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Patrimonio culturale: riflessioni sulla fascinazione contemporanea

I monumenti e il loro culto: dalla storia della nozione di patrimonio culturale all’opera di Alois Riegl
Alois Riegl, 1890
Alois Riegl, 1890

Patrimonio culturale: riflessioni sulla fascinazione contemporanea


Indice

Premessa sulla nozione di patrimonio culturale

Cenni di storia della nozione di patrimonio culturale

Il culto moderno dei monumenti secondo Alois Riegl

La concezione universalista del patrimonio

Attualità della riflessione sul patrimonio


Premessa sulla nozione di patrimonio culturale

In tempi recenti si è ricominciato a parlare di storia.  

Non tanto di storiografia, bensì proprio di storicità, dell’essere immersi in un flusso temporale di avvenimenti che chiamiamo Storia. Dopo una certa crisi della riflessione sul tema, legata alla fine delle “grandi narrazioni” e delle tradizionali filosofie della storia, poco lungimirantemente confuse con la fine della storia stessa, i recenti eventi hanno riacceso la discussione sul nostro posizionamento storico e sulla direzione che l’attualità sembra suggerire per il futuro.

Si situano nel solco di questo rinnovato interesse per il tema, ad esempio, il lavoro di Roberto Mordacci sull’attualità del pensiero utopico o il più recente volume di Paolo Jedlowski sulle “memorie del futuro”, ovvero sugli immaginari che hanno ispirato e indirizzato l’azione politica e sociale nonché le traiettorie biografiche delle generazioni passate, ma anche i diversi saggi dello storico francese Francois Hartog, dedicati ai “regimi di storicità” e alle nostre idee di tempo storico.

Non saranno però questi i punti di riferimento diretti della nostra trattazione, anche se sarà opportuno situare quanto detto all’interno della discussione aperta da questi lavori. Vorremmo invece collegare a questo rinnovato interesse per la storicità un altro tema di rilevanza attuale, ovvero quello che riguarda il patrimonio culturale.

L’interesse per la conservazione del patrimonio culturale è infatti divenuto un tema sempre più discusso negli ultimi anni, uscendo dal novero dei discorsi specialistici per intrecciarsi sempre più spesso con la sfera politica ed economica ed entrando talvolta persino nei discorsi dell’opinione pubblica generalista.

Soprattutto a causa di una maggiore attenzione al ruolo pubblico della valorizzazione patrimoniale e alla sua divulgazione si è iniziato a riflettere sempre più spesso sul senso della nozione di patrimonio culturale e sulla sua funzione nella società contemporanea.

Un tempo destinata a designare quasi esclusivamente la cultura materiale dei tempi passati, la nozione di patrimonio culturale è ora utilizzata anche per designare il “patrimonio immateriale” di pratiche e usanze che rappresentano più accuratamente l’idea di heritage di molte culture non occidentali.

Tuttavia, anche restando all’interno di territori più tradizionali e familiari si assiste da tempo ad alcune importanti trasformazioni.

Da un lato si assiste ad un’evoluzione di alcuni degli attori principali del settore, i musei, espandendo i tradizionali ruoli di tutela, conservazione e ricerca delle istituzioni museali con un impianto divulgativo più sviluppato e una forte attenzione alla comunicazione con il pubblico. Dall’altro vi sono sempre più spesso intersezioni tra il settore turistico e quello della valorizzazione del patrimonio, come ben sanno le amministrazioni locali e nazionali, che sono ben consapevoli della relazione economicamente positiva che intercorre tra riconoscimenti internazionali del valore patrimoniale (come quelli legati all’UNESCO) e attività turistica.

A questi fattori si aggiungono anche le polemiche che sono state sollevate dalle riflessioni post-coloniali e antirazziste, che hanno avuto come bersaglio da un lato le collezioni museali frutto di acquisizioni derivate dalla violenza coloniale e il tema della necessità di restituire le collezioni ai popoli a cui furono tolti (discorso assai complesso), dall’altro le recenti proteste contro monumenti controversi per via della loro associazione con personaggi compromessi con un passato razzista e coloniale, spesso culminata nell’abbattimento diretto delle statue.

Da questa serie di fenomeni diversi si può già evincere una generale rilevanza della tematica patrimoniale nel delineare il rapporto complesso e a tratti anche conflittuale che la nostra epoca intrattiene con il passato e, di conseguenza, con il presente e il futuro che in relazione ad esso si costruiscono.

Non esamineremo in dettaglio le molte diramazioni del tema in questa breve trattazione, ma ci occuperemo brevemente di ripercorrere alcuni momenti della storia della nozione di patrimonio culturale e in particolare del monumento come forma significativa di tale nozione. Per fare ciò, dopo una succinta panoramica storica mi concentrerò soprattutto su una breve ma importante opera dello storico dell’arte Alois Riegl, dedicata al Culto moderno dei monumenti. Attraverso tale saggio si rifletterà sulla situazione attuale e sull’allargamento di significato che ha investito la nozione di patrimonio storico-culturale.


Cenni di storia della nozione di patrimonio culturale

La storia della nozione di patrimonio culturale è interessante e complessa e meriterebbe una trattazione assai più approfondita di quella che potremmo qui proporre, tuttavia si rende quantomeno opportuno, ai fini della presente discussione, notare come essa si sia sviluppata gradualmente nel tempo e si sia fondata su presupposti spesso assai eterogenei e molto diversi da quelli attuali.

Se infatti alcuni popoli antichi, come gli Egizi, davano valore a opere di preservazione e restauro di luoghi sacri o di alto valore simbolico, ciò dipendeva più da pietas religiosa o propaganda politica che da una intenzione esplicita di conservazione della memoria storica. Lo stesso si può dire del collezionismo greco e romano, fenomeno piuttosto tardo e motivato più da gusto antiquario o amore per l’arte che da tutela patrimoniale.

Non diversamente da questi esempi antichi, anche nel Medioevo i provvedimenti per la tutela di monumenti sono scarsi se non quasi inesistenti e se vi sono si concentrano soprattutto su pochi siti di valore simbolico particolare.

Non vi è però una concezione generalizzata del valore del reperto antico, per lo sviluppo della quale bisognerà attendere quantomeno il Rinascimento. Anche in questo periodo tuttavia l’interesse è soprattutto per la classicità e la sua arte, visti più come ideale atemporale e assoluto del Bello che come realtà del passato storicamente situata e da contestualizzare storiograficamente.

Tuttavia, i semi embrionali della moderna concezione di conservazione e tutela sono gettati e la confluenza dello sviluppo delle discipline storiche e storico-artistiche con il parallelo culto della rarità e del reperto pregevole che dalle Wunderkammer seicentesche dà vita al museo ottocentesco. Esso è spesso orientato soprattutto alla celebrazione dell’identità nazionale e delle radici di un popolo, focalizzando l’attenzione su siti e oggetti di rilievo per la formazione dell’identità nazionale.

Ma i mutamenti del pensiero e una rinnovata coscienza della propria storicità non tardano ad espandere l’interesse per il passato verso concezioni più generali e universaliste del valore storico, dando vita ad una vera e propria fascinazione per l’archeologia e la storia. Nasce così l’idea di patrimonio culturale come oggetto di provvedimenti specifici di tutela e riflessioni specialistiche sul suo uso.

Proprio in questa fase della storia del concetto, da me forzatamente riassunta in poche righe, si situa l’opera di Alois Riegl dedicata ai monumenti.


Il culto moderno dei monumenti secondo Alois Riegl

Il Culto moderno dei monumenti venne scritto nel 1903, nel clima culturale assai vivace dell’Austria dell’epoca e in un momento di grande interesse per la questione del monumento. Si tratta di una riflessione teorica ma volta a un ben preciso scopo pratico, essendo l’istruttoria preparatoria di un progetto di conservazione dei beni culturali che si stava all’epoca delineando in Austria.

Lo storico dell’arte austriaco si dedica infatti soprattutto a sviscerare il “culto” dei monumenti che stava prendendo piede nella sua epoca, suddividendolo nelle sue componenti valoriali, ovvero nelle diverse concezioni del valore del monumento come patrimonio che si sono stratificate storicamente, a volte convivendo, a volte ibridandosi e a volte entrando in conflitto.

L’autore coglie bene la molteplicità dei fattori in gioco e propone un’analisi del valore dei monumenti che ripercorre lo sviluppo di tali valori e ne indaga le intersezioni e i conflitti.

I monumenti sono investiti da diversi tipi di valore, che lo studioso divide in due tipologie distinte.

Da un lato vi è il valore di memoria, ovvero l’utilità che tale oggetto può avere per ricostruire e ricordare il passato, dall’altro vi sono i valori contemporanei, ovvero il valore che l’oggetto assume in relazione ai bisogni e ai desideri dell’attuale contesto storico. Concentriamoci inizialmente sui primi.

Riegl è ben consapevole del fatto che è solo in età recente che la nozione di monumento si è allargata fino a comprendere tutto ciò che ha valore per comprendere il passato: per molto tempo solo i monumenti intenzionali, come archi di trionfo, cippi o iscrizioni commemorative, sono stati considerati monumenti. A questa categoria minoritaria di monumenti si è più tardi affiancata la categoria di monumento involontario, ovvero ciò che pur non essendo stato concepito come monumento in senso intenzionale ha assunto valore in quanto rappresentativo del passato e utile per mantenere la memoria. Chiese, palazzi, castelli e antichi manufatti sono tutti esempi di questo genere di monumento.

Riegl articola ulteriormente la distinzione principale all’interno dei valori di memoria distinguendo tra valore storico in senso proprio di un oggetto e valore dell’antico.

Il primo, riservato agli specialisti e alle persone colte, è il valore che un oggetto del patrimonio ha nel darci informazioni utili per ricostruire il passato, essendo ricco di indizi rivelativi per l’indagine storica. Sono carichi di tale valore i reperti ben conservati e particolarmente rappresentativi del periodo storico che si intende studiare. Come detto, tale ricchezza di significati si dischiude solo a chi ha le competenze interpretative e critiche adatte a studiare l’oggetto e oltretutto non si applica a ogni reperto “storico”: infatti, molti reperti, per quanto antichi, possono essere scarsamente interessanti a livello storico perché non ben conservati, poveri di informazioni, ridondanti rispetto ad altri reperti già noti oppure semplicemente triviali.

Queste caratteristiche appena descritte sono quelle che separano il valore storico da quello dell’antico.

Quest’ultimo è aperto a tutti, anche a chi di storia non è esperto, in quanto consiste nella semplice constatazione e valorizzazione del passare del tempo e dei suoi effetti su un reperto o un sito. Valorizzare l’antico significa accettare la storicità delle opere umane e apprezzarne anche la duplice condizione di caducità e persistenza nel tempo.

Un oggetto antico ci rivela esplicitamente lo scorrere inesorabile del tempo, lo rende a noi manifesto, e genera in noi stupore e fascinazione. Non è però una mera questione di passione antiquaria.

Il valore dell’antico risiede nel suo essere specchio dello sviluppo storico e nel suo aprirci alla contemplazione delle vicende passate dell’umanità.  Per questo esso è successivo all’affermarsi del valore storico e ne è una estensione più generale. Non si può però sostenere che in virtù di ciò le esigenze del valore di più recente affermazione abbiano spodestato le altre o che esse siano integrate l’une nelle altre, poiché a volte i due valori divergono e orientano diversamente la nostra relazione con il patrimonio.  

Se il valore storico emerge dalla buona conservazione del reperto e dalla sua rappresentatività di tendenze del periodo storico di provenienza, per il valore dell’antico si dà la situazione opposta. Un oggetto è tanto più di valore tanto più manifesta il trascorrere del tempo e tanto più ne è trasformato. Se per i fautori del valore storico esso è un indizio per l’indagine scientifica, per i cultori dell’antico sono le rovine e i ruderi i massimi esempi di patrimonio di valore, poiché in essi è evidente il passare del tempo e la fruizione è più immediata, diretta.

Per questo chi ama l’antico si oppone al restauro e alla tutela forzata del patrimonio: mentre per l’interesse storico esso è accettabile e anche opportuno se mantiene invariate le caratteristiche interessanti dell’oggetto, per il valore dell’antico riportare un oggetto ai fasti antichi cancellandone i segni del tempo vuol dire pervertirne il senso di reperto temporalmente connotato, icona della storicità umana.

Non si deve pensare però che il valore dell’antico sia ingenuo o poco elaborato: come ricorda Riegl, esso è storicamente successivo nel suo sviluppo rispetto al valore storico, che rappresentava in passato un interesse settoriale e ristretto rivolto solo a oggetti selezionati.

Il valore dell’antico espande il valore storico a ogni oggetto storico, dandovi valore in virtù del suo essere occasione di confronto con la temporalità. Ai monumenti celebri e agli oggetti illustri del valore storico si sono affiancati siti meno blasonati ma celebrati per il loro essere antichi.

Tali valori ispirano diverse fruizioni degli oggetti, convivono spesso, si intrecciano e a volte entrano anche in conflitto tra loro, come nel caso della conservazione e del restauro. A dirimere tali conflittualità saranno le valutazioni delle singole situazioni e delle esigenze della comunità, armonizzando queste due tipologie di valore.

Come detto, a tali valori di memoria (storico e dell’antico) si affiancano altri valori, legati alla contemporaneità.

Primo fra tutti, il valore d’uso. Molte chiese storiche sono tuttora in uso, molti palazzi monumentali ospitano ancora organismi di governo e molte piazze sono luogo di attività quotidiana. Ciò genera un valore che si affianca a quelli ora presentati. Oltre al valore storico, che tende a preservare solo quanto interessante per la storiografia, e al valore dell’antico, che apprezza l’uso continuato qualora contribuisca al vissuto del monumento, si aggiunge alla questione una ulteriore dimensione, legata alla necessità di operare trasformazioni funzionali e restauri sull’edificio o sul sito in vista dell’uso.

Al valore d’uso si affianca il valore artistico del monumento, suddiviso in due ulteriori categorie valoriali, il valore di novità e il valore artistico relativo.

Il primo, ispirato a un’estetica formalista, riguarda la coesione riuscita tra forma, struttura e colore, che dà l’idea di un oggetto nuovo, nel pieno della forma, non intaccato dal tempo e ancora in pieno possesso delle sue caratteristiche estetiche. Un valore di novità è ad esempio ciò che ci fa preferire gli oggetti nuovi e intatti a quelli rovinati dal tempo e che ci porta a sostituire gli elementi ormai lisi dal tempo con nuovi componenti. Per apprezzare tale unità formale bisogna ritenere lo scorrere del tempo un ostacolo e muoversi in direzione opposta al culto dell’antico.

Ma vi è un secondo valore estetico che ci porta a valorizzare il monumento artisticamente: il suo attagliarsi alle richieste estetiche di un’epoca, che proietta sull’opera le sue aspettative e i suoi ideali. In questo senso, ogni epoca ha una serie di richieste rivolte all’arte, in accordo con la Weltanschauung che caratterizza il periodo storico, richieste che vanno a comporre il Kunstwollen dell’epoca stessa.

Questo importante concetto teorico elaborato da Riegl in altre opere rappresenta un importante passo verso l’elaborazione di una metodologia che radica il gusto artistico nell’epoca storica e nel suo contesto, rifuggendo criteri di bellezza assoluti con cui valutare lo sviluppo delle arti. Per questo il valore artistico è relativo al Kunstwollen affermatosi in un’epoca: diamo valore artistico a un monumento nella misura in cui realizza ciò che la nostra epoca ricerca nell’arte, a volte apprezzando l’antico più del moderno e altre volte ritenendolo superato.

Già inserendo questi due fattori ulteriori e facendoli dialogare con quelli legati al valore di memoria si ottiene una prospettiva pluralista e sfaccettata sul valore (i valori, per meglio dire) del monumento. Esso è allo stesso tempo traccia del passato, documento storico, sintomo del divenire storico inarrestabile, pregevole opera d’arte, edificio d’uso e anche spesso luogo di culto (non a caso nelle sezioni conclusive Riegl indaga assai nel dettaglio proprio il caso della conservazione di edifici ecclesiastici, dove queste dimensioni si osservano con più frequenza convivere e confliggere).

La nostra analisi ha riassunto molto brevemente il testo, già di per sé breve, dello storico austriaco, con l’intento di riflettere su quel che essa ci dice a proposito del rapporto che intercorre tra noi e il patrimonio.


La concezione universalista del patrimonio

Contrapponendosi a chi vedeva nella tutela del patrimonio solo un mezzo per la celebrazione dell’identità nazionale, Riegl coglie già l’importanza di una concezione universalista del patrimonio, che lo valorizza come possesso dell’umanità intera e non di singole comunità nazionali. Il valore dell’antico su cui si sofferma altro non è infatti che la forma embrionale di un interesse per il passato come fatto umano universale e non come elemento celebrativo di una narrazione nazionalista volta a onorare uno Stato particolare, come spesso avveniva nella storia ottocentesca.

Esso preannuncia già il successivo intensificarsi dell’attenzione per il patrimonio come categoria generale, che avrà dopo la Seconda guerra mondiale compiuta realizzazione nell’istituzione dell’UNESCO e nei diversi provvedimenti di tutela patrimoniale.

L’opera di Riegl ci porta inoltre a riflettere su una ulteriore questione di attualità, ovvero il pluralismo dei valori che investono il patrimonio.

Esso non si può valorizzare in accordo con un’unica concezione della sua rilevanza storica o artistica, ma deve essere analizzato nelle sue diverse componenti valoriali, non solo a livello di studio nel campo conservativo, ma anche nella discussione pubblica che del patrimonio culturale si occupa.

La retorica assai diffusa a livello politico della “cultura da preservare” o del “patrimonio da valorizzare”, che mescola in sé la concezione di patrimonio come risorsa artistica e storico-culturale con quella ben diversa del patrimonio come motore dello sviluppo turistico ed economico, sembra suggerire che il valore del patrimonio culturale si dia da sé e sia unitario e monolitico, ma tale concezione spesso non indaga le molteplici diramazioni che il valore del patrimonio può percorrere e risulta pertanto poco adatta ad affrontare le discussioni contemporanee sul valore del patrimonio stesso.

Come si ricordava in apertura, esso è infatti sempre più oggetto di discussioni, polemiche e interesse, al punto che se a volte si assiste a una contestazione di alcuni monumenti, dall’altro lato spesso è in atto un processo di patrimonializzazione estesa che allarga la categoria di bene culturale fino a includere pratiche e oggetti un tempo ignorati dalle riflessioni di settore e dalle normative di tutela.

Ovviamente i nostri tempi non sono quelli di Alois Riegl e la riflessione successiva, ormai più che secolare, ha fatto molto per estendere l’indagine.

Tuttavia ritengo che l’opera di Riegl sia un ottimo esempio di una riflessione sul senso del patrimonio capace di cogliere le dinamiche complesse in cui esso si inserisce, per tutelare e conservare meglio ciò che il patrimonio ci offre ma anche per meglio fruirne e apprezzarlo in quanto cittadini interessati al tema.


Attualità della riflessione sul patrimonio

In apertura di questo articolo si è ricordato il rinnovato interesse per la riflessione sulla nostra collocazione storica e sul nostro posto nello scorrere degli eventi, in particolare a riguardo dell’immaginazione e costruzione di futuri ideali. Vorrei ora brevissimamente spiegare perché ritengo opportuno collegare la riflessione sul patrimonio a quella sul posizionamento storico.

Poiché passato, presente e futuro sono intersecati e si influenzano reciprocamente, la questione della valorizzazione del patrimonio si rivela tutt’altro che aliena rispetto al tema. Per lo storico francese Francois Hartog viviamo in un’epoca di “presentismo”, che orienta le proprie azioni verso obiettivi a breve termine e che non elabora concezioni storiche in grado di cogliere una relazione forte tra passato, presente e futuro.

In un simile contesto, penso che anche la fruizione del patrimonio possa orientarsi verso un ripiegamento sul presente, che non vede in esso una risorsa capace di farci cogliere la nostra condizione storica presente per confronto con il passato.

Riflettere sul valore del patrimonio vuol quindi anche compiere una riflessione sul regime di storicità che adottiamo, da cui discenderà non solo il modo in cui trattiamo il passato e la memoria storica, ma anche il modo in cui la impiegheremo per trarne vantaggio e arricchimento nel presente e nella costruzione del futuro.

Per questo il testo di Alois Riegl è rilevante per la nostra contemporaneità. Riconoscere l’intima connessione tra concezione della storia, aspettative e ideali di un’epoca e valorizzazione del patrimonio culturale, quest’ultima frutto di sviluppi storici e in evoluzione, è un modo per prendere consapevolezza non solo della propria diversità rispetto al passato, ma anche del diverso rapporto con il passato (e con il futuro) che la nostra epoca intrattiene rispetto ad altri periodi storici.