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Ricordare

ricordare
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Ricordare

Ci si deve fidare per forza. Ci si deve fidare per forza, a un certo punto, di noi.

Script e schemi hanno reso la nostra esistenza un reticolato geografico socialmente riconoscibile, in cui tutto può essere rintracciato anche da chi ci butta addosso un’occhiata fugace: vestiario, espressioni del volto, professione, abitudini. Ora, definite le coordinate, possiamo accingerci a vivere finalmente… ma dov’è quella pienezza tanto anelata? Quel soddisfacimento ultimo? Quella quasi-felicità a cui noi umani possiamo aspirare? Quando ci accorgiamo che è tutto cartongesso, spesso siamo già grandi ed è proprio allora che da lontano, dal nostro profondo, cominciamo a distinguere una voce, prima confusa, poi sempre più nitida, dolce, familiare, una nenia antica e al contempo giovane che ci fa ricordare, che ci riporta al cuore, re-cordari, la nostra fanciullezza, la nostra mente bambina che aveva tutto così amorevolmente chiaro. Seduti in ufficio, allora, camminando per la via, guidando in macchina, a pranzo con i colleghi, ricordiamo improvvisamente tutto. Ci ricordiamo che in quel cuore ci eravamo già visti proiettati nel futuro che avremmo voluto, ci ricordiamo di quanto amavamo sporcarci con la terra in giardino, di quanto era certo per noi il voler leggere per sempre, di quanto ci piaceva costruire con quello che ci capitava sottomano, di come facevamo ridere tutti a tavola, di quelle acrobazie inventate dal nulla, di quando guardavamo la nonna cucire e avremmo voluto creare così anche noi. Di quando abbiamo spiegato con coraggio qualcosa davanti a tutti, di quando abbiamo cantato e ci siamo commossi, di quando abbiamo inventato una ricetta con quello che c’era. Di quando la mamma ci ha regalato un sorriso grande e ci siamo sentiti potenti, di quando abbiamo difeso un amico, di quando abbiamo gioito per un piccolo dono.

Grandi, ci fermiamo nelle azioni meccaniche per chiederci se esaudiscano quella nostra natura o ci tradiscano. Ci voltiamo come Orfeo, ansiosi di ripescare l’Euridice che era in noi, amandola come mai, desiderandola più di ogni altra cosa.  Vorremmo scrollarci di dosso tutte le finzioni che abbiamo scelto in nome di non so chi e ritornare quelli che eravamo, mentre Euridice svanisce in un sogno.

Rimane, tuttavia, un riverbero, un sussurro, un’indicazione più chiara di quanto potessimo immaginare, che ci svela quello che abbiamo sempre saputo: possiamo scegliere. Finché respiriamo, possiamo scegliere come agire, come lavorare, come parlare, come pensare, come amare, possiamo permetterci di cambiare, di crescere in profondità e non ignorare più tutte le cose belle che sono tali per noi e che lo sono sempre state.