x

x

Steve Coleman, sassofono e guantoni: il jazz incontra la boxe. Morphogenesis

Steve Coleman, sassofonista chicagoano naturalizzato newyorkese, muove i primi passi all’interno della Thad Jones/Mel Lewis Big Band per poi finire nella prima formazione del quintetto di Dave Holland
Foto scattata a Parigi Francia, luglio 2004, da Patricia Magalhães
Foto scattata a Parigi Francia, luglio 2004, da Patricia Magalhães

Steve Coleman, sassofono e guantoni: il jazz incontra la boxe. Morphogenesis.


Jab, gancio destro, raffica di pugni, schiva sulla sinistra, parata alta, jab, gancio sinistro, finta e diretto destro, l’avversario è al tappeto! Sembra KO! Uno! Due! Tre! Quattro!... Telecronaca di un incontro di boxe? No, un album di Steve Coleman.

Steve Coleman, sassofonista chicagoano naturalizzato newyorkese, muove i primi passi all’interno della Thad Jones/Mel Lewis Big Band per poi finire nella prima formazione del quintetto di Dave Holland. Dagli anni Ottanta in poi, fondando anche il collettivo M-Base, si dedica alla ricerca di una propria poetica musicale esperienziale basata sul ritmo e la ciclicità. Attorno a molti progetti che Coleman ha sviluppato e assecondato, in varie formazioni e con vari musicisti, rimane centrale nella sua produzione il gruppo che più di tutti è espressione del suo essere: Steve Coleman and Five Elements. Con questo progetto ha prodotto molti album, le formazioni sono mutate, ma non è mutata la direzionalità della musica e la sua poetica vitale e tangibile. Il filone “Five Elements” ha delineato un modo di suonare jazz che sta al confine del funk e dell’hip hop, ma del quale sono chiare le radici, solidamente fondate nella tradizione bebop e nella musica proveniente dalla cultura della diaspora africana.

Nel 2017 l’album Morphogenesis è pubblicato a nome di Steve Coleman’s Natal Eclipse. Per l’occasione Coleman lascia da parte il nome dei Five Elements per dedicarsi ad un gruppo più allargato di musicisti, diversificando le interazioni tra i componenti e prediligendo una scrittura articolata alle fasi di improvvisazione (pur sempre presenti). In ogni caso la poetica musicale rimane molto chiara e personale, tanto che Morphogenesis potrebbe tranquillamente essere considerato un album dei Five Elements arrangiato per big band. La formazione comprende comunque alcuni musicisti già presenti nell’orbita colemaniana che vengono affiancati a strumentisti di provenienza classica/orchestrale come ad esempio violino e clarinetto.

La programmaticità di questo disco è assolutamente intellegibile ed è legata a tutti i movimenti, le strategie e le fasi della pratica della boxe. La quasi totalità delle composizioni è ispirata ad un gesto o ad un tema di questo sport e in molte fasi di ascolto del disco sembrerà di veder volare dei pugni, contro un sacco, contro uno sparring partner o contro un avversario vero. Trasversalmente alla storia del jazz le palestre di boxe sono state luoghi in cui i musicisti neri segregati andavano ad allenarsi tra loro. Miles Davis fu uno dei primi che fece del pugilato un elemento fondante del suo personaggio e della sua musica. Nel 1971 Tribute to Jack Johnson fu una dedica aperta al grande pugile afroamericano, ma in maniera più lata tutta la produzione del Miles elettrico degli anni precedenti al ritiro del 74 è associabile alle pratiche del combattimento.

Per meglio intendere l’album Morphogenetics è interessante sì ascoltarne il flusso musicale, ma anche staccarsene e guardare il video facilmente reperibile online dal titolo Duet with boxer Sadam Ali and saxophonist Steve Coleman in cui Coleman si reca in una palestra di New York e duetta al sassofono insieme al campione dei pesi medi Sadam Ali che si allena tirando pugni sul sacco. Questa probabilmente è la genesi del progetto: ogni colpo al sacco è una nota, ogni colpo più forte è un accento e così si delinea un ritmo musicale, cangiante, ma ciclico e “nel flusso” che è generato non tanto dalla musica o dal movimento, ma tanto più dalla somma e dal fluire dei due.

Il jazz è un’arte fatta di preparazione, attesa, concentrazione e reazione; i parallelismi con la boxe sono così evidenti che risulta addirittura strano che siano stati indagati così poco. Se proviamo ad ascoltare il brano Dancing and Jabbing o anche Shoulder Roll in quest’ottica il risultato sarà evidente. Pensiamo ad ogni nota come ad un colpo, ad ogni frase come una direzione, alla costruzione di un assolo come ad una strategia. I diversi strati di arrangiamento possono essere l’incrocio di movimento tra gambe e tronco o tra sguardo e mani. Aggiungiamo anche il balance necessario tra suono e silenzio, tra tensione e relax, tra attacco e difesa. Il sax colpisce, il silenzio schiva. Coleman si lancia in sequenze ritmiche sia composte che improvvisate in cui ripete la stessa nota: chiudendo gli occhi e lasciando lavorare l’immaginazione è facile scorgere i guantoni che si muovono nello spazio, le gambe instancabili che preparano il peso per sferrare i colpi, un impatto dopo l’altro, guardia alta, pugno su pugno, senza nessun colpo basso.

Pensando alle registrazioni del jazz dei primordi, a quella musica che dal 1917 in poi venne ridotta su disco dalle formazioni che suonavano nello stile di New Orleans, viene immediatamente da pensare alla danza che era loro indissolubilmente legata e che non finì sui 78 giri. I passi di Tap dance, Charleston, Jitterbug, i ballerini del vecchio jazz, i loro piedi impazienti e le ginocchia molleggiate rimasero fuori dalle registrazioni, ma restano lo stesso l'immaginario di riferimento di quel sound. Così in Morphogenetics la musica è grande evocatrice del gesto, del ring e del combattimento e il movimento che l’ha generata prende forma indipendentemente dal fatto che sia esplicitato. Ma d’altronde non è poi di grandi evocazioni che sono fatti i capolavori?

Anche oggi chiudo con una piccola lista di suggerimenti per ampliare gli ascolti:

  • Steve Coleman and Five Elements – Functional Arrhythmias (album che indaga le ciclicità corporee, ritmo cardiaco, respiratorio, nervoso. Un disco che vive e respira senza idealizzazioni)
  • Steve Coleman and Five Elements – The Mancy of Sound (ciclicità lunari, elementi e punti cardinali sono alla base delle esplorazioni di questo disco. Una interessante contestualizzazione viene da un articolo dello stesso Coleman pubblicato da John Zorn su Arcana II)
  • Steve Coleman and Council of Balance – Synovial Joints (allargamento orchestrale dei Five Elements alle prese con i punti nodali del fisico umano, le ciclicità dei movimenti e una orchestrazione mimetica in cui gli strumenti rivelano loro stessi a vari livelli spaziali)

Altri ascolti ancora:

  • Miles Davis – Tribute to Jack Johnson (forse il primo album interamente ed apertamente dedicato al pugilato)
  • Steve Lehman – Sélébéyone (se Steve Coleman ha impostato una eredità di qualche tipo, sicuramente Steve Lehman ha raccolto e contribuito con questo disco)
  • Miles Okazaki – Mirrors (interessante elaborazione ritmica-numerica di musica dal potente impatto groove. Okazaki sul suo sito web spiega ed analizza ogni composizione)