazione. In buona sostanza, anche in Cass., sez. pen. VI, 10 novembre 2015, n. 5254 manca il quid pluris del “pericolo” non astratto. Entro tale ottica si collocano pure Cass., sez. pen. IV, 27 gennaio 2017, n. 17167, Cass., sez. pen. VI, 26 settembre 2016, n. 40030, Cass., sez. pen. VI, 15 settembre 2016, n. 8058 nonché Cass., sez. pen. IV, 19 gennaio 2016, n. 3787. In definitiva, la Suprema Corte, con afferenza al comma 1 Art. 73 TU 309/90, ha sposato il brocardo germanofono “kein Uebel ohne Schuld”, “nessun danno [attuale], nessuna responsabilità”. Alla luce di queste pronunzie giurisprudenziali, La Rosa (2016)[6], in Dottrina, ha asserito che l'essenziale, ai fini della configurabilità del delitto p. e p. ex Art. 73 TU 309/90, non è il “potenziale effetto drogante della sostanza”, bensì “la concreta offensività del singolo fatto di coltivazione”. De-contestualizzare la coltura di cannabis significa perdere di vista la “non potenzialità astratta” degli illeciti a rilevanza penale.

 

Il commercio illecito di canapa in Italia

Nel contesto italiano, la canapa è la sostanza illecita più commerciata e consumata. Come riferito dal Ministero dell'Interno, nel solo 2015, su 19.000 sequestri della PG, ben 11.000 (dunque il 48 %) hanno inerito la marjuana e l'haschisch. Anzi, abbondano le associazioni per delinquere costituite appositamente ai fini del traffico di cannabis. Dal 1990, anno di entrata in vigore del Testo Unico  sugli stupefacenti, l'Art. 75 TU 309/90, in tema di uso personale, è stato applicato circa i milione di volte e, nel 73 % delle fattispecie, esso ha avuto ad oggetto cannabinoderivati. Nel 2013, sempre in Italia, sono stati sequestrati il 9 % della marjuana ed il 7 % dell'haschisch circolanti in tutta Europa. La canapa è commerciata, principalmente, dalla Camorra e dalla mafia albanese, le quali sfruttano le colture presenti nel Maghreb, per poi far transitare il prodotto finito attraverso la Spagna.

In Dottrina, non sono certo mancate le voci critiche nei confronti della vigente politica criminale in tema di marjuana ed haschisch, il cui consumo, anziché diminuire, si espande sempre di più presso gli adolescenti. P.e., Manes (ibidem)[7] osserva amaramente che “nel far fronte al fenomeno, il Legislatore ha sempre dato acritica preminenza allo strumento punitivo, confidando nella sua alta capacità deterrente, senza mai seriamente interrogarsi sulle sue effettive ricadute. Il tratto comune del pluriennale, disordinato avvicendarsi legislativo in materia di droga (anche) leggera, insomma, resta la rarefazione e l'assenza di un dibattito teorico consapevole sull'an, prima ancora che sul quomodo e sul quantum, dell'intervento penale”. In buona sostanza, Manes (ibidem)[8] intende sottolineare che il TU 309/90, nelle proprie disposizioni penali, reca pene eccessivamente severe, che, per conseguenza, non svolgono una sufficiente funzione di deterrenza. Il TU 309/90 ha giustizialisticamente saziato molti malumori popolari, me, come sempre, l'eccessiva severità non esplica alcun effetto dissuasivo. P.e., anche negli USA, l'eccessivo rigore nella repressione del narcotraffico ha acuito e non diminuito la problematica. La ratio della “pena esemplare” conduce ad una maggiore criminogenesi e diminuisce la general-preventività.

Nel contesto del tormentato cammino del TU 309/90, Consulta 32/2014 ha ripristinato la differenziazione de jure condito tra sostanze “pesanti” e sostanze “leggere”. Per conseguenza, anche l'Art. 73 TU 309/90 dispone un trattamento sanzionatorio attenuato per i cannabinoidi. Del pari, anche il comma 1 Art. 75 TU 309/90 distingue, nella comminazione di sanzioni amministrative, tra l'uso personale di canapa e, viceversa, l'uso personale di droghe dure (cocaina, eroina, ecstasy ed allucinogeni). Formalmente, poi, la “lieve entità” ex comma 5 Art. 73 TU 309/90 non differenzia tra sostanze pesanti e leggere, ma, nondimeno, taluni, in Dottrina, hanno proposto di reputare sempre come “fatto lieve” il traffico di quantità non ingenti di canapa.

Se si getta uno sguardo d'insieme sugli Artt. 73 e 75 TU 309/90, consta che, dopo Consulta 32/2014, il Legislatore, unitamente ad una parte della Giurisprudenza, si è incamminato verso un trattamento sanzionatorio attenuato e riduzionista con afferenza alle droghe leggere. Tuttavia, è ben lontana una razionalizzazione sistematica delle disposizioni penali in tema di stupefacenti. In effetti, come notato da Bray (2016)[9], manca la ratio della “ragionevolezza” nel comma 5 Art. 73 TU 309/90, in tanto in quanto non si comprende perché, nel contesto del reato di lieve entità, non si distingua, come accade nel comma 1 Art. 73  e nel comma 1 Art. 75 TU 309/90, tra “cannabis” e sostanze “pesanti”. Anche Ravì Pinto (2016)[10] contesta la mancanza di una differenziazione, nel comma 5 Art. 73 TU 309/90, tra droghe pesanti e droghe leggere. Analogamente, Gaboardi (2015)[11] censura, negli Artt. 73 e 75 TU 309/90, numerosi “profili di irragionevolezza della disciplina penale [o amministrativa] sugli stupefacenti”.

Anche a parere di chi redige, il comma 1 Art. 73 TU 309/90 contiene limiti edittali di pena eccessivamente severi, il che alimenta un inutile populismo incapace di generare una vera e propria deterrenza. Ciò è stato rimarcato pure da Tuzet (2016)[12], che, senza mezzi termini, ha denunziato la “inefficacia” degli Artt. 73 e 75 TU 309/90, giacché la demagogia produce un Diritto Penale completamente sganciato dalla general-/special-preventività. Del resto, in Parlamento, molti Lavori Preparatori hanno evidenziato che l'attuale TU 309/90, in più di trent'anni, si è dimostrato inidoneo a contenere la piaga della marjuana e dell'haschisch presso la popolazione giovanile. Oppure ancora, la Direzione Nazionale Antimafia (DNA), nella propria Relazione annuale del 2015, ha notato, in tema di canapa psicoattiva, che “[si assiste al] totale fallimento dell'azione repressiva per il contrasto alla diffusione dei cannabinoidi […]. Tale fallimento riguarda la coltivazione, la lavorazione e la vendita [illegale] della cannabis e dei suoi derivati […]. Il commercio [della canapa] continua e garantire importanti risorse finanziarie per le mafie e per il sottobosco criminale che oggi ha il monopolio di [tale] traffico […]. Inoltre, la cannabis procura notevoli risorse economiche e finanziarie al terrorismo integralista”. Pertanto, la DNA, al pari di Tuzet (ibidem)[13], parla di una scandalosa “inefficacia” della politica criminale afferente alla marjuana ed all'haschisch. Da segnalare è pure Cavaliere (2014[14], 2013[15]), a parere del quale Consulta 32/2014 non è stata in grado di portare “i principi di offensività e di proporzionalità” all'interno degli Artt. 73 e 75 TU 309/90.

Attualmente, pare che il Legislatore si stia orientando verso l'antiproibizionismo. Infatti, il comma 7 Art. 3 DLVO 8/2016 (attuativo della L. 67/2014) ha depenalizzato, a certe condizioni, la coltivazione della canapa contenente THC. Prima del summenzionato DLVO 8/2016, dominavano, senza eccezioni rilevanti, i commi 1 e 2 Art. 26 TU 309/90 (“salvo quanto stabilito nel comma 2, è vietata, nel territorio dello Stato, la coltivazione delle piante comprese nelle tabelle I e II di cui all'Art. 14, ad eccezione della canapa [non psicotropa] coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali, diversi da quelli di cui all'Art. 27, consentiti dalla normativa dell'Unione Europea. Il Ministro della sanità può autorizzare istituti universitari e laboratori pubblici aventi fini istituzionali di ricerca, alla coltivazione delle piante sopra indicate per scopi scientifici, sperimentali o didattici”). Sempre a proposito di coltivazione di cannabis, da menzionare sono pure i commi 1 e 2 Art. 28 TU 309/90:  “chiunque, senza essere autorizzato, coltiva le piante indicate nell'Art. 26 [TU 309/90], è assoggettato alle sanzioni penali ed amministrative [ex Artt. 73 e 75 TU 309/90] stabilite per la fabbricazione illecita delle sostanze stesse. Chiunque non osserva le prescrizioni e le garanzie cui l'autorizzazione è subordinata, è soggetto, salvo che il fatto costituisca reato, alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 ad euro 30.000”. Più o meno surrettiziamente, molti Lavori Preparatori mirano a far prevalere le sanzioni amministrative ex Art. 75 TU 309/90, anziché quelle di matrice penale ex Art. 73 TU 309/90.

Assai probabilmente, non prevale la tesi antiproibizionista, con afferenza alla marjuana ed all'haschisch, in tanto in quanto il Legislatore è perfettamente cosciente che la legalizzazione, sotto il profilo criminogenetico, non impedisce il “vedo-non vedo” in una zona ambigua e grigia com'è quella della vendita di stupefacenti. In effetti, la trascorsa esperienza dei canapai, in Canton Ticino, ha dimostrato che la cannabis “libera” non toglie vigore ai molti, anzi troppi sottoboschi delittuosi che accompagnano perennemente il mondo delle droghe, lecite o legalizzate che esse siano. Dunque, il DLVO 8/2016 non ha diminuito la precettività, nell'Ordinamento italiano, dell'Art. 73 TU 309/90, né, tantomeno, degli Artt. 26, 27 e 28 TU 309/90; tuttavia, l'antiproibizionismo non ha cessato di far sentire la propria voce dissenziente sulla tematica del THC.

P.e., il disegno di legge “Giachetti” (AC-3235) ha proposto una liberalizzazione della c.d. “micro-detenzione/micro-cessione/micro-coltivazione” di quantità “modeste” di cannabinoidi. In special modo, il progetto Giachetti proponeva la non rilevanza penale della “coltivazione domestica” di canapa, purché per uso personale o per il consumo riservato ad un gruppo ristretto di utenti. Tale iniziativa de jure condendo, inoltre, conteneva il progetto di rendere lecito il possesso di marjuana fino a 15 grammi detenuti come provvista per il consumo individuale, a condizione che la sostanza non venisse fumata in luoghi pubblici o posti di lavoro. La proposta parlamentare AC-3235, in terzo luogo, intendeva scriminare la cessione fino a 5 grammi di cannabis, a patto di non coinvolgere minorenni o disabili. Infine, il disegno Giachetti proponeva di introdurre, nel reato di lieve entità ex comma 5 Art. 73 TU 309/90, la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti, introducendo, come prevedibile, un trattamento sanzionatorio quasi inesistente per la marjuana e l'haschisch. Tuttavia, Manes & Romano (2016)[16] nonché Toriello (2016)[17] hanno sottolineato che il progetto de jure condendo qui in esame possedeva molte antinomie e lacune e, soprattutto, tendeva a stravolgere la delicata ratio della “detenzione a fini personali”. Tant'è che Manes & Romano (ibidem)[18] hanno rimarcato come sia più auspicabile, ad un certo punto, sostituire radicalmente l'intero TU 309/90 anziché abrogare solamente alcune norme togliendo valore a trent'anni di equilibri interpretativi di livello giurisprudenziale.

Ognimmodo, il progetto Giachetti è stato radicalmente novellato ed ha recato solamente ad un minor proibizionismo in tema di “uso medico-terapeutico di stupefacenti” per la terapia del dolore. Dette modifiche oggi hanno dato vita al DL 148/2017, convertito nella L. 172/2017. Tuttavia, come osservato da Anastasia & Cianchella (2017)[19] si è registrata una notevole “apertura” della Giurisprudenza nei confronti della depenalizzazione delle droghe leggere, ovverosia “a livello applicativo [rectius: giurisprudenziale, ndr] si registra un certo fermento [antiproibizionista]. In linea col regime di complessivo favor conseguente a Corte Costituzionale 32/2014, la Giurisprudenza si sta rivelando cautamente incline a restringere l'area penale connessa ai reati aventi ad oggetto droghe leggere”. Chi scrive, in maniera politicamente scorretta, fa notare, in ogni caso, che le cc.dd. “droghe leggere”, nel lungo periodo, producono gravi danni psico-fisici. Pochi, in epoca odierna, hanno il coraggio di negare che la cannabis abbia una natura tossicologica “leggera”. Anche dal punto di vista medico, non pochi dubitano circa la presunta utilità terapeutica del THC.

 

Conclusioni

Con amarezza ed in maniera realistica, Verga (2005)[20] nota che “il fallimento della guerra alle droghe rappresenta un dato difficilmente controvertibile. Gli effetti negativi – e, si badi, non necessariamente collaterali – di questa lotta su scala globale sono ormai evidenziati in numerosi, autorevoli documenti internazionali”. Del pari, Rolles (2016)[21] evidenzia che, laddove fallisce il contrasto al narcotraffico, gli effetti sono “pericoli per la salute pubblica, in particolare dei giovani, insidie alla pace ed alla sicurezza globali, […] danni alla Macroeconomia, stigma sociale e discriminazione di tutti i soggetti coinvolti, dal maxi-trafficante al semplice assuntore ed incremento dell'economia criminale”. Chi redige concorda appieno con Rolles (ibidem)[22], in tanto in quanto, nel lungo periodo, il commercio degli stupefacenti e l'annesso riciclaggio di denaro alterano i normali equilibri IS/LM, pur se si tratta di danni non subito percepiti da parte dell'opinione pubblica. Analogamente, UNODC (2017)[23] osserva che le associazioni per delinquere legate al mondo delle droghe azzerano le ordinarie modalità di espressione della c.d. “concorrenza perfetta”, anche nella Microeconomia delle piccole e medie imprese.

Tale è pure il parere di Paoli & Greenfield (2013)[24], a parere dei quali “produzione e circolazione di droga, a ben vedere, hanno effetti sul sistema economico legale, [perché] s'intrecciano con ulteriori attività di carattere criminale, provocano strappi istituzionali e, non per ultimo, sortiscono drammatici effetti sulla società civile in genere”. Ciononostante, chi scrive ribadisce che le ripercussioni ordinamentali del narcotraffico non sono percettibili nel breve periodo, il che impedisce la nascita di un'adeguata ripugnanza sociale. L'antisocialità della ricchezza prodotta dallo smercio di sostanze illecite si nasconde sempre dietro le parvenze di un'imprenditorialità sana, che, anzi, offre occasioni di lavoro alla popolazione locale.

Come messo in risalto da Europol (2016)[25], “il fenomeno [della coltivazione e vendita di stupefacenti] coinvolge a pieno titolo anche l'Europa, rispetto alla quale il Mar Mediterraneo continua a rivestire il ruolo di canale privilegiato”. In effetti, sotto il profilo statistico, EMCDDA (2017)[26] rileva che la cannabis è la principale sostanza illecita consumata nel vecchio continente, ossia “secondo stime necessariamente approssimative, ne fanno uso giornaliero circa tre milioni di europei tra i 15 ed i 64 anni […]. [Di più,] avuto riguardo alla medesima fascia d'età, si stima che 23,5 milioni di europei (quindi il 7 % della popolazione UE) abbiano fatto suo di cannabis nel 2016; e 87,7 milioni di europei (il 26,3 % della popolazione UE) ne hanno fatto uso almeno una volta nell'arco di vita”. Sempre secondo Statistiche criminologiche attendibili, il traffico di canapa segue canali diversi a seconda che si tratti di “sostanze erbacee” (la marjuana) oppure “sostanza resinose” (l'haschisch). Negli Anni Duemila, la marjuana o è coltivata in loco, o proviene dai balcani, specialmente dall'Albania. Invece, l'haschisch è piantata e raccolta in Marocco o Afghanistan, ma l'ingresso materiale in Europa passa attraverso la Spagna, i Paesi Bassi o il Belgio. Le mafie che organizzano il traffico della cannabis provengono, prevalentemente, dal Marocco, dall'Olanda e dall'Albania; ma, nell'Europa dell'Est, sono attive pure cellule criminali vietnamite. Un ruolo altrettanto centrale compete alla Camorra ed ai Talebani; questi ultimi si sono specializzati nel campo dell'haschisch.

L'emergenza connessa alla canapa ha coinvolto anche la Sessione Speciale dell'Assemblea Generale del'ONU (UNGASS), durante la quale i vari Paesi hanno affrontato la tematica del narcotraffico. In tale sede (UNGASS, 2016)[27], gli Stati, specialmente quelli dell'America Latina, hanno messo in risalto “l'insostenibilità economica, politica e democratica di una lotta alla droga non adeguatamente coordinata […] [Perché è necessario] promuovere una società libera dall'abuso di droga, in modo da assicurare che ogni polo viva in salute, dignità e pace, con sicurezza e prosperità”. In Dottrina, Perduca (2016)[28] invoca una “rivisitazione generale” della Convenzione unica sugli stupefacenti di New York del 1961, così come modificata dal Protocollo di Ginevra del 1972. Altrettanto parolaie ed astratte sono la Convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971 nonché la Convenzione ONU contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 1988. Trattasi di testi normativi internazionali ormai lontani dalle mode tossicomaniacali giovanili contemporanee.

Ormai, la criminalità organizzata detiene il monopolio dello smercio della marjuana e dell'haschisch. In effetti, Europol (ibidem)[29] ha evidenziato che la lotta alle mafie deve prevalere sul quasi inutile contrasto al pusher di quartiere. Similmente, Manes & Romano (ibidem)[30] affermano che gli sforzi dei vari Ordinamenti debbono concentrarsi, più che sul commercio al dettaglio, sulle “narco-mafie” di calibro transnazionale. Molti, nella Dottrina occidentale, propongono l'introduzione di un largo e generoso antiproibizionismo. P.e., nel contesto italiano, svariati Autori auspicano una maggiore precettività dell'Art. 75 TU 309/90 in materia di detenzione “per uso esclusivamente personale”. Altrettanti mirano alla legalizzazione delle colture domestiche di marjuana destinate al consumo individuale. Altri ancora hanno ipotizzato di estendere quantitativamente la dose massima detenibile. Tuttavia, a parere di chi commenta, pochi ricordano la dannosità psicofisica del THC nel lungo periodo. In effetti, le droghe cc.dd. “leggere” provocano anch'esse effetti nocivi sul cervello. La moda radical-chic della marjuana non tiene conto del parere negativo della tossicologia forense, che nega qualsivoglia effetto benefico o pseudo-benefico del THC.

 

[1]Manes, Il principio di offensività nel diritto penale, Torino, 2005

 

[2]Massimario Corte di Cassazione, La categoria dell'offensività nel reato di coltivazione di piante stupefacenti, Rel. n. 36/16, 7/6/2016

 

[3]Massimario Corte di Cassazione, op. cit.

 

[4]Manes, Il nuovo Art. 73 DPR n. 309/1990, 2008

 

[5]Manes, op. cit.

 

[6]La Rosa, La coltivazione domestica di cannabis tra (in)offensività e particolare tenuità del fatto, Giurisprudenza italiana, 2016

 

[7]Manes, op. cit.

 

[8]Manes, op. cit.

 

[9]Bray, Legittima la nuova formulazione dell'Art. 73 comma 5 TU Stup.: insindacabilità la scelta legislativa di equiparare droghe pesanti e leggere. Diritto Penale contemporaneo, 7.3.2016

 

[10]Ravì Pinto, L'equiparazione sanzionatoria tra droghe pesanti e droghe leggere nel quinto comma dell'Art. 73 DPR 309 del 1990: profili di incostituzionalità tra discrezionalità del Legislatore e finalismo rieducativo, Oss. AIC, 3, 2016

 

[11]Gaboardi, La disciplina penale in materia di stupefacenti al cimento della ragionevolezza, in Stupefacenti e Diritto penale. Un rapporto di non lieve entità, a cura di Morgante, Torino, 2015

 

[12]Tuzet, Effettività, efficacia, efficienza, Mat. st. cult. Giur., 1, 2016

 

[13]Tuzet, op. cit.

 

[14]Cavaliere, Il controllo del traffico di stupefacenti tra politica criminale e dogmatica, Diritto Pen. Proc., 2014

 

[15]Cavaliere, Paternalismo, Diritto penale e principi costituzionali: profili di teoria generale, i-Lex, 20, 2013

 

[16]Manes & Romano, Uno sguardo d'insieme sulla proposta di legge Giachetti, Rivista italiana di medicina legale, 4, 2016

 

[17]Toriello, Le novità in materia di coltivazione (in forma personale e associata), Rivista italiana di medicina legale, 4, 2016

 

[18]Manes & Romano, op. cit.

 

[19]Anastasia & Cianchella, La macchina della punizione. Gli effetti penali e sanzionatori della criminalizzazione della circolazione e del consumo di droghe, in Libro bianco sulle droghe. Dalla semina americana al deserto italiano, VIII ed., www.fuoriluogo.it 2017

[20]Verga, Gli effetti collaterali del proibizionismo, Cassazione Penale, 9, 2005

 

[21]Rolles, The alternative world drug report, 2016

 

[22]Rolles, op. cit.

 

[23]UNODC, World drug report 2017. The drug problem and organized crime, illicit financial flows, corruption and terrorism, 2017

 

[24]Paoli & Greenfield,  Harm: a neglected concept in Criminology, a necessary benchmark for crime-control policy, European Journal crime crim. law crim. Just., 2013

 

[25]Europol, EU drug markets report 2016

 

[26]EMCDDA, Relazione europea sulla droga, tendenze e sviluppi, 2017
 

[27]UNGASS, Resolution adopted by the General Assembly on 19th April 2016

 

[28]Perduca, Armistizio sulla droga, l'ONU è pronta ? In Libro bianco sulla legge sulle droghe. Dopo UNGASS 2016, VII Ed., www.fuoriluogo.it, 2016

 

[29]Europol, op. cit.

 

[30]Manes & Romano, op. cit.