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Antiriciclaggio e professionisti

E’ convinzione comune che i liberi professionisti – anch’essi destinatari degli obblighi antiriciclaggio e poiché destinatari di tali obblighi – debbano trasformarsi in una sorta di “agenti segreti”, messi alle calcagna dei loro clienti, decisi ad investigare sulle operazioni da loro compiute e pronti a dare tempestiva comunicazione in caso di sospetto di riciclaggio.

E’ una visione questa un po’ troppo “cinematografica” che deve essere sfatata.

Al libero professionista è richiesta “semplicemente” (e con tale avverbio non voglio intendere “facilmente”) una collaborazione con gli organi investigativi e non una sostituzione a questi.

Con gli anni, si è visto che il riciclatore tende all’utilizzo di canali nuovi per il “lavaggio” di denaro e i liberi professionisti sono un tramite, una categoria considerata fortemente a rischio. Revisori, contabili esterni, consulenti tributari, ad esempio, in ragione della loro attività volta alla verifica dello stato patrimoniale o finanziario di un soggetto o società, hanno la possibilità di effettuare un competente “screening” delle singole transazioni sospette e andare così ad aiutare l’attività di prevenzione dal riciclaggio.

Da ciò deriva la scelta di adibire a “controlli” le categorie professionali.

Il riciclaggio non è un reato che permette disattenzioni e sviste, distrazioni e buchi normativi e noi non possiamo farci trovare impreparati.

I professionisti entrano “in scena” nel 2001 con la direttiva 2001/97/CE (detta seconda direttiva antiriciclaggio) del 4 dicembre.

La direttiva, infatti, ha imposto ad alcune categorie di professionisti (revisori, contabili esterni, consulenti tributari, agenti immobiliari, notai e “professionisti legali”) alcuni obblighi, che consistono nell’identificazione del cliente, nella registrazione delle informazioni relative all’operazione, nell’archiviazione e conservazione dei dati, nella comunicazione all’autorità responsabile per la lotta antiriciclaggio delle operazioni sospette.

Per il recepimento in Italia del testo della suddetta direttiva europea, dobbiamo aspettare fino al 2004. Il decreto legislativo n. 56, infatti, ha previsto all’art. 2 la soggezione agli obblighi antiriciclaggio, oltre che per i soggetti già noti (intermediari finanziari), per le seguenti categorie:

• soggetti iscritti nell’albo dei ragionieri e dei periti commerciali, nel registro dei revisori contabili, nell’albo dei dottori commercialisti e nell’albo dei consulenti del lavoro;

• notai e avvocati quando, in nome o per conto di propri clienti, compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare e quando assistono i propri clienti nella progettazione o nella realizzazione di operazioni riguardanti:

- il trasferimento a qualsiasi titolo di beni immobili o attività economiche;

- la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni;

- l’apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;

- l’organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all’amministrazione di società;

- la costituzione, la gestione o l’amministrazione di società, enti, trust o strutture analoghe.

Successivamente, la legge comunitaria 2005 (l. 25 gennaio 2006, n. 29) ha previsto l’estensione degli obblighi antiriciclaggio anche a soggetti non iscritti in albi, paragonati agli iscritti nelle professioni ordinistiche, inserendo una nuova lettera, la s-bis, all’art. 2 del d.lgs. n. 56 che estende l’ambito di applicazione del decreto ad “ogni altro soggetto che rende i servizi forniti da revisori contabili, periti, consulenti ed altri soggetti che svolgono attività in materia di amministrazione, contabilità e tributi”.

Nel 2006 il Ministero dell’Economia e delle Finanze emana un regolamento riguardante il contenuto e le modalità di esenzione degli obblighi di identificazione e conservazione delle informazioni, le modalità di identificazione in caso di interruzione di rapporti e di effettuazioni di operazioni a distanza e le norme per l’individuazione delle operazioni di cui alla legge antiriciclaggio.

Tale regolamento si rivolge ai professionisti - sia che essi svolgano attività in forma individuale che associata o societaria - iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, dei consulenti del lavoro, nel registro dei revisori contabili, nonché dei notai e degli avvocati nei casi espressamente previsti dalla legge. Il regolamento è indirizzato, altresì, alle società di revisione.

L’iter normativo di attuazione in Italia della seconda direttiva antiriciclaggio, può dirsi concluso con l’emanazione delle Istruzioni applicative dell’Ufficio italiano cambi in materia di obblighi antiriciclaggio a carico delle categorie professionali.

Dette istruzioni non sono altro che un manuale operativo che detta e disciplina le modalità pratiche cui i professionisti dovranno attenersi ai fini degli adempimenti che li vedono protagonisti.

Ma arriviamo ai giorni nostri. Il 21 novembre dello scorso anno il nostro Paese ha ottenuto l’ultimo strumento per la lotta al riciclaggio di denaro sporco: il d. lgs n. 231 che recepisce la c.d. III terza direttiva antiriciclaggio (2005/60/CE). Tale provvedimento non è altro che un condensato di un corpus normativo ampio che si è venuto a stratificare con il tempo contro questo crimine.

Il decreto legislativo introduce una serie di misure destinate a rafforzare la strategia preventiva di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo: appare lampante il mutamento dell’approccio complessivo.

Si parla, infatti, non solo di contrasto al riciclaggio di denaro sporco ma anche di contrasto delle azioni di raccolta di beni o di denaro pulito aventi lo scopo di finanziare il terrorismo.

Va detto, innanzitutto, che il provvedimento n. 231/2007 ha riordinato il vasto elenco dei destinatari degli obblighi antiriciclaggio. Poiché si è voluto tenere conto delle peculiarità delle varie professioni e delle differenze degli enti e delle persone soggette alla direttiva, si è provveduto a raggruppare in singoli articoli categorie di soggetti omogenei per attività svolta e, conseguentemente, per i rispettivi obblighi.

La suddivisione delle diverse categorie di destinatari in articoli distinti rende di più facile comprensione e applicazione le modalità di attuazione degli obblighi di registrazione e di segnalazione e consente una più semplice individuazione delle rispettive autorità di vigilanza e controllo.

Quanto ai “nostri” professionisti, a questi è dedicato l’art. 12. Nell’articolo figurano tutti i soggetti iscritti nell’albo dei ragionieri e periti commerciali, nell’albo dei dottori commercialisti e nell’albo dei consulenti del lavoro. Oltre a questi, la categoria dei professionisti si arricchisce di tutti quei soggetti che rendono servizi forniti da periti, consulenti e altri soggetti che svolgono professionalmente attività contabile e tributaria. Da inserire nell’elenco, anche i notai e gli avvocati quando, in nome o per conto dei propri clienti, compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare e quando assistono i loro clienti nella predisposizione o nella realizzazione di operazioni che riguardano:

a. il trasferimento a qualsiasi titolo di diritti reali su beni immobili o attività economiche. Ricordiamo che nel decreto n. 56 del 2004, visto in precedenza, si parlava di “trasferimento di beni immobili”, mentre ora di “trasferimento di diritti reali su beni immobili”. Ciò va inteso come un accrescimento del numero oggettivo di assoggettamento agli obblighi antiriciclaggio.

b. la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni;

c. l’apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;

d. l’organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all’amministrazione di società;

e. la costituzione, la gestione o l’amministrazione di società, enti, trust o soggetti giuridici analoghi.

Sono considerati professionisti anche i prestatori di servizi relativi a società e trust.

Ricordiamo che tale categoria è puntualmente definita nel comma 2, dell’articolo 1 del decreto in esame. L’aggiunta di tale categoria è forse la novità più rilevante rispetto alla normativa precedentemente in vigore.

Ai professionisti fin qui elencati non si applicano gli obblighi di segnalazione di operazioni sospette, qualora le informazioni, oggetto della segnalazione, riguardino un cliente o siano ottenute durante l’esame della posizione giuridica del cliente stesso o durante l’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza del medesimo in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso.

Qualche tempo fa, tale punto era stato oggetto di polemica. La categoria “avvocati”, infatti, sosteneva l’impossibilità della loro inclusione all’obbligo di segnalazione di operazione sospetta, poiché pregiudicanti ingiustamente il principio del segreto professionale e l’indipendenza dell’avvocato, elementi primari del diritto fondamentale di ogni singolo ad un equo processo (art. 6 della CEDU (1) ) e al rispetto del diritto alla difesa.

Gli obblighi di denuncia e l’incriminazione del cliente vanno oltre la semplice violazione del segreto professionale: questi violano decisamente il rapporto di fiducia tra questo e il suo avvocato.

La Corte di Giustizia Comunità Europea ha sentenziato in merito il 26 giugno 2007 stabilendo che gli obblighi di comunicazione e di collaborazione con le autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio devono essere applicati agli avvocati solo nei limiti in cui essi assistono i loro clienti nella progettazione o nella realizzazione di talune operazioni essenzialmente di ordine finanziario e immobiliare, o qualora agiscano in nome e per conto del loro cliente in una qualsiasi operazione finanziaria o immobiliare. Tali attività non sono collegate ad un procedimento giudiziario e, pertanto, si pongono al di fuori dell’ambito di applicazione del diritto a un equo processo.

Inoltre, se un avvocato è richiesto per l’esercizio di un incarico di difesa o di rappresentanza in giudizio o per l’ottenimento di consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento giudiziario, tale avvocato è esonerato dagli obblighi di informazione e collaborazione e tale esonero è di natura tale da preservare il diritto del cliente ad un equo processo.

Tornando al decreto n. 231, l’art. 12 si chiude stabilendo che gli obblighi di adeguata verifica della clientela (obbligo analizzato successivamente) e gli obblighi di registrazione non si applicano in relazione allo svolgimento della semplice attività di redazione o trasmissione della dichiarazione dei redditi e degli adempimenti, in materia di amministrazione del personale, in capo ai consulenti del lavoro. Ciò, tuttavia, deve essere chiaramente specificato. Un consulente del lavoro che svolge attività non direttamente collegata a paghe e contributi, non può svincolarsi dagli obblighi antiriciclaggio. Supponiamo, per esempio, che tale consulente si occupi di assistenza nello studio dell’acquisizione ottimale di risorse per un’azienda, o che presti opera di consulenza per la selezione del personale. Tale consulente non potrà essere esonerato dagli obblighi in questione.

Salta agli occhi la mancanza nell’elenco dei revisori contabili. Ma tale assenza è solo apparente.

A tale categoria è dedicato l’intero art. 13. I revisori contabili appaiono divisi in due sottoclassi:

• le società di revisione;

• i soggetti iscritti nel registro dei revisori contabili.

La distinzione si basa sul fatto che i soggetti di cui al primo punto sono vigilati dalla Consob; i secondi, persone fisiche, dal Ministero della giustizia.

A questi destinatari sono attribuiti obblighi di identificazione, registrazione e segnalazione di operazioni sospette, escludendo questi ultimi – messi sullo stesso piano degli altri professionisti - nell’ipotesi in cui la loro attività professionale sia legata alla difesa o alla rappresentanza del cliente, o si esplichi nel corso dell’esame della posizione giuridica del cliente medesimo.

Passiamo all’espletamento dei singoli obblighi antiriciclaggio.

L’art. 16 tratta degli obblighi di adeguata verifica della clientela in capo ai liberi professionisti e ai revisori contabili. E’ da specificare che tale obbligo non sostituisce quello di identificazione della normativa previgente, ma lo va ad inglobare. Unica differenza la si riscontra nel fatto che mentre l’identificazione si riassumeva (e si riassume) nell’acquisizione “anagrafica” dei dati del cliente, l’adeguata verifica mira ad arrivare allo scopo dell’operazione.

Tale obbligo si applica nei seguenti casi:

1. quando la prestazione professionale ha ad oggetto mezzi di pagamento, beni od utilità di valore pari o superiore a 15.000 euro;

2. quando eseguono prestazioni professionali occasionali che comportino la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15.000 euro, indipendentemente dal fatto che siano effettuate con un’unica operazione, o con più operazioni che appaiono collegate o frazionate (2). Tale caso, però, non può essere applicato ai revisori contabili poiché non esistono casi particolari legati alla loro operatività inerenti alla clientela occasionale o, come si vedrà al punto successivo, operazioni di valore non determinato o non determinabile.

3. ogni volta che l’operazione sia di valore indeterminato o indeterminabile. Costituzione, gestione o amministrazione di enti, società, trust o soggetti giuridici analoghi sono considerate sempre operazioni di valore non determinabile. L’UIC, con chiarimento del 24 febbraio 2006, ha stabilito che sono operazioni di valore indeterminato o non determinabile anche gli incarichi di revisione contabile, di tenuta di contabilità, paghe e contributi nonché l’esecuzione di adempimenti in materia di lavoro, previdenza e assistenza.

4. in presenza di sospetto di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, non considerando soglie, deroghe o esenzioni; in altre parole, qualora ci siano dubbi sulla liceità della provenienza dei fondi;

5. in presenza di dubbi sulla veridicità o sull’adeguatezza dei dati acquisiti in precedenza per l’identificazione di un cliente.

L’obbligo di adeguata verifica della clientela consiste nelle seguenti attività:

„« identificazione del cliente e verifica dell’identità sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente;

„« identificazione dell’eventuale “titolare effettivo” e verifica dell’identità;

„« reperimento di informazioni sullo scopo e sulla natura prevista della prestazione professionale;

„« monitoraggio costante nel corso della prestazione professionale, attraverso le analisi delle transazioni concluse durante tutta la durata di tale rapporto, in modo tale da verificare che tali transazioni siano compatibili con la conoscenza che l’ente o la persona tenuta all’identificazione hanno del proprio cliente, delle sue attività commerciali, e del suo profilo di rischio (vedi infra), ponendo maggiore attenzione all’origine dei fondi e tenendo aggiornati i documenti, i dati e le informazioni detenute.

Risulta evidente l’introduzione della figura del titolare effettivo. In base al decreto, e precisamente, ai sensi dell’art. 2 dell’allegato tecnico, il titolare effettivo può essere una società o un’entità giuridica (fondazioni) o istituti giuridici (trust) che amministrano e distribuiscono fondi.

Nel primo caso, è considerato titolare effettivo la persona fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano un’entità giuridica, attraverso il possesso o il controllo diretto o indiretto del 25 % +1 delle partecipazioni al capitale sociale o dei diritti di voto in seno a tale entità giuridica, anche tramite azioni al portatore (3), o la/le persone fisiche che esercitano in altro modo il controllo sulla direzione di un’entità giuridica.

Qualora il titolare effettivo fosse un’entità o istituto giuridico, intenderemo la persona fisica o le persone fisiche beneficiarie del 25% o più del patrimonio di un’entità giuridica, se i futuri beneficiari sono già stati determinati; la categoria di persone nel cui interesse principale è istituita o agisce l’entità giuridica, se i beneficiari non sono ancora stati determinati; la persona fisica o le persone fisiche che esercitano un controllo sul 25% o più del patrimonio di un’entità giuridica.

Una volta stabilito “cosa” fare, è doveroso analizzare “come” adempiere all’obbligo.

L’identificazione e la verifica dell’identità del cliente e del titolare effettivo è svolta alla presenza del professionista ovvero di un dipendente o collaboratore di quest’ultimo o della società di revisione e del cliente mediante un documento di identità non scaduto (4), ed è eseguita al momento dell’accettazione dell’incarico. Per l’identificazione di soggetti non comunitari, in assenza di uno dei documenti di cui alla nota 4, si procede all’acquisizione dei dati identificativi attraverso il passaporto o il permesso di soggiorno.

I professionisti e le società di revisione acquisiscono i seguenti “dati identificativi”:

o per le persone fisiche: il nome e il cognome, il luogo e la data di nascita, l’indirizzo della residenza o del domicilio, il codice fiscale e gli estremi del documento di identificazione;

o per i soggetti diversi dalle persone fisiche: la denominazione, la sede legale e il codice fiscale.

I clienti forniscono tutte le informazioni necessarie per l’identificazione e quelle richieste dal professionista o dalla società di revisione per ottemperare agli obblighi previsti dalla disciplina antiriciclaggio.

All’atto dell’identificazione i clienti forniscono per iscritto, sotto la propria responsabilità, tutte le informazioni necessarie per l’identificazione dei soggetti per conto dei quali operano.

Se il cliente è una società o un ente, occorre verificare l’effettiva esistenza del potere di rappresentanza e sono acquisite le informazioni necessarie per individuare e verificare l’identità dei relativi rappresentanti delegati alla firma per l’operazione da svolgere.

A tal fine, il cliente deve consegnare documentazione ufficiale (ad esempio, visure camerali, certificati rilasciati da enti competenti, delibere consiliari o assembleari) dalla quale risultino i dati identificativi, il conferimento dei poteri di rappresentanza nonché ogni altra informazione necessaria per l’adempimento degli obblighi antiriciclaggio.

Quando il conferimento dell’incarico è compiuto congiuntamente da più clienti, l’identificazione è dovuta per ciascuno di essi. Qualora della prestazione professionale siano stati incaricati congiuntamente più professionisti, ciascuno di essi deve procedere alla identificazione.

Ferma restando la responsabilità del professionista, è possibile delegare, occasionalmente o stabilmente, l’acquisizione dei dati identificativi ad un collaboratore o dipendente del quale il professionista stesso si avvale per lo svolgimento dell’attività.

Contestualmente all’identificazione del cliente, è effettuata l’identificazione e la verifica dell’identità del titolare effettivo; è imposto, per le persone giuridiche, i trust e soggetti giuridici analoghi, l’adozione di misure adeguate e commisurate alla situazione di rischio (vedi infra) per comprendere la struttura di proprietà e di controllo del cliente. Al fine di agevolare l’identificazione e la verifica dell’identità del titolare effettivo, i destinatari di tale obbligo, possono ricorrere all’utilizzo di pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque contenenti informazioni sui titolari effettivi, possono chiedere ai propri clienti i dati pertinenti o, comunque, ottenere le informazioni in altro modo.

Da evidenziare è la scomparsa della distinzione formale tra le tre forme di identificazione – diretta, indiretta e indiretta - prevista dal decreto ministeriale n. 141 del 3 febbraio 2006, pur essendo confermate, sul piano contenutistico, le misure di identificazione ivi previste.

L’obbligo di adeguata verifica della clientela è legato al concetto di risk based approach (approccio basato sul rischio, art. 20 del decreto in esame) cioè l’obbligo di ordinare l’attività di verifica della clientela, commisurandola al rischio di riciclaggio associato al tipo di cliente (profilo soggettivo (5) ), rapporto di affari, prodotto o transazione di cui trattasi (profilo oggettivo (6)).

Determinare il profilo di rischio del cliente ha lo scopo di individuare potenziali incoerenze nell’operatività del cliente.

Va precisato che gli obblighi di adeguata verifica della clientela si applicano a tutti i nuovi clienti nonché alla clientela esistente, con una tempistica da definire sulla base della valutazione del rischio presente.

In altri termini, si procederà senza alcun dubbio all’operazione in esame all’atto del conferimento della prestazione professionale e, per quella già presente nel portafoglio del professionista, andrà effettuato uno controllo che definisca innanzitutto quale categoria andrebbe posta in rilievo.

Successivamente, all’atto del primo contatto con il soggetto da profilare, gli si sottoporrà la modulistica appropriata, inserendo poi i dati nel relativo database. Il cliente deve essere consapevole del nuovo adempimento legislativo, stando accorti a non accendere in lui ansie assolutamente prive di consistenza.

Qualora ci sia impossibilità ad adempiere gli obblighi di adeguata verifica della clientela (ad esempio per incapacità a trattare con chi non si conosce o anche in presenza di sospetto di riciclaggio o finanziamento del terrorismo), i destinatari in questione devono astenersi dal porre in essere o dal continuare la prestazione professionale.

L’obbligo di astensione non è tuttavia assoluto. Infatti, nei casi in cui l’astensione non sia possibile in quanto sussista un obbligo di legge di ricevere l’atto ovvero l’esecuzione dell’operazione non possa essere rinviata o possa ostacolare le indagini, i soggetti obbligati informano la UIF senza indugio dopo aver eseguito l’operazione.

Un’altra deroga all’obbligo di astensione è prevista per i “nostri” professionisti. Costoro non sono, infatti, obbligati ad astenersi dal rapporto d’affari nel corso dell’esame della posizione giuridica del loro cliente o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza del medesimo in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, ivi compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento.

In base al rischio, meno o più elevato, gli obblighi di adeguata verifica della clientela possono assumere forme semplificate o rafforzate.

Gli obblighi semplificati (art. 25) sono applicati:

• se il cliente è Poste italiane, un IMEL o confidi;

• se il cliente è un intermediario o finanziario comunitario soggetto alla direttiva 2005/60/CE;

• se il cliente è un intermediario finanziario di uno Stato extracomunitario che impone il rispetto di obblighi equivalenti a quelli previsti dalla Direttiva e prevede il controllo del rispetto di tali obblighi;

• se il cliente è un ufficio della Pubblica amministrazione o un’istituzione o un organismo che svolge funzioni pubbliche conformemente al trattato sull’Unione Europea, ai trattati sulle Comunità europee o al diritto comunitario derivato;

• in relazione a contratti di assicurazione-vita, il cui premio annuale non ecceda i 1.000 euro o il cui premio unico sia di importo non superiore a 2.500 euro;

• in relazione a forme pensionistiche complementari disciplinate dal CAP, a condizione che esse non prevedano clausole di riscatto diverse da quelle di cui all’articolo 14 del medesimo codice e che non possano servire da garanzia per un prestito al di fuori delle ipotesi previste dalla normativa vigente;

• in relazione a regimi di pensione obbligatoria e complementare o sistemi simili che versino prestazioni di pensione, per i quali i contributi siano versati tramite deduzione dal reddito e le cui regole non permettano ai beneficiari, se non successivamente al decesso del titolare, di trasferire i propri diritti;

• in presenza di moneta elettronica nel caso in cui, se il dispositivo non è ricaricabile, l’importo massimo memorizzato sul dispositivo non ecceda 150 euro, oppure nel caso in cui, se il dispositivo è ricaricabile, sia imposto un limite di 2.500 euro sull’importo totale trattato in un anno civile, fatta eccezione per i casi in cui un importo pari o superiore a 1.000 euro sia rimborsato al detentore nello stesso anno civile ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2000/46/CE ovvero sia effettuata una transazione superiore a 1.000 euro, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1781/2006;

• in relazione a qualunque altro prodotto o transazione caratterizzato da uno basso rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo che soddisfi i criteri tecnici stabiliti dalla Commissione europea.

Quanto agli obblighi rafforzati (art. 28), questi vengono applicati:

• qualora il cliente non sia fisicamente presente. In tale caso è necessario accertare l’identità del soggetto tramite documenti, dati o informazioni supplementari; adottare misure supplementari per la verifica o la certificazione dei documenti forniti;

o nel caso di conti di corrispondenza con enti corrispondenti di Stati extracomunitari (ma ciò è riferito agli enti creditizi);

• in relazione a prestazioni professionali con persone politicamente esposte (PEPs). In tali casi, i destinatari del presente decreto devono:

o stabilire procedure adeguate basate sul rischio, al fine di determinare se il cliente sia o meno una persona politicamente esposta;

o assicurare costantemente un controllo sulla prestazione professionale.

La figura della “persona politicamente esposta” è un’altra grande novità apportata dal decreto. Si ritengono tali, ai sensi dell’art. 1 dell’allegato tecnico, i cittadini di altri Stati comunitari o extracomunitari che rivestono o hanno rivestito importanti cariche pubbliche come pure i loro familiari diretti o coloro con i quali tali persone intrattengono notoriamente stretti legami.

Proseguendo nella rassegna degli obblighi, ci imbattiamo nell’obbligo di registrazione.

A tal proposito non molte variazioni si rilevano rispetto alla normativa previgente. Infatti è confermato il periodo di dieci anni per la conservazione dei dati e, per la registrazione delle informazioni, il periodo di trenta giorni a partire dal compimento della prestazione professionale.

Quanto alle informazioni da registrare, l’art. 36, comma 2, stabilisce le seguenti:

- con riferimento alla prestazione professionale: la data di instaurazione, i dati identificativi del cliente, unitamente alle generalità dei delegati a operare per conto del titolare del rapporto e il codice del rapporto ove previsto;

- con riferimento a tutte le operazioni di importo pari o superiore a 15.000 euro (ex 12.500 euro), indipendentemente dal fatto che si tratti di un’operazione unica o di più operazioni che appaiono collegate o frazionate: la data, la causale, l’importo, la tipologia dell’operazione, i mezzi di pagamento e i dati identificativi del soggetto che effettua l’operazione e del soggetto per conto del quale eventualmente opera.

Anche nel nuovo provvedimento è prevista la presenza, all’art. 37, di un archivio: l’archivio unico informatico per le società di revisione, un archivio informatico (diverso dall’AUI) per i professionisti e per i revisori contabili. A questi ultimi, disponendo mediamente di strutture organizzative limitate e di risorse economiche contenute, per non gravare su di essi con ulteriori oneri, è permesso acquisire, registrare e conservare le informazioni necessarie ai fini antiriciclaggio in registri della clientela (cartacei) e nel fascicolo relativo a ciascun cliente, a condizione che sia comunque assicurata la storicità dei dati e delle informazioni.

Gli articoli 41 e seguenti si occupano degli adempimenti per le segnalazioni di operazioni sospette.

L’importanza e la riconosciuta utilità dell’impianto di segnalazione ha indotto il legislatore a specificare le modalità della segnalazione, prevedendo procedure diversificate a seconda del soggetto obbligato.

Per i soggetti in questione, questi trasmettono la segnalazione direttamente all’UIF (ulteriore novità del decreto: scomparsa dell’UIC in favore dell’Unità di informazione finanziaria (7)) o agli ordini professionali individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia. Qualora il professionista scelga il secondo iter, sarà l’ordine professionale a trasmettere, integralmente e senza ritardo, la segnalazione all’UIF.

Per le società di revisione, invece, la procedura è corrispondente a quella prevista per gli intermediari finanziari. Infatti, è il responsabile dell’incarico, a cui spetta la gestione del rapporto con il cliente e che partecipa alla conclusione della prestazione, a segnalare senza ritardo al rappresentante legale o a un suo delegato le operazioni sospette.

Sarà poi costui, esaminata la segnalazione e ritenuta fondata, a trasmetterla all’UIF.

Da porre in rilievo l’accentuazione data dalla normativa di recepimento alla riservatezza dei segnalanti; infatti, l’art. 45 prevede che, i soggetti obbligati alla segnalazione devono predisporre misure atte ad assicurare la massima riservatezza dell’identità del segnalante. I documenti che contengono le generalità di tali soggetti sono conservati e custoditi dai presidenti degli ordini professionali o da loro delegati. La riservatezza è mantenuta anche nella trasmissione della segnalazione all’UIF. In altre parole, il meccanismo “a due stadi” di segnalazione delle operazioni sospette permette di mantenere sempre riservato il nome del segnalante.

Un’ulteriore garanzia alla riservatezza è rintracciabile al comma 4 dello stesso articolo che stabilisce che la trasmissione delle segnalazioni di operazioni sospette, le eventuali richieste di approfondimenti, gli scambi di informazioni tra UIF, Guardia di finanza, DIA, autorità di vigilanza e ordini professionali, riguardanti le operazioni sospette segnalate, debbano avvenire per via telematica, con modalità atte ad assicurare la trasmissione dei dati ai soli soggetti interessati e l’integrità delle informazioni trasmesse.

E’ bene, inoltre, che UIF, Guardia di finanza e DIA, sulla base di protocolli d’intesa e consultato il CSF, adottino adeguate misure per assicurare la massima riservatezza dell’identità dei soggetti segnalanti.

Resta inteso che l’identità della persona fisica segnalante potrà essere resa nota solamente con un provvedimento motivato del magistrato, qualora questo lo ritenga indispensabile ai fini dell’accertamento giudiziario.

Anche l’impianto sanzionatorio è stato revisionato. Per l’inosservanza delle disposizioni fin qui esposte da parte dei professionisti – come, del resto, da parte di tutti i destinatari degli obblighi - sussistono delle aspre sanzioni.

Probabilmente proprio la paura di essere sanzionati in prima persona fa, di questi adempimenti, una grande “seccatura”. Per certi versi, come dar loro torto?

Ma pensiamo per un attimo agli Stati Uniti. Dopo l’attacco alle Twin Towers del 2001, i controlli (anche sui cittadini americani) sono diventati a dir poco oppressivi. Se consideriamo la loro spiccata inclinazione a trasferirsi da una parte all’altra del suolo nazionale, questa è stata notevolmente limitata. I particolari e severi controlli hanno delimitato una libertà che è sempre stata propria degli americani: la libertà di movimento. E i cittadini hanno rinunciato volontariamente a tale libertà per un unico scopo: il bene del loro Paese.

Quindi: se consideriamo che il riciclaggio di denaro sporco è l’attuale “malattia” della nostra società e della nostra economia (8), è così “scandaloso” esporsi in prima persona per il bene della collettività?

Lascio al lettore la risposta.



(1) Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

(2) Il decreto 231/2007 dà una nuova definizione di operazione frazionata, intendendo con questa “un’operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore ai limiti stabiliti dal presente decreto, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni ferma restando la sussistenza dell’operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale”. Ricordiamo che il limite quantitativo è completamente libero (la prassi bancaria lo ha fissato a 3.098,74 euro) come libera è la scelta del professionista circa l’individuazione di classi di operazioni non significative per il calcolo delle frazionate (sia dal punto di vista dell’importo che della tipologia). Viene da pensare che per i liberi professionisti è alquanto improbabile tale ipotesi, vista la specificità dell’attività. Si può solo menzionare i pagamenti frazionati a seguito di contratti patrocinati. Quanto al concetto di operazioni collegate, questa è una definizione che compare nel nostro ordinamento per la prima volta. Sono operazioni che, pur non costituendo esecuzione di uno stesso contratto o rapporto, sono tra loro connesse non in base a criteri matematici, ma in base al fatto che sono effettuate da un medesimo esecutore o che hanno lo stesso scopo od oggetto.

(3) A patto che non si tratti di una società ammessa alla quotazione su un mercato regolamentato e sottoposta ad obblighi di comunicazione conformi alla normativa comunitaria o a standard internazionali equivalenti.

(4) Si veda art. 3 dell’allegato tecnico del decreto. Sono validi per l’identificazione i documenti d’identità e di riconoscimento di cui agli artt. 1 e 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000.

(5) Più nello specifico sono da tener presente: natura giuridica del cliente; prevalente attività svolta; comportamento tenuto al momento del compimento dell’operazione o dell’instaurazione del rapporto continuativo o della prestazione professionale; area geografica di residenza o sede del cliente o della controparte.

(6) Per profilo oggettivo intendiamo: la tipologia e le modalità di svolgimento dell’operazione, rapporto continuativo o prestazione professionale; l’ammontare; la frequenza delle operazioni e la durata del rapporto continuativo o della prestazione professionale; la ragionevolezza dell’operazione, rapporto continuativo o prestazione professionale in rapporto all’attività svolta dal cliente; l’area geografica dio destinazione del prodotto, oggetto dell’operazione o del rapporto continuativo.

(7) Il 21 dicembre scorso, la Banca d’Italia ha emanato un apposito regolamento per l’organizzazione e il funzionamento della UIF. Lo si può consultare su www.bancaditalia.it

(8) Il fenomeno del riciclaggio rappresenta tra il 2 e il 5% del PIL mondiale ed in Italia è valutato tra l’8 e il 12% del PIL.

E’ convinzione comune che i liberi professionisti – anch’essi destinatari degli obblighi antiriciclaggio e poiché destinatari di tali obblighi – debbano trasformarsi in una sorta di “agenti segreti”, messi alle calcagna dei loro clienti, decisi ad investigare sulle operazioni da loro compiute e pronti a dare tempestiva comunicazione in caso di sospetto di riciclaggio.

E’ una visione questa un po’ troppo “cinematografica” che deve essere sfatata.

Al libero professionista è richiesta “semplicemente” (e con tale avverbio non voglio intendere “facilmente”) una collaborazione con gli organi investigativi e non una sostituzione a questi.

Con gli anni, si è visto che il riciclatore tende all’utilizzo di canali nuovi per il “lavaggio” di denaro e i liberi professionisti sono un tramite, una categoria considerata fortemente a rischio. Revisori, contabili esterni, consulenti tributari, ad esempio, in ragione della loro attività volta alla verifica dello stato patrimoniale o finanziario di un soggetto o società, hanno la possibilità di effettuare un competente “screening” delle singole transazioni sospette e andare così ad aiutare l’attività di prevenzione dal riciclaggio.

Da ciò deriva la scelta di adibire a “controlli” le categorie professionali.

Il riciclaggio non è un reato che permette disattenzioni e sviste, distrazioni e buchi normativi e noi non possiamo farci trovare impreparati.

I professionisti entrano “in scena” nel 2001 con la direttiva 2001/97/CE (detta seconda direttiva antiriciclaggio) del 4 dicembre.

La direttiva, infatti, ha imposto ad alcune categorie di professionisti (revisori, contabili esterni, consulenti tributari, agenti immobiliari, notai e “professionisti legali”) alcuni obblighi, che consistono nell’identificazione del cliente, nella registrazione delle informazioni relative all’operazione, nell’archiviazione e conservazione dei dati, nella comunicazione all’autorità responsabile per la lotta antiriciclaggio delle operazioni sospette.

Per il recepimento in Italia del testo della suddetta direttiva europea, dobbiamo aspettare fino al 2004. Il decreto legislativo n. 56, infatti, ha previsto all’art. 2 la soggezione agli obblighi antiriciclaggio, oltre che per i soggetti già noti (intermediari finanziari), per le seguenti categorie:

• soggetti iscritti nell’albo dei ragionieri e dei periti commerciali, nel registro dei revisori contabili, nell’albo dei dottori commercialisti e nell’albo dei consulenti del lavoro;

• notai e avvocati quando, in nome o per conto di propri clienti, compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare e quando assistono i propri clienti nella progettazione o nella realizzazione di operazioni riguardanti:

- il trasferimento a qualsiasi titolo di beni immobili o attività economiche;

- la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni;

- l’apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;

- l’organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all’amministrazione di società;

- la costituzione, la gestione o l’amministrazione di società, enti, trust o strutture analoghe.

Successivamente, la legge comunitaria 2005 (l. 25 gennaio 2006, n. 29) ha previsto l’estensione degli obblighi antiriciclaggio anche a soggetti non iscritti in albi, paragonati agli iscritti nelle professioni ordinistiche, inserendo una nuova lettera, la s-bis, all’art. 2 del d.lgs. n. 56 che estende l’ambito di applicazione del decreto ad “ogni altro soggetto che rende i servizi forniti da revisori contabili, periti, consulenti ed altri soggetti che svolgono attività in materia di amministrazione, contabilità e tributi”.

Nel 2006 il Ministero dell’Economia e delle Finanze emana un regolamento riguardante il contenuto e le modalità di esenzione degli obblighi di identificazione e conservazione delle informazioni, le modalità di identificazione in caso di interruzione di rapporti e di effettuazioni di operazioni a distanza e le norme per l’individuazione delle operazioni di cui alla legge antiriciclaggio.

Tale regolamento si rivolge ai professionisti - sia che essi svolgano attività in forma individuale che associata o societaria - iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, dei consulenti del lavoro, nel registro dei revisori contabili, nonché dei notai e degli avvocati nei casi espressamente previsti dalla legge. Il regolamento è indirizzato, altresì, alle società di revisione.

L’iter normativo di attuazione in Italia della seconda direttiva antiriciclaggio, può dirsi concluso con l’emanazione delle Istruzioni applicative dell’Ufficio italiano cambi in materia di obblighi antiriciclaggio a carico delle categorie professionali.

Dette istruzioni non sono altro che un manuale operativo che detta e disciplina le modalità pratiche cui i professionisti dovranno attenersi ai fini degli adempimenti che li vedono protagonisti.

Ma arriviamo ai giorni nostri. Il 21 novembre dello scorso anno il nostro Paese ha ottenuto l’ultimo strumento per la lotta al riciclaggio di denaro sporco: il d. lgs n. 231 che recepisce la c.d. III terza direttiva antiriciclaggio (2005/60/CE). Tale provvedimento non è altro che un condensato di un corpus normativo ampio che si è venuto a stratificare con il tempo contro questo crimine.

Il decreto legislativo introduce una serie di misure destinate a rafforzare la strategia preventiva di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo: appare lampante il mutamento dell’approccio complessivo.

Si parla, infatti, non solo di contrasto al riciclaggio di denaro sporco ma anche di contrasto delle azioni di raccolta di beni o di denaro pulito aventi lo scopo di finanziare il terrorismo.

Va detto, innanzitutto, che il provvedimento n. 231/2007 ha riordinato il vasto elenco dei destinatari degli obblighi antiriciclaggio. Poiché si è voluto tenere conto delle peculiarità delle varie professioni e delle differenze degli enti e delle persone soggette alla direttiva, si è provveduto a raggruppare in singoli articoli categorie di soggetti omogenei per attività svolta e, conseguentemente, per i rispettivi obblighi.

La suddivisione delle diverse categorie di destinatari in articoli distinti rende di più facile comprensione e applicazione le modalità di attuazione degli obblighi di registrazione e di segnalazione e consente una più semplice individuazione delle rispettive autorità di vigilanza e controllo.

Quanto ai “nostri” professionisti, a questi è dedicato l’art. 12. Nell’articolo figurano tutti i soggetti iscritti nell’albo dei ragionieri e periti commerciali, nell’albo dei dottori commercialisti e nell’albo dei consulenti del lavoro. Oltre a questi, la categoria dei professionisti si arricchisce di tutti quei soggetti che rendono servizi forniti da periti, consulenti e altri soggetti che svolgono professionalmente attività contabile e tributaria. Da inserire nell’elenco, anche i notai e gli avvocati quando, in nome o per conto dei propri clienti, compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare e quando assistono i loro clienti nella predisposizione o nella realizzazione di operazioni che riguardano:

a. il trasferimento a qualsiasi titolo di diritti reali su beni immobili o attività economiche. Ricordiamo che nel decreto n. 56 del 2004, visto in precedenza, si parlava di “trasferimento di beni immobili”, mentre ora di “trasferimento di diritti reali su beni immobili”. Ciò va inteso come un accrescimento del numero oggettivo di assoggettamento agli obblighi antiriciclaggio.

b. la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni;

c. l’apertura o la gestione di conti bancari, libretti di deposito e conti di titoli;

d. l’organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all’amministrazione di società;

e. la costituzione, la gestione o l’amministrazione di società, enti, trust o soggetti giuridici analoghi.

Sono considerati professionisti anche i prestatori di servizi relativi a società e trust.

Ricordiamo che tale categoria è puntualmente definita nel comma 2, dell’articolo 1 del decreto in esame. L’aggiunta di tale categoria è forse la novità più rilevante rispetto alla normativa precedentemente in vigore.

Ai professionisti fin qui elencati non si applicano gli obblighi di segnalazione di operazioni sospette, qualora le informazioni, oggetto della segnalazione, riguardino un cliente o siano ottenute durante l’esame della posizione giuridica del cliente stesso o durante l’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza del medesimo in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso.

Qualche tempo fa, tale punto era stato oggetto di polemica. La categoria “avvocati”, infatti, sosteneva l’impossibilità della loro inclusione all’obbligo di segnalazione di operazione sospetta, poiché pregiudicanti ingiustamente il principio del segreto professionale e l’indipendenza dell’avvocato, elementi primari del diritto fondamentale di ogni singolo ad un equo processo (art. 6 della CEDU (1) ) e al rispetto del diritto alla difesa.

Gli obblighi di denuncia e l’incriminazione del cliente vanno oltre la semplice violazione del segreto professionale: questi violano decisamente il rapporto di fiducia tra questo e il suo avvocato.

La Corte di Giustizia Comunità Europea ha sentenziato in merito il 26 giugno 2007 stabilendo che gli obblighi di comunicazione e di collaborazione con le autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio devono essere applicati agli avvocati solo nei limiti in cui essi assistono i loro clienti nella progettazione o nella realizzazione di talune operazioni essenzialmente di ordine finanziario e immobiliare, o qualora agiscano in nome e per conto del loro cliente in una qualsiasi operazione finanziaria o immobiliare. Tali attività non sono collegate ad un procedimento giudiziario e, pertanto, si pongono al di fuori dell’ambito di applicazione del diritto a un equo processo.

Inoltre, se un avvocato è richiesto per l’esercizio di un incarico di difesa o di rappresentanza in giudizio o per l’ottenimento di consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento giudiziario, tale avvocato è esonerato dagli obblighi di informazione e collaborazione e tale esonero è di natura tale da preservare il diritto del cliente ad un equo processo.

Tornando al decreto n. 231, l’art. 12 si chiude stabilendo che gli obblighi di adeguata verifica della clientela (obbligo analizzato successivamente) e gli obblighi di registrazione non si applicano in relazione allo svolgimento della semplice attività di redazione o trasmissione della dichiarazione dei redditi e degli adempimenti, in materia di amministrazione del personale, in capo ai consulenti del lavoro. Ciò, tuttavia, deve essere chiaramente specificato. Un consulente del lavoro che svolge attività non direttamente collegata a paghe e contributi, non può svincolarsi dagli obblighi antiriciclaggio. Supponiamo, per esempio, che tale consulente si occupi di assistenza nello studio dell’acquisizione ottimale di risorse per un’azienda, o che presti opera di consulenza per la selezione del personale. Tale consulente non potrà essere esonerato dagli obblighi in questione.

Salta agli occhi la mancanza nell’elenco dei revisori contabili. Ma tale assenza è solo apparente.

A tale categoria è dedicato l’intero art. 13. I revisori contabili appaiono divisi in due sottoclassi:

• le società di revisione;

• i soggetti iscritti nel registro dei revisori contabili.

La distinzione si basa sul fatto che i soggetti di cui al primo punto sono vigilati dalla Consob; i secondi, persone fisiche, dal Ministero della giustizia.

A questi destinatari sono attribuiti obblighi di identificazione, registrazione e segnalazione di operazioni sospette, escludendo questi ultimi – messi sullo stesso piano degli altri professionisti - nell’ipotesi in cui la loro attività professionale sia legata alla difesa o alla rappresentanza del cliente, o si esplichi nel corso dell’esame della posizione giuridica del cliente medesimo.

Passiamo all’espletamento dei singoli obblighi antiriciclaggio.

L’art. 16 tratta degli obblighi di adeguata verifica della clientela in capo ai liberi professionisti e ai revisori contabili. E’ da specificare che tale obbligo non sostituisce quello di identificazione della normativa previgente, ma lo va ad inglobare. Unica differenza la si riscontra nel fatto che mentre l’identificazione si riassumeva (e si riassume) nell’acquisizione “anagrafica” dei dati del cliente, l’adeguata verifica mira ad arrivare allo scopo dell’operazione.

Tale obbligo si applica nei seguenti casi:

1. quando la prestazione professionale ha ad oggetto mezzi di pagamento, beni od utilità di valore pari o superiore a 15.000 euro;

2. quando eseguono prestazioni professionali occasionali che comportino la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15.000 euro, indipendentemente dal fatto che siano effettuate con un’unica operazione, o con più operazioni che appaiono collegate o frazionate (2). Tale caso, però, non può essere applicato ai revisori contabili poiché non esistono casi particolari legati alla loro operatività inerenti alla clientela occasionale o, come si vedrà al punto successivo, operazioni di valore non determinato o non determinabile.

3. ogni volta che l’operazione sia di valore indeterminato o indeterminabile. Costituzione, gestione o amministrazione di enti, società, trust o soggetti giuridici analoghi sono considerate sempre operazioni di valore non determinabile. L’UIC, con chiarimento del 24 febbraio 2006, ha stabilito che sono operazioni di valore indeterminato o non determinabile anche gli incarichi di revisione contabile, di tenuta di contabilità, paghe e contributi nonché l’esecuzione di adempimenti in materia di lavoro, previdenza e assistenza.

4. in presenza di sospetto di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, non considerando soglie, deroghe o esenzioni; in altre parole, qualora ci siano dubbi sulla liceità della provenienza dei fondi;

5. in presenza di dubbi sulla veridicità o sull’adeguatezza dei dati acquisiti in precedenza per l’identificazione di un cliente.

L’obbligo di adeguata verifica della clientela consiste nelle seguenti attività:

„« identificazione del cliente e verifica dell’identità sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente;

„« identificazione dell’eventuale “titolare effettivo” e verifica dell’identità;

„« reperimento di informazioni sullo scopo e sulla natura prevista della prestazione professionale;

„« monitoraggio costante nel corso della prestazione professionale, attraverso le analisi delle transazioni concluse durante tutta la durata di tale rapporto, in modo tale da verificare che tali transazioni siano compatibili con la conoscenza che l’ente o la persona tenuta all’identificazione hanno del proprio cliente, delle sue attività commerciali, e del suo profilo di rischio (vedi infra), ponendo maggiore attenzione all’origine dei fondi e tenendo aggiornati i documenti, i dati e le informazioni detenute.

Risulta evidente l’introduzione della figura del titolare effettivo. In base al decreto, e precisamente, ai sensi dell’art. 2 dell’allegato tecnico, il titolare effettivo può essere una società o un’entità giuridica (fondazioni) o istituti giuridici (trust) che amministrano e distribuiscono fondi.

Nel primo caso, è considerato titolare effettivo la persona fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano un’entità giuridica, attraverso il possesso o il controllo diretto o indiretto del 25 % +1 delle partecipazioni al capitale sociale o dei diritti di voto in seno a tale entità giuridica, anche tramite azioni al portatore (3), o la/le persone fisiche che esercitano in altro modo il controllo sulla direzione di un’entità giuridica.

Qualora il titolare effettivo fosse un’entità o istituto giuridico, intenderemo la persona fisica o le persone fisiche beneficiarie del 25% o più del patrimonio di un’entità giuridica, se i futuri beneficiari sono già stati determinati; la categoria di persone nel cui interesse principale è istituita o agisce l’entità giuridica, se i beneficiari non sono ancora stati determinati; la persona fisica o le persone fisiche che esercitano un controllo sul 25% o più del patrimonio di un’entità giuridica.

Una volta stabilito “cosa” fare, è doveroso analizzare “come” adempiere all’obbligo.

L’identificazione e la verifica dell’identità del cliente e del titolare effettivo è svolta alla presenza del professionista ovvero di un dipendente o collaboratore di quest’ultimo o della società di revisione e del cliente mediante un documento di identità non scaduto (4), ed è eseguita al momento dell’accettazione dell’incarico. Per l’identificazione di soggetti non comunitari, in assenza di uno dei documenti di cui alla nota 4, si procede all’acquisizione dei dati identificativi attraverso il passaporto o il permesso di soggiorno.

I professionisti e le società di revisione acquisiscono i seguenti “dati identificativi”:

o per le persone fisiche: il nome e il cognome, il luogo e la data di nascita, l’indirizzo della residenza o del domicilio, il codice fiscale e gli estremi del documento di identificazione;

o per i soggetti diversi dalle persone fisiche: la denominazione, la sede legale e il codice fiscale.

I clienti forniscono tutte le informazioni necessarie per l’identificazione e quelle richieste dal professionista o dalla società di revisione per ottemperare agli obblighi previsti dalla disciplina antiriciclaggio.

All’atto dell’identificazione i clienti forniscono per iscritto, sotto la propria responsabilità, tutte le informazioni necessarie per l’identificazione dei soggetti per conto dei quali operano.

Se il cliente è una società o un ente, occorre verificare l’effettiva esistenza del potere di rappresentanza e sono acquisite le informazioni necessarie per individuare e verificare l’identità dei relativi rappresentanti delegati alla firma per l’operazione da svolgere.

A tal fine, il cliente deve consegnare documentazione ufficiale (ad esempio, visure camerali, certificati rilasciati da enti competenti, delibere consiliari o assembleari) dalla quale risultino i dati identificativi, il conferimento dei poteri di rappresentanza nonché ogni altra informazione necessaria per l’adempimento degli obblighi antiriciclaggio.

Quando il conferimento dell’incarico è compiuto congiuntamente da più clienti, l’identificazione è dovuta per ciascuno di essi. Qualora della prestazione professionale siano stati incaricati congiuntamente più professionisti, ciascuno di essi deve procedere alla identificazione.

Ferma restando la responsabilità del professionista, è possibile delegare, occasionalmente o stabilmente, l’acquisizione dei dati identificativi ad un collaboratore o dipendente del quale il professionista stesso si avvale per lo svolgimento dell’attività.

Contestualmente all’identificazione del cliente, è effettuata l’identificazione e la verifica dell’identità del titolare effettivo; è imposto, per le persone giuridiche, i trust e soggetti giuridici analoghi, l’adozione di misure adeguate e commisurate alla situazione di rischio (vedi infra) per comprendere la struttura di proprietà e di controllo del cliente. Al fine di agevolare l’identificazione e la verifica dell’identità del titolare effettivo, i destinatari di tale obbligo, possono ricorrere all’utilizzo di pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque contenenti informazioni sui titolari effettivi, possono chiedere ai propri clienti i dati pertinenti o, comunque, ottenere le informazioni in altro modo.

Da evidenziare è la scomparsa della distinzione formale tra le tre forme di identificazione – diretta, indiretta e indiretta - prevista dal decreto ministeriale n. 141 del 3 febbraio 2006, pur essendo confermate, sul piano contenutistico, le misure di identificazione ivi previste.

L’obbligo di adeguata verifica della clientela è legato al concetto di risk based approach (approccio basato sul rischio, art. 20 del decreto in esame) cioè l’obbligo di ordinare l’attività di verifica della clientela, commisurandola al rischio di riciclaggio associato al tipo di cliente (profilo soggettivo (5) ), rapporto di affari, prodotto o transazione di cui trattasi (profilo oggettivo (6)).

Determinare il profilo di rischio del cliente ha lo scopo di individuare potenziali incoerenze nell’operatività del cliente.

Va precisato che gli obblighi di adeguata verifica della clientela si applicano a tutti i nuovi clienti nonché alla clientela esistente, con una tempistica da definire sulla base della valutazione del rischio presente.

In altri termini, si procederà senza alcun dubbio all’operazione in esame all’atto del conferimento della prestazione professionale e, per quella già presente nel portafoglio del professionista, andrà effettuato uno controllo che definisca innanzitutto quale categoria andrebbe posta in rilievo.

Successivamente, all’atto del primo contatto con il soggetto da profilare, gli si sottoporrà la modulistica appropriata, inserendo poi i dati nel relativo database. Il cliente deve essere consapevole del nuovo adempimento legislativo, stando accorti a non accendere in lui ansie assolutamente prive di consistenza.

Qualora ci sia impossibilità ad adempiere gli obblighi di adeguata verifica della clientela (ad esempio per incapacità a trattare con chi non si conosce o anche in presenza di sospetto di riciclaggio o finanziamento del terrorismo), i destinatari in questione devono astenersi dal porre in essere o dal continuare la prestazione professionale.

L’obbligo di astensione non è tuttavia assoluto. Infatti, nei casi in cui l’astensione non sia possibile in quanto sussista un obbligo di legge di ricevere l’atto ovvero l’esecuzione dell’operazione non possa essere rinviata o possa ostacolare le indagini, i soggetti obbligati informano la UIF senza indugio dopo aver eseguito l’operazione.

Un’altra deroga all’obbligo di astensione è prevista per i “nostri” professionisti. Costoro non sono, infatti, obbligati ad astenersi dal rapporto d’affari nel corso dell’esame della posizione giuridica del loro cliente o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza del medesimo in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, ivi compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento.

In base al rischio, meno o più elevato, gli obblighi di adeguata verifica della clientela possono assumere forme semplificate o rafforzate.

Gli obblighi semplificati (art. 25) sono applicati:

• se il cliente è Poste italiane, un IMEL o confidi;

• se il cliente è un intermediario o finanziario comunitario soggetto alla direttiva 2005/60/CE;

• se il cliente è un intermediario finanziario di uno Stato extracomunitario che impone il rispetto di obblighi equivalenti a quelli previsti dalla Direttiva e prevede il controllo del rispetto di tali obblighi;

• se il cliente è un ufficio della Pubblica amministrazione o un’istituzione o un organismo che svolge funzioni pubbliche conformemente al trattato sull’Unione Europea, ai trattati sulle Comunità europee o al diritto comunitario derivato;

• in relazione a contratti di assicurazione-vita, il cui premio annuale non ecceda i 1.000 euro o il cui premio unico sia di importo non superiore a 2.500 euro;

• in relazione a forme pensionistiche complementari disciplinate dal CAP, a condizione che esse non prevedano clausole di riscatto diverse da quelle di cui all’articolo 14 del medesimo codice e che non possano servire da garanzia per un prestito al di fuori delle ipotesi previste dalla normativa vigente;

• in relazione a regimi di pensione obbligatoria e complementare o sistemi simili che versino prestazioni di pensione, per i quali i contributi siano versati tramite deduzione dal reddito e le cui regole non permettano ai beneficiari, se non successivamente al decesso del titolare, di trasferire i propri diritti;

• in presenza di moneta elettronica nel caso in cui, se il dispositivo non è ricaricabile, l’importo massimo memorizzato sul dispositivo non ecceda 150 euro, oppure nel caso in cui, se il dispositivo è ricaricabile, sia imposto un limite di 2.500 euro sull’importo totale trattato in un anno civile, fatta eccezione per i casi in cui un importo pari o superiore a 1.000 euro sia rimborsato al detentore nello stesso anno civile ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2000/46/CE ovvero sia effettuata una transazione superiore a 1.000 euro, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1781/2006;

• in relazione a qualunque altro prodotto o transazione caratterizzato da uno basso rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo che soddisfi i criteri tecnici stabiliti dalla Commissione europea.

Quanto agli obblighi rafforzati (art. 28), questi vengono applicati:

• qualora il cliente non sia fisicamente presente. In tale caso è necessario accertare l’identità del soggetto tramite documenti, dati o informazioni supplementari; adottare misure supplementari per la verifica o la certificazione dei documenti forniti;

o nel caso di conti di corrispondenza con enti corrispondenti di Stati extracomunitari (ma ciò è riferito agli enti creditizi);

• in relazione a prestazioni professionali con persone politicamente esposte (PEPs). In tali casi, i destinatari del presente decreto devono:

o stabilire procedure adeguate basate sul rischio, al fine di determinare se il cliente sia o meno una persona politicamente esposta;

o assicurare costantemente un controllo sulla prestazione professionale.

La figura della “persona politicamente esposta” è un’altra grande novità apportata dal decreto. Si ritengono tali, ai sensi dell’art. 1 dell’allegato tecnico, i cittadini di altri Stati comunitari o extracomunitari che rivestono o hanno rivestito importanti cariche pubbliche come pure i loro familiari diretti o coloro con i quali tali persone intrattengono notoriamente stretti legami.

Proseguendo nella rassegna degli obblighi, ci imbattiamo nell’obbligo di registrazione.

A tal proposito non molte variazioni si rilevano rispetto alla normativa previgente. Infatti è confermato il periodo di dieci anni per la conservazione dei dati e, per la registrazione delle informazioni, il periodo di trenta giorni a partire dal compimento della prestazione professionale.

Quanto alle informazioni da registrare, l’art. 36, comma 2, stabilisce le seguenti:

- con riferimento alla prestazione professionale: la data di instaurazione, i dati identificativi del cliente, unitamente alle generalità dei delegati a operare per conto del titolare del rapporto e il codice del rapporto ove previsto;

- con riferimento a tutte le operazioni di importo pari o superiore a 15.000 euro (ex 12.500 euro), indipendentemente dal fatto che si tratti di un’operazione unica o di più operazioni che appaiono collegate o frazionate: la data, la causale, l’importo, la tipologia dell’operazione, i mezzi di pagamento e i dati identificativi del soggetto che effettua l’operazione e del soggetto per conto del quale eventualmente opera.

Anche nel nuovo provvedimento è prevista la presenza, all’art. 37, di un archivio: l’archivio unico informatico per le società di revisione, un archivio informatico (diverso dall’AUI) per i professionisti e per i revisori contabili. A questi ultimi, disponendo mediamente di strutture organizzative limitate e di risorse economiche contenute, per non gravare su di essi con ulteriori oneri, è permesso acquisire, registrare e conservare le informazioni necessarie ai fini antiriciclaggio in registri della clientela (cartacei) e nel fascicolo relativo a ciascun cliente, a condizione che sia comunque assicurata la storicità dei dati e delle informazioni.

Gli articoli 41 e seguenti si occupano degli adempimenti per le segnalazioni di operazioni sospette.

L’importanza e la riconosciuta utilità dell’impianto di segnalazione ha indotto il legislatore a specificare le modalità della segnalazione, prevedendo procedure diversificate a seconda del soggetto obbligato.

Per i soggetti in questione, questi trasmettono la segnalazione direttamente all’UIF (ulteriore novità del decreto: scomparsa dell’UIC in favore dell’Unità di informazione finanziaria (7)) o agli ordini professionali individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia. Qualora il professionista scelga il secondo iter, sarà l’ordine professionale a trasmettere, integralmente e senza ritardo, la segnalazione all’UIF.

Per le società di revisione, invece, la procedura è corrispondente a quella prevista per gli intermediari finanziari. Infatti, è il responsabile dell’incarico, a cui spetta la gestione del rapporto con il cliente e che partecipa alla conclusione della prestazione, a segnalare senza ritardo al rappresentante legale o a un suo delegato le operazioni sospette.

Sarà poi costui, esaminata la segnalazione e ritenuta fondata, a trasmetterla all’UIF.

Da porre in rilievo l’accentuazione data dalla normativa di recepimento alla riservatezza dei segnalanti; infatti, l’art. 45 prevede che, i soggetti obbligati alla segnalazione devono predisporre misure atte ad assicurare la massima riservatezza dell’identità del segnalante. I documenti che contengono le generalità di tali soggetti sono conservati e custoditi dai presidenti degli ordini professionali o da loro delegati. La riservatezza è mantenuta anche nella trasmissione della segnalazione all’UIF. In altre parole, il meccanismo “a due stadi” di segnalazione delle operazioni sospette permette di mantenere sempre riservato il nome del segnalante.

Un’ulteriore garanzia alla riservatezza è rintracciabile al comma 4 dello stesso articolo che stabilisce che la trasmissione delle segnalazioni di operazioni sospette, le eventuali richieste di approfondimenti, gli scambi di informazioni tra UIF, Guardia di finanza, DIA, autorità di vigilanza e ordini professionali, riguardanti le operazioni sospette segnalate, debbano avvenire per via telematica, con modalità atte ad assicurare la trasmissione dei dati ai soli soggetti interessati e l’integrità delle informazioni trasmesse.

E’ bene, inoltre, che UIF, Guardia di finanza e DIA, sulla base di protocolli d’intesa e consultato il CSF, adottino adeguate misure per assicurare la massima riservatezza dell’identità dei soggetti segnalanti.

Resta inteso che l’identità della persona fisica segnalante potrà essere resa nota solamente con un provvedimento motivato del magistrato, qualora questo lo ritenga indispensabile ai fini dell’accertamento giudiziario.

Anche l’impianto sanzionatorio è stato revisionato. Per l’inosservanza delle disposizioni fin qui esposte da parte dei professionisti – come, del resto, da parte di tutti i destinatari degli obblighi - sussistono delle aspre sanzioni.

Probabilmente proprio la paura di essere sanzionati in prima persona fa, di questi adempimenti, una grande “seccatura”. Per certi versi, come dar loro torto?

Ma pensiamo per un attimo agli Stati Uniti. Dopo l’attacco alle Twin Towers del 2001, i controlli (anche sui cittadini americani) sono diventati a dir poco oppressivi. Se consideriamo la loro spiccata inclinazione a trasferirsi da una parte all’altra del suolo nazionale, questa è stata notevolmente limitata. I particolari e severi controlli hanno delimitato una libertà che è sempre stata propria degli americani: la libertà di movimento. E i cittadini hanno rinunciato volontariamente a tale libertà per un unico scopo: il bene del loro Paese.

Quindi: se consideriamo che il riciclaggio di denaro sporco è l’attuale “malattia” della nostra società e della nostra economia (8), è così “scandaloso” esporsi in prima persona per il bene della collettività?

Lascio al lettore la risposta.



(1) Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

(2) Il decreto 231/2007 dà una nuova definizione di operazione frazionata, intendendo con questa “un’operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore ai limiti stabiliti dal presente decreto, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni ferma restando la sussistenza dell’operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale”. Ricordiamo che il limite quantitativo è completamente libero (la prassi bancaria lo ha fissato a 3.098,74 euro) come libera è la scelta del professionista circa l’individuazione di classi di operazioni non significative per il calcolo delle frazionate (sia dal punto di vista dell’importo che della tipologia). Viene da pensare che per i liberi professionisti è alquanto improbabile tale ipotesi, vista la specificità dell’attività. Si può solo menzionare i pagamenti frazionati a seguito di contratti patrocinati. Quanto al concetto di operazioni collegate, questa è una definizione che compare nel nostro ordinamento per la prima volta. Sono operazioni che, pur non costituendo esecuzione di uno stesso contratto o rapporto, sono tra loro connesse non in base a criteri matematici, ma in base al fatto che sono effettuate da un medesimo esecutore o che hanno lo stesso scopo od oggetto.

(3) A patto che non si tratti di una società ammessa alla quotazione su un mercato regolamentato e sottoposta ad obblighi di comunicazione conformi alla normativa comunitaria o a standard internazionali equivalenti.

(4) Si veda art. 3 dell’allegato tecnico del decreto. Sono validi per l’identificazione i documenti d’identità e di riconoscimento di cui agli artt. 1 e 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000.

(5) Più nello specifico sono da tener presente: natura giuridica del cliente; prevalente attività svolta; comportamento tenuto al momento del compimento dell’operazione o dell’instaurazione del rapporto continuativo o della prestazione professionale; area geografica di residenza o sede del cliente o della controparte.

(6) Per profilo oggettivo intendiamo: la tipologia e le modalità di svolgimento dell’operazione, rapporto continuativo o prestazione professionale; l’ammontare; la frequenza delle operazioni e la durata del rapporto continuativo o della prestazione professionale; la ragionevolezza dell’operazione, rapporto continuativo o prestazione professionale in rapporto all’attività svolta dal cliente; l’area geografica dio destinazione del prodotto, oggetto dell’operazione o del rapporto continuativo.

(7) Il 21 dicembre scorso, la Banca d’Italia ha emanato un apposito regolamento per l’organizzazione e il funzionamento della UIF. Lo si può consultare su www.bancaditalia.it

(8) Il fenomeno del riciclaggio rappresenta tra il 2 e il 5% del PIL mondiale ed in Italia è valutato tra l’8 e il 12% del PIL.