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Turismo - TAR Lazio: niente più limiti Ai B&B gestiti in forma non imprenditoriale

La Regione non può limitare l’esercizio dell’attività di case vacanze e bed&breakfast anche se questi sono aperti da chi non fa impresa, perché così facendo limita la libera concorrenza. È quanto ha stabilito il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio accogliendo il ricorso dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato che si era opposta al nuovo Regolamento regionale 8/2015 sulle attività extralberghiere presentato lo scorso agosto a pochi mesi dall’inizio del Giubileo.

La norma recava misure limitative dell’attività ricettizia extralberghiera a vantaggio di quella alberghiera. In particolare, il regolamento imponeva a case vacanza e bed&breakfast, gestiti entrambi in forma non imprenditoriale, periodi di chiusura obbligatoria rispettivamente di 100 e 120/90 giorni a seguito di valutazioni legate al fabbisogno economico, attribuendo a Roma Capitale il potere di individuare zone del proprio territorio da destinare all’apertura di ostelli per evitare una eccessiva concentrazione di strutture in determinate zone urbane. E non solo. Il Regolamento imponeva, inoltre, alle case vacanza contratti di affitto della durata minima non inferiore a tre giorni oltre a vincoli dimensionali delle strutture in termini di metratura minima obbligatoria di alcuni spazi.

L’Autorità rilevava, infatti, come tali disposizioni integrassero specifiche violazioni dei principi concorrenziali nella misura in cui limitavano l’accesso alla ricettività extralberghiera e ne rendevano più difficile l’esercizio, senza effettive e correlate esigenze di interesse generale.

Il Giudice amministrativo, nell’accogliere il ricordo dell’Antitrust, ha affermato l’illegittimità del regolamento giudicandolo diretto ad ostacolare l’esercizio di un’attività economica fondamentale per il settore turistico, oltre ad essere in contrasto con i principi di libera concorrenza e di parità di trattamento.

Inoltre, il TAR Lazio ha sottolineato che non vi sono ragioni valide per porre a case vacanze e b&b la distinzione tra esercizio imprenditoriale e non imprenditoriale (che si traduce poi in discriminazione), motivata da esigenze di “ordine e chiarezza”, in particolare, nel settore tributario.

Ancora, secondo la Regione, tale distinzione tra attività imprenditoriale e no, avrebbe favorito la lotta alle attività ricettive irregolari, assicurando l’adeguamento fiscale da parte di chi apre un b&b. Il TAR, a tal proposito, ha affermato che “l’Amministrazione finanziaria statale è ben dotata di strumenti suoi per perseguire la finalità di assicurare la compliance fiscale da parte dei contribuenti”.

Pertanto, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha accolto il ricorso presentato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, annullando il regolamento impugnato limitatamente alle disposizioni argomentate e condannando la Regione al pagamento delle spese del giudizio.

(Tribunale Amministrativo Regionale Lazio - Prima Sezione Territoriale, Sentenza 13 giugno 2016, n. 6755)

La Regione non può limitare l’esercizio dell’attività di case vacanze e bed&breakfast anche se questi sono aperti da chi non fa impresa, perché così facendo limita la libera concorrenza. È quanto ha stabilito il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio accogliendo il ricorso dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato che si era opposta al nuovo Regolamento regionale 8/2015 sulle attività extralberghiere presentato lo scorso agosto a pochi mesi dall’inizio del Giubileo.

La norma recava misure limitative dell’attività ricettizia extralberghiera a vantaggio di quella alberghiera. In particolare, il regolamento imponeva a case vacanza e bed&breakfast, gestiti entrambi in forma non imprenditoriale, periodi di chiusura obbligatoria rispettivamente di 100 e 120/90 giorni a seguito di valutazioni legate al fabbisogno economico, attribuendo a Roma Capitale il potere di individuare zone del proprio territorio da destinare all’apertura di ostelli per evitare una eccessiva concentrazione di strutture in determinate zone urbane. E non solo. Il Regolamento imponeva, inoltre, alle case vacanza contratti di affitto della durata minima non inferiore a tre giorni oltre a vincoli dimensionali delle strutture in termini di metratura minima obbligatoria di alcuni spazi.

L’Autorità rilevava, infatti, come tali disposizioni integrassero specifiche violazioni dei principi concorrenziali nella misura in cui limitavano l’accesso alla ricettività extralberghiera e ne rendevano più difficile l’esercizio, senza effettive e correlate esigenze di interesse generale.

Il Giudice amministrativo, nell’accogliere il ricordo dell’Antitrust, ha affermato l’illegittimità del regolamento giudicandolo diretto ad ostacolare l’esercizio di un’attività economica fondamentale per il settore turistico, oltre ad essere in contrasto con i principi di libera concorrenza e di parità di trattamento.

Inoltre, il TAR Lazio ha sottolineato che non vi sono ragioni valide per porre a case vacanze e b&b la distinzione tra esercizio imprenditoriale e non imprenditoriale (che si traduce poi in discriminazione), motivata da esigenze di “ordine e chiarezza”, in particolare, nel settore tributario.

Ancora, secondo la Regione, tale distinzione tra attività imprenditoriale e no, avrebbe favorito la lotta alle attività ricettive irregolari, assicurando l’adeguamento fiscale da parte di chi apre un b&b. Il TAR, a tal proposito, ha affermato che “l’Amministrazione finanziaria statale è ben dotata di strumenti suoi per perseguire la finalità di assicurare la compliance fiscale da parte dei contribuenti”.

Pertanto, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha accolto il ricorso presentato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, annullando il regolamento impugnato limitatamente alle disposizioni argomentate e condannando la Regione al pagamento delle spese del giudizio.

(Tribunale Amministrativo Regionale Lazio - Prima Sezione Territoriale, Sentenza 13 giugno 2016, n. 6755)