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Straniero e procedimento penale nella RFT

USA Monument Valley Forest Gump Point-min
Ph. Antonio Capodieci / USA Monument Valley Forest Gump Point-min

Abstract

Tra le garanzie previste in favore dell'indagato, va menzionato anche il diritto di essere informato – in una lingua che l'indagato è in grado di comprendere – dell'accusa mossa nei suoi confronti. Soltanto in tal modo, è possibile assicurare un'equa procedura, un giusto processo. Di importanza altrettanto fondamentale, è poi, che l'imputato - che non conosce la lingua, in cui si svolge il processo – sia assistito da un'interprete anche nel corso della fase dibattimentale.

 

Il § 184 “GVG”

Analogamente a quanto disposto dall'art. 109 cpp (“Gli atti del procedimento penale sono compiuti in lingua italiana”), il § 184 del “GVG” (“Gerichtsverfassungsgesetz”), che potrebbe essere paragonato all'Ordinamento giudiziario, prevede, che la lingua del processo, è quella tedesca. Si tratta di una norma derogabile in pochi casi, dei quali parleremo in ulteriore prosieguo di questo articolo.

Il § 184, 1^ parte, “GVG”, non è una mera “Ordnungsvorschrift”; la ratio di questa norma è di garantire il diritto al contraddittorio (“den Anspruch auf rechtliches Gehör”) e va letta con riferimento anche all'”Öffentlichkeitsmaxime” (principio di pubblicità del processo penale).

E' applicabile, oltre che nei procedimenti dinanzi all'autorità giudizaria ordinaria, pure nell'ambito della giurisdizione amministrativa.

L'uso della forma dialettale è ammesso, in via di eccezione, soltanto se tutte le “parti” del procedimento sono a conoscenza di quest'idioma (locale); altrimenti, si provvede alla nomina di un interprete.

Il dibattimento deve essere tenuto in lingua tedesca, ma anche in questo caso, è possibile una deroga, se tutti conoscono la lingua diversa.

I provvedimenti, che vengono emanati dall'autorità giudizaria per iscritto, devono essere redatti in lingua tedesca (per esempio, sentenze, ordinanze, citazioni a giudizio, decreti penali di condanna (si veda Corte Suprema Federale – BGH – HRRS – 2012, Nr. 36)).

A proposito di quanto disposto dal n. 181, comma 2, delle “RiStBV” (“Richtlinien für das Strafverfahren und das Bußgeldverfahren” – Direttive per lo svolgimento del procedimento penale e di quello per l'irrogazione di sanzioni amministrative), è da osservare, che questa norma è vincolante soltanto per il PM (si applica alle citazioni, ordinanze di custodia cautelare in carcere, imputazioni e agli altri provvedimenti emananti per iscritto, che vengono comunicati a uno straniero, il quale non ha adeguata conoscenza della lingua tedesca; in questo caso, deve essere allegata la traduzione in una lingua, che lo straniero è in grado di comprendere). A tal fine, il comma 1 della testè citata norma, prevede, che, già in occasione del primo interrogatorio di uno straniero, deve essere accertato (e dato atto a verbale), se l'interrogando conosce la lingua tedesca in modo tale, da poter prescindere dalla nomina di un interprete.

E' però da notare, che a seguito della sentenza del “Bundesverfassungsgericht – BVerfGE”, della Corte Costituzionale Federale 40, 95 (99), in questi casi, va allegata una traduzione o si ricorre a un interprete per l'interrogatorio.

Ciò, in applicazione dell'art. 6, comma 3, lett. a), CEDU, secondo il quale, l'indagato ha diritto “di essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua, che comprende e in maniera dettagliata, del contenuto dell'accusa elevata contro di lui”.

In caso contrario, deve avvenire la “Wiedereinsetzung in den vorigen Stand”, la restituzione nel termine (vedasi BVerfGE: 430, 95, (100)). Le traduzioni devono essere tali, da consentire, allo straniero, di comprendere quanto gli viene addebitato; altrimenti, sussiste un “absoluter Revisionsgrund”, previsto dal § 338, Nr. 7, StPO (CPP), che può essere dedotto come motivo di impugnazione.

Per quanto concerne le rogatorie all'estero, l'originale va redatto in lingua tedesca (vedasi BGH St 32, 342 (344)).

 

L'“Unbeachtlichkeitsprinzip” e la sentenza C-214/14 della Corte di giustizia dell'UE

Richieste e istanze dirette al giudice, devono essere redatte in lingua tedesca, altrimenti sono prive di efficacia nel procedimento (“entfalten keine verfahrensrechtliche Wirkung; sind unbeachtlich”). Si parla, in proposito, di “Unbeachtlichkeitsprinzip”. Questo vale anche, se il giudice, al quale sono dirette, è a conoscenza della lingua straniera. Sono state ritenute ammissibili “Eingaben” in una lingua diversa dal tedesco, se all'istanza è allegata una traduzione o se la stessa perviene all'autorità giudizaria, prima che sia scaduto il termine previsto per il deposito.

Secondo la Corte Costituzionale Federale, anche per la traduzione valgono i requisiti formali previsti per l'atto da depositare. Se uno straniero è stato nell’impossibilità - a esso non imputabile – di allegare la traduzione in lingua tedesca, può fare istanza “auf Wiedereinsetzung in den vorigen Stand”(vedasi BVerfGE 40, 95 (100)).

Il giudice, nell'ambito della cosiddetta Fürsorgepflicht, ha facoltà di avvisare lo straniero – concedendo, all'uopo, allo stesso, un congruo termine – che a una richiesta o istanza presentata in lingua straniera, deve essere allegata traduzione in lingua tedesca.

Istanze e richieste presentate da stranieri, che si trovano in custodia cautelare in carcere e redatte in lingua straniera, non possono essere “ignorate” e devono essere tradotte, se chi è tenuto a provvedere, non conosce la lingua, nella quale sono state redatte. Questo vale anche per le rinunce a mezzi di impugnazione.

L'”Unbeachtlichkeitsprinzip fremdsprachiger Eingaben”, al quale sopra abbiamo accennato, ha perso parte dell'applicabilità, a seguito della sentenza della Corte di giustizia dell'UE C 214/14. L'art. 3, comma 1, della direttiva UE 201064/216/14, sancisce il diritto dell'indagato alla traduzione di tutti gli atti necessari per la difesa. è da precisare, che questa norma assicura soltanto uno standard minimo. Vengono in mente parole attribuite a Solone (nato intorno al 635 a. C.): ”Una giustizia retta per ognuno, leggi per chi sta in alto e chi sta in basso, io le composi e poi le volli scritte”…..Ho tenuto duro su più fronti e mi aggirai come un lupo in mezzo ai cani”.

La Corte di giustizia dell'Ue ha statuito che, per effetto della citata direttiva, nel caso in cui sia depositata un'istanza o richiesta redatta in una lingua diversa da quella tedesca, deve essere disposta d'ufficio la traduzione, se si tratta di documento rilevante ai fini della difesa dell'indagato. Pertanto, anche il deposito di un documento redatto in lingua straniera, per il quale è previsto un termine perentorio, produce l'effetto che il termine è stato osservato.

E' però da notare, che la decisione, quali documenti siano rilevanti per garantire la difesa, spetta agli Stati aderenti all'UE (art. 3, comma 3, della direttiva).

Autorevole dottrina si è espressa nel senso, che l'obbligo della traduzione de qua sussisterebbe soltanto per l'indagato non assistito da difensore (“nichtverteidigten Beschuldigten”). Questo, perchè indagati assistiti da difensore, hanno diritto, nei rapporti con il difensore, all'intervento di un interprete (qualora il difensore non sia a conoscenza della lingua dell'indagato).

Il disposto del § 184 StPO, non trova applicazione per le prove, ma il giudice è facoltizzato a richiedere la traduzione di documenti oppure a disporre la stessa (ai sensi del § 244, comma 2, StPO (che contiene l'”Amtsermittlungsgrundsatz” e che prevede, che il giudice, ai fini dell'accertamento della verità, “hat von Amts wegen die Beweisaufnahme auf alle Tatsachen und Beweismittel zu erstrecken, die für die Entscheidung von Bedeutung sind”)). Inoltre, va notato, che “fremdsprachige Urkunden, dürfen in ihrer Originalbezeichnung in die Liste der Beweismittel aufgenommen werden” (BGH HRRS 2012/Nr. 36).

E' necessario accennare anche a Convenzioni sopranazionali, che hanno derogato al principio, secondo il quale, dinanzi all'autorità giudiziaria della RFT, va usata (soltanto) la lingua tedesca. Vanno menzionati, in proposito, l'AVAG e l'IntFamRVG. In questi casi, il giudice può chiedere, che sia allegata una traduzione nella lingua del processo. L'art. 105, comma 4, della Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra prevede, che documenti devono essere comunicati ai prigionieri in una lingua, che comprendono.

 

La CEDU e la Carta dei diritti fondamentali dell'UE

Già prima dell'entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, la CEDU aveva sancito garanzie in materia di diritti dell'indagato/imputato nel procedimento penale. I relativi diritti sono stati elencati nell'art. 6, comma 3. La ratio della norma, è di assicurare l’effettività della difesa. A tal fine veniva “normato” anche, che eventuali svantaggi derivanti dall'uso della lingua (art. 6, comma 3, lett. a) e c)), venissero “neutralizzati” e che l'indagato venisse informato, tempestivamente, del fatto, per il quale si procede contro di lui. Anche il – tempestivo - contatto con il difensore, è stato garantito; ciò allo scopo di assicurare parità tra accusa e difesa nel dibattimento. L'informazione in ordine all'accusa, deve avvenire in una lingua, che l'indagato comprende. A tal fine, se l'indagato non conosce la lingua, nella quale si procede, deve essere informato dall'autorità giudizaria, che si procede nei suoi confronti (vedasi Corte EDU 18.12.89 – Brozieck/Italia) e gli deve essere tradotto almeno il capo di imputazione nonchè l'eventuale ordinanza di custodia cautelare in carcere; il tutto, in una lingua, che comprende.

Ai fini di un “fairen Verfahren” (giusto procedimento), all'indagato devono essere comunicate notizie concernenti, non soltanto i fatti addebitati, ma, pure la loro qualificazione giuridica (vedasi Corte EDU 25.3.99 (G.Ch.) Pelissier e Sassi/Francia – N. 25.444/94). All'indagato deve essere dato anche il tempo necessario per approntare la propria difesa, se nel corso del procedimento muta la qualificazione giuridica del fatto contestato.

Di particolare importanza, è anche l'art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, il quale ha previsto un divieto generale di discriminazione, in particolare, anche con riferimento alla lingua e all'appartenenza a una minoranza nazionale (“national minority”). Per “national minority”, si intendono parti della popolazione di uno Stato, che hanno la cittadinanza dello stesso, ma che si distinguono, dalla maggioranza, a causa, tra l'altro, della lingua (che è la loro lingua madre). Secondo parte della dottrina (Frenz, Rossi), la tutela si estenderebbe pure ai dialetti.

L'art. 21 della Carta contiene il divieto di criteri di differenziazione (che, per altro, erano stati, già prima, “elaborati” dalla Corte di giustizia dell'UE). Si veda, per esempio, la decisione 10.7.2008 C-54/07 (si tratta di discriminazione a causa dell'appartenenza etnica). è da notare, che il divieto di discriminazione, di cui all'art. 21 della Carta UE, è più ampio, rispetto a quello sancito dall'art. 14 CEDU.

Il citato art. 21 della Carta dell'UE, prevede il divieto di discriminazione con riferimento a tutti i diritti e non soltanto con riferimento a quelli fondamentali. Questa norma deve essere vista pure in relazione all'art. 1, comma 8, della Carta (che tutela la dignità della persona) e contiene un diritto, che può essere azionato dinanzi all'AG e non soltanto una norma di principio; è una norma di applicazione immediata e va considerata “lex specialis” rispetto all'art. 20 della Carta. Il disposto dell'art. 21, comma 1, della Carta, ha trovato attuazione nella direttiva 2000/43, che assicura parità di trattamento, senza distinzione anche in relazione all'appartenenza etnica.
I diritti di cui all'art. 21 della Carta, spettano, indipendentemente dalla cittadinanza (nell'ambito dell'UE), se dalla diversità di trattamento derivano svantaggi al titolare del diritto, svantaggi, che, non necessariamente, devono essere particolarmente gravi, ma che, tuttavia, devono derivare da una norma di legge di uno Stato membro.

 

Procedimento penale e minoranza dei Sorben

Un discorso a parte, merita la minoranza dei “Sorben”, stanziati nella Lausitz (si veda il § 3 del SorbG e il § 3 SWG Brandenburg). Agli appartenenti a questa minoranza, è riconosciuto il diritto di usare, nelle istanze e richieste, dirette all'autorità giudizaria avente sede nei loro territori, la loro lingua. Se tutte le “parti” del procedimento conoscono il “Sorbische”, le udienze possono svolgersi in “sorbischer Sprache”; altrimenti, è necessaria la nomina di un interprete. Tuttavia, i provvedimenti dell'autorità giudiziaria sono emanati in lingua tedesca.