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Adozione in casi particolari: per la Corte Costituzionale tutti i bambini adottati devono avere un legame giuridico con i parenti del genitore adottante

Il mancato riconoscimento dei rapporti civili con i parenti dell’adottante discrimina il bambino adottato ‘in casi particolari’, in violazione dell’articolo 3 della Costituzione
Adozione
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Finisce sotto il mirino della Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni che escludono, nelle adozioni di minori “in casi particolari”, l’esistenza di “rapporti civili” tra il bambino adottato e i parenti dell’adottante (articolo 55 della legge n. 184 del 1983 e articolo 300, secondo comma, del codice civile).

Con comunicato stampa del 24 febbraio 2022, la Corte Costituzionale ha reso noto che “le disposizioni censurate sono state dichiarate incostituzionali nella parte in cui prevedono che l’adozione non induce alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante”.

La Corte – viene spiegato – “ha affermato che il mancato riconoscimento dei rapporti civili con i parenti dell’adottante discrimina, in violazione dell’articolo 3 della Costituzione, il bambino adottato ‘in casi particolari’ rispetto agli altri figli e lo priva di relazioni giuridiche che contribuiscono a formare la sua identità e a consolidare la sua dimensione personale e patrimoniale, in contrasto con gli articoli 31, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione in relazione all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.

L’adozione “in casi particolari”, ricorda la Consulta, riguarda bambini orfani, anche con disabilità, bambini che già vivono con il coniuge del genitore biologico, bambini non altrimenti adottabili.

La questione di legittimità era stata sollevata dal Tribunale per i minorenni dell’Emilia-Romagna con ordinanza del 26 luglio 2021, rubricata al n. 143/2021 del registro della Corte costituzionale.

Con ricorso del 29.10.2020 M. M. aveva chiesto al Tribunale dei minorenni di adottare ai sensi dell’articolo 44 lett. d) L. 184/83, la minore M. V. E., figlia biologica di V. S., e altresì di riconoscere, quale effetto consequenziale della sentenza di adozione, il legame di parentela pieno anche con gli ascendenti e i parenti tutti del ricorrente.

Il Tribunale, in presenza di specifica domanda sul punto, doveva pronunciarsi anche sugli effetti consequenziali della sentenza che dichiara la filiazione (articolo 277 Codice Civile) ed in particolare in relazione al legame parentale tra adottato e parenti dell’adottante, in quanto pronuncia da cui discendono importanti effetti per la tutela degli interessi patrimoniali del figlio, quanto meno sul piano ereditario.

Nel pronunciare sul punto, il Tribunale doveva applicare necessariamente la norma di cui all’articolo 55 Legge 184/83, in combinato disposto con l’articolo 300 comma secondo Codice Civile, la quale specifica che nei casi di adozione in casi particolari “l’adozione non induce alcun rapporto civile tra l’adottato ed i parenti dell’adottante” e sulla base di tale disposizione avrebbe dovuto  respingere il ricorso in  punto di dichiarazione degli effetti consequenziali della sentenza di adozione relativamente al rapporto di parentela tra l’adottato e i parenti dell’adottante. Nel caso in esame la minore M. V. E. per effetto della pronuncia di adozione ex articolo 44 lett d) Legge 184/83 si sarebbe trovata rispetto al genitore adottivo in condizione differenziata rispetto al genitore biologico, non potendo godere di uno “status filiationis” di eguale portata.

E infatti nei confronti del genitore biologico è considerata “figlia” a tutti gli effetti, mentre nei confronti del genitore adottivo vedrebbe declassato il suo stato di figlia a causa della previsione normativa dell’articolo 55 Legge 184/83 che, richiamando l’articolo 300 comma 2 Codice Civile, afferma che “l’adozione non induce alcun rapporto civile tra adottato ed i parenti dell’adottante”.

L’applicazione della norma citata appariva, però, contrastare con i principi di eguaglianza sostanziale e con il principio di parità di trattamento tra tutti i figli, nati all’interno o fuori dal matrimonio e adottivi, che trova la sua fonte costituzionale negli articoli 3 e 31 Costituzione ed è stato inverato dalla riforma sulla filiazione (Legge 219/2012) e dal rinnovato articolo 74 Codice Civile che ha reso unico senza distinzioni il vincolo di parentela che scaturisce dagli status filiali, con la sola eccezione dell’adozione del maggiorenne, ingenerando ancor più perplessità sulla compatibilità costituzionale della conservazione di un regime differenziato nei diversi regime di genitorialità adottiva previsti dal nostro ordinamento.

La questione traina anche un altro aspetto colto dalla Suprema Corte di cassazione che con ordinanza interlocutoria del 21 gennaio 2022 n. 1842 ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 12 comma 6 della Legge n. 40/04, 18 del D.P.R. n. 396/2000 e 64 comma 1 lettera g) della Legge n. 218/95, nella parte nella quale non consentono, secondo l’interpretazione attuale del diritto vivente, che possa essere riconosciuto e dichiarato esecutivo, per contrasto con l’ordine pubblico, il provvedimento giudiziario straniero relativo all’inserimento del cosiddetto genitore d’intenzione non biologico nell’atto di stato civile di un minore procreato con le modalità della cosiddetta “maternità surrogata” per contrasto con gli articoli 2, 3, 30, 31, 117 comma 1 della Costituzione, questo in relazione agli articoli 8 della Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali, 2, 3, 7, 8, 9 e 18 della Convenzione 20 novembre 1989 delle Nazioni Unite sui diritti dei minori, ratificata in Italia con Legge 27/05/1991 n. 176 e dall’articolo 24 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

In sintesi, la Cassazione afferma che si è verificato un vuoto normativo e interpretativo, nonostante alcune pronunce delle Sezioni Unite, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale con la sentenza n. 33/2021 che, richiamando il valore preminente dell’interesse superiore del minore, aveva sottolineato l’importanza del riconoscimento del legame di filiazione con il genitore intenzionale e la non idoneità del ricorso all’adozione in casi particolari.

In particolare, la Corte Costituzionale aveva osservato che “L’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite con la sentenza del 2019, che richiamava l’utilizzo dell’adozione in casi particolari e il diritto vivente non consentono di assicurare al minore nato da maternità surrogata la tutela giuridica richiesta dai principi convenzionali e costituzionali”.

Poste queste premesse, la Suprema Corte, con la cennata ordinanza del 2022, ha rimesso all’attenzione del Primo Presidente ed eventualmente alle Sezioni Unite unitamente una serie di quesiti agli altri che derivano dalla motivazione sin qui svolta.

Se cioè la sentenza della Corte Costituzionale n. 33/2021, accertando l’inidoneità del ricorso in questa materia all’adozione in casi particolari, Legge n. 184 del 1983, ex articolo 44, lett. d) abbia determinato il superamento del diritto vivente rappresentato dalla sentenza n. 12193/2019 delle Sezioni Unite.

Se la non attuazione del monito rivolto al legislatore dalla stessa sentenza n. 33/2021 abbia determinato di conseguenza un vuoto normativo.

Se, e come, sia superabile in via interpretativa tale situazione di vuoto normativo non potendosi più il giudice, sia ordinario che di legittimità, riferire al preesistente diritto vivente che, in base alla motivazione della sentenza della Corte Costituzionale, non è idoneo a impedire la lesione dei diritti fondamentali del minore a causa del generale mancato riconoscimento del rapporto di filiazione con il genitore d’intenzione e nello stesso tempo per l’inadeguatezza della soluzione offerta dall’istituto di cui alla Legge n. 184 del 1983, articolo 44, lett. d).

Se una possibile interpretazione adeguatrice consentita alle Corti possa consistere nel configurare la valutazione del conflitto del riconoscimento del rapporto di filiazione con il genitore di intenzione con l’ordine pubblico internazionale, spettante al giudice investito della richiesta di delibazione, come valutazione legata al singolo caso in esame, secondo criteri di inerenza, proporzionalità e ragionevolezza per come affermati dalla giurisprudenza costituzionale specificamente nell’ottica della ricerca della soluzione ottimale in concreto per l’interesse del minore.

Se in tale valutazione il giudice debba mettere a confronto, in concreto, l’interesse del minore a che vengano rispettati i suoi diritti fondamentali alla identità personale e alla vita familiare con la tutela della dignità della donna coinvolta nel processo procreativo mediante gestazione per altri, con la prevenzione di qualsiasi attentato che, sempre in concreto, possa derivare dal riconoscimento all’istituto dell’adozione, con la legittima aspirazione dello Stato a scoraggiare pratiche elusive del divieto di surrogazione di maternità.

Se i criteri generali indicati nella motivazione dell’ordinanza (adesione libera consapevole e non determinata da necessità economiche da parte della donna alla gestazione, revocabilità del consenso alla rinuncia all’instaurazione del rapporto di filiazione sino alla nascita del bambino; necessità di un apporto genetico alla pro-creazione da parte di uno dei due genitori intenzionali; valutazione in concreto degli effetti dell’eventuale diniego del riconoscimento sugli interessi in conflitto), eventualmente in aggiunta o combinazione con altri criteri generali, debbano o possano assumere il ruolo di una direttiva nell’interpretazione cui debba attenersi il giudice del merito.

Se infine derivi anche dal diritto dell’Unione Europea un limite alla possibilità di non riconoscere lo “status filiationis” acquisito all’estero da un minore cittadino italiano nato da gestazione per altri legalmente praticata nello Stato di nascita nella misura in cui tale disconoscimento comporti la perdita dello status e limiti la sua libertà di circolazione e di esplicazione dei suoi legami familiari nel territorio dell’Unione.

Attendiamo di leggere la motivazione integrale della sentenza emanata dalla Consulta.