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Assegnazione della casa familiare al marito se la moglie ha già trasferito altrove la sua residenza e anche se il figlio abita presso la madre

E’ interessante la recentissima sentenza n. 814/2008 del Tribunale di Novara per le determinazioni assunte in punto assegnazione della casa coniugale.

IL CASO

Un marito si rivolgeva al Tribunale chiedendo che venisse dichiarata la separazione dalla moglie, con addebito alla stessa. Chiedeva che il figlio fosse affidato in via condivisa ad entrambi con collocazione abitativa presso esso padre.

Sosteneva invero che il rapporto coniugale si fosse deteriorato a causa del comportamento della moglie, la quale aveva iniziato a trascorrere parte della settimana presso la casa dei propri genitori, disinteressandosi della famiglia.

La moglie si costituiva in giudizio, contestando le affermazioni del marito e asserendo di essere stata invece costretta a lasciare la casa coniugale a motivo dell’atteggiamento minaccioso assunto dal marito in occasione dei litigi che si verificavano. Infatti, riferiva che, rientrata in casa, aveva scoperto che la serratura della casa coniugale era stata sostituita dal marito. All’udienza presidenziale, veniva disposto l’affidamento del figlio al padre, con diritto di visita della madre secondo tempi e modi concordati con il minore. La casa coniugale veniva assegnata al padre medesimo.

Veniva disposto quindi altresì assegno di mantenimento in favore della moglie a carico del marito. I provvedimenti assunti dal Presidente venivano impugnati, in sede di reclamo, avanti alla Corte d’Appello competente. In seguito però, le parti dichiaravano di aver raggiunto un accordo e precisavano congiuntamente le proprie conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione.

LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI NOVARA

In sentenza il Tribunale dichiarava la separazione di coniugi. Affidava il figlio in via condivisa a entrambi i genitori. E ciò pur in presenza di conflittualità fra i coniugi. Dichiarava al riguardo il Tribunale che la normativa vigente avesse “ridefinito criteri e modalità operative in tema di affidamento dei figli alla luce del superiore interesse del minore introducendo l’istituto dell’affidamento condiviso quale regola generale in luogo dell’affidamento esclusivo. L’affidamento in favore di entrambi i genitori tende, infatti, ad assicurare una partecipazione diretta di ciascun genitore alla vita del figlio e la responsabilità in capo ad entrambi per le scelte principali che lo riguardano. Orbene nel caso di specie come già stabilito anche dalla Corte d’Appello di Torino in sede di reclamo avverso i provvedimenti presidenziali assunti in via provvisoria ed urgente, pur tenendo conto della conflittualità (…) tra i genitori e della distanza tra le due località ove i medesimi risiedono, la previsione di un affido condiviso del minore appare adeguato ad assicurare il mantenimento di un costante rapporto del figlio con entrambe le figure genitoriali che mantengono, quindi, la piena responsabilità nei confronti del minore non emergendo circostanze che rendano l’applicazione di tale regime contrario all’interesse di (…)”.

Quanto alla collocazione abitativa del figlio, il Tribunale riteneva di collocarlo presso la madre, tenuto conto sia degli accordi assunti dai coniugi in modo congiunto e sia del desiderio espresso del figlio di stare con la madre (pur a fronte di un iniziale richiesta diversa da parte del figlio medesimo). Con tale statuizione, dichiarava il Collegio di discostarsi da quanto determinato dalla Corte d’Appello in sede di reclamo avverso i provvedimenti presidenziali.

Disciplinava quindi il diritto di visita del padre, osservando che “in relazione all’età del minore appare altresì congruo prevedere che il padre possa vedere e tenere con sé il figlio minore nei termini e con le modalità che saranno oggetto di diretto accordo con il figlio, compatibilmente con gli impegno del medesimo”. Poneva inoltre a carico del padre un assegno di mantenimento a favore del figlio. Infine, il Tribunale statuiva in relazione alla casa coniugale. La stessa casa veniva assegnata al marito. Scrivevano i giudici in motivazione della sentenza: “Quanto all’assegnazione della casa coniugale, sebbene di regola il diritto di godere della casa familiare venga attributo in base alla vigente normativa tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli (e quindi di regola l’assegnazione è effettuata in favore del genitore presso cui è collocata la madre) è pacifico nel caso di specie che la casa coniugale fosse in (…) mentre la madre ha trasferito la propria residenza in (..) che in tale diversa località il minore intende risiedere. Pertanto congrua appare la previsione dell’assegnazione del domicilio coniugale con i relativi arredi al marito”.

L’ASSEGNAZIONE DELA CASA CONIUGALE IN GIURISPRUDENZA

L’art. 155-quater c.c., rubricato “Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza” stabilisce che “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà”. Aggiunge che “Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio”.

Precedentemente alla legge 54/2006, la posizione giurisprudenziale che trovava prevalente consenso riteneva che l’assegnazione della casa coniugale fosse giustificata solo dall’esigenza di tutelare i figli a conservare e mantenere il medesimo ambiente domestico qual era prima della crisi coniugale. Per cui la casa veniva assegnata al genitore che era affidatario dei figli minorenni, non autosufficienti e che convivevano con detto genitore. Secondo la Suprema Corte al giudice non era consentito disporre l’assegnazione della casa coniugale al coniuge che non vantasse alcun diritto su di essa, né reale né personale, e che non fosse affidatario della prole.

Anche dopo l’entrata in vigore della l. 54/2006 la giurisprudenza ha sostenuto che l’assegnazione della casa familiare fosse subordinato alla presenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti conviventi con il coniuge assegnatario della casa medesima. E ha precisato che in difetto di tale presupposto, il giudice non potesse provvedere all’assegnazione della casa coniugale. Irrilevante essendo, peraltro, la situazione giuridica, di comproprietà dei coniugi o di proprietà esclusiva di uno di essi, della casa medesima. L’assegnazione della casa familiare, invero, non è istituto previsto in sostituzione esclusiva o parziale dell’assegno di mantenimento. Si veda in tal senso Cass. sez. I, 24.7.2007, n. 16398 .

Tale posizione aveva già trovato precedente affermazione in Cass., sez, I, 22.3.2007, n. 6879 . In tale senso, si è espressa anche più recentemente la Cass. sez. I 18.2.2008, n. 3934, che ha espressamente stabilito che “il previgente art. 155 c.c., nel testo in vigente sino all’entrata in vigore della L. 8 febbraio 2006, n. 54, e il vigente art. 155 quater cod. civ., in tema di separazione, come la L. n. 898 del 1970, art. 6 subordinano l’adottabilità del provvedimento di assegnazione della casa coniugale alla presenza di figli, minorenni o maggiorenni non autosufficienti conviventi con i coniugi. In difetto di tale elemento, sia che la casa familiare sia in comproprietà fra i coniugi, sia che appartenga in via esclusiva ad un solo coniuge, il giudice non potrà adottare con la sentenza di separazione un provvedimento di assegnazione della casa coniugale, non autorizzandolo neppure l’art. 156 c.c., che non prevede tale assegnazione in sostituzione o quale componente dell’assegno di mantenimento".

In assenza quindi della presenza di figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti nella casa familiare e a fronte della mancanza di normativa al riguardo, la giurisprudenza pare orientata nel senso di ritenere che il giudice non possa disporre sulla casa coniugale, la quale resterà soggetta alle ordinarie norme sulla comunione, se in comproprietà, o a quelle sulla proprietà esclusiva, se si proprietà di uno solo dei coniugi.

OSSERVAZIONI

Nella fattispecie oggetto della presente disamina, il Tribunale di Novara dichiara di essere consapevole dell’orientamento interpretativo sopra evidenziato. A fronte della collocazione abitativa del figlio minorenne presso la madre, la quale aveva già trasferito altrove la proprie residenza, il Collegio giudicante assegna la casa coniugale al padre. Le esigenze di giustizia sostanziale perseguite dal Tribunale sono facilmente intuibili e anche comprensive. L’assunzione però di un provvedimento di assegnazione ad un genitore, che non è quello presso il cui il figlio è collocato abitativamente e quindi non è convivente con esso, invece di una pronuncia di astensione, è di rilevantissimo interesse.

E’ interessante la recentissima sentenza n. 814/2008 del Tribunale di Novara per le determinazioni assunte in punto assegnazione della casa coniugale.

IL CASO

Un marito si rivolgeva al Tribunale chiedendo che venisse dichiarata la separazione dalla moglie, con addebito alla stessa. Chiedeva che il figlio fosse affidato in via condivisa ad entrambi con collocazione abitativa presso esso padre.

Sosteneva invero che il rapporto coniugale si fosse deteriorato a causa del comportamento della moglie, la quale aveva iniziato a trascorrere parte della settimana presso la casa dei propri genitori, disinteressandosi della famiglia.

La moglie si costituiva in giudizio, contestando le affermazioni del marito e asserendo di essere stata invece costretta a lasciare la casa coniugale a motivo dell’atteggiamento minaccioso assunto dal marito in occasione dei litigi che si verificavano. Infatti, riferiva che, rientrata in casa, aveva scoperto che la serratura della casa coniugale era stata sostituita dal marito. All’udienza presidenziale, veniva disposto l’affidamento del figlio al padre, con diritto di visita della madre secondo tempi e modi concordati con il minore. La casa coniugale veniva assegnata al padre medesimo.

Veniva disposto quindi altresì assegno di mantenimento in favore della moglie a carico del marito. I provvedimenti assunti dal Presidente venivano impugnati, in sede di reclamo, avanti alla Corte d’Appello competente. In seguito però, le parti dichiaravano di aver raggiunto un accordo e precisavano congiuntamente le proprie conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione.

LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI NOVARA

In sentenza il Tribunale dichiarava la separazione di coniugi. Affidava il figlio in via condivisa a entrambi i genitori. E ciò pur in presenza di conflittualità fra i coniugi. Dichiarava al riguardo il Tribunale che la normativa vigente avesse “ridefinito criteri e modalità operative in tema di affidamento dei figli alla luce del superiore interesse del minore introducendo l’istituto dell’affidamento condiviso quale regola generale in luogo dell’affidamento esclusivo. L’affidamento in favore di entrambi i genitori tende, infatti, ad assicurare una partecipazione diretta di ciascun genitore alla vita del figlio e la responsabilità in capo ad entrambi per le scelte principali che lo riguardano. Orbene nel caso di specie come già stabilito anche dalla Corte d’Appello di Torino in sede di reclamo avverso i provvedimenti presidenziali assunti in via provvisoria ed urgente, pur tenendo conto della conflittualità (…) tra i genitori e della distanza tra le due località ove i medesimi risiedono, la previsione di un affido condiviso del minore appare adeguato ad assicurare il mantenimento di un costante rapporto del figlio con entrambe le figure genitoriali che mantengono, quindi, la piena responsabilità nei confronti del minore non emergendo circostanze che rendano l’applicazione di tale regime contrario all’interesse di (…)”.

Quanto alla collocazione abitativa del figlio, il Tribunale riteneva di collocarlo presso la madre, tenuto conto sia degli accordi assunti dai coniugi in modo congiunto e sia del desiderio espresso del figlio di stare con la madre (pur a fronte di un iniziale richiesta diversa da parte del figlio medesimo). Con tale statuizione, dichiarava il Collegio di discostarsi da quanto determinato dalla Corte d’Appello in sede di reclamo avverso i provvedimenti presidenziali.

Disciplinava quindi il diritto di visita del padre, osservando che “in relazione all’età del minore appare altresì congruo prevedere che il padre possa vedere e tenere con sé il figlio minore nei termini e con le modalità che saranno oggetto di diretto accordo con il figlio, compatibilmente con gli impegno del medesimo”. Poneva inoltre a carico del padre un assegno di mantenimento a favore del figlio. Infine, il Tribunale statuiva in relazione alla casa coniugale. La stessa casa veniva assegnata al marito. Scrivevano i giudici in motivazione della sentenza: “Quanto all’assegnazione della casa coniugale, sebbene di regola il diritto di godere della casa familiare venga attributo in base alla vigente normativa tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli (e quindi di regola l’assegnazione è effettuata in favore del genitore presso cui è collocata la madre) è pacifico nel caso di specie che la casa coniugale fosse in (…) mentre la madre ha trasferito la propria residenza in (..) che in tale diversa località il minore intende risiedere. Pertanto congrua appare la previsione dell’assegnazione del domicilio coniugale con i relativi arredi al marito”.

L’ASSEGNAZIONE DELA CASA CONIUGALE IN GIURISPRUDENZA

L’art. 155-quater c.c., rubricato “Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza” stabilisce che “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà”. Aggiunge che “Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio”.

Precedentemente alla legge 54/2006, la posizione giurisprudenziale che trovava prevalente consenso riteneva che l’assegnazione della casa coniugale fosse giustificata solo dall’esigenza di tutelare i figli a conservare e mantenere il medesimo ambiente domestico qual era prima della crisi coniugale. Per cui la casa veniva assegnata al genitore che era affidatario dei figli minorenni, non autosufficienti e che convivevano con detto genitore. Secondo la Suprema Corte al giudice non era consentito disporre l’assegnazione della casa coniugale al coniuge che non vantasse alcun diritto su di essa, né reale né personale, e che non fosse affidatario della prole.

Anche dopo l’entrata in vigore della l. 54/2006 la giurisprudenza ha sostenuto che l’assegnazione della casa familiare fosse subordinato alla presenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti conviventi con il coniuge assegnatario della casa medesima. E ha precisato che in difetto di tale presupposto, il giudice non potesse provvedere all’assegnazione della casa coniugale. Irrilevante essendo, peraltro, la situazione giuridica, di comproprietà dei coniugi o di proprietà esclusiva di uno di essi, della casa medesima. L’assegnazione della casa familiare, invero, non è istituto previsto in sostituzione esclusiva o parziale dell’assegno di mantenimento. Si veda in tal senso Cass. sez. I, 24.7.2007, n. 16398 .

Tale posizione aveva già trovato precedente affermazione in Cass., sez, I, 22.3.2007, n. 6879 . In tale senso, si è espressa anche più recentemente la Cass. sez. I 18.2.2008, n. 3934, che ha espressamente stabilito che “il previgente art. 155 c.c., nel testo in vigente sino all’entrata in vigore della L. 8 febbraio 2006, n. 54, e il vigente art. 155 quater cod. civ., in tema di separazione, come la L. n. 898 del 1970, art. 6 subordinano l’adottabilità del provvedimento di assegnazione della casa coniugale alla presenza di figli, minorenni o maggiorenni non autosufficienti conviventi con i coniugi. In difetto di tale elemento, sia che la casa familiare sia in comproprietà fra i coniugi, sia che appartenga in via esclusiva ad un solo coniuge, il giudice non potrà adottare con la sentenza di separazione un provvedimento di assegnazione della casa coniugale, non autorizzandolo neppure l’art. 156 c.c., che non prevede tale assegnazione in sostituzione o quale componente dell’assegno di mantenimento".

In assenza quindi della presenza di figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti nella casa familiare e a fronte della mancanza di normativa al riguardo, la giurisprudenza pare orientata nel senso di ritenere che il giudice non possa disporre sulla casa coniugale, la quale resterà soggetta alle ordinarie norme sulla comunione, se in comproprietà, o a quelle sulla proprietà esclusiva, se si proprietà di uno solo dei coniugi.

OSSERVAZIONI

Nella fattispecie oggetto della presente disamina, il Tribunale di Novara dichiara di essere consapevole dell’orientamento interpretativo sopra evidenziato. A fronte della collocazione abitativa del figlio minorenne presso la madre, la quale aveva già trasferito altrove la proprie residenza, il Collegio giudicante assegna la casa coniugale al padre. Le esigenze di giustizia sostanziale perseguite dal Tribunale sono facilmente intuibili e anche comprensive. L’assunzione però di un provvedimento di assegnazione ad un genitore, che non è quello presso il cui il figlio è collocato abitativamente e quindi non è convivente con esso, invece di una pronuncia di astensione, è di rilevantissimo interesse.