Tribunale di Trani: responsabilità professionale del ginecologo

Con sentenza 120/08, depositata il 4 giugno 2008, il Tribunale di Trani – sezione distaccata di Ruvo di Puglia, in persona del G.U. dott.ssa Paola Cesaroni, affronta il tema della responsabilità del medico per omessa diagnosi di malformazioni del feto.

La citata pronuncia è degna di menzione per il sapiente garbo che traspare in ordine alle determinazioni sulle conseguenze afferenti la sfera esistenziale dei genitori (dal punto di vista psichico, sociale, matrimoniale, familiare) e sul diritto della madre ad una procreazione cosciente e responsabile.

Da un punto di vista più strettamente tecnico, la decisione, ricca di richiami giurisprudenziali, si distingue per l’approfondito e chiaro corpus motivazionale, in linea con orientamenti ormai consolidati della Suprema Corte.

Veniamo al caso. Una giovane donna è in attesa del terzo figlio. Si rivolge alle cure di un ginecologo per le visite e gli esami di routine. Il medico la sottopone a cinque ecografie di cui una c.d. morfologica e non evidenzia alcuna anomalia del nascituro. Tant’è che sul referto riporta l’indicazione degli arti come regolari. Purtroppo, al momento del parto il piccolo manifesta l’amelia dell’arto superiore destro, cioè il mancato sviluppo dell’avambraccio. La madre cade in un profondo stato depressivo che, specie nei primi mesi di vita del bimbo, la aliena completamente; ella non è in grado di accudire il piccolo, rifiuta persino i contatti con i primi due figli, interrompe il lavoro e trascura qualsiasi contatto sociale e familiare.

Nella vicenda, com’è agevolmente presumibile, l’indagine peritale del c.t.u. ha assunto un ruolo determinante nell’accertamento del nesso causale.

Il Giudice ha ravvisato una grave negligenza nel comportamento del medico. Egli, infatti, è incorso in un evidente errore, non giustificato da limiti della scienza o degli strumenti utilizzati per gli esami ecografici, ma per mero difetto di diligenza e perizia. Conseguentemente il Tribunale ha riconosciuto che l’obbligazione del medico ginecologo è di natura contrattuale, assoggettata alla disciplina dell’art. 1218 Cod. Civ. (tra le sentenze indicate in motivazione cfr. pure Cass. 6735/02).

In particolare ha affermato che l’omessa rilevazione da parte del medico specialistico della presenza di gravi malformazioni al feto e la correlativa mancata comunicazione di tale dato alla gestante deve ritenersi circostanza idonea a porsi in rapporto di causalità con il mancato esercizio da parte della donna della facoltà di interrompere la gravidanza, in quanto deve ritenersi rispondente ad un criterio di regolarità causale che la donna, ove adeguatamente e tempestivamente informata della presenza di una malformazione atta ad incidere sulla estrinsecazione della personalità del nascituro, preferisca non portare a termine la gravidanza (v. Cass. 11488/04; Cass. 14488/04).

Ma nel caso di specie, secondo quanto rilevato dal Tribunale, occorre soprattutto considerare che l’ecografia morfologica non è una valutazione di dati statistici, come avviene in altri esami chiamati ad esempio a verificare la probabilità di incidenza di malattie genetiche (quali la sindrome di Down), bensì un esame diretto a verificare la presenza e la corretta misurazione degli organi e delle parti del corpo principali, indipendentemente dalla valutazione di dati statistici che possano rendere maggiormente probabile o rara l’ipotesi di una malformazione.

Gli attori, genitori del piccolo, hanno ottenuto il risarcimento per il danno biologico e alla vita di relazione patiti a seguito dell’inattesa realtà con cui quotidianamente si confrontano.

(Tribunale di Trani - Sezione Distaccata di Ruvo di Puglia, Sentenza 4 giugno 2008, n.120: Risarcimento dei danni per errata diagnosi).

[Avv. Nicola Ulisse]


Nota del Direttore Responsabile
La Sentenza in oggetto, come altre nel periodo immediatamente precedente alla Sentenza 26972/2008 delle Sezioni Unite, impone particolari riflessioni in ordine al riconoscimento del danno esistenziale (alla vita di relazione) e della relativa quantificazione. Dopo l’esame dello stato della madre, si legge nella pronuncia: "Ne consegue inoltre, presuntivamente, un danno in capo al padre e marito per essersi trovato a fronteggiare, pur senza riportare un danno biologico in proprio, una situazione di difficoltà legata alla nascita del piccolo affetto dalla malformazione descritta ed alla depressione vissuta dalla moglie contestualmente, con l’ulteriore necessità di essere vicino agli altri due figli in un momento così delicato". Credo sia lecito domandarsi se in futuro analoghe (condivisibili) argomentazioni non faticheranno a trovare spazio, nonostante facessero parte, evidentemente, del nostro diritto vivente.

Con sentenza 120/08, depositata il 4 giugno 2008, il Tribunale di Trani – sezione distaccata di Ruvo di Puglia, in persona del G.U. dott.ssa Paola Cesaroni, affronta il tema della responsabilità del medico per omessa diagnosi di malformazioni del feto.

La citata pronuncia è degna di menzione per il sapiente garbo che traspare in ordine alle determinazioni sulle conseguenze afferenti la sfera esistenziale dei genitori (dal punto di vista psichico, sociale, matrimoniale, familiare) e sul diritto della madre ad una procreazione cosciente e responsabile.

Da un punto di vista più strettamente tecnico, la decisione, ricca di richiami giurisprudenziali, si distingue per l’approfondito e chiaro corpus motivazionale, in linea con orientamenti ormai consolidati della Suprema Corte.

Veniamo al caso. Una giovane donna è in attesa del terzo figlio. Si rivolge alle cure di un ginecologo per le visite e gli esami di routine. Il medico la sottopone a cinque ecografie di cui una c.d. morfologica e non evidenzia alcuna anomalia del nascituro. Tant’è che sul referto riporta l’indicazione degli arti come regolari. Purtroppo, al momento del parto il piccolo manifesta l’amelia dell’arto superiore destro, cioè il mancato sviluppo dell’avambraccio. La madre cade in un profondo stato depressivo che, specie nei primi mesi di vita del bimbo, la aliena completamente; ella non è in grado di accudire il piccolo, rifiuta persino i contatti con i primi due figli, interrompe il lavoro e trascura qualsiasi contatto sociale e familiare.

Nella vicenda, com’è agevolmente presumibile, l’indagine peritale del c.t.u. ha assunto un ruolo determinante nell’accertamento del nesso causale.

Il Giudice ha ravvisato una grave negligenza nel comportamento del medico. Egli, infatti, è incorso in un evidente errore, non giustificato da limiti della scienza o degli strumenti utilizzati per gli esami ecografici, ma per mero difetto di diligenza e perizia. Conseguentemente il Tribunale ha riconosciuto che l’obbligazione del medico ginecologo è di natura contrattuale, assoggettata alla disciplina dell’art. 1218 Cod. Civ. (tra le sentenze indicate in motivazione cfr. pure Cass. 6735/02).

In particolare ha affermato che l’omessa rilevazione da parte del medico specialistico della presenza di gravi malformazioni al feto e la correlativa mancata comunicazione di tale dato alla gestante deve ritenersi circostanza idonea a porsi in rapporto di causalità con il mancato esercizio da parte della donna della facoltà di interrompere la gravidanza, in quanto deve ritenersi rispondente ad un criterio di regolarità causale che la donna, ove adeguatamente e tempestivamente informata della presenza di una malformazione atta ad incidere sulla estrinsecazione della personalità del nascituro, preferisca non portare a termine la gravidanza (v. Cass. 11488/04; Cass. 14488/04).

Ma nel caso di specie, secondo quanto rilevato dal Tribunale, occorre soprattutto considerare che l’ecografia morfologica non è una valutazione di dati statistici, come avviene in altri esami chiamati ad esempio a verificare la probabilità di incidenza di malattie genetiche (quali la sindrome di Down), bensì un esame diretto a verificare la presenza e la corretta misurazione degli organi e delle parti del corpo principali, indipendentemente dalla valutazione di dati statistici che possano rendere maggiormente probabile o rara l’ipotesi di una malformazione.

Gli attori, genitori del piccolo, hanno ottenuto il risarcimento per il danno biologico e alla vita di relazione patiti a seguito dell’inattesa realtà con cui quotidianamente si confrontano.

(Tribunale di Trani - Sezione Distaccata di Ruvo di Puglia, Sentenza 4 giugno 2008, n.120: Risarcimento dei danni per errata diagnosi).

[Avv. Nicola Ulisse]


Nota del Direttore Responsabile
La Sentenza in oggetto, come altre nel periodo immediatamente precedente alla Sentenza 26972/2008 delle Sezioni Unite, impone particolari riflessioni in ordine al riconoscimento del danno esistenziale (alla vita di relazione) e della relativa quantificazione. Dopo l’esame dello stato della madre, si legge nella pronuncia: "Ne consegue inoltre, presuntivamente, un danno in capo al padre e marito per essersi trovato a fronteggiare, pur senza riportare un danno biologico in proprio, una situazione di difficoltà legata alla nascita del piccolo affetto dalla malformazione descritta ed alla depressione vissuta dalla moglie contestualmente, con l’ulteriore necessità di essere vicino agli altri due figli in un momento così delicato". Credo sia lecito domandarsi se in futuro analoghe (condivisibili) argomentazioni non faticheranno a trovare spazio, nonostante facessero parte, evidentemente, del nostro diritto vivente.