Trust: collaborazione del trustee in caso di fallimento
Pinco Bianchi, socio accomandante per il 95% nella Bianchi di Sempronia Verdi & C. Sas, istituiva nell’autunno 2019, a mezzo atto pubblico, un trust autodichiarato denominato “Trust Bianchi”, scegliendo la Jersey Trusts Law quale legge regolatrice. I beneficiari del trust erano lo stesso disponente, la madre Sempronia Verdi e un istituto di credito in quanto “unico creditore personale di Pinco”. Il fondo in trust era composto dalla detta partecipazione e da alcuni immobili di proprietà di Pinco e, infine, il guardiano del trust era il consulente finanziario che aveva assistito Pinco nella redazione del trust.
La residua quota del 5% nella Bianchi di Sempronia Verdi & C. Sas, di proprietà della socia accomandataria Sempronia, era estranea al trust.
All’inizio del 2020, Pinco decideva di cessare nell’ufficio di trustee e prendeva contatto con un trustee professionale, la Beta Trust Company S.r.l, chiedendole di subentrare nella carica e rassicurandola sul fatto che il suo esclusivo creditore era la banca menzionata nell’atto istitutivo.
A seguito di una preliminare verifica sull’atto istitutivo, che solitamente sono soliti fare i trustee professionali prima di accettare l’ufficio, Beta ne segnalava significative criticità fra le quali, la più delicata, il potere del disponente di revocare unilateralmente il guardiano e il trustee e di nominarne i rispettivi successori, dando luogo ad una situazione paradossale atteso che il disponente era nell’ufficio di trustee. Inoltre, la trust company evidenziava l’incoerenza della posizione beneficiaria della banca creditrice in un trust avente finalità tipicamente famigliare, qual era il Trust Bianchi.
Beta condizionava pertanto la sua accettazione ad una previa modifica dell’atto, invitando Pinco anche a riconsiderare criticamente i poteri unilaterali che, quale disponente, si era riservato.
Ritenendo fondate le censure di Beta, Pinco si avvaleva del “power of resettlement”[1] previsto nell’atto[2] e, nello specifico, della possibilità di revocare alcuni dei beneficiari e di nominarne di ulteriori, così individuando la via da percorrere per modificare la posizione dell’istituto di credito creditore, senza comprometterne i diritti. Il nuovo trust non avrebbe riconosciuto una posizione beneficiaria alla banca ma vi sarebbe stata una disposizione ad hoc che obbligava il trustee a saldare integralmente il debito, con i beni apportati nel trust da Pinco, qualora questi non avesse provveduto personalmente.
Nel marzo 2020 venivano così posti in essere i seguenti atti:
a. Sempronia donava al figlio Pinco, l’1% della sua partecipazione nella "Bianchi di Sempronia Verdi & C. Sas";
b. Pinco, in forza dei poteri che si era riservato in qualità di disponente, revocava il guardiano e nominava nella carica un dottore commercialista;
c. sempre Pinco, questa volta in veste di trustee del Trust Bianchi, avvalendosi del “power of resettlement”, istituiva un nuovo trust, denominato Trust Sempronia, nominando trustee la Beta Trust Company srl, alla quale trasferiva tutti i beni ricompresi nel fondo del Trust Bianchi. Nominava quindi come beneficiari, oltre a se stesso e a Sempronia, anche il figlio Pallino ed infine, quanto alla banca, prevedeva una clausola specifica in suo favore[3];
d. i soci della Bianchi di Sempronia Verdi & C. Sas modificavano i patti sociali e il capitale sociale diveniva per l’1% dell’accomandatario Pinco in proprio, per il 95%, dell’accomandante Beta Trust Company quale trustee del Trust Sempronia e per il 4% dell’accomandante Sempronia;
e. Sempronia trasferiva in proprietà del trustee del Trust Sempronia la piena proprietà dell’immobile in cui abitava.
Il Trust Bianchi così cessava, del tutto sostituito dal Trust Sempronia.
Nel giugno 2020 il Tribunale di Bologna dichiarava il fallimento della Bianchi di Sempronia Verdi & C. Sas e il fallimento in proprio di Pinco e Sempronia.
Immediatamente appresa la notizia, il trustee scriveva al presidente della sezione fallimentare e al giudice delegato, precisando di essere a disposizione della curatela per quanto necessario a far sì che il fondo in trust potesse essere appreso all’attivo del fallimento e nominava un legale affinché trovasse, insieme con il curatore, la via più rapida per conseguire tale l’obiettivo.
Il curatore e il legale del trustee appuravano quindi l’intenzione di Pinco di collaborare con la procedura e nello stesso senso appariva disposta anche Sempronia mentre Pallino aveva nel frattempo notificato loro un atto pubblico nel quale dichiarava di rinunciare alla posizione beneficiaria nel Trust Sempronia.
Veniva quindi individuata, quale soluzione più rapida ed efficiente, la cessazione anticipata del trust per volontà congiunta di tutti i beneficiari, ex articolo 53 della legge regolatrice, che si rifà alla nota rule Sanders v Vautier[4], con contestuale ri-trasferimento dei beni in capo a Pinco e Sempronia. Per gli effetti ne sarebbe stata data pubblicità nei Pubblici Registri e quindi i beni avrebbero potuto essere appresi dal curatore con la successiva trascrizione della sentenza di fallimento.
Nei poteri dispositivi che la rule Sanders v Vautier rimette ai beneficiari, è compreso quello di decidere una destinazione dei beni, per effetto della cessazione, diversa da quella prevista nell’atto[5] e quindi i medesimi risultavano legittimati chiedere al trustee di riconsegnare loro i beni, secondo gli originari titoli di proprietà.
Se questa era la soluzione praticabile in diritto dei trust[6], si dovevano anche considerare i precetti del processo fallimentare sanciti negli articoli 42 e ss della Legge Fallimentare che concernano gli effetti del fallimento per il fallito.
In primo luogo fu preso in considerazione l’articolo 44, comma 1, Legge Fallimentare che rende inefficaci, rispetto ai creditori concorsuali, gli atti depauperativi del patrimonio conclusi dai falliti perché in violazione della par condicio creditorum, conferendo al solo curatore la legittimazione attiva alla domanda giudiziale di inefficacia ed indicando quale legittimato passivo l’accipiens, ossia il terzo che abbia incassato somme del fallito, che sia divenuto proprietario di suoi beni o che abbia pagato un debito a mani del fallito e non del curatore[7].
Nonostante non si ravvisasse nel caso in questione alcuna di queste fattispecie: i beni erano di proprietà del trustee e non dei falliti, per effetto della cessazione del trust, il loro patrimonio si sarebbe incrementato sicché l’operazione risultava nel complesso nell’interesse dei creditori, e non contro gli stessi, non si poteva comunque prescindere da un’eventualità teorica di applicazione della norma.
È infatti indubbio che il trustee sarebbe rimasto direttamente responsabile verso il curatore atteso che la dichiarazione di inefficacia di atti depauperativi del patrimonio del fallito ha, quale conseguenza implicita e senza necessità di una corrispondente richiesta espressa, l’obbligo di restituire i beni ceduti o, qualora sia materialmente impossibile la restituzione, l’obbligo di corrisponderne l’equivalente pecuniario[8].
Per tutelare il trustee, ed anche il notaio, risultava quindi necessaria la presenza del curatore all’atto di cessazione al fine di sentirlo dichiarare di non opporsi al trasferimento dei beni in capo ai falliti in quanto la trascrizione in Conservatoria, a loro nome, era necessaria, per il principio della continuità delle trascrizioni, per effettuare la successiva trascrizione della sentenza di fallimento, senza soluzione di continuità.
In tal modo si sarebbe messo al riparo il trustee da una dichiarazione di inefficacia ex articolo 44 Legge Fallimentare e si sarebbe trasferito sulla procedura l’onere di trascrivere senza indugio la sentenza di fallimento.
Si è poi preso in esame l’articolo 42 Legge Fallimentare che stabilendo gli effetti del fallimento sul fallito, lo priva dell’amministrazione e disponibilità dei suoi beni e, per gli effetti, della capacità di porre in essere atti negozialmente validi che abbiano ad oggetto i medesimi beni.
Ci si domandò nello specifico se Pinco e Sempronia avrebbero dovuto essere autorizzati dal giudice delegato ad esprimere il consenso alla cessazione del Trust Sempronia e al ritrasferimento in loro favore dei beni e, nell’incertezza di una risposta univoca, venne deciso prudenzialmente di farne oggetto di istanza al giudice delegato.
A fine luglio 2020 il curatore chiedeva quindi al giudice delegato, unendo una bozza dell’atto di cessazione del trust e la rinuncia di Pallino alla posizione beneficiaria di: 1) autorizzare i falliti in proprio, Pinco e Sempronia, ad esprimere avanti il notaio, la volontà di cessare anticipatamente il Trust Sempronia e l’accettazione al trasferimento dei beni in loro favore; 2) autorizzare il curatore a partecipare alla stipula dell’atto di cessazione per ragioni di tutela del notaio e soprattutto del trustee, motivando tale richiesta per le ragioni suddette.
L’1 agosto 2020 il giudice delegato autorizzava e il curatore convocava il trustee e i beneficiari presso lo studio del notaio, allegando il provvedimento giudiziario, per sentirli dichiarare la cessazione anticipata del trust.
Mentre il trustee e Pinco prontamente confermavano la loro presenza, Sempronia comunicava la decisione di non partecipare all’atto di cessazione volontaria e tale rifiuto rendeva impossibile la cessazione volontaria del trust.
Il Trustee, determinato nel voler consegnare i beni al curatore, gli ribadiva per iscritto di non contestare la spettanza dei beni in trust al fallimento, precisando di rendere tale dichiarazione anche al fine di consentire al giudice delegato, laddove l’avesse ritenuto opportuno, di emettere un provvedimento ai sensi degli articoli 25, comma 1, n. 2 e 64, comma 2, Legge Fallimentare, alle competenti autorità, rappresentate dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate – Servizio di Pubblicità Immobiliare e dal Direttore del Registro delle Imprese di Bologna, affinché provvedessero alle trascrizioni necessarie a far acquisire i beni alla procedura fallimentare.
La ratio della dichiarazione del trustee aveva alla base il disposto dell’articolo 25 Legge Fallimentare che, attribuendo al giudice delegato specifici poteri a fini di vigilanza e controllo sulla regolarità della procedura, al n.2) del comma 1, gli consente di emettere, o provocare: “dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio, ad esclusione di quelli che incidono su diritti di terzi che rivendichino un proprio diritto incompatibile con l’acquisizione”.
Essendo quindi presupposto per l’applicazione della norma, l’insussistenza di un terzo che rivendichi diritti su beni che dovrebbero essere parte dell’attivo fallimentare, la dichiarazione del trustee assolveva a questa condizione. A ciò si accompagna l’individuazione delle autorità destinatarie dell’ordine del giudice delegato che, correttamente, il trustee indicava nell’autorità amministrativa preposta al controllo e conservazione dei Pubblici Registri che, pertanto, avrebbe dovuto trascrivere sui beni in trust, per ordine del giudice, la sentenza di fallimento.
L’articolo 64, comma 2, Legge Fallimentare, norma pensata sulla falsa riga dell’articolo 2929 bis del cc[9], era invece richiamato perché enuncia il potere della procedura di acquisire all’attivo, senza previ accertamenti giudiziali di inefficacia, i beni dei quali il fallito si sia spogliato, con atti a titolo gratuito, nei due anni anteriori al fallimento.
Veniva quindi presentata dal curatore una nuova istanza al giudice delegato, nella quale, dando atto dell’impossibilità di procedere alla cessazione anticipata del trust per il rifiuto di Sempronia, veniva chiesto al medesimo di procedere ai sensi degli articoli 25, comma 1, n.2) e 64, comma 2, Legge Fallimentare in forza della dichiarazione resa dal trustee.
Questione a parte riguardava le modalità pratiche di attuazione della trascrizione ed in proposito il curatore allegava un’ordinanza del Tribunale Reggio Emilia, 13 Ottobre 2016[10] che aveva trattato un caso analogo, sebbene l’atto lesivo non fosse un trust ma altro atto a titolo gratuito. In particolare il giudice reggiano risultava aver indicato le modalità pratiche di attuazione della pubblicità immobiliare, precisando la necessità per il curatore di fare due note: la prima (contraddistinta dal codice 617 - sentenza dichiarativa di fallimento) a favore della massa dei creditori e contro il fallito e la seconda (con codice 600 - "atto generico") indicante nell’oggetto "apprensione dei beni al fallimento ex articolo 64, secondo comma, l. fall." sempre a favore della massa dei creditori, ma contro sia il fallito sia il suo avente causa.
Il 18 agosto 2020 il giudice delegato, accogliendo l’istanza del curatore, emetteva un provvedimento ai sensi degli articoli 25, comma 1 n.2) e 64, comma 2 Legge Fallimentare con il quale ordinava al Direttore dell’Agenzia delle Entrate – Servizio di Pubblicità Immobiliare e dal Direttore del Registro delle Imprese di Bologna di trascrivere sui beni del Trust Sempronia la sentenza di fallimento.
Il fallimento ha così potuto ricomprendere all’attivo i beni di proprietà dei falliti, confluiti prima nel Trust Bianchi e poi nel Trust Sempronia, nonostante il rifiuto della beneficiaria Sempronia.
Alcune finali riflessioni.
La dichiarazione del trustee ha permesso al curatore di acquisire all’attivo i beni con grande facilità e senza aggravi; diversamente avrebbe avuto la sola via giudiziale.
Questo dimostra come un trustee che voglia salvaguardarsi anche da un punto di vista reputazionale, e che si scopra coinvolto, suo malgrado, in vicende sulle quali si stagliano possibili ricadute penali, possa uscirne qualora assicuri una fattiva collaborazione agli uffici giudiziari.
Per quanto concerne la posizione di Pallino che, come suddetto, ha rinunciato alla posizione beneficiaria, la soluzione adottata non si ritiene invece essere la più efficiente.
Il diritto di qualsiasi beneficiario di rinunciare alla posizione beneficiaria[11] attribuitagli in un trust è indubbio, essendo caratterizzato da aspetti di realità il solo rapporto fra trustee e beni in trust.
In ogni caso la rinuncia produce effetti ex nunc con le conseguenze che ciò comporta.
Diversamente la mancata accettazione della posizione beneficiaria, comporta che questi mai sia stato beneficiario e la differenza è di immediata percezione in situazioni, quali quelle di specie, dove possono subentrare anche conseguenze penali.
Una particolare attenzione meritano infine i due provvedimenti del giudice delegato.
Partendo da quanto si legge nel primo provvedimento, con il quale il giudice delegato autorizza la cessazione del trust per il tramite della rule Sanders v Vautier, si coglie una riflessione su alcuni aspetti sostanziali dell’intera questione.
Preliminarmente il giudice afferma, richiamando precedenti giurisprudenziali dello stesso foro[12], come il primo trust non sia riconoscibile per manifesta violazione dell’articolo 2, ultimo comma della Convenzione, essendosi il disponente riservato ogni potere di controllo sul trust, sul trustee e sul guardiano[13].
Ne fa quindi derivare un dubbio concreto: “Se questo fosse vero allora bisognerebbe chiedersi quanto rilevino le successive vicende del trust in questione, in cui il disponente e, con cappello diverso, il trustee, ad insolvenza conclamata della propria ditta, probabilmente meglio consigliato, realizza una inversione ad U verso la riconoscibilità, trasferendo il fondo in trust ad un trustee professionista, tra le altre cose nominando un guardiano e determinando una classe di beneficiari. Ed infatti se alla non riconoscibilità consegue, come consegue, l’inesistenza, posto che un trust interno si giustifica solo se si applica la Convenzione, essendo, in mancanza, un atto che non ha alcuna cittadinanza giuridica nel nostro ordinamento, sembra improbabile, nei limiti di una valutazione di prima approssimazione, che un successivo trasferimento di quei beni sia invece esistente posto che, a parte ogni altra considerazione, verrebbe da soggetto, il trustee del primo atto nella sua specifica qualità, privo di titolarità di beni di talché a ruota anche gli altri atti del 10.03.20 sarebbero inesistenti”.
In considerazione del ragionamento che precede, il giudice delegato si domanda allora se sia necessaria la cessazione del trust per volontà congiunta dei beneficiari, potendo il tribunale fallimentare acquisirli con un decreto ex articolo 25 Legge Fallimentare, atteso che “lo stesso trustee, unico titolare in astratto, di diritti confliggenti con quelli della procedura, ha espresso la volontà di restituire i beni immediatamente al fallimento”.
Le motivazioni che portano il giudice a soprassedere alla via coattiva, accogliendo la soluzione negoziale, sono di estrema importanza per le persone che, trovandosi in queste situazioni, decidano di collaborare con le curatele al fine di mitigare gli effetti delle ricadute, anche penali, sulle loro posizioni personali.
Non può non cogliersi questo aspetto laddove il giudice precisa di autorizzare la via negoziale, non solo per le palesi ragioni di urgenza evidenziate dal curatore, ma anche: “in considerazione della volontà manifestata da tutte le parti (almeno così sembra) a risolvere la complessa situazione determinata ab origine dal Trust.. e successivamente dal Trust…, con una soluzione negoziale (scelta condivisibile da parte dei falliti in proprio anche valutando l’ampia giurisprudenza penale formatasi sui trust oggettivamente connessi ad una accertata situazione di insolvenza (tra le tante Cass.51572\19 e 9929\15)”.
Sui dubbi invece sollevati dal giudice in punto alla validità del secondo trust, in quanto travolto dal primo trust palesemente non riconoscibile, non possiamo convenirne.
È certo infatti che il secondo trust (sulla cui validità nulla eccepisce il giudice) si sarebbe dimostrato valido se non fosse intervenuto il fallimento e tale validità, confermata anche dal fatto che era composto da beni di proprietà di Pinco, avrebbe potuto, in limine, produrre effetti dalla data della sua istituzione, divenendo solo da tale momento, l’unico centro di imputazione di qualsiasi effetto o obbligo che ne fosse derivato.
Con riferimento poi al secondo provvedimento autorizzativo, è interessante la riflessione che attiene all’articolo64, comma 2 Legge Fallimentare ed in particolare sulle modalità pratiche da seguirsi quando si debbano acquisire all’attivo beni di proprietà di un terzo, soggetti al regime delle trascrizioni nei Pubblici Registri.
Essendo evidente la lacuna legislativa della norma, che non ha considerato per l’appunto tale ipotesi, ed altresì considerato come la sentenza di fallimento non possa che essere trascritta sui beni del fallito, il giudice conviene sull’opportunità di colmare tale lacuna in via interpretativa, al fine di evitare “un’oggettiva confusione”, attraverso un’applicazione del combinato disposto dato dagli articoli 64, comma 2 e 25, comma 1 n.2) Legge Fallimentare che permettono quindi, con un ordine giudiziale, la trascrizione della sentenza di fallimento sui beni del terzo che non ne abbia contestato la spettanza alla procedura.
Documenti:
Tribunale di Bologna, autorizzazione 1 agosto 2020
Tribunale di Bologna, autorizzazione 17 agosto 2020
[1] La modifica di un trust è resa in diritto dei trust con l’espressione variation of a trust. Fattispecie del tutto diversa è il resettlement del trust che si concretizza in modifiche di tale rilevanza da far venire ad esistenza un trust nuovo. Qualora un atto istitutivo autorizzi modifiche al trust, ovvero le modifiche siano autorizzate dalla corte adita da un beneficiario o dal trustee stesso, tali modifiche potranno concretizzarsi solo in una variation e mai nel resettlement, in conformità con il precedente giurisprudenziale Re T’s Settlement Trust [1964] Ch 158, 162. Le modifiche possibili sono ricavabili dal precedente Re Holt’s ST [1969] 1 Ch 100,111 che in un passaggio così esplicita: “if an arrangement, while leaving the substratum, effectuates the purpose of the original trust by other means, it may still be possible to regard that arrangement as merely varying the original trust, even though the means employed are wholly different and even though the form is completely changed. Il “substrato” al quale fa riferimento la corte, è il contenuto sostanziale del trust con l’effetto che sarà legittima quella variation che, nel rispetto delle posizioni beneficiarie e della finalità, incida unicamente sui poteri di gestione del trustee. Qualsiasi modifica deve poi sempre concretizzarsi in un miglioramento dell’atto, che si rende opportuno nell’interesse del trust e dei beneficiari, anche se prospettico e dunque di non immediata rilevanza, come stabilito in Re RGST Settlement Trust; Ridgwell v Ridgwell [2007] EWHC Ch. Per contro il resettlement si può estendere anche sulle posizioni beneficiarie e scopo del trust, modificandole sostanzialmente e persino revocando alcuni beneficiari ed indicandone di nuovi, secondo il precedente Goulding v James [1997] All ER 239.
[2] La clausola relativa al power of resettlement prevista nell’atto era del seguente tenore: “Nel corso della Durata del Trust il Trustee, ottenuto il consenso del Guardiano, può dichiarare che egli tiene uno o più Beni in Trust, non più soggetti alle disposizioni di questo Strumento, a disposizione del Trustee di un altro Trust, ovunque istituito, secondo le disposizioni del relativo atto istitutivo a vantaggio di uno o più Beneficiari reddituali e, se del caso, che i Beneficiari in questione non sono più Beneficiari”
[3] La clausola prevista in favore della banca era la seguente: “Il Creditore del Disponente del Trust Bianchi, ossia Pinco Bianchi, è "Banca S.p.a ... in quanto il soggetto che, alla data dell’istituzione del Trust Bianchi, vantava ragioni di garanzia sorte precedentemente a detta data, per le obbligazioni contratte in qualità di debitore o di fideiussore bancario da Pinco Bianchi e rappresentate dal mutuo…, a garanzia del quale è stata iscritta ipoteca volontaria…. B. Il Creditore non ha alcuna Posizione Beneficiaria nel Trust in ragione della Finalità, rappresentata da un negozio di solidarietà famigliare espressa sia in questo Trust sia, soprattutto nel Trust Bianchi, avendo invece i diritti che gli sono riconosciuti dall’articolo 2740 cc e quindi ad essere soddisfatto secondo i principi previsti dalla legge italiana. Per tali ragioni, qualora Pinco Bianchi non provveda personalmente a soddisfare il Creditore nei termini secondo i quali, ai sensi di legge, risulti tenuto, il Trustee potrà addivenire ad accordi con il Creditore che portino al suo soddisfacimento, anche in via transattiva, impiegando a tal fine i soli beni in trust che, provenendo dal Trust Bianchi, siano stati a loro volta ivi fatti confluire da Pinco Bianchi in quanto di sua originaria ed esclusiva proprietà”.
[4] Sanders v Vautier (1841) 5 Beav 115, 49 ER 282, in T &AF, 2004, p.294. Si tratta di un fondamentale precedente inglese ai sensi del quale i beneficiari, se nel complesso esauriscono tutte le posizioni equitative previste nel trust, se maggiorenni e capaci, possono in qualsiasi tempo unanimemente decidere di porre termine anticipatamente al trust.
[5] I beneficiari che si trovano nella situazione prevista dalla rule Sanders v Vautier [possono spingersi sino al resettlement dell’atto di trust come stabilito nel precedente Re Holmden’s ST (1968) AC 685. Un autorevole studioso inglese infatti precisa: “Clearly the beneficiaries acting together do have the power to resettle the trust”, A HUDSON, Equity and trusts, London, 2017, p.434.
[6] Con diritto dei trust si intende una disciplina complessa che non si esaurisce con lo studio delle regole vigenti entro i confini di uno Stato ma si espande in giurisdizioni diverse, ciascuna con la propria storia e cultura. Quale punto di partenza la dottrina, indica il diritto inglese, per poi passare allo studio del diritto dei trust fuori dall’Inghilterra, M LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust negli ordinamenti di origine e in Italia, Milano, 2020, IV ed, p.25. La legge e giurisprudenza inglese sono infatti poste alla base di tutte le leggi del modello internazionale (compresa la TJL) con l’effetto che non è insolito trovare precedenti inglesi citati in procedimenti giudiziari relativi a trust regolati da leggi del modello internazionale. Alcun dubbio può esservi a riguardo per la Legge di Jersey posto che la sua struttura aperta verso gli altri ordinamenti è espressamente enunciata all’articolo 1(2): “This law shall not be construed as a codification of laws regarding trusts, trustees, and persons interested under trusts”.
[7] La Corte di Cassazione con la sentenza n.7477 del 20 marzo 2020, in www.ilcaso.it, ha rammentato che: “I pagamenti avvenuti dopo il fallimento e riconducibili, anche indirettamente, al fallito, perché effettuati con suo denaro, su suo incarico ovvero in suo luogo, sono inefficaci, ai sensi dell’articolo 44 l. fall., e le conseguenti domande di accertamento della loro inefficacia e di restituzione delle somme indebitamente versate in violazione della "par condicio creditorum" vanno proposte nei confronti dell’"accipiens", che è l’unico legittimato passivo, essendo l’effettivo beneficiario dell’atto solutorio, e non, invece, contro il soggetto eventualmente deputato dal medesimo fallito alla sua esecuzione.” E nello stesso senso Cass. 19 luglio 2016 n. 14779 in Fall, 2017, p. 988
[8] Cass. 29 luglio 2014 n.17196, in Fall, 2015, p.290 e Cass. 14 ottobre 2015 n.20742, in Fall, 2016, p.1006
[9] Sia il secondo comma dell’articolo 64 della l.f, sia l’articolo 2929 bis cc, sono stati aggiunti dal D.L. 27 giugno 2015, n. 83 (entrato in vigore il 27 giugno 2015), convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132 (entrata in vigore il 20 agosto 2015) confermando la volontà del legislatore di assicurare maggiore e più efficacia tutela, ai creditori civili e concorsuali, verso gli atti lesivi della garanzia patrimoniale posti in essere entro un limitato periodo di tempo
[10] Il provvedimento del Tribunale di Reggio Emilia13 Ottobre 2016, in questa rivista ad oggi uno dei primi precedenti italiani che, dopo l’avvento del secondo comma dell’articolo 64 lf, ne hanno trattato gli effetti pratici.
[11] La qualificazione della posizione beneficiaria come bene mobile è la conclusione ad un lungo dibattito che si incentrava sulla sua qualificazione come bene mobile o come bene connotato da realità. Per una disamina si rinvia a A BUSANI, Il Trust, Istituzione, gestione, cessazione, Milano, 2020, p.288
[12] Trib. Bologna 9 gennaio 2014, confermata da C A Bologna 11 gennaio 2019, in T &AF, 2019, 391 con nota di questo autore “L’ultimo comma dell’articolo2 della Convenzione e la posizione del disponente”. In particolare la sentenza di primo grado è talmente significativa da essere divenuta parte delle decisioni che costituiscono il diritto dei trust; sul punto P PANICO, International Trust Laws, P PANICO, Oxford, 2017, 1.257, p. 74
[13] In proposito il giudice delegato scrive: “Una rapida occhiata all’atto istitutivo del primo trust fa sorgere immediatamente serie perplessità sulla sua compatibilità con l’articolo2 della Convenzione. E se è vero che la natura di trust famigliare non comporta in sé alcun giudizio di disvalore è altrettanto vero che non reca con sé un lasciapassare di riconoscibilità ed esistenza.
- Tribunale di Bologna, autorizzazione 1 agosto 2020
- Tribunale di Bologna, autorizzazione 17 agosto 2020