x

x

Associazione Nazionale Magistrati: “Facciamo finta che tutto va ben tutto va ben…”

Prospettiva
Ph. Paolo Panzacchi / Prospettiva

Il 13 dicembre 2020 Salvatore Casciaro, magistrato e attuale segretario dell’Associazione nazionale magistrati, è stato intervistato dal Quotidiano Domani.

Il caso Palamara ha riguardato tutti. Ora vigileremo”, questo il titolo dell’intervista.

Si chiede a Casciaro se questa sarà una nuova pagina. Risponde che sì, lo sarà, e sarà scritta recuperando la passione nell’attività associativa la quale – precisa – è “lo strumento attraverso il quale poter dare risposte ai problemi reali della giurisdizione, ma anche rinsaldare, dopo un lungo periodo di comprensibile disorientamento dell’opinione pubblica, la fiducia dei cittadini”. Promette quindi “decisioni indifferibili” per ridare slancio a tale attività.

Lo si invita a precisare cosa abbia inteso la sua corrente di appartenenza, Magistratura Indipendente, quando ha proclamato di voler difendere gli interessi morali ed economici dei magistrati. Casciaro ricorda che l’ANM ha una storia gloriosa sebbene, soprattutto negli ultimi tempi, il correntismo e il carrierismo abbiano insediato l’autonomia e l’indipendenza della giurisdizione. Certo è – dice – che i colleghi sono “angustiati da carichi di lavoro difficilmente gestibili” e “stretti dall’esigenza di dare una celere risposta alla domanda di giustizia, ma anche determinati ad assicurare un lavoro di qualità”. A costoro si deve “prestare massima attenzione” ed infatti i “carichi esigibili” sono “uno dei punti programmatici salienti della nostra azione associativa”.

L’intervistatore richiama lo scottante tema dell’edilizia giudiziaria. Casciaro non nasconde la sua preoccupazione: “Perfino nella capitale, per la ristrettezza di spazi adibiti insieme ad aule di udienza e a stanze dei magistrati, mi consta ci siano colleghi che, nella forzata condivisione degli ambienti, non possono neanche frequentare l’ufficio per studio o lavoro in giorni diversi da quelli di udienza […] Sono temi, ci tengo a dirlo, che hanno dirette e pesanti ricadute sulla qualità del servizio giustizia, reso nell’interesse dei cittadini”.

Si giunge alla vicenda Palamara e Casciaro così la declina: “ha investito tutti i gruppi associativi, e tale comune consapevolezza ha costituito la necessaria premessa della sintesi programmatica della neocostituita giunta esecutiva centrale, il che ha comportato l’avvio di una riflessione su alcuni snodi dell’associazionismo con il convincimento, in seno al comitato direttivo, di dover procedere a una declinazione della questione morale con modalità “costruttive”, delineando una serie di proposte e interventi puntuali per evitare il ripetersi dei fenomeni di degenerazione correntizia. Sarà determinante imboccare con coraggio questa strada”.

È il turno delle tante proposte di riforma della giustizia. Questa l’opinione del segretario: “Le riforme di cui abbiamo bisogno devono muovere dalla conoscenza dei problemi strutturali che affliggono la giustizia, il che orienta anzitutto verso la copertura degli organici di magistrati e personale amministrativo. Non solo, vanno considerate anche le esigenze di revisione delle piante organiche perché la domanda di giustizia è legata a specificità, e talora a contingenze, e non si presenta sempre in modo omogeneo sul territorio nazionale. È ragionevole quindi rimodulare l’assetto delle risorse e, laddove vi siano uffici giudiziari in sofferenza, potenziarli prontamente ampliandone le dotazioni organiche. In questo la macchina amministrativa sconta inevitabili lentezze. Non meno importanti sono, come dicevo, gli aspetti dell’edilizia giudiziaria: ben può verificarsi che all’incremento delle udienze, e di riflesso della produttività, sia di ostacolo proprio l’assenza di spazi idonei dove celebrare le udienze. Servono poi dotazioni materiali, informatiche, assistenza sistemistica e, in definitiva, una serie di interventi confluenti rispetto all’obiettivo”.

Potrebbe funzionare la semplificazione dei riti? Casciaro non è molto convinto: “Premetto che il profilo della semplificazione dei riti è un refrain ricorrente: ogni nuovo governo è intervenuto dicendo la sua sui riti, ma è una linea che non centra, almeno in tempi brevi, il bersaglio di velocizzare i tempi del giudizio. Nell’immediato l’intervento sul rito determina, con la disciplina processuale transitoria che distingue tra cause nuove, cui esso si applica, e cause più risalenti, soggette al rito pregresso, serie difficoltà tra gli operatori, con esiti talora controproducenti. La situazione migliora nel tempo quando la riforma sul rito va, come si suol dire, “a regime”, ma possono trascorrere parecchi anni prima che si avverta un risultato apprezzabile.  Auspicherei piuttosto che non fossero trascurati, anche tenendo conto di spunti comparatistici con altri ordinamenti, interventi sul principio di sinteticità degli atti processuali e sull’abuso del processo che sono assai avvertiti dagli operatori”.

E come si fa ad intaccare l’arretrato? Casciaro ha idee precise: “per lo smaltimento dell’arretrato occorrono, dicevo, interventi strutturali. Non credo molto nelle task force per l’abbattimento dell’arretrato che mi ricordano le sezioni stralcio di antica memoria che purtroppo non diedero buona prova. È comunque utile muovere da un significativo dato che riguarda i magistrati: mentre la media europea è di circa 22 magistrati ogni 100.00 abitanti, in Italia abbiamo solo 11 magistrati ogni 100.00 abitanti, e dunque praticamente la metà. Aggiungo che i magistrati italiani sono, come dice la Commissione Europea per l’efficienza della giustizia, CEPEJ, tra i più produttivi d’Europa, il che fa intendere come l’intervento sull’incremento delle risorse sia, in concreto, quello da perseguire”.

Sarebbe utile sanzionare i magistrati del settore penale che non rispettano la durata delle fasi processuali? Casciaro non è affatto convinto che sia questo il giusto rimedio:Sarebbe bello se si potessero accorciare i tempi dei giudizi con un tratto di penna. In realtà, i tempi di definizione possono dipendere dal fondamentale ruolo esercitato dalle parti e non sono rigidamente preventivabili, così come non sarebbe ragionevole contingentare le attese dei pazienti che accorrono in massa in un presidio ospedaliero prescindendo dal numero dei sanitari in servizio.  Le iniziative legislative sui tempi delle fasi processuali peccano di astrattezza e, se abbinate alla previsione di sanzioni per lo sforamento dei tempi, sono percepite come profondamente inique soprattutto da quei magistrati, e mi creda sono tanti, che operano con dedizione in uffici con carichi di lavoro difficilmente gestibili”.

In sintesi:

  • l’associazionismo giudiziario, purché appassionato, è decisivo per dare una risposta ai problemi della giurisdizione;
  • i magistrati vivono una fase di angustia poiché sottoposti a carichi di lavoro difficilmente gestibili ma al tempo stesso determinati a rispondere celermente e con un alto livello qualitativo alla domanda di giustizia;
  • l’edilizia giudiziaria è uno snodo fondamentale; vari magistrati sono costretti a disertare l’ufficio per mancanza di spazio;
  • le riforme della giustizia devono individuare una precisa priorità ed è quella della revisione delle piante organiche e dell’incremento delle risorse;
  • la semplificazione dei riti potrebbe forse dare una mano ma certo non se ne vedrebbero gli effetti se non nel lungo periodo; meglio puntare sulla sinteticità degli atti processuali e sulla lotta all’abuso del processo;
  • inutile puntare su task force per ridurre l’arretrato;
  • inutile e anche iniquo sanzionare chi non rispetta i termini di durata massima delle fasi processuali.

Ognuno si faccia la sua opinione.

Post scriptum: ci sarebbe da sintetizzare anche la posizione del segretario Casciaro sul caso Palamara ma non si è compreso bene in cosa consista e quindi si desiste.

Post scriptum bis: si dovrebbe anche chiarire quali siano le “decisioni indifferibili” e gli “interventi puntuali” che bonificheranno e rilanceranno l’associazionismo giudiziario ma, in assenza di dettagli da parte dell’intervistato, si desiste ancora una volta.

Questo è il link all’intervista: Link.

Si potrebbe chiosare scomodando Tomasi di Lampedusa: “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi ma sembra troppo aulico per quanto esposto è preferibile la popolare Ombretta Colli con l’intramontabile è sempre verde:

Facciamo finta che…

Tutto va ben, tutto va ben

Facciamo finta che tutto va ben

Che il cielo sia costantemente azzurro

Che il sole splenda sempre allegramente

Che tutto quanto sia sempre sereno

Ruscelli, prati verdi e arcobaleno

Facciamo finta che…

Tutto va ben, tutto va ben

Facciamo finta che tutto va ben

 

Che il povero sia in fondo un gran signore

Che il servo stia assai meglio del padrone

Che le persone anziane stian benone

Che i giovani abbian sempre… un’occasione

 

Facciamo finta che…

Tutto va ben, tutto va ben