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Trust opachi che svolgono attività di natura commerciale: nuove regole di tassazione

Circolare sui Trust 34/22
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Trust opachi che svolgono attività di natura commerciale: nuove regole di tassazione

La Circolare sui Trust 34/22 (al punto 3.2.1.)  modifica le regole di tassazione dei redditi ricevuti dai beneficiari di trust opachi commerciali. La nuova interpretazione riguarda una regola (introdotta nel 2007 con l’art. 73 del Tuir) fino ad oggi chiara e per la quale non vi era stata discussione in dottrina, prassi o giurisprudenza fino ad oggi.

Il tema è quello del trust opaco, in cui i beneficiari seppur nominati nell’atto di trust non hanno diritto a pretendere l’attribuzione di un reddito da parte del trustee, non hanno il possesso del reddito e, quindi, capacità contributiva sui redditi prodotti dai beni in trust.

Ogni reddito prodotto dal trust opaco è tassato nella dichiarazione dei redditi del trust e successivamente, se e quando distribuito secondo una discrezionalità tutta del trustee, non costituisce reddito per i beneficiari. O meglio così era anche per l’Agenzia delle Entrate fino alla settimana scorsa.

Tale meccanismo di tassazione è sempre stato considerato valido per qualsiasi tipologia di trust opaco, perché non collegato all’attività svolta dal trustee, sia essa commerciale che non commerciale, ma al fatto che il beneficiario non ha il possesso del reddito prodotto dai beni in trust; infatti, egli potrebbe non ricevere mai quei redditi essendo collegati a scelte discrezionali del trustee che possono maturare in ogni condizione ed in ogni tempo.

La nuova Circolare 34/22 ci pone di fronte ad un cambio radicale delle regole di tassazione dei beneficiari dei trust opachi commerciali, oggi obbligati al pagamento delle imposte per i redditi che riceveranno e quelli ricevuti (quindi retroattivamente).

Il ragionamento dell’Agenzia delle Entrate si muove su questo iter logico: se il reddito dei trust commerciali deve essere determinato secondo le regole previste dall’art. 81 e seguenti del Tuir in materia di reddito d’impresa, allora al trust commerciale vanno applicate anche le altre regole del reddito d’impresa come quella sulle plusvalenze (art. 87) e di dividendi (art. 89); “Ne deriva che, in caso di distribuzione del reddito ai beneficiari “non individuati”, si rende applicabile l’articolo 44, comma 1, lettera e), del Tuir, che prevede la tassazione come reddito di capitale degli utili derivanti dalla partecipazione al patrimonio anche di enti, diversi dalle società, assoggettati ad IRES, tra i quali rientrano i trust”.

La logica applicata a questa conclusione è che la distribuzione dei redditi di un trust commerciale fatta discrezionalmente dal trustee ai beneficiari sia equiparabile alla distribuzione di utili.

A questo punto, visto che il beneficiario può essere ritenuto assimilabile al socio dell’impresa, almeno fiscalmente in quanto a detta dall’Agenzia delle Entrate le somme erogate dal trustee di un trust opaco discrezionale sono distribuzioni di utili, allora “coerentemente con tale impostazione, si ritiene che alle distribuzioni effettuate a favore dei beneficiari si applichi anche la presunzione legale di cui all’articolo 47, comma 1, del Tuir, in base alla quale, ove nel patrimonio del trust siano presenti sia riserve di utili che di capitali, si considerano prioritariamente distribuite le riserve di utili, a prescindere dalla natura della riserva cui il trustee abbia imputato le somme distribuite ai beneficiari”.
 

Il trust commerciale è pertanto sostituto d’imposta per la distribuzione di redditi ai beneficiari.

Per coloro che fino ad oggi non hanno applicato questa regola, l’Agenzia richiamando lo Statuto del Contribuente art. 10 comma 3 scrive che i trustee potranno provvedere “al versamento delle imposte sostitutive omesse, con maggiorazione degli interessi legali e senza applicazioni delle sanzione, tenuto conto che, nel caso specifico, ricorrono condizioni di obiettiva incertezza”.

Vero è che questa interpretazione riguarda una platea ristretta di casi, essendo i trust commerciali una percentuale minima di tutti i trust. Ma per i trustee interessati le considerazioni da fare saranno molte, anche perché nessuno ha mai avuta “incertezza” circa la corretta (non) tassazione dei redditi attribuiti ai beneficiari di trust opachi ed il richiamo alla “incertezza” suona un poco strano, perché ci troviamo nel caso di un chiarimento offerto oggi dall’Agenzia che ha cambiato idea dopo ben quindi anni, in assenza di qualsiasi segnale di dottrina o giurisprudenza in questo senso.

L’assimilazione del fenomeno della distribuzione di redditi ai beneficiari di un trust discrezionale a quella della distribuzione di utili di una impresa pone una serie di riflessioni. Per poter arrivare a tanto forse era necessario l’intervento del legislatore oppure è corretta e sufficiente una interpretazione della prassi?

La posizione di colui che ha diritto a ricevere gli utili è assolutamente diversa da quella di colui che ha il solo diritto di essere preso in considerazione, se e quando il trustee lo deciderà, per ricevere redditi che sono stati già tassati secondo le regole IRES.

L’Agenzia delle Entrate lascia inalterato il trattamento fiscale per i beneficiari dei trust opachi non commerciali che continueranno a non essere tassati per i redditi ricevuti.

L’elemento della commercialità quindi, non solo determina il criterio di tassazione del reddito prodotto dal trust (per categorie di reddito come le persone fisiche in caso di trust non commerciale e come reddito di impresa nel caso di trust commerciale), ma secondo l’Agenzia delle Entrate esprime i suoi effetti anche sulla qualificazione dei redditi ricevuti dai beneficiari, che continueranno ad essere non redditi per trust non commerciali ed assimilati agli utili per i trust commerciali. Questo anche in caso di atti di trust identici nella loro disciplina dei diritti dei beneficiari, ma che variano per la tipologia di attività svolta dal trustee.