Soft Law e topografica giuridica
Abstract:
IT.
Oggetto di queste righe, seppur imperfettamente e senza pretesa di completezza, vuole essere uno sprone a considerare il soft-law uno strumento di slancio e vigore al “fenomeno giuridico”, un catalizzatore sociale, pur tuttavia non prescindendo dalla riflessione circa le norme sulle fonti (o norme secondarie, secondo una parte della Dottrina, o norme sulla produzione), ma rendendo l’ordinamento giuridico più concreto ed effettivo, al fine di recuperare il controllo e dominare le dinamiche socio-economiche contemporanee. A tal fine, è necessario, inquadrare questo sub-fenomeno/i cercandovi di attribuire almeno un significato; infatti è proprio dall’osservazione di quei fenomeni che si possono considerare come amorfi ed anodini, che riappare la necessità di delimitare i confini del proprio oggetto di studio, sempre se si vuole considerare il Diritto referente di approccio scientifico: delimitare quindi i termini per riappropriarsi del proprium.
EN.
This brief essay would want to point out the soft-law as an useful device to study in deep the legal phenomenon by problematizing it into our current socio-economical reality. Then, it aims to consider this expression of special legal normativity in order to revaluate the role of interpreters in qualifying sources of Law.
Elementi per un approccio
È sovente affermata sin dai primissimi studi accademici, che una qualità “essenziale” e non “funzionale” di un ordinamento giuridico, stia nella sua completezza e coerenza, tanto da rendere tali caratteristiche quasi fuse in endiadi, sintesi verbale rappresentativa dei problemi dell’analogia e delle antinomie. Se allora ci si pone con lo sguardo ad una descrizione del diritto positivo “…che voglia essere adeguata e completa…[si] dovrà…non solo perlustrare le forme principali in cui il diritto positivo si articola, ma anche aiutare a leggere dentro le manifestazioni esteriori della pratica giuridica”[1]: tra queste, il soft-law, emerge nell’odierno contesto regolatorio multi-livello con sempre più percepibile vigore.
Trattasi di un’elaborazione spiccatamente dottrinaria, originariamente riferita all’ambito internazionale ma diffusasi anche a contesti ordinatori più ristretti, atta ad esprimere “ rules of conduct which in principle, have no legally binding force but which nevertheless may have practical effects”[2] orientata ad una differente nozione del diritto oggettivo, inteso come insieme complesso di disposizioni e di regole morbide, ossia non dotate (queste ultime) delle caratteristiche tipiche delle norme giuridiche individuate dalla tradizionale e consolidata dottrina pubblicistica.
Tale diritto tenderebbe a caratterizzarsi come il risultato di un processo informale di normazione “in grado di recepire il contributo dei vari soggetti che popolano la scena globale e le molteplici forme di presenza giuridica che manifestano, rispondendo dinamicamente agli sviluppi che incessantemente si producono”[3] nei rapporti politico-economici interni e transnazionali.
Talché differenti istanze definitorie si sono contese il suo riconoscimento: da un contenitore che racchiude in sé una tipologia peculiare (anche se non omogenea quanto ad origine e natura) di atti, e dunque di vere e proprie fonti, seppur assolutamente caratteristiche di diritto a nient’altro che una tecnica normativa, e quindi una modalità di produzione di disposizioni, fluida e flessibile di gran lunga più efficace della disciplina per principi. Per altra dottrina invece, il soft law comprenderebbe in sé tanto una tipologia di atti, quanto una tecnica di regolazione, ovvero ancora “espressione di una particolare tipologia di norme giuridiche”[4], per arrivare infine ad una mera dichiarazione di meta-giuridicità.
Essere immagine però di uno strumento di regolazione posto al di fuori dal paradigmatico e tradizionale sistema delle fonti (hard law), vieppiù dotato di una forza condizionante (se non sostanzialmente precettiva sui generis), a cui segue una diffusione trasversale dall’originario contesto fondativo così come un’evoluzione nella sua funzione, induce l’emersione di un problema da cui non può seguire un interrogativo circa un suo supposto carattere di giuridicità.
Si prospetta allora per il Giurista, non un semplice compito di descrizione di un fenomeno, bensì una ricostruzione dell’essere del Diritto al di fuori delle sue mitologie neo-positivistiche: dunque, si può considerare il soft-law come una manifestazione affatto peculiare della dinamica giuridica che tuttavia si inserisce nel processo giuridico, integrandolo e perfezionandolo, ossia costruendolo; oppure come una autonoma e genetica attualizzazione di una “res” (nella forma di un giudizio esistenziale prima che predicativo), dotata quindi di ontologica soggettività ed individualità, che opera nella dinamica giuridica, pur non confondendovisi.
Indipendentemente dalla scelta, v’è però un fatto, che non è semplicemente la negazione di qualcos’altro, come se la “sua essenza si dovesse ridurre ad un vuoto ed univoco modo di essere”[5]: esso invece apparirebbe come una realtà giuridicamente esistente anche se non ancora giuridicamente rilevante, in grado di incidere su una rappresentazione della teoria delle fonti che sia comunque sensibile al contesto ordinatorio stante il continuum di relazioni tra materiali giuridici e la valenza che assumono nel processo di positivizzazione del diritto.
Non solo: essa ne permetterebbe una innovativa raffigurazione di tipo “atomico” laddove agli strumenti di soft-law potrebbe attribuirsi il ruolo di elettroni dispersi in un ambiente nebulare con differenti livelli di attrazione al nucleo (hard-law).
Elementi per un approccio critico
Da quanto emerso, il soft-law apre al problema del riconoscimento della giuridicità intrinseca di un enunciato performativo non necessariamente condizionale, al di fuori delle disposizioni di principio; propone il dilemma validità/effettività per il suo darsi nella società; esprime una vincolatività coerente e multi-direzionale, quindi flessibile; abilita ad una riflessione sulle fonti e sulla sua ideologia, inducendo a conferire rilevanza anche ai crittotipi ordinamentali e al regulatory process.
Problematizzare tale fenomeno può allora esprimersi attraverso un archetipo ermeneutico e pragmaticamente orientato, dotato di una prospettazione che superi o semplicemente si alleghi all’attuale constatazione di una teoria mista dell’interpretazione giuridica, fatta di una sapiente combinazione tra formalismo/cognitivismo e scetticismo nell’attribuzione di significato alle disposizioni giuridiche, trasformandole in norme, ove il manto dell’autorità non copre tali enunciati privandoli del dubbio deontico delle loro proposizioni.
Tale problematizzazione consente poi, di aprire una riflessione sui rapporti tra fonti del diritto (nonché il loro ordinamento) ed interpretazione intesa come giustificazione dell’obbligatorietà attraverso l’attribuzione di senso: in una concezione nomo-dinamica dell’ordinamento infatti, sarebbe possibile ravvisare una polisemia del concetto di “fonte” tra cui si appalesano connotati “procedimentali”[6] e “sostanziali”[7] che, in forza di una comparazione assiologicamente competitiva, contribuiscono ad una costruzione coerente del sistema.
Processo quest’ultimo, condotto dagli interpreti nella fondata coscienza della nozione heideggeriana di “gettatezza dell’essere-nel-mondo”[8] tale da porsi essa stessa come parte di una più ampia “ideologia delle fonti”[9], condivisa dalla comunità interpretante, e matrice per la determinazione dei criteri normativi nella identificazione di giuridicità di un testo, ossia nell’interpretazione finalizzata all’individuazione/riconoscimento della disposizione (attribuzione del significato “modale”), per poi condursi alla sua allocazione sistematica in ottica applicativa (attribuzione del significato “oggetto”).
Questo indurrebbe quindi a considerare il soft-law come un fenomeno connotato da profili molto più problematici di quanto appare ad uno sguardo semplicemente instaurato su una pratica dogmatica tradizionale, ma pur sempre percepibile come un novello ius honorarium della post-modernità. Esso richiama con forza ad una rivoluzione kuhniana nella scienza giuridica, imponendovi un nuovo mutamento di paradigma: concetti come effettività (anche filosofica), integrazione, multi-focalità e decentramento, dialogano in un contesto di teoria delle fonti che voglia sempre più aprirsi ad una prospettiva globale pur rispettando le singole autonomie normative istituzionalizzate, ora però non più indipendenti, nonché una declinazione graduale della stessa normatività capace di rendere più “impegnativa la pretesa fenomenologica di portare alla luce quella riserva di senso che si nasconde nella positività del diritto”[10] attraverso l’attività interpretativa.
Da tutto ciò, il soft law aspira ad una tipizzazione dalle sue occorrenze rivelando una specifica forma normativa, pur nascendo nell’a-tipicità; mira alla diffusione della consapevolezza da parte degli interpreti di comprendere l’ordinamento positivo declinato nella sua infrastruttura giuridica come sistema intrinsecamente complesso dotato di un’auto-poiesi non strettamente autoreferenziale bensì legata al riconoscimento razionale (giustificabilità) della giuridicità del fatto e pertanto adattabile alle dinamiche sociali; stabilisce una rinnovata vigorìa nello studio degli atti linguistici contribuendo così ad una filosofia dei fenomeni istituzionali e dell’ontologia sociale.
[1] Cfr. Viola F. e Zaccaria G. Diritto e Interpretazione. Roma-Bari: Laterza. 2012, 5.
[2] Ossia, Snyder F. “Soft law and Institutional Practice in the European Community” in S. Martin. The Construction of Europe: Essays in honour of Emile Noël, 198, Dordrecht, 1994. A fortiori Wellens K.C. e Borchardt G.M. “Soft law in European Community”, in European Law Review, 14 (1989): 267. Per un parziale elenco di forme di soft-law si v. Boschetti B. “Soft law e normatività: un’analisi comparata” in Rivista della Regolazione dei Mercati, 2 (2016): 32 (in particolare la nota 2), ove rileva la nuova Lex Mercatoria e il Diritto Europeo dei Contratti.
[3] Pastore, B. “Soft law”, gradi di normatività, teoria delle fonti”, in Lavoro e Diritto 1 (2003): 6.
[4] Pastore, Soft Law, 9.
[5] Tasso, T. G. Oltre il Diritto – Alla ricerca della giuridicità del fatto. Padova: Cedam 2012, 193.
[6] Inteso come “…attività che può produrre testi o documenti giuridici” Pino G. Interpretazione e “Crisi” delle Fonti, Macerata:Mucchi. 2014, 13.
[7] Ossia, “…tutti i fattori che influiscono sul processo di attribuzione di significato da parte degli interpreti ai documenti giuridici” Ibidem,14.
[8] Lit. “Geworfenheit in-der-Welt-sein”.
[9] Pino, Interpretazione, nota 25.
[10] Nocerino R. “Complessità e Diritto: brevi riflessioni su Niklas Luhmann e Bruno Romano” in I-lex, Scienze Giuridiche, Scienze Cognitive e Intelligenza Artificiale 11 (2010): 537.