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Responsabilità penale del gestore di piscina. Comportamento omissivo - Sussistenza di una posizione di garanzia penalisticamente rilevante.

Nota a Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 3 febbraio 2006, n.4462

Con la sentenza in oggetto la Suprema Corte affronta ancora una volta il problema dell’applicabilità delle normative dell’ordinamento statale in relazione a soggetti operanti all’interno dell’ordinamento sportivo.

In particolare si fa riferimento al rappresentante di una associazione sportiva, la quale gestisce una piscina: il gestore, come ben noto, risulta titolare di una posizione di garanzia penalisticamente rilevante ed è perciò responsabile per la tutela dei beni giuridici “affidati” alla sua attività.

È noto infatti che chi partecipa ad una qualsiasi attività sportiva incontra necessariamente un’area di rischio funzionale insito in ogni attività sportiva ( si distingue poi tra attività a contatto vietato, a violenza eventuale o c.d. a violenza necessaria, laddove il contatto fisico è alla base delle regole caratterizzanti lo sport in questione).

Nel caso in oggetto il gestore della piscina è tenuto, per non incorrere in responsabilità derivanti da un proprio comportamento negligente, a predisporre una idonea organizzazione dell’attività ed alla vigilanza sul rispetto delle regole sia sportive (in ossequi ai canoni della Federazione Italiana Nuoto), sia generali, le quali richiedono l’attivarsi per predisporre tutte le cautele e le precauzioni atte ad evitare qualsiasi tipo di pericolo per gli utenti.

La ratio di tali previsioni, oltre ad un corretto approccio professionale ed un corretto esercizio dell’attività sportiva, sta nella tutela della salute degli atleti o degli utenti in generale di un centro sportivo.

Più in particolare nella circostanza in oggetto si era verificata la morte di un minore, avvenuta nella piscina de quo a causa di un malore improvviso.

Per affermare la responsabilità penale dei soggetti aventi una posizione di garanzia, occorrerà evidenziare come si debba riscontrare, ovviamente, un rapporto di causalità tra la manifestazione ed il danno verificatosi durante la stessa, nei confronti dei partecipanti o dei terzi.

Questo nesso di causalità potrà ravvisarsi in un comportamento attivo, ma più verosimilmente in un comportamento omissivo degli organizzatori, i quali violino un obbligo giuridico a loro carico (vedi art. 402 Codice Penale).

La Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, annulla la sentenza di merito, nella parte in cui escludeva il nesso causale con la condotta omissiva del gestore, in quanto assolutamente immotivata.

Nei doveri del gestore incombeva anche quello di disporre un idoneo sistema di salvataggio, il quale se predisposto, avrebbe potuto inserirsi nel nesso eziologico tra la condotta del gestore e l’evento a questo ascrivibile, e creare un meccanismo di pronto soccorso che avrebbe potuto salvare la vita o quantomeno salvaguardare il più possibile la salute dell’utente della piscina.

Con la sentenza in oggetto la Suprema Corte affronta ancora una volta il problema dell’applicabilità delle normative dell’ordinamento statale in relazione a soggetti operanti all’interno dell’ordinamento sportivo.

In particolare si fa riferimento al rappresentante di una associazione sportiva, la quale gestisce una piscina: il gestore, come ben noto, risulta titolare di una posizione di garanzia penalisticamente rilevante ed è perciò responsabile per la tutela dei beni giuridici “affidati” alla sua attività.

È noto infatti che chi partecipa ad una qualsiasi attività sportiva incontra necessariamente un’area di rischio funzionale insito in ogni attività sportiva ( si distingue poi tra attività a contatto vietato, a violenza eventuale o c.d. a violenza necessaria, laddove il contatto fisico è alla base delle regole caratterizzanti lo sport in questione).

Nel caso in oggetto il gestore della piscina è tenuto, per non incorrere in responsabilità derivanti da un proprio comportamento negligente, a predisporre una idonea organizzazione dell’attività ed alla vigilanza sul rispetto delle regole sia sportive (in ossequi ai canoni della Federazione Italiana Nuoto), sia generali, le quali richiedono l’attivarsi per predisporre tutte le cautele e le precauzioni atte ad evitare qualsiasi tipo di pericolo per gli utenti.

La ratio di tali previsioni, oltre ad un corretto approccio professionale ed un corretto esercizio dell’attività sportiva, sta nella tutela della salute degli atleti o degli utenti in generale di un centro sportivo.

Più in particolare nella circostanza in oggetto si era verificata la morte di un minore, avvenuta nella piscina de quo a causa di un malore improvviso.

Per affermare la responsabilità penale dei soggetti aventi una posizione di garanzia, occorrerà evidenziare come si debba riscontrare, ovviamente, un rapporto di causalità tra la manifestazione ed il danno verificatosi durante la stessa, nei confronti dei partecipanti o dei terzi.

Questo nesso di causalità potrà ravvisarsi in un comportamento attivo, ma più verosimilmente in un comportamento omissivo degli organizzatori, i quali violino un obbligo giuridico a loro carico (vedi art. 402 Codice Penale).

La Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, annulla la sentenza di merito, nella parte in cui escludeva il nesso causale con la condotta omissiva del gestore, in quanto assolutamente immotivata.

Nei doveri del gestore incombeva anche quello di disporre un idoneo sistema di salvataggio, il quale se predisposto, avrebbe potuto inserirsi nel nesso eziologico tra la condotta del gestore e l’evento a questo ascrivibile, e creare un meccanismo di pronto soccorso che avrebbe potuto salvare la vita o quantomeno salvaguardare il più possibile la salute dell’utente della piscina.