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Terrorismo. Alcune considerazioni tra filosofia e assicurazione

Il freedom from want, ovvero la libertà per le nazioni di vivere esenti dal giogo del bisogno o della misura, e il freedom from fear, cioè la libertà per esse di vivere esenti dal giogo della paura o del terrore, così come furono definite dal presidente Roosevelt nei suoi quattro punti, corrispondono ai voti del diritto delle genti che richiedono di essere compiuti dalla legge positiva e da un’organizzazione economica e politica del mondo civile. Il diritto delle genti non è di facile definizione poiché (tenendo presente che il modello di common law si è sviluppato in Inghilterra similmente a come quello di Jus gentium si sviluppò nel diritto romano)esso è intermediario tra la legge naturale e la legge positiva. Tuttavia, se priviamo il common law del suo significato prettamente inglese e, parimenti, epuriamo il diritto delle genti della sua connotazione prettamente romanistica possiamo, così come suggerito da Maritain, far assumere ai due concetti la valenza di sinonimi. Alla luce di ciò, possiamo affermare che il diritto delle genti concerna i diritti e doveri connaturati all’uomo per il solo fatto di essere tale e sia, pertanto, universale almeno quanto lo siano lo stato della società civile e le relazioni tra i popoli. Qui, dunque, troviamo il fondamento morale e giuridico dell’impellente necessità di intervento del giurista laddove questi diritti vengono messi in pericolo. L’enorme rischio potenziale di perdite umane causate da attacchi terroristici richiama, quindi, il coinvolgimento dello Stato, così com’è successo nel 1993 in Inghilterra quando la Pool Re, fondo chiuso statale, è stata costituita dopo l’attacco dell’IRA nel centro di Londra presso St. Mary Axe. I nuovi scenari di rischio che si percepiscono post 11 settembre hanno portano alcuni governi Europei a costituirsi riassicuratori last resort.

Il disastro del World Trade Center ha reso necessario per assicuratori, riassicuratori e Governi Europei non solo rivedere gli schemi preesistenti, ma anche stipulare soluzioni fattibili a lunga scadenza dove il rischio terrorismo, precedentemente considerato "un rischio minore", viene riesaminato e riconsiderato essendo, ora, ad un livello di rischio molto più alto. Prima dell’11 settembre 2001, le assicurazioni e le riassicurazioni sul terrorismo erano prontamente disponibili sul mercato inglese; la tragedia dei Twins ed i seguenti attacchi terroristici hanno chiaramente indicato che questi tipi di rischi sono spesso non quantificabili, nemmeno in termini di grado di esposizione o gravità. Il coinvolgimento dello Stato è, di conseguenza, quasi inevitabile, almeno per il momento. I fatti di Madrid, di Londra e di Sharm el Sheikh, e la violenta recrudescenza del terrorismo internazionale fanno assumere una nuova connotazione d’urgenza alle iniziative dell’industria assicurativa per l’individuazione di soluzioni al problema.

C’è un dinamismo di fondo, connaturato all’uomo in quanto essere vivente, che spinge la legge non scritta, che alcuni chiamano diritto naturale, a effondersi nella legge umana, nello jus positum, per renderla progressivamente più perfetta e più ’giusta’ nel campo stesso delle sue determinazioni contingenti. L’importanza della riassicurazione nell’architettura economica globale si evidenzia dall’attenzione che, a livello europeo e mondiale, sia i Governi sia le Autorità di controllo stanno rivolgendo al settore. In sede di riassicurazione si è approfondito lo studio dei pool contro il rischio terrorismo, già operanti a livello europeo nonché predisposta, anche tenuto conto dei formulari adottati dai principali mercati internazionali, predisponendo una definizione del rischio "terrorismo". Sulla base di questa definizione si è elaborata una clausola ANIA di riferimento condivisa, sotto il profilo tecnico, da assicuratori e riassicuratori. A livello associativo, il comparto si è fatto carico di affrontare una serie di problematiche complesse con evidenti ripercussioni sia sul mercato che sul sociale: evidenziando il ruolo primario dell’industria riassicurativa nella distribuzione globale dei rischi, nel supportare ed ampliare la capacità assicurativa del mercato diretto, nel promuovere la stabilità finanziaria e nell’agire da "cuscinetto" per le economie nazionali di fronte ai pesanti impatti economici derivanti da eventi catastrofali.

Un importante passo avanti si è fatto con la Legge 3 agosto 2004, n. 206 "Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice" [Gazzetta Ufficiale, 11 agosto 2004, n. 187].

Il 9 dicembre 2005 è stata pubblicata [Vedasi G.U. C. E., 9 dicembre 2005] la direttiva 2005/68/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 novembre 2005 [La direttiva dovrà essere adottata dagli Stati membri entro due anni dalla data di entrata in vigore e, pertanto, entro il 10 dicembre 2007]. Tale direttiva - che stabilisce norme minime per cui gli Stati membri sono liberi di introdurre norme più severe - è volta ad instaurare un regime di vigilanza uniforme sulla riassicurazione, basato sui principi della "licenza unica" e del "controllo del paese d’origine", e si ispira molto da vicino al regime vigente [Cfr. Codice delle Assicurazioni, Decreto Legislativo 7 settembre 2005, n. 209] per le imprese di assicurazione diretta. E’ stata altresì studiata una proposta per la costituzione di un Consorzio co-riassicurativo che prevede differenti fasce di partecipazione al rischio e presuppone il supporto del legislatore. In particolare, infatti, si prevede l’intervento dello Stato come riassicuratore di ultima istanza, analogamente all’impostazione adottata a livello europeo dai principali Paesi. Il settore ha promosso importanti progetti poi trasferiti su un piano interdisciplinare e ai quali gli organi direttivi dell’Associazione hanno attribuito una valenza strategica e, inoltre, approfondito tematiche di fondo che il mercato italiano "importa" a seguito di contingenze internazionali [Quali, ad esempio, le esigenze di rapidità e trasparenza in materia contabile legate all’utilizzo di standards internazionali, le modalità e le implicazioni della decisione del Consiglio OECD sullo scambio di informazioni tra Stati in tema di riassicurazione e lo sviluppo dei colloqui tra Autorità UE e US con riferimento alla riduzione dei collateral requirements imposti ai riassicuratori non statunitensi]. Proprio questa interdisciplinarietà e quest’assenza di confini delle normative di riferimento ci palesano come l’idea di legge naturale sia per lo più connaturata all’essere umano stesso, che alle variegate realtà territoriali o temporali, e sia, parimenti, legata ad un sentimento di pietà naturale. I precetti della legge non scritta sono universali ed invariabili.

E’ pur vero d’altronde che, concludendo in questi termini le nostre considerazioni, correremmo il rischio di rappresentarci una legge naturale come un codice affidato alla coscienza di ognuno e del quale ognuno dovrebbe avere uguale conoscenza. Ora, guardando obbiettivamente la storia dell’uomo, possiamo evincere che, la sola conoscenza pratica che tutti gli uomini hanno naturalmente in comune è che si debba fare il bene ed evitare il male: questo è il preambolo della legge naturale, ma non è la legge stessa! Il fatto, poi, che tutti gli errori e tutte le aberrazioni siano stati possibili prova quanto la nostra vita sia debole e che innumerevoli accidenti possono corrompere il nostro giudizio e la nostra valutazione di ciò che è ’bene’ e ciò che non lo è.

La legge naturale è una legge non scritta e la conoscenza che l’uomo ne ha aumenta poco a poco con i progressi della coscienza morale. Quest’ultima è, senza dubbio, ancora imperfetta, ed è verosimile che continuerà ad affinarsi e svilupparsi finché durerà l’umanità stessa. E’ necessario considerare, tuttavia, che la legge naturale non implica per l’uomo solo obblighi di fare e non fare ma riconosce, altresì, dei diritti, per il fatto stesso di essere persona umana. Da questa base, lo sappiamo, si sono sviluppate differenti correnti di pensiero, che possiamo far rientrare in due grandi famiglie: per la prima, la persona ha diritto di essere rispettata e la dignità dell’uomo altro non significa se non, per l’uomo stesso, quello di essere soggetto di diritto, in senso e positivo e negativo; a questa visione si contrapporrebbe quella secondo la quale l’uomo non è sottomesso ad alcuna legge se non a quella della sua volontà e libertà ed egli, per usare le parole di Rousseau, non deve obbedire “che a se stesso”.

I tragici eventi cui siamo stati posti di fronte in questi ultimi anni, hanno tentato di farci credere nel fallimento dei diritti della persona umana. La forza dei terroristi sta nell’arrogarsi come propri diritti propriamente divini, che rifiutano ogni rivendicazione dell’io, e si rivoltano contro l’ordine diverso da quello in cui loro credono con un furore schiavistico.

La tentazione di scetticismo che ciò ha provocato è uno dei sintomi più allarmanti della situazione presente. Il diritto dell’uomo all’esistenza, e la già citata freedom from fear necessitano, per essere attuati, di strumenti giuridici forti e universali, assicurativi e non, basati su una filosofia del diritto radicata nel diritto naturale.

Il freedom from want, ovvero la libertà per le nazioni di vivere esenti dal giogo del bisogno o della misura, e il freedom from fear, cioè la libertà per esse di vivere esenti dal giogo della paura o del terrore, così come furono definite dal presidente Roosevelt nei suoi quattro punti, corrispondono ai voti del diritto delle genti che richiedono di essere compiuti dalla legge positiva e da un’organizzazione economica e politica del mondo civile. Il diritto delle genti non è di facile definizione poiché (tenendo presente che il modello di common law si è sviluppato in Inghilterra similmente a come quello di Jus gentium si sviluppò nel diritto romano)esso è intermediario tra la legge naturale e la legge positiva. Tuttavia, se priviamo il common law del suo significato prettamente inglese e, parimenti, epuriamo il diritto delle genti della sua connotazione prettamente romanistica possiamo, così come suggerito da Maritain, far assumere ai due concetti la valenza di sinonimi. Alla luce di ciò, possiamo affermare che il diritto delle genti concerna i diritti e doveri connaturati all’uomo per il solo fatto di essere tale e sia, pertanto, universale almeno quanto lo siano lo stato della società civile e le relazioni tra i popoli. Qui, dunque, troviamo il fondamento morale e giuridico dell’impellente necessità di intervento del giurista laddove questi diritti vengono messi in pericolo. L’enorme rischio potenziale di perdite umane causate da attacchi terroristici richiama, quindi, il coinvolgimento dello Stato, così com’è successo nel 1993 in Inghilterra quando la Pool Re, fondo chiuso statale, è stata costituita dopo l’attacco dell’IRA nel centro di Londra presso St. Mary Axe. I nuovi scenari di rischio che si percepiscono post 11 settembre hanno portano alcuni governi Europei a costituirsi riassicuratori last resort.

Il disastro del World Trade Center ha reso necessario per assicuratori, riassicuratori e Governi Europei non solo rivedere gli schemi preesistenti, ma anche stipulare soluzioni fattibili a lunga scadenza dove il rischio terrorismo, precedentemente considerato "un rischio minore", viene riesaminato e riconsiderato essendo, ora, ad un livello di rischio molto più alto. Prima dell’11 settembre 2001, le assicurazioni e le riassicurazioni sul terrorismo erano prontamente disponibili sul mercato inglese; la tragedia dei Twins ed i seguenti attacchi terroristici hanno chiaramente indicato che questi tipi di rischi sono spesso non quantificabili, nemmeno in termini di grado di esposizione o gravità. Il coinvolgimento dello Stato è, di conseguenza, quasi inevitabile, almeno per il momento. I fatti di Madrid, di Londra e di Sharm el Sheikh, e la violenta recrudescenza del terrorismo internazionale fanno assumere una nuova connotazione d’urgenza alle iniziative dell’industria assicurativa per l’individuazione di soluzioni al problema.

C’è un dinamismo di fondo, connaturato all’uomo in quanto essere vivente, che spinge la legge non scritta, che alcuni chiamano diritto naturale, a effondersi nella legge umana, nello jus positum, per renderla progressivamente più perfetta e più ’giusta’ nel campo stesso delle sue determinazioni contingenti. L’importanza della riassicurazione nell’architettura economica globale si evidenzia dall’attenzione che, a livello europeo e mondiale, sia i Governi sia le Autorità di controllo stanno rivolgendo al settore. In sede di riassicurazione si è approfondito lo studio dei pool contro il rischio terrorismo, già operanti a livello europeo nonché predisposta, anche tenuto conto dei formulari adottati dai principali mercati internazionali, predisponendo una definizione del rischio "terrorismo". Sulla base di questa definizione si è elaborata una clausola ANIA di riferimento condivisa, sotto il profilo tecnico, da assicuratori e riassicuratori. A livello associativo, il comparto si è fatto carico di affrontare una serie di problematiche complesse con evidenti ripercussioni sia sul mercato che sul sociale: evidenziando il ruolo primario dell’industria riassicurativa nella distribuzione globale dei rischi, nel supportare ed ampliare la capacità assicurativa del mercato diretto, nel promuovere la stabilità finanziaria e nell’agire da "cuscinetto" per le economie nazionali di fronte ai pesanti impatti economici derivanti da eventi catastrofali.

Un importante passo avanti si è fatto con la Legge 3 agosto 2004, n. 206 "Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice" [Gazzetta Ufficiale, 11 agosto 2004, n. 187].

Il 9 dicembre 2005 è stata pubblicata [Vedasi G.U. C. E., 9 dicembre 2005] la direttiva 2005/68/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 novembre 2005 [La direttiva dovrà essere adottata dagli Stati membri entro due anni dalla data di entrata in vigore e, pertanto, entro il 10 dicembre 2007]. Tale direttiva - che stabilisce norme minime per cui gli Stati membri sono liberi di introdurre norme più severe - è volta ad instaurare un regime di vigilanza uniforme sulla riassicurazione, basato sui principi della "licenza unica" e del "controllo del paese d’origine", e si ispira molto da vicino al regime vigente [Cfr. Codice delle Assicurazioni, Decreto Legislativo 7 settembre 2005, n. 209] per le imprese di assicurazione diretta. E’ stata altresì studiata una proposta per la costituzione di un Consorzio co-riassicurativo che prevede differenti fasce di partecipazione al rischio e presuppone il supporto del legislatore. In particolare, infatti, si prevede l’intervento dello Stato come riassicuratore di ultima istanza, analogamente all’impostazione adottata a livello europeo dai principali Paesi. Il settore ha promosso importanti progetti poi trasferiti su un piano interdisciplinare e ai quali gli organi direttivi dell’Associazione hanno attribuito una valenza strategica e, inoltre, approfondito tematiche di fondo che il mercato italiano "importa" a seguito di contingenze internazionali [Quali, ad esempio, le esigenze di rapidità e trasparenza in materia contabile legate all’utilizzo di standards internazionali, le modalità e le implicazioni della decisione del Consiglio OECD sullo scambio di informazioni tra Stati in tema di riassicurazione e lo sviluppo dei colloqui tra Autorità UE e US con riferimento alla riduzione dei collateral requirements imposti ai riassicuratori non statunitensi]. Proprio questa interdisciplinarietà e quest’assenza di confini delle normative di riferimento ci palesano come l’idea di legge naturale sia per lo più connaturata all’essere umano stesso, che alle variegate realtà territoriali o temporali, e sia, parimenti, legata ad un sentimento di pietà naturale. I precetti della legge non scritta sono universali ed invariabili.

E’ pur vero d’altronde che, concludendo in questi termini le nostre considerazioni, correremmo il rischio di rappresentarci una legge naturale come un codice affidato alla coscienza di ognuno e del quale ognuno dovrebbe avere uguale conoscenza. Ora, guardando obbiettivamente la storia dell’uomo, possiamo evincere che, la sola conoscenza pratica che tutti gli uomini hanno naturalmente in comune è che si debba fare il bene ed evitare il male: questo è il preambolo della legge naturale, ma non è la legge stessa! Il fatto, poi, che tutti gli errori e tutte le aberrazioni siano stati possibili prova quanto la nostra vita sia debole e che innumerevoli accidenti possono corrompere il nostro giudizio e la nostra valutazione di ciò che è ’bene’ e ciò che non lo è.

La legge naturale è una legge non scritta e la conoscenza che l’uomo ne ha aumenta poco a poco con i progressi della coscienza morale. Quest’ultima è, senza dubbio, ancora imperfetta, ed è verosimile che continuerà ad affinarsi e svilupparsi finché durerà l’umanità stessa. E’ necessario considerare, tuttavia, che la legge naturale non implica per l’uomo solo obblighi di fare e non fare ma riconosce, altresì, dei diritti, per il fatto stesso di essere persona umana. Da questa base, lo sappiamo, si sono sviluppate differenti correnti di pensiero, che possiamo far rientrare in due grandi famiglie: per la prima, la persona ha diritto di essere rispettata e la dignità dell’uomo altro non significa se non, per l’uomo stesso, quello di essere soggetto di diritto, in senso e positivo e negativo; a questa visione si contrapporrebbe quella secondo la quale l’uomo non è sottomesso ad alcuna legge se non a quella della sua volontà e libertà ed egli, per usare le parole di Rousseau, non deve obbedire “che a se stesso”.

I tragici eventi cui siamo stati posti di fronte in questi ultimi anni, hanno tentato di farci credere nel fallimento dei diritti della persona umana. La forza dei terroristi sta nell’arrogarsi come propri diritti propriamente divini, che rifiutano ogni rivendicazione dell’io, e si rivoltano contro l’ordine diverso da quello in cui loro credono con un furore schiavistico.

La tentazione di scetticismo che ciò ha provocato è uno dei sintomi più allarmanti della situazione presente. Il diritto dell’uomo all’esistenza, e la già citata freedom from fear necessitano, per essere attuati, di strumenti giuridici forti e universali, assicurativi e non, basati su una filosofia del diritto radicata nel diritto naturale.