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Albo on-line: serve la firma digitale, lo affermano il Viminale e il Garante privacy

1. Premessa

Non avevamo dubbi. La pubblicazione all’albo on-line richiede l’utilizzo della firma digitale.

In questi giorni, infatti, il Viminale – seppur con riferimento alle sole pubblicazioni di matrimonio e alle istanze di modifica del nome o del cognome – ha ribadito una cosa apparentemente ovvia, ma completamente disattesa dalla stragrande maggioranza delle amministrazioni pubbliche e dalle soluzioni informatiche adottate in assenza di regole tecniche: le forme della pubblicità legale devono mantenersi distinte da quelle inerenti alla redazione dei documenti e vanno garantite nella loro autenticità, integrità e contestualizzazione.

Anche se un documento nasce cartaceo, dunque, gli adempimenti per la pubblicazione on-line dall’art. 32 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (in vigore dal 1° gennaio 2011) prevedono obbligatoriamente la sua trasformazione in un documento informatico. Si tratta di una trasformazione non priva di rischi per la conformità del documento informatico a quello analogico, che va affidata necessariamente a un pubblico ufficiale dotato di potestà certificatoria.

Le copie informatiche “semplici”, derivate cioè dalla scansione ottica di un originale analogico ed esposte sul web perlopiù nel formato pdf, non possono garantire in re ipsa la conformità all’originale.

In assenza di un autorevole pronunciamento da parte del Dipartimento per la funzione pubblica, che ha, evidentemente, ritenuto non necessarie delle regole tecniche, ancorché da più parti e ripetutamente richieste, fortunatamente ci soccorrono due importanti e recentissime prese di posizione da parte del Ministero dell’Interno e del Garante per la protezione dei dati personali[1].

Esaminiamole in breve.

2. La Circolare 13/2011 del Ministero dell’Interno

La Direzione centrale per i Servizi demografici del Ministero dell’Interno era già intervenuta chiarendo i dubbi e le perplessità che molte amministrazioni comunali avevano sollevato in merito alle pubblicazioni di matrimonio e alle istanze di modifica del nome e cognome all’albo on-line.

Ciò trovava fondamento nel fatto che la norma in materia di pubblicazioni matrimoniali, contenuta nell’art. 55, comma 1, del DPR 3 novembre 2000 n. 396, Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127, esplicitamente prevede:

«In ogni comune, presso la porta della casa comunale, deve essere destinato uno spazio ad uso esclusivo delle pubblicazioni di matrimonio. Sopra tale spazio deve essere scritta, in carattere ben visibile, l’indicazione “Pubblicazioni di matrimonio”».

L’art. 86, comma 1, del medesimo Regolamento, per quanto riguarda l’istanza di cambio nome, così dispone:

«Qualora la richiesta appaia meritevole di essere presa in considerazione, il richiedente è autorizzato a fare affiggere all’albo pretorio del comune di nascita e del comune di sua residenza attuale un avviso contenente il sunto della domanda. L’affissione deve avere la durata di giorni trenta consecutivi e deve risultare dalla relazione del responsabile fatta in calce all’avviso».

Risultava dunque necessario capire se l’albo on-line avrebbe potuto essere inteso quale “casa comunale virtuale”, sostitutivo della storica bacheca e se, soprattutto, la pubblicazione sul web non fosse lesiva della privacy, in considerazione della tipologia di dati contenuti in tali documenti.

L’intervento del Ministero è stato tempestivo e già con la Circolare 5 gennaio 2011, n. 1 la Direzione centrale per i Servizi demografici ha precisato che le suddette pubblicazioni «dovranno avvenire solo ed esclusivamente nei siti informatici di ciascun comune».

La pressante esigenza di chiarimenti era stata dettata proprio dalla necessità di evitare che la pubblicazione di questi importanti atti dello stato civile fosse lasciata ad iniziative estemporanee in un momento di assenza di regole giuridiche e tecniche. Le conseguenze, del resto, sarebbero state rilevanti. Occorre infatti ricordare che, ai sensi dell’art. 99 del Codice civile, il matrimonio in assenza di pubblicazioni non può essere celebrato. Se lo fosse, può essere irrogata una sanzione sia nei confronti dell’ufficiale dello stato civile che nei confronti dei coniugi, così come previsto dall’art. 134 del Codice civile.

La stessa ratio della norma che impone le pubblicazioni è da rinvenire anche negli artt. 84 e ss. del Codice civile che disciplinano i cambiamenti e le modificazioni di nomi e cognomi, ossia la pubblicità notizia volta a verificare la sussistenza o meno di opposizioni.

A ciò si aggiunga che gli adempimenti stabiliti dall’art. 57, comma 2, del DPR 396/2000 impongono di archiviare l’attestazione relativa all’esecuzione delle pubblicazioni di matrimonio e alla mancanza di opposizioni, mentre le previsioni dell’art. 86, comma 1 e dell’art. 90, secondo capoverso del DPR n. 396/2000, dispongono la necessità di una relazione che attesti l’avvenuta affissione.

Le norme appena citate hanno posto due problemi fondamentali: da un lato individuare quale rapporto intercorra tra l’ufficiale di stato civile, su cui gravano tali adempimenti, e il responsabile della pubblicazione, dall’altro prevedere modalità di refertazione on-line che garantiscano integrità e autenticità.

Questi i fattori che hanno determinato la necessità di un ulteriore intervento della Direzione centrale per i servizi demografici del Ministero dell’Interno, avvenuto con Circolare 21 aprile 2011, n. 13, “Pubblicazioni di matrimonio e affissioni relative alle istanze di modifica del nome o del cognome, da parte delle amministrazioni comunali sui propri siti informatici. Circolare n. 28 del 5 gennaio 2011”, qui in commento. Essa ha richiamato alcuni principi inerenti alla pubblicità legale di alcuni documenti dello stato civile e, in particolare, delle pubblicazioni di matrimonio e dell’estratto del cambio di nome e cognome[2].

In primo luogo, su conforme parere rilasciato da DigitPA, è stato affermato perentoriamente che:

«la pubblicazione nell’albo pretorio, da effettuarsi necessariamente on line, con riguardo all’avviso sia di pubblicazioni di matrimonio, sia del sunto delle domande di cambiamento del nome o del cognome, deve essere firmata, con firma digitale» (le parole "deve essere firmata con firma digitale" sono sottolineate nell’originale).

In secondo luogo, cosa ben più importante, la firma digitale ha lo scopo di attestare

«... la conformità di quanto pubblicato con l’originale, l’autorevolezza dell’ente emanatore, l’autenticità, la validità giuridica e l’inalterabilità, la preservazione del valore giuridico e probatorio e la conservazione nel tempo dei documenti pubblicati».

Ci sono molti aspetti importanti, che vale la pena evidenziare. Innanzitutto, il problema della conservazione a lungo termine dei documenti pubblicati e, soprattutto, delle prove informatiche dell’avvenuta regolare pubblicazione di documenti on–line. Non è cosa che può essere lasciata in balìa di una semplice riproduzione informatica, priva delle garanzie richieste in uno stato di diritto, a partire dall’efficacia dell’iniziata e dell’avvenuta pubblicazione.

Conservare il “valore giuridico e probatorio” di un oggetto digitale potenzialmente modificabile da chiunque a proprio uso e consumo è sicuramente impresa impossibile. Per queste ragioni – giustamente – il Ministero dell’Interno impone l’uso della firma digitale, perché solo il documento informatico sottoscritto è in grado di garantire l’attestazione di immodificabilità, l’autenticità e la provenienza[3].

Anche per queste ragioni, nella Circolare 13/2011 si riscontra il prezioso suggerimento di far coincidere il responsabile della pubblicazione on–line direttamente con l’ufficiale dello stato civile, tenendo conto che, oltre a dover certificare l’avvenuta pubblicazione, é necessario che lo stesso certifichi, come poc’anzi ricordato, la mancanza di opposizioni sia alle celebrazioni di matrimonio che al cambiamento di nome e cognome.

3. La Deliberazione 88/2011 del Garante privacy

Qualche settimana prima dell’ultimo intervento del Viminale, il Garante per la protezione dei dati personali aveva approvato la deliberazione 2 marzo 2011, n. 88, contenente le Linee guida, in materia di trattamento di dati personali contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato da soggetti pubblici per finalità di pubblicazione e diffusione (GU 19.03.2011, n. 64).

Anche in questo provvedimento era stata ribadita la necessità della firma digitale, ma anche l’imprescindibile presenza di una forma di registrazione particolare (“segnatura dell’albo”), in armonia con quanto previsto dall’art. 53, comma 5, del DPR 445/2000.

Ciò era finalizzato a garantire la distinzione tra la fase redazionale e la fase integrativa dell’efficacia, con forme anche diverse tra loro nell’uso corretto dell’ibrido (analogico o digitale), ma pienamente in grado di garantire autenticità e integrità ai documenti pubblicati.

Il Garante, a onor del vero, si era spinto ben oltre, consapevole dell’esponenziale esposizione dei dati personali on-line, tanto da richiamare l’attenzione sulla possibile decontestualizzazione di un file privo di firma digitale, di segnatura e di una serie di metadati di contesto procedimentale.

Così si è espresso il Garante nella Deliberazione 88/2011:

«§ 5. Deve inoltre sempre essere tenuto presente il pericolo oggettivo costituito dai motori di ricerca che “decontestualizzano il dato” estrapolandolo dal sito in cui è contenuto, e trasformandolo in una parte – non controllata e non controllabile – delle informazioni che di una persona sono date dal motore di ricerca stesso, secondo una “logica” di priorità di importanza del tutto sconosciuta e non conoscibile all’utente. [...] Un ulteriore accorgimento la cui adozione potrà essere valutata dalle amministrazioni interessate, anche in relazione a specifiche categorie di documenti, è la sottoscrizione del documento pubblicato sul sito web con firma digitale o altro accorgimento equivalente, in modo da garantirne l’autenticità e l’integrità»

Tutto ciò non rappresenta un aggravio sterile all’attività di pubblicazione, come potrebbe sembrare a una lettura disattenta di questo importante provvedimento. Anzi, si tratta della concettualizzazione corretta della pubblicità legale on-line. Siamo, infatti, di fronte non a una banale affissione digitale, ma alla costruzione di un sistema di pubblicazione che, da un lato deve garantire cittadini e imprese della correttezza ed esattezza di quanto pubblicato, dall’altro deve proteggere i documenti e i relativi dati contenuti dall’appiattimento delle informazioni tipiche dei comuni motori di ricerca.

In ogni caso, è stato ribadito in maniera autorevole che i nodi della pubblicazione digitale non riguardano esclusivamente aspetti informatici, ma soprattutto aspetti organizzativi e giuridici legati ai concetti di autenticità e integrità dei documenti pubblicati on-line, al fine di giungere a una rivoluzione digitale “autentica”, cioè non applicata in modo asettico, emulativo e meccanico.



[1] Le regole tecniche per l’albo on–line, sono state richieste da più parti, non ultimo dalla “Proposta di DPCM per l’albo on–line” avanzata da ANORC (www.anorc.it), ma il Ministro non l’ha presa ancora in considerazione, con la conseguenza che l’Italia della pubblicità digitale viaggia in ordine sparso, né potrebbe essere altrimenti, con una parvenza di regolarità dettata esclusivamente da mere soluzioni autoreferenziali. Infatti, come si può essere in regola se le regole non ci sono?

[2] La Circolare è disponibile sul sito del Ministero dell’Interno: http://www.servizidemografici.interno.it/sitoCNSD/documentazioneRicerca.do?metodo=ricercaCircolari&servizio=documentazione&anno=2011

[3] Per completezza, va ricordato che la Circolare rinvia anche all’emanazione di regole tecniche, previste dall’art. 71 del D.Lgs. 82/2005, anche al fine di sostituire la firma digitale con la firma elettronica qualificata, cosa alquanto ardua nella ipertrofica presenza nel nostro ordinnamento di varie tipologie di firma elettronica e di vari e variabili apparati definitori, anche a seconda della provenienza tecnica del legislatore (da ultimo, cfr. Ministero della Giustizia, Decreto 21 febbraio 2011, n. 44 (GU 18.04.2011, n. 89).

1. Premessa

Non avevamo dubbi. La pubblicazione all’albo on-line richiede l’utilizzo della firma digitale.

In questi giorni, infatti, il Viminale – seppur con riferimento alle sole pubblicazioni di matrimonio e alle istanze di modifica del nome o del cognome – ha ribadito una cosa apparentemente ovvia, ma completamente disattesa dalla stragrande maggioranza delle amministrazioni pubbliche e dalle soluzioni informatiche adottate in assenza di regole tecniche: le forme della pubblicità legale devono mantenersi distinte da quelle inerenti alla redazione dei documenti e vanno garantite nella loro autenticità, integrità e contestualizzazione.

Anche se un documento nasce cartaceo, dunque, gli adempimenti per la pubblicazione on-line dall’art. 32 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (in vigore dal 1° gennaio 2011) prevedono obbligatoriamente la sua trasformazione in un documento informatico. Si tratta di una trasformazione non priva di rischi per la conformità del documento informatico a quello analogico, che va affidata necessariamente a un pubblico ufficiale dotato di potestà certificatoria.

Le copie informatiche “semplici”, derivate cioè dalla scansione ottica di un originale analogico ed esposte sul web perlopiù nel formato pdf, non possono garantire in re ipsa la conformità all’originale.

In assenza di un autorevole pronunciamento da parte del Dipartimento per la funzione pubblica, che ha, evidentemente, ritenuto non necessarie delle regole tecniche, ancorché da più parti e ripetutamente richieste, fortunatamente ci soccorrono due importanti e recentissime prese di posizione da parte del Ministero dell’Interno e del Garante per la protezione dei dati personali[1].

Esaminiamole in breve.

2. La Circolare 13/2011 del Ministero dell’Interno

La Direzione centrale per i Servizi demografici del Ministero dell’Interno era già intervenuta chiarendo i dubbi e le perplessità che molte amministrazioni comunali avevano sollevato in merito alle pubblicazioni di matrimonio e alle istanze di modifica del nome e cognome all’albo on-line.

Ciò trovava fondamento nel fatto che la norma in materia di pubblicazioni matrimoniali, contenuta nell’art. 55, comma 1, del DPR 3 novembre 2000 n. 396, Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della L. 15 maggio 1997, n. 127, esplicitamente prevede:

«In ogni comune, presso la porta della casa comunale, deve essere destinato uno spazio ad uso esclusivo delle pubblicazioni di matrimonio. Sopra tale spazio deve essere scritta, in carattere ben visibile, l’indicazione “Pubblicazioni di matrimonio”».

L’art. 86, comma 1, del medesimo Regolamento, per quanto riguarda l’istanza di cambio nome, così dispone:

«Qualora la richiesta appaia meritevole di essere presa in considerazione, il richiedente è autorizzato a fare affiggere all’albo pretorio del comune di nascita e del comune di sua residenza attuale un avviso contenente il sunto della domanda. L’affissione deve avere la durata di giorni trenta consecutivi e deve risultare dalla relazione del responsabile fatta in calce all’avviso».

Risultava dunque necessario capire se l’albo on-line avrebbe potuto essere inteso quale “casa comunale virtuale”, sostitutivo della storica bacheca e se, soprattutto, la pubblicazione sul web non fosse lesiva della privacy, in considerazione della tipologia di dati contenuti in tali documenti.

L’intervento del Ministero è stato tempestivo e già con la Circolare 5 gennaio 2011, n. 1 la Direzione centrale per i Servizi demografici ha precisato che le suddette pubblicazioni «dovranno avvenire solo ed esclusivamente nei siti informatici di ciascun comune».

La pressante esigenza di chiarimenti era stata dettata proprio dalla necessità di evitare che la pubblicazione di questi importanti atti dello stato civile fosse lasciata ad iniziative estemporanee in un momento di assenza di regole giuridiche e tecniche. Le conseguenze, del resto, sarebbero state rilevanti. Occorre infatti ricordare che, ai sensi dell’art. 99 del Codice civile, il matrimonio in assenza di pubblicazioni non può essere celebrato. Se lo fosse, può essere irrogata una sanzione sia nei confronti dell’ufficiale dello stato civile che nei confronti dei coniugi, così come previsto dall’art. 134 del Codice civile.

La stessa ratio della norma che impone le pubblicazioni è da rinvenire anche negli artt. 84 e ss. del Codice civile che disciplinano i cambiamenti e le modificazioni di nomi e cognomi, ossia la pubblicità notizia volta a verificare la sussistenza o meno di opposizioni.

A ciò si aggiunga che gli adempimenti stabiliti dall’art. 57, comma 2, del DPR 396/2000 impongono di archiviare l’attestazione relativa all’esecuzione delle pubblicazioni di matrimonio e alla mancanza di opposizioni, mentre le previsioni dell’art. 86, comma 1 e dell’art. 90, secondo capoverso del DPR n. 396/2000, dispongono la necessità di una relazione che attesti l’avvenuta affissione.

Le norme appena citate hanno posto due problemi fondamentali: da un lato individuare quale rapporto intercorra tra l’ufficiale di stato civile, su cui gravano tali adempimenti, e il responsabile della pubblicazione, dall’altro prevedere modalità di refertazione on-line che garantiscano integrità e autenticità.

Questi i fattori che hanno determinato la necessità di un ulteriore intervento della Direzione centrale per i servizi demografici del Ministero dell’Interno, avvenuto con Circolare 21 aprile 2011, n. 13, “Pubblicazioni di matrimonio e affissioni relative alle istanze di modifica del nome o del cognome, da parte delle amministrazioni comunali sui propri siti informatici. Circolare n. 28 del 5 gennaio 2011”, qui in commento. Essa ha richiamato alcuni principi inerenti alla pubblicità legale di alcuni documenti dello stato civile e, in particolare, delle pubblicazioni di matrimonio e dell’estratto del cambio di nome e cognome[2].

In primo luogo, su conforme parere rilasciato da DigitPA, è stato affermato perentoriamente che:

«la pubblicazione nell’albo pretorio, da effettuarsi necessariamente on line, con riguardo all’avviso sia di pubblicazioni di matrimonio, sia del sunto delle domande di cambiamento del nome o del cognome, deve essere firmata, con firma digitale» (le parole "deve essere firmata con firma digitale" sono sottolineate nell’originale).

In secondo luogo, cosa ben più importante, la firma digitale ha lo scopo di attestare

«... la conformità di quanto pubblicato con l’originale, l’autorevolezza dell’ente emanatore, l’autenticità, la validità giuridica e l’inalterabilità, la preservazione del valore giuridico e probatorio e la conservazione nel tempo dei documenti pubblicati».

Ci sono molti aspetti importanti, che vale la pena evidenziare. Innanzitutto, il problema della conservazione a lungo termine dei documenti pubblicati e, soprattutto, delle prove informatiche dell’avvenuta regolare pubblicazione di documenti on–line. Non è cosa che può essere lasciata in balìa di una semplice riproduzione informatica, priva delle garanzie richieste in uno stato di diritto, a partire dall’efficacia dell’iniziata e dell’avvenuta pubblicazione.

Conservare il “valore giuridico e probatorio” di un oggetto digitale potenzialmente modificabile da chiunque a proprio uso e consumo è sicuramente impresa impossibile. Per queste ragioni – giustamente – il Ministero dell’Interno impone l’uso della firma digitale, perché solo il documento informatico sottoscritto è in grado di garantire l’attestazione di immodificabilità, l’autenticità e la provenienza[3].

Anche per queste ragioni, nella Circolare 13/2011 si riscontra il prezioso suggerimento di far coincidere il responsabile della pubblicazione on–line direttamente con l’ufficiale dello stato civile, tenendo conto che, oltre a dover certificare l’avvenuta pubblicazione, é necessario che lo stesso certifichi, come poc’anzi ricordato, la mancanza di opposizioni sia alle celebrazioni di matrimonio che al cambiamento di nome e cognome.

3. La Deliberazione 88/2011 del Garante privacy

Qualche settimana prima dell’ultimo intervento del Viminale, il Garante per la protezione dei dati personali aveva approvato la deliberazione 2 marzo 2011, n. 88, contenente le Linee guida, in materia di trattamento di dati personali contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato da soggetti pubblici per finalità di pubblicazione e diffusione (GU 19.03.2011, n. 64).

Anche in questo provvedimento era stata ribadita la necessità della firma digitale, ma anche l’imprescindibile presenza di una forma di registrazione particolare (“segnatura dell’albo”), in armonia con quanto previsto dall’art. 53, comma 5, del DPR 445/2000.

Ciò era finalizzato a garantire la distinzione tra la fase redazionale e la fase integrativa dell’efficacia, con forme anche diverse tra loro nell’uso corretto dell’ibrido (analogico o digitale), ma pienamente in grado di garantire autenticità e integrità ai documenti pubblicati.

Il Garante, a onor del vero, si era spinto ben oltre, consapevole dell’esponenziale esposizione dei dati personali on-line, tanto da richiamare l’attenzione sulla possibile decontestualizzazione di un file privo di firma digitale, di segnatura e di una serie di metadati di contesto procedimentale.

Così si è espresso il Garante nella Deliberazione 88/2011:

«§ 5. Deve inoltre sempre essere tenuto presente il pericolo oggettivo costituito dai motori di ricerca che “decontestualizzano il dato” estrapolandolo dal sito in cui è contenuto, e trasformandolo in una parte – non controllata e non controllabile – delle informazioni che di una persona sono date dal motore di ricerca stesso, secondo una “logica” di priorità di importanza del tutto sconosciuta e non conoscibile all’utente. [...] Un ulteriore accorgimento la cui adozione potrà essere valutata dalle amministrazioni interessate, anche in relazione a specifiche categorie di documenti, è la sottoscrizione del documento pubblicato sul sito web con firma digitale o altro accorgimento equivalente, in modo da garantirne l’autenticità e l’integrità»

Tutto ciò non rappresenta un aggravio sterile all’attività di pubblicazione, come potrebbe sembrare a una lettura disattenta di questo importante provvedimento. Anzi, si tratta della concettualizzazione corretta della pubblicità legale on-line. Siamo, infatti, di fronte non a una banale affissione digitale, ma alla costruzione di un sistema di pubblicazione che, da un lato deve garantire cittadini e imprese della correttezza ed esattezza di quanto pubblicato, dall’altro deve proteggere i documenti e i relativi dati contenuti dall’appiattimento delle informazioni tipiche dei comuni motori di ricerca.

In ogni caso, è stato ribadito in maniera autorevole che i nodi della pubblicazione digitale non riguardano esclusivamente aspetti informatici, ma soprattutto aspetti organizzativi e giuridici legati ai concetti di autenticità e integrità dei documenti pubblicati on-line, al fine di giungere a una rivoluzione digitale “autentica”, cioè non applicata in modo asettico, emulativo e meccanico.



[1] Le regole tecniche per l’albo on–line, sono state richieste da più parti, non ultimo dalla “Proposta di DPCM per l’albo on–line” avanzata da ANORC (www.anorc.it), ma il Ministro non l’ha presa ancora in considerazione, con la conseguenza che l’Italia della pubblicità digitale viaggia in ordine sparso, né potrebbe essere altrimenti, con una parvenza di regolarità dettata esclusivamente da mere soluzioni autoreferenziali. Infatti, come si può essere in regola se le regole non ci sono?

[2] La Circolare è disponibile sul sito del Ministero dell’Interno: http://www.servizidemografici.interno.it/sitoCNSD/documentazioneRicerca.do?metodo=ricercaCircolari&servizio=documentazione&anno=2011

[3] Per completezza, va ricordato che la Circolare rinvia anche all’emanazione di regole tecniche, previste dall’art. 71 del D.Lgs. 82/2005, anche al fine di sostituire la firma digitale con la firma elettronica qualificata, cosa alquanto ardua nella ipertrofica presenza nel nostro ordinnamento di varie tipologie di firma elettronica e di vari e variabili apparati definitori, anche a seconda della provenienza tecnica del legislatore (da ultimo, cfr. Ministero della Giustizia, Decreto 21 febbraio 2011, n. 44 (GU 18.04.2011, n. 89).