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Aspetti patologici del Trust

Al recente convegno dell’Associazione il trust in Italia tenutosi a Sorrento il 19 e 20 aprile 2013, il Presidente, prof. Maurizio Lupoi, ha iniziato il suo intervento rappresentando l’emergenza trust e il proliferare solo di azioni revocatorie.

Come se il trust, quando ogni speranza è svanita, sia l’unica àncora alla quale attaccarsi nel disperato tentativo di salvare il salvabile.

Nulla di più sbagliato.

In tutti questi anni di studio matto e disperatissimo, ma anche di trust conclusi e che oggi operano tranquillamente, posso, su tutto, essere fiera di un solo risultato raggiunto: nessuno dei miei trust ha mai subito azioni revocatorie.

Certo, prima o poi arriveranno anch’esse, ma se intanto per quelli che almeno datano al 2007 (e non sono pochi) non sono arrivate questo è significativo di un solo dato: per ogni trust che ho concluso per i miei clienti, ne ho rifiutati dieci e questo è il cuore della questione.

Ci è stato insegnato, fin dagli albori del trust, quando venivano tenuti i primi convegni dove in platea vi era un massimo di 3 o 4 persone, parlo del lontano 1999, che questo strumento proprio non può servire per frodare i creditori e sottrarli ai diritti loro consacrati dall’art. 2740 cc (norma di ordine pubblico).

Tuttavia per quanto potessimo aver intuito all’epoca, ciò che certamente non avremmo mai immaginato era, per un verso, l’incredibile successo che lo strumento avrebbe avuto nella prassi professionale e giudiziaria e, per l’altro verso, la sua parallela deriva, mercè di un vero e proprio abuso del diritto che sconcerta chi ha dedicato anni per ottenerne il riconoscimento nelle aule giudiziarie e per farne comprendere le incredibili potenzialità, sempre e soltanto su binari di assoluta legalità.

Ecco ora emergere i trust liquidatori istituiti da imprenditori insolventi, dove si lucra sulla loro disperazione che gli induce, pur di salvare quello che resta del lavoro di una vita, a fare di tutto.

Ma non è tutto, proliferano società e studi professionali (alcuni persino assurti al soglio delle cronache penali) che su internet, nelle pagine dei rotocalchi, persino per radio, come degli incantatori di serpenti, attirano povera gente disperata con frasi del tipo: “vuoi salvare la tua azienda in caso di difficoltà dalle pretese dei creditori? Fai un trust”

L’amo è gettato e purtroppo in troppi abboccano.

Ho raccolto in proposito una serie di recenti provvedimenti, ma ben altri ve ne sono, che altro non dimostrano quello che – altri - sono stati capaci di fare e come, tanto giustamente quanto inesorabilmente, sia scesa la mannaia della legalità.

Forse tutto questo cesserà quando noi professionisti, unitamente ai nostri poveri assistiti, saremo chiamati effettivamente a rispondere della “consulenza” che forniamo.

Spero che queste brevi note servano di aiuto

Al recente convegno dell’Associazione il trust in Italia tenutosi a Sorrento il 19 e 20 aprile 2013, il Presidente, prof. Maurizio Lupoi, ha iniziato il suo intervento rappresentando l’emergenza trust e il proliferare solo di azioni revocatorie.

Come se il trust, quando ogni speranza è svanita, sia l’unica àncora alla quale attaccarsi nel disperato tentativo di salvare il salvabile.

Nulla di più sbagliato.

In tutti questi anni di studio matto e disperatissimo, ma anche di trust conclusi e che oggi operano tranquillamente, posso, su tutto, essere fiera di un solo risultato raggiunto: nessuno dei miei trust ha mai subito azioni revocatorie.

Certo, prima o poi arriveranno anch’esse, ma se intanto per quelli che almeno datano al 2007 (e non sono pochi) non sono arrivate questo è significativo di un solo dato: per ogni trust che ho concluso per i miei clienti, ne ho rifiutati dieci e questo è il cuore della questione.

Ci è stato insegnato, fin dagli albori del trust, quando venivano tenuti i primi convegni dove in platea vi era un massimo di 3 o 4 persone, parlo del lontano 1999, che questo strumento proprio non può servire per frodare i creditori e sottrarli ai diritti loro consacrati dall’art. 2740 cc (norma di ordine pubblico).

Tuttavia per quanto potessimo aver intuito all’epoca, ciò che certamente non avremmo mai immaginato era, per un verso, l’incredibile successo che lo strumento avrebbe avuto nella prassi professionale e giudiziaria e, per l’altro verso, la sua parallela deriva, mercè di un vero e proprio abuso del diritto che sconcerta chi ha dedicato anni per ottenerne il riconoscimento nelle aule giudiziarie e per farne comprendere le incredibili potenzialità, sempre e soltanto su binari di assoluta legalità.

Ecco ora emergere i trust liquidatori istituiti da imprenditori insolventi, dove si lucra sulla loro disperazione che gli induce, pur di salvare quello che resta del lavoro di una vita, a fare di tutto.

Ma non è tutto, proliferano società e studi professionali (alcuni persino assurti al soglio delle cronache penali) che su internet, nelle pagine dei rotocalchi, persino per radio, come degli incantatori di serpenti, attirano povera gente disperata con frasi del tipo: “vuoi salvare la tua azienda in caso di difficoltà dalle pretese dei creditori? Fai un trust”

L’amo è gettato e purtroppo in troppi abboccano.

Ho raccolto in proposito una serie di recenti provvedimenti, ma ben altri ve ne sono, che altro non dimostrano quello che – altri - sono stati capaci di fare e come, tanto giustamente quanto inesorabilmente, sia scesa la mannaia della legalità.

Forse tutto questo cesserà quando noi professionisti, unitamente ai nostri poveri assistiti, saremo chiamati effettivamente a rispondere della “consulenza” che forniamo.

Spero che queste brevi note servano di aiuto