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Tribunale di Roma - MIUR condannato per abuso di contratti a termine: dovrà corrispondere 15 mensilità per risarcimento del danno oltre agli stipendi di luglio e agosto e agli scatti di anzianità mai riconosciuti

Con le Sentenze n. 16/2015 e 17/2015, il Giudice del Lavoro di Roma riconosce il diritto dei docenti precari ad ottenere un risarcimento del danno pari a 15 mensilità in caso di illecita reiterazione di contratti a tempo determinato e l’estensione al 31 agosto dei contratti erroneamente stipulati al 30 giugno di ogni anno pur se su posto vacante.

La normativa di riferimento, articolo 4 Legge n. 124/99, infatti, prevede, al comma 1, quanto segue: “Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l’utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreché ai posti medesimi non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo”. I contratti per le cosiddette “supplenze annuali”, dunque, devono concludersi al 31 agosto di ogni anno scolastico e non, come erroneamente posto in essere dal Ministero, al 30 giugno. Per tale motivo, oltre alla condanna del MIUR al giusto risarcimento del danno nei confronti dei ricorrenti, il Giudice del Lavoro ha stabilito anche il riconoscimento in loro favore dell’estensione di ogni contratto a termine stipulato su posto vacante fino al 31 agosto di ogni anno.

All’indomani della Sentenza della Corte di Giustizia Europea, dunque, il Tribunale del Lavoro Roma, in questo caso, ha optato per il riconoscimento di quello che la CGUE richiedeva come provvedimento effettivo, energico e dissuasivo nei confronti del datore di lavoro che illecitamente aveva abusato dell’istituto dei contratti a termine per coprire necessità stabili di organico e ha così disposto: “Al fine di far sì che il risarcimento dei danni abbia caratteri individuati dalla Corte di Giustizia, deve ritenersi che al lavoratore che sia stato illegittimamente assunto a termine e che non possa vedere accertata la natura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro, spetti un risarcimento che insieme sia adeguato ristoro del danno costituito dalla impossibilità di fruire di una occupazione stabile alle dipendenze della pubblica amministrazione, possibilità invece attribuita ai dipendenti di aziende private assunti a termine illegittimamente, e contemporaneamente costituisca una valida misura dissuasiva contro l’abusivo ricorso alle assunzioni a termine”.

La misura e l’entità del giusto risarcimento del danno stabilito nella sentenza oggi in commento, sono commisurate a quanto disposto dallo Statuto dei lavoratori e non, come invece riteneva applicabile, in via tendenziale, la Corte di Cassazione, il criterio indicato dall’articolo 8 della Legge n. 604/1966 rilevando che la normativa richiamata dalla Cassazione “è stata disegnata per le aziende con meno di quindici dipendenti, che il legislatore ha così inteso preservare da condanne troppo rilevanti; mentre tutt’altra è la situazione del settore pubblico, dove invece dovrebbe imporsi l’applicazione della corrispondente normativa per le grandi aziende, vale a dire l’articolo 18, commi 2 e 3, della Legge n. 300/70, trattandosi di disposizione che esprime il valore della perdita del posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo ed applicabile anche ai rapporti di lavoro dei quali sa parte la pubblica amministrazione”.

Gli scatti di anzianità sono stati, infine, riconosciuti ai ricorrenti in ossequio e in diretta applicazione della Direttiva 1999/70/CE, disapplicando le norme interne e la contrattazione collettiva di comparto che ancora, e nonostante la normativa comunitaria e il relativo Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato siano stati recepiti dall’Italia sin dal 2001 con il Decreto Legislativo n. 368/01, non prevedono per i docenti precari la medesima progressione di carriera riconosciuta ai docenti di ruolo.

(Tribunale di Roma - Sentenze del 7 gennaio 2015 nn. 16 e 17)

Con le Sentenze n. 16/2015 e 17/2015, il Giudice del Lavoro di Roma riconosce il diritto dei docenti precari ad ottenere un risarcimento del danno pari a 15 mensilità in caso di illecita reiterazione di contratti a tempo determinato e l’estensione al 31 agosto dei contratti erroneamente stipulati al 30 giugno di ogni anno pur se su posto vacante.

La normativa di riferimento, articolo 4 Legge n. 124/99, infatti, prevede, al comma 1, quanto segue: “Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l’utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreché ai posti medesimi non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo”. I contratti per le cosiddette “supplenze annuali”, dunque, devono concludersi al 31 agosto di ogni anno scolastico e non, come erroneamente posto in essere dal Ministero, al 30 giugno. Per tale motivo, oltre alla condanna del MIUR al giusto risarcimento del danno nei confronti dei ricorrenti, il Giudice del Lavoro ha stabilito anche il riconoscimento in loro favore dell’estensione di ogni contratto a termine stipulato su posto vacante fino al 31 agosto di ogni anno.

All’indomani della Sentenza della Corte di Giustizia Europea, dunque, il Tribunale del Lavoro Roma, in questo caso, ha optato per il riconoscimento di quello che la CGUE richiedeva come provvedimento effettivo, energico e dissuasivo nei confronti del datore di lavoro che illecitamente aveva abusato dell’istituto dei contratti a termine per coprire necessità stabili di organico e ha così disposto: “Al fine di far sì che il risarcimento dei danni abbia caratteri individuati dalla Corte di Giustizia, deve ritenersi che al lavoratore che sia stato illegittimamente assunto a termine e che non possa vedere accertata la natura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro, spetti un risarcimento che insieme sia adeguato ristoro del danno costituito dalla impossibilità di fruire di una occupazione stabile alle dipendenze della pubblica amministrazione, possibilità invece attribuita ai dipendenti di aziende private assunti a termine illegittimamente, e contemporaneamente costituisca una valida misura dissuasiva contro l’abusivo ricorso alle assunzioni a termine”.

La misura e l’entità del giusto risarcimento del danno stabilito nella sentenza oggi in commento, sono commisurate a quanto disposto dallo Statuto dei lavoratori e non, come invece riteneva applicabile, in via tendenziale, la Corte di Cassazione, il criterio indicato dall’articolo 8 della Legge n. 604/1966 rilevando che la normativa richiamata dalla Cassazione “è stata disegnata per le aziende con meno di quindici dipendenti, che il legislatore ha così inteso preservare da condanne troppo rilevanti; mentre tutt’altra è la situazione del settore pubblico, dove invece dovrebbe imporsi l’applicazione della corrispondente normativa per le grandi aziende, vale a dire l’articolo 18, commi 2 e 3, della Legge n. 300/70, trattandosi di disposizione che esprime il valore della perdita del posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo ed applicabile anche ai rapporti di lavoro dei quali sa parte la pubblica amministrazione”.

Gli scatti di anzianità sono stati, infine, riconosciuti ai ricorrenti in ossequio e in diretta applicazione della Direttiva 1999/70/CE, disapplicando le norme interne e la contrattazione collettiva di comparto che ancora, e nonostante la normativa comunitaria e il relativo Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato siano stati recepiti dall’Italia sin dal 2001 con il Decreto Legislativo n. 368/01, non prevedono per i docenti precari la medesima progressione di carriera riconosciuta ai docenti di ruolo.

(Tribunale di Roma - Sentenze del 7 gennaio 2015 nn. 16 e 17)