40 anni senza Rino Gaetano, il cantautore irriverente
Rino Gaetano, il cantautore che andava sempre in direzione ostinata e contraria
Sono le tre del mattino di quarant’anni fa, è la notte del 2 giugno del 1981, e Rino Gaetano sta viaggiando ad alta velocità sulla sua Volvo 343.
Va veloce, percorre la sua Roma, quella che conosce come le sue tasche. Sta tornando a casa, e chissà quali pensieri ha nella testa mentre sfreccia come una saetta lungo la via Nomentana.
L’avrà percorsa migliaia di volte, quella strada. Eppure, quando arriva all’incrocio con viale XXI aprile, Rino Gaetano non frena, si accorge tardi dell’intersezione e perde il controllo dell’auto, che sbanda malamente e invade la corsia opposta.
Il destino ci vede benissimo, non come la fortuna, e il fato vuole che proprio nella carreggiata opposta stia giungendo un camion, che lo centra in pieno.
L’impatto è micidiale, l’urto è assordante e sveglia mezza Roma. Rino Gaetano perde i sensi ed entra subito in coma. Le sue condizioni risultano subito gravissime. Si cerca di soccorrerlo, arrivano ambulanze, vigili del fuoco, polizia, ma non c’è tempo da perdere.
Nonostante i ripetuti tentativi dei sanitari, purtroppo, non si riesce a trovare un reparto libero negli ospedali. Traumatologia cranica, la testa di Rino Gaetano è in condizioni irreversibili.
Si continua a sperare, ma invano.
Alle sei del mattino Rino Gaetano muore, e lascia un vuoto incolmabile nella musica, nel mondo culturale italiano e tra tutti i suoi appassionati ascoltatori, quel popolo semplice che ha sempre cercato e cantato, quella parte di italiani nei quali si riconosceva, per origini, per nascita, per affinità.
Proprio ieri ho letto un bellissimo articolo a proposito di Rino Gaetano pubblicato su Domani dal titolo “Rino Gaetano, l’ultimo rivoluzionario venuto dal sud", in cui l’autore, Cosimo Damiano Damato, ricordando la sua scomparsa, faceva i conti con il suo testamento culturale e morale.
Un artista, infatti, ancora attualissimo, che ha cantato i diseredati, gli ultimi, i diversi, un po’ come si è sempre sentito lui in vita.
Rino Gaetano, il “cappellaio matto che ha tirato fuori dal suo amato cilindro nero non conigli addomesticabili ma lepri ribelli”.
Dice Damiano Damato su Rino Gaetano: “Poi ti capita di trovare un 33 giri. Accade che il cantautore di Crotone torni a parlarci con il suo stile naif e visionario fra poesia e critica civile. Berta filava diventa un’operaia dell’ex-Ilva, ragazza-madre con un bambino malato per le polveri sottili. Mio fratello è figlio unico la storia di un trans deriso”.
È proprio così: la poetica musicale di Rino Gaetano non conosce ostacoli temporali, e si ripropone ancora oggi, a quarant’anni dalla scomparsa, come quella del più attuale cantautore italiano, che molti hanno cercato di imitare (pensiamo solo al primo Vasco Rossi) senza riuscirci mai veramente.
Personalmente ho conosciuto Rino attraverso l’ascolto quasi casuale del disco “Mio fratello è figlio unico”. Era il 1977, un anno dopo l’uscita del disco. Avevo sei anni e anche se non capivo tutto quello che diceva quel cantante simpatico e bizzarro comprendevo, dentro di me, di stare ascoltando qualcuno che assomigliava in meglio al mio maestro di scuola.
Pezzi come “Cogli la mia rosa d’amore” e “Sfiorivano le viole” si alternano a brani apparentemente semplici e spensierati come “Berta filava", tratteggiando un capolavoro su vinile.
Rino Gaetano ha pubblicato in vita solo sei album a suo nome, dal 1974 al 1980: "Ingresso libero" (1974), "Mio fratello è figlio unico" (1976), “Aida” (1977), “Nuntereggae più” (1978), “Resta vile maschio, dove vai?” (1979) e “E io ci sto” (1980), lasciando un segno indelebile, insostituibile e non sovrapponibile ad altri nella cultura italiana.
“Tu, forse essenzialmente tu”, “I tuoi occhi sono pieni di sale”, “Aida”, “Escluso il cane”, “E cantava le canzoni”, sono le canzoni di Rino Gaetano che restano nel mio cuore, come pietre miliari, scavate nell’anima da un cantante timido e gentile, che ha saputo scrivere come i grandi restando piccolo come gli umili.
Oggi Rino Gaetano avrebbe 70 anni, sarebbe ancora un giovanotto, insomma. Pensare che ci ha lasciato a trent’anni fa rabbrividire. Chissà quante altre pietre avrebbe aggiunto alle tante miglia già segnate.
Ci manca Rino Gaetano, ci manca quel cantautore libero, che diceva: “C'è qualcuno che vuole mettermi il bavaglio. Io non li temo. Non ci riusciranno. Sento che le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni. Che, grazie alla comunicazione di massa, capiranno cosa voglio dire questa sera. Capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale. E si chiederanno cosa succedeva sulla spiaggia di Capocotta”.
Chiudiamo l’articolo con il testo di una delle canzoni di Rino Gaetano più belle e meno note, “Sei ottavi”.
Un testo intelligente e originale, che non parla di sesso ma di autoerotismo, e lo si fa in un modo talmente dolce e delicato che fa quasi commuovere.
La canzone “Sei ottavi” è la quarta traccia del lato A dell’album “Aida”, un capolavoro assoluto in cui Rino Gaetano duetta con Marina Arcangeli. Insieme raccontano la storia di una notte solitaria e di un amore che prima o poi dovrà arrivare.
Sei ottavi
Rino Gaetano
Mentre la notte scendeva stellata stellata
Lei affusolata nel buio sognava incantata
E chi mi prende la mano stanotte mio dio
Forse un ragazzo il mio uomo o forse io
Lontana la quiete e montagne imbiancate di neve
E il vento che soffia, che fischia più forte e più greve
E che mi sfiora le labbra, chi mi consola
Forse un bambino gia grande o io da sola
Passava la notte, passavano in fretta le ore
La camera fredda già si scaldava d'amore
Chi troverà i miei seni avrà in premio il mio cuore
Chi incontrerà i miei semi avrà tutto il mio amore
La luce discreta spiava e le ombre inventava
Mentre sul mare una luna dipinta danzava
Chi coglierà il mio fiore bagnato di brina
Un principe azzurro o forse io adulta io bambina
Mentre la notte scendeva stellata stellata
Lei affusolata nel buio dormiva incantata
Chi mi dirà buonanotte stanotte mio dio
La notte le stelle la luna o forse io
Ciao Rino, e stai tranquillo: le tue canzoni sono state cantate dalle prossime generazioni, e lo faranno anche quelle prossime alla mia.
Perché ancora nessuno ha presto il tuo posto. E mai lo farà.