Utero in affitto: una legge universale

utero in affitto
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Utero in affitto: una legge universale
 

Abstract:

La legge che vieta l’utero in affitto è stata definitivamente approvata rendendo dignità a donne  e bambini e ponendo una sponda importante alle derive libertarie che circolano nelle società occidentali.

 

Il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge per rendere la maternità surrogata “reato universale”, con 84 voti favorevoli e 58 contrari. La Gestazione per altri (Gpa), come previsto dal testo a prima firma della deputata FdI Carolina Varchi («è stata messa la parola fine a una barbarie»), sarà dunque punibile anche se un cittadino italiano vi ricorrerà in uno Stato in cui la pratica dell’utero in affitto è legale. La pena prevista va da tre mesi a due anni, a cui si aggiunge una multa che prevede un minimo di 600 mila euro a un massimo di un milione di euro. Il disegno di legge nasce dalla proposta della capogruppo di Fratelli d'Italia in Commissione Giustizia della Camera, Carolina Varchi, approvata a Montecitorio nel luglio del 2023 con 166 sì, 109 no e 4 astenuti. Il testo Varchi riprendeva quello presentato da Giorgia Meloni nella precedente legislatura.

            In Italia come è noto la maternità surrogata è vietata già dal 2004, con la Legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita ed ora si inserisce nella suddetta legge la prescrizione che la proibizione riguarda anche se la Gpa è praticata all'estero.

            Il testo appena approvato è formato da un solo articolo, che modifica l'articolo 12 della legge 40 che, al comma 6, prevede: "Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro". A questa disposizione dunque si aggiunge un paragrafo per cui "se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla surrogazione di maternità, sono commessi all'estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana".

            La legge restituisce dignità ai bambini utilizzati come merce di scambio e impedisce la mercificazione del corpo delle donne ponendo un freno alle derive libertarie che tanto circolano nel nostro Paese in particolare e nel mondo in generale; ribalta il paradigma antropologico di coloro che difendono tali pratiche secondo il quale lo status di persona può essere assegnato solo agli adulti e se facoltosi ancora meglio; in tale visione il bambino è ridotto alla condizione di bene di consumo e, privo di diritti ha il dovere di contribuire alla felicità del committente e a quest’ultimo dovrà assicurare i suoi servizi anche la donna relegata al ruolo di incubatrice umana.

            Pone un freno al concetto malsano di libertà che circola senza sosta nella nostra società ovvero che nessuno può limitare l’espansione dei propri desideri e dei propri sogni e né i bambini né le donne povere e indifese devono essere di ostacolo alle aspirazioni individuali.

            In tale cultura infatti bene si inserisce l’essere genitore in affitto che di per sé è una contraddizione in  termini perché un genitore genera e non acquista,  e si tende ad eliminare  caparbiamente gli ostacoli alla procreazione che la natura pone tramite prima la fecondazione omologa poi quella eterologa e l’adozione per le coppie omosessuali.

            La premessa su cui poggiano tali sistemi di genitorialità è che il bimbo è un oggetto e come tale deve necessariamente essere considerato poco o nulla importante innanzi al benessere degli adulti e degli aspiranti genitori.

            La legge ora rende giustizia agli interessi dei minori che con tanta fatica sono stati riconosciuti nei tempi moderni e tutela le donne che vivendo nelle periferie esistenziali e geografiche non hanno altra possibilità dello sfruttamento per poter sopravvivere.