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La liquidazione dell’imposta in relazione ad attribuzioni fatte da trust già esistenti nella Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 34 del 20 ottobre 2022

The liquidation of tax in relation to assignments made by existing trusts in the Letter Circular of Agenzia delle entrate no. 34 of 20 October 2022

perso nel bosco
Ph. Marco Rigamonti / perso nel bosco

La liquidazione dell’imposta in relazione ad attribuzioni fatte da trust già esistenti nella Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 34 del 20 ottobre 2022

Abstract

Il lavoro analizza la soluzione fornita dall'Agenzia delle entrate con la Circolare n. 34 del 2022 in relazione alla sorte delle imposte già versate a momento della stipula di atti dispositivi di beni in trust in adesione all'interpretazione contenuta nella precedente Circolare n. 3 del 2008. La soluzione adottata non è convincente, basandosi su una distorta visione delle caratteristiche e della funzione propria dei trust. Completano il lavoro l'analisi della sorte dei trust istituiti nel periodo di mancata vigenza dell’imposta di donazione, in relazione si quali si ritiene non debba essere versata alcuna imposta; e l'analisi dell'agevolazione prevista per il trasferimento a un trustee di partecipazioni di controllo, che andrà trattata diversamente a seconda che il trasferimento sia avvenuto prima o dopo l'emanazione della Circolare n. 34 del 2022.

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Abstract

The paper analyzes the solution provided by the Agenzia delle ebtrate in the Letter Circular no. 34 of 2022 in relation to the treatment of taxes already paid upon the set up of transfer of assets in trust in line with the interpretation contained in the previous Circular no. 3 of 2008. The solution adopted is not convincing, being based on a wrong view of the characteristics and proper function of trusts. The paper is completed by an analysis of the treatment of trusts established during the period when the gift tax was not in force, in relation to which no tax is believed to be payable; and an analysis of the allowance provided for the transfer to a trustee of controlling shares, which will have to be treated differently depending on whether the transfer took place before or after the issuance of the Letter Circular no. 34 of 2022.

 

Sommario:

1. Introduzione

2. La soluzione dell’Agenzia riguardo ai trust già esistenti. Osservazioni critiche

3. I trust istituiti nel periodo di mancata vigenza dell’imposta di donazione

4. Trust esistenti e agevolazione ai sensi dell’articolo 3, comma 4-ter, del d. lgs. 31 ottobre 1990, n. 346

5. Conclusioni

 

1. Introduzione

La Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 34 del 20 ottobre 2022 vede la luce dopo ben 14 mesi di gestazione rispetto alla pubblicazione, avvenuta l’11 agosto 2021, della bozza posta in consultazione.

È singolare che la Circolare si intitoli «Disciplina fiscale dei trust ai fini della imposizione diretta e indiretta». Si tratta di un linguaggio da "legislatore" e non da interprete di disposizioni normative esistenti, ma non è una novità, perché proprio in materia di trust già le circolari precedenti (la n. 47 del 2007 e la n. 3 del 2008) avevano letteralmente "creato" diritto[1].

La Circolare, di ben 65 pagine, affronta questioni relative alle imposte dirette, alle imposte indirette e al monitoraggio fiscale dei trust.

Le precedenti circolari avevano ricondotto sotto l’ombrello dell’imposta sulle successioni e donazioni tutte le tipologie di trust, qualunque fosse la loro "causa" (c.d. tassazione in entrata).

Dopo alcune oscillazioni la giurisprudenza è ormai granitica nel ritenere applicabile, a tutte le tipologie di trust, l’imposta di registro in misura fissa oltre alle imposte ipotecaria e catastale, sempre in misura fissa, in caso di apporto in trust di beni immobili. L’imposta di successione o donazione sarà dovuta al termine del trust o, comunque, quando il trustee attribuirà beni facenti parte del "capitale" del trust ai beneficiari (c.d. tassazione in uscita)[2].

L’Agenzia, nel recepire l’orientamento giurisprudenziale, non si dà per vinta, e si sforza di individuare talune ipotesi di tassazione in entrata, ossia immediata. Affronta poi le modalità applicative dell’imposta al termine del trust, con particolare riguardo ai trasferimenti di patrimonio "informali", ossia non risultanti da atti soggetti a registrazione. Cerca di risolvere le questioni di "diritto transitorio" o "intertemporale", vale a dire quelle relative ai trust esistenti già colpiti dall’imposta. Tra le righe dà risposta a questioni che parrebbero di dettaglio ma che, invece, sono rilevanti dal punto di vista pratico: applicabilità della tassazione con il criterio del c.d. prezzo-valore agli acquisti di immobili abitativi e relative pertinenze da parte del trustee persona fisica, spettanza di esenzioni e agevolazioni fiscali, decadenza dalle agevolazioni fiscali. Un capitolo specifico è dedicato alle modalità di tassazione dei trust liquidatori e di garanzia.

Queste note esaminano criticamente le questioni relative ai trust esistenti già colpiti dall’imposta.

 

2. La soluzione dell’Agenzia riguardo ai trust già esistenti. Osservazioni critiche

La Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 3 del 2008 aveva ritenuto, così interpretando e applicando le disposizioni del d. lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (testo unico delle imposte sulle successioni e donazioni – “Tusd”) che gli atti dispositivi di beni in favore del trustee di un trust istituito con atto tra vivi (ma il criterio si applicava anche ai trust testamentari) dovessero scontare l’immediata tassazione con l’imposta di donazione, qualunque fosse la “causa” del trust.

L’imposta di donazione, pertanto, colpiva immediatamente sia i trust genuinamente “liberali”, ossia stipulati per la realizzazione di una donazione indiretta in favore dei beneficiari finali, sia i trust “commerciali” (di garanzia, liquidatori) nonché i trust di scopo.

L’aliquota d’imposta era applicata sulla base del rapporto di parentela esistente tra il disponente e i beneficiari finali, tenendo conto delle franchigie[3].

I trust commerciali e di scopo, perciò, scontavano l’imposta di donazione con l’aliquota massima dell’8%. Erano inoltre dovute le imposte ipotecaria e catastale nella misura del 2% e dell’1% nel caso di intestazione al trustee di beni immobili o diritti reali immobiliari.

Secondo la Circolare del 2008, inoltre, nonostante l’assenza di una disposizione normativa che ciò prevedesse, al momento del trasferimento del fondo in trust ai beneficiari finali nessuna imposta sarebbe stata dovuta, qualunque fossero stati il valore e la natura dei beni facenti parte del fondo in trust nonché le persone dei beneficiari (il loro mutamento, pertanto, non aveva rilevanza ai fini fiscali).[4]

Il par. 4.4.5 della nuova Circolare si occupa della sorte dei "contribuenti" che, adeguandosi all’interpretazione contenuta nella Circolare n. 3 del 2008, hanno versato l’imposta immediatamente.

Prima di illustrare la soluzione dell’Agenzia occorre premettere che la Circolare n. 3 del 2008 "inventava" un soggetto passivo, ossia il trust[5] (ma di fatto chi pagava le imposte era il disponente), in totale conflitto con il chiaro disposto dell’articolo 5 del Tusd, che individua i soggetti passivi dell’imposta di donazione nei "beneficiari" della medesima (sempre che di donazione si tratti, beninteso).

Pertanto, quando l’Agenzia, nel par. 4.4.5, menziona i "contribuenti" che hanno fatto affidamento sulla precedente prassi amministrativa fa riferimento a chi ha effettivamente pagato l’imposta pur non essendo soggetto passivo della stessa. L’articolo 5 del Tusd è però incompatibile con la struttura negoziale di un trust, essendo una disposizione pensata per le donazioni che sono contratti.

Disponente e/o trustee, unici soggetti partecipanti agli atti istitutivo e dispositivo, non sono soggetti passivi dell’imposta. Hanno pagato imposte (non solo di donazione ma anche ipotecaria e catastale, nel caso di apporto di beni immobili o diritti reali immobiliari) da essi non dovute[6] per il solo fatto di essere parti dell’atto.[7]

La soluzione adottata dall’Agenzia riguardo ai trust esistenti è la seguente.

L’Agenzia ritiene che vi siano dei rapporti tributari qualificabili come "esauriti". Rispetto a tali rapporti i versamenti già eseguiti possono essere considerati a titolo definitivo, senza necessità di effettuare ulteriori liquidazioni all’atto delle successive attribuzioni a favore dei beneficiari, «a condizione che dette attribuzioni abbiano ad oggetto i medesimi beneficiari» (che – si noti - non sono "oggetto" dell’attribuzione ma semmai "soggetti") e «i medesimi beni e diritti»[8].

Il caso ipotizzato dall’Agenzia potrebbe essere quello in cui il disponente ha intestato un immobile al trustee e al termine del trust oppure nel corso del medesimo il trustee attribuisca definitivamente lo stesso immobile agli stessi beneficiari finali. Poiché l’imposta è stata già versata[9] i beneficiari non saranno obbligati a ulteriori versamenti, indipendentemente dal valore del bene immobile loro attribuito.

È una soluzione che parrebbe coerente con il principio di affidamento, ma può, in primo luogo, determinare incertezze applicative legate all’individuazione dei casi in cui si può ritenere che l’attribuzione finale abbia ad oggetto lo stesso bene.

Si pensi al caso di un’abitazione che nel corso della durata del trust è stata ristrutturata (con una ristrutturazione c.d. pesante, che porta alla creazione di un organismo edilizio diverso da quello originario), è aumentata di valore e poi viene attribuita ai beneficiari. Non è difficile immaginare che l’Agenzia contesti l’identità tra il bene originariamente apportato in trust e il bene attribuito ai beneficiari.

Si pensi all’iniziale dotazione di una partecipazione sociale che, a seguito di vicende societarie (es. fusione, scissione) non sia più quella nella società originaria ma in una diversa società. O, ancora, al caso della dotazione della nuda proprietà di un bene il cui usufrutto al termine del trust si sia estinto.

Il tema andrebbe impostato diversamente, dovendosi considerare che, nel diritto dei trust, i beneficiari finali non hanno un diritto "sui" o "ai" beni in trust, bensì al "valore" da essi rappresentato[10].

I beneficiari sono titolari del diritto di ricevere il fondo in trust al termine del medesimo, ma fino a tale data non sono titolari del fondo e dei beni che lo compongono. Non ha quindi rilevanza il fatto che il valore del fondo in trust, al termine del trust, sia rappresentato dai beni originariamente apportati o da beni diversi, conta solo l’ammontare della "ricchezza" da attribuire ai beneficiari, ossia il valore del fondo.

È coerente con il diritto dei trust, invece, ritenere che, ferma restando l’imputabilità dell’imposta già versata all’eventuale maggiore imposta dovuta alla data dell’attribuzione finale, i conti si facciano alla fine.

Ciò conduce a ritenere insostenibile l’ulteriore posizione dell’Agenzia, secondo cui non è rimborsabile l’eventuale maggiore imposta già versata nei casi in cui il rapporto è da ritenersi esaurito.

Sono "esauriti" quei rapporti che hanno dato luogo a situazioni giuridiche ormai consolidate e intangibili, in virtù del completo esaurimento degli effetti negoziali. Tali sono, ad esempio, i negozi traslativi, che esauriscono i loro effetti in un solo istante, all’atto del perfezionamento del consenso[11].

Nel caso del trust l’esaurimento del rapporto non potrà che avvenire al termine del trust, perché l’istituzione di un trust determina il sorgere a carico del trustee di obbligazioni fiduciarie che andranno adempiute fino al termine del trust.

È con l’attribuzione finale ai beneficiari finali[12] che si chiude il programma predisposto dal disponente nell’atto istitutivo e, conseguentemente, la vicenda negoziale, indipendentemente, questo è il punto centrale, dalla composizione del fondo in trust.

Non vi sono pertanto ragioni per, da un lato negare la riliquidazione dell’imposta al termine del trust e, dall’altro, impedire ai beneficiari finali di chiedere il rimborso dell’eventuale maggiore imposta già versata. Negare il rimborso violerebbe l’articolo 53 Costituzione per essere l’imposta (già) versata non proporzionale all’arricchimento effettivamente realizzato dai beneficiari.

Affermare, inoltre, che il termine per il rimborso è scaduto per decorso del triennio dal pagamento, come previsto dall’articolo 77 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 in materia di imposta di registro (applicabile anche all’imposta di donazione per via del richiamo contenuto nell’articolo 60 del Tusd), non ha pregio.

L’articolo 77, infatti, prevede che il termine triennale decorra dalla data del pagamento «ovvero, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione».

Si pensi al caso di variazione dell’imposta dipendente dal variare delle franchigie. Ad esempio, trust i cui beneficiari finali sono i figli del disponente, che al tempo dell’istituzione del trust ha un solo figlio, valore dei beni apportati in trust 2 milioni di euro, imposta pagata all’epoca dell’apporto euro 40.000. Al termine del trust il disponente ha tre figli.

L’aumento della franchigia da 1 a 3 milioni di euro non comporterebbe il versamento di alcuna imposta, tuttavia l’imposta già versata, dice l’Agenzia, non sarebbe rimborsabile.

Se invece l’imposta dovuta al termine del trust aumentasse, ad esempio perché il beneficiario è un estraneo rispetto al disponente, sarebbe dovuta la maggiore imposta.

Nel caso sopra esemplificato, se beneficiari finali non fossero più i figli del disponente ma persone non legate da rapporti di parentela, a parità di base imponibile l’imposta dovuta sarebbe pari a euro 160.000, in concreto euro 120.000 al netto degli euro 40.000 già versati.

Ragioni di ordine costituzionale impongono, pertanto, di ritenere rimborsabile la maggiore imposta già versata e che il termine di tre anni decorra dalla data della cessazione del trust. D’altro canto, se davvero si intende dare rilevanza al principio di affidamento, esso non può essere "modulato". O si applica integralmente, ossia a prescindere dalla natura dei beni e dal valore di essi al termine del trust, oppure non si applica affatto e l’Agenzia ha il potere di riliquidare l’imposta, fermo restando, come detto, il diritto al rimborso della maggiore imposta già pagata.

Si osserva, tra l’altro, che l’articolo 10, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente tutela l’affidamento del contribuente soltanto riguardo all’applicabilità di sanzioni e interessi moratori. L’affidamento non è tutelato rispetto alla maggiore imposta richiesta per effetto un mutamento della prassi dell’Agenzia[13].

In tale prospettiva perde di significato l’affermazione dell’Agenzia, secondo cui il rapporto giuridico non è esaurito se il contribuente ha chiesto il rimborso entro il termine di tre anni dalla registrazione dell’atto. Tra l’altro, considerato che soggetti passivi dell’imposta sono i beneficiari, che nessuna imposta hanno pagato, non sono parte dell’atto di trust e potrebbero persino ignorare di essere beneficiari, non si vede come possa decorrere il termine triennale nei loro confronti[14].

L’esaurimento del rapporto tributario, in ogni caso, non può dipendere dal comportamento del contribuente, essendo la produzione degli effetti negoziali "finali" un fatto oggettivo, non soggettivo.

Altra questione riguarda lo scomputo dell’imposta già versata.

I beneficiari finali diversi da quelli originariamente indicati, dice l’Agenzia, possono scomputare l’imposta versata (non dai beneficiari finali originari bensì) dal disponente o dal trustee, senza che però l’Agenzia indichi sulla base di quale disposizione normativa ciò possa avvenire. Una tale disposizione, in realtà, non esiste, quindi la Circolare, in concreto, diventa fonte del diritto "creando" una nuova disposizione normativa.

Un’opzione interpretativa potrebbe consistere nel ritenere applicabile in via analogica l’articolo 57, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in materia di imposta di registro (richiamato dall’articolo 60 del Tusd).

Tale disposizione prevede che sono obbligati al pagamento dell’imposta anche «i soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione», che nel caso del trust sono, impersonalmente, i beneficiari finali. Il pagamento immediato dell’imposta fatto da chi non era neppure soggetto passivo della stessa sarebbe così "imputabile" ai beneficiari finali (chiunque essi siano) in quanto soggetti nel cui interesse è stata richiesta la registrazione.

I beneficiari finali, di conseguenza, saranno anche legittimati a richiedere il rimborso della maggiore imposta pagata (dal disponente o dal trustee) in sede di apporto iniziale (il cui termine decorrerà, come già sopra evidenziato, dalla data di cessazione del trust).

Non è chiaro, infine, se nel caso in cui ai beneficiari finali si assegnino gli stessi immobili originariamente apportati in trust siano dovute (nuovamente) le imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale.

La Circolare sembra riferirsi solo all’imposta di donazione. Sarebbe del tutto coerente, tuttavia, che anche le imposte ipotecaria e catastale siano dovute in misura fissa.

Quanto alla sorte dei trust in relazione ai quali nessuna imposta è stata liquidata e versata in ragione dell’operare delle franchigie previste dalla legge (la Circolare parla – nel par. 4.4.5 – di trust esistenti che abbiano già scontato l’imposta) è ragionevole ritenere che il valore dei beni originariamente apportati rilevi ai fini dell’erosione delle franchigie[15].

 

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