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Attacco feroce al diritto di difesa dei contribuenti

Paradiso bianco
Ph. Giacomo Martini / Paradiso bianco

In questo periodo, i contribuenti ed i professionisti assistono, sgomenti, ad un feroce attacco legislativo al diritto di difesa, costituzionalmente garantito (art. 24 della Costituzione).

Infatti, con i seguenti esempi, un legislatore distratto (o, forse, connivente), approfittando della legge di bilancio 2022, sta mettendo a rischio le possibilità di difesa dei contribuenti contro gli atti (di riscossione e di accertamento) delle Agenzie delle Entrate e della Riscossione, escludendo l’impugnazione degli estratti di ruolo ed impedendo l’esercizio del proprio diritto di difesa, con i ritardi dei pagamenti dei rimborsi, nonché con le insidie e gli eventuali aumenti dei contributi unificati tributari (CUT).

Inoltre, lo stesso legislatore tarda colpevolmente a riformare strutturalmente l’attuale inadeguata giustizia tributaria, nonostante il sollecito del PNRR, la richiesta del CNEL, di tutti i contribuenti, gli Ordini e le Associazioni professionali e, soprattutto, cosa ancor più grave, mettendo nel cassetto la preziosa relazione del 30 giugno 2021 della Commissione    Interministeriale MEF – Giustizia, con l’approvazione maggioranza dell’opzione n. 2.

Purtroppo, c’è in atto un preciso e dettagliato disegno legislativo di denegata giustizia, dove l’Agenzia delle Entrate detta persino la legge, come ho scritto nei miei articoli, e dove si costringe il contribuente, con il suo difensore, ad evitare l’impugnazione di determinati atti o a desistere dalle impugnazioni, utilizzando la leva economica con i CUT.

In sostanza, con le seguenti modifiche legislative, il legislatore costringerà il contribuente o a pagare in silenzio (con il beneficio delle rate) o a mettersi d’accordo con la stessa Agenzia delle Entrate tramite la mediazione, alla faccia del conflitto di interessi e dell’imparzialità amministrativa, prevista dall’art. 97 della Costituzione.

In definitiva, l’attuale legislatore, pur di favorire le pretese erariali, calpesta chiari e precisi principi costituzionali, soprattutto quelli della parità tra le parti (art. 3), del diritto di difesa (art. 24) e del processo tributario, che deve svolgersi nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti al giudice terzo ed imparziale (art. 111, secondo comma).

Arrivati a questo grave ed incostituzionale punto di rottura, TUTTI I CONTRIBUENTI, GLI ORDINI E LE ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI DEVONO ATTIVARSI CON DECISIONE  per fermare questa pericolosa deriva e costringere l’attuale legislatore a non approvare i seguenti progetti di legge, che tutelano soltanto le richieste delle Agenzie delle Entrate e della Riscossione a danno di TUTTI.

Inoltre, con l’occasione, INVITO TUTTI I COLLEGHI PROFESSIONISTI ad uscire dai propri studi e confrontarsi con l’opinione pubblica, facendo capire, con termini semplici e comprensibili, i rischi che corrono tutti i contribuenti.

È importante, con articoli nei quotidiani nazionali (non soltanto economici) e con le partecipazioni ai programmini radiofonici e televisivi, far capire alla gente (dal pensionato, dalla casalinga e sino all’imprenditore) che seppur è necessario combattere l’evasione fiscale è altrettanto necessario ed urgente non limitare in alcun modo il diritto di difesa, da esercitare sempre davanti ad un giudice tributario terzo, imparziale e competente perché vincitore di concorso pubblico scritto ed orale.

Indico di seguito i progetti di legge oggi in discussione in Parlamento, la cui approvazione deve essere impedita per evitare la denegata giustizia mentre, al contrario, bisogna sollecitare il (distratto !!!!) legislatore a riformare subito la giustizia tributaria, come richiesto dal PNRR.

 

ATTUALI PROGETTI DI LEGGE

Articolo 3-bis del Decreto Legge n. 146 del 21 ottobre 2021

(Non impugnabilità dell’estratto di ruolo e limiti all’impugnabilità del ruolo)

“1. All’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:

«4-bis. L’estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione».

N.B. In questo modo, il contribuente è costretto ad impugnare soltanto il preavviso (artt. 77 e 86 del D.P.R. n. 602/1973), che non sarà mai sospeso in 30 giorni dai giudici tributari e quindi subirà l’ipoteca ed il fermo.

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Articolo 5-octies del Decreto Legge n. 146 del 21 ottobre 2021

(Modalità di pagamento delle spese di giudizio da parte dell’agente della riscossione)

“1. L’agente della riscossione provvede al pagamento delle somme dovute a titolo di spese e onorari di giudizio liquidati con la pronuncia di condanna, nonché di ogni accessorio di legge, esclusivamente mediante l’accredito delle medesime sul conto corrente della controparte ovvero del suo difensore distrattario. A tal fine, le somme di cui al primo periodo sono richieste in pagamento alla competente struttura territoriale dell’agente della riscossione, indicata nel relativo sito internet istituzionale, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento o di posta elettronica certificata. Il soggetto legittimato è tenuto a fornire, all’atto della richiesta, gli estremi del proprio conto corrente bancario e non può procedere alla notificazione del titolo esecutivo e alla promozione di azioni esecutive per il recupero delle predette somme, se non decorsi centoventi giorni dalla data di ricezione della stessa richiesta.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano alle pronunce di condanna emesse a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

N.B. In questo modo, si ritarda ancora di più il rimborso, che prima era di 30 giorni dalla notifica dell’atto di messa in mora, mentre il contribuente è sempre costretto a pagare entro 60 giorni.

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Articolo 192 della Legge di Bilancio 2022 (A.S. 2448) - Commissione Bilancio del Senato

(Disposizioni in materia di contributo unificato)

“1. Al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 sono apportate le seguenti modificazioni:

all’articolo 16:

  1. prima del comma 1 è aggiunto il seguente: “01. In caso di omesso pagamento del contributo unificato, ovvero nel caso in cui l'importo versato non è corrispondente al valore della causa dichiarato dalla parte ai sensi dell’articolo 15, comma 1, anche quando sono utilizzate modalità di pagamento con sistemi telematici, il personale incaricato non deve procedere all’iscrizione al ruolo.”;
  2. al comma 1 prima delle parole “In caso di omesso” sono aggiunte le seguenti: “Fermo quanto previsto dal comma 01,”;
  3. al comma 1-bis le parole “In caso di omesso o parziale pagamento del contributo unificato” sono sostituite dalle seguenti: “Nei casi di cui al comma 1”;
  4. all’articolo 248, comma 1, dopo le parole “articolo 16” sono aggiunte le seguenti: “, commi 1 e 1-bis”;
  5. all’articolo 208, comma 1:
    1. alla lettera a) le parole: «, contabile» sono soppresse;
    2. dopo la lettera b) è inserita la seguente: «c) in tutte le altre ipotesi è quello incardinato presso la Corte d’Appello di Roma».

 

“Articolo 16 del D.P.R. n. 115/2020 (Nuova formulazione prevista)

“Omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato”

In caso di omesso pagamento del contributo unificato, ovvero nel caso in cui l'importo versato non è corrispondente al valore della causa dichiarato dalla parte ai sensi dell’articolo 15, comma 1, anche quando sono utilizzate modalità di pagamento con sistemi telematici, il personale incaricato non deve procedere all’iscrizione al ruolo.

Fermo quanto previsto dal comma 01, in caso di omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato si applicano le disposizioni di cui alla parte VII, titolo VII, del presente testo unico e nell'importo iscritto a ruolo sono calcolati gli interessi al saggio legale, decorrenti dal deposito dell'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo.

1 bis) Nei casi di cui al comma 1, si applica la sanzione di cui all'articolo 71 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 esclusa la detrazione ivi prevista.

1-ter) La sanzione irrogata, anche attraverso la comunicazione contenuta nell'invito al pagamento di cui all'articolo 248, è notificata a cura dell'ufficio e anche tramite posta elettronica certificata, nel domicilio eletto o, nel caso di mancata elezione del domicilio, mediante deposito presso l'ufficio.

N.B. In questo modo si impedisce l’esercizio del diritto di difesa in quanto la procedura delle spese di giustizia si traduce in denegata giustizia, ignorando tutte le sentenze della Corte Costituzionale (n. 157 del 1969, n. 61 del 1970, n. 113 del 1963 e n. 333 del 2001) e della Corte di Cassazione (Sezione III Civile, Ordinanza n. 9664 del 26 maggio 2020).

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Eventuale aumento del contributo unificato

(Art. 1, quarto comma, della Legge n. 165/2021 di riforma del processo civile)

Il suddetto articolo prevede che il Governo dovrà compiere un “monitoraggio” sulle spese per gli incentivi alla mediazione e se i soldi stanziati non bastano dovrà aumentare il contributo unificato.

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Ritardo della riforma strutturale della giustizia tributaria

In questo periodo, il Governo ed il Parlamento hanno modificato il processo civile, il processo penale, il processo del lavoro, il processo delle controversie familiari con l’istituzione del Tribunale della famiglia, ed il processo delle crisi di aziende mentre dimentica di riformare la giustizia tributaria, nonostante la richiesta del PNRR, del CNEL e di tutti gli operatori del settore.

Oggi, la giustizia tributaria dipende dal MEF con giudici non professionali, che svolgono altre attività e pagati 15 euro nette a sentenza depositata, indipendentemente dal valore della causa, mentre un giudice di pace, per le cause “minori” (come per esempio quelle condominiali) percepisce euro 72.000 lordi l’anno!!!!

La Commissione Interministeriale MEF – Giustizia, istituita dallo stesso Governo, con la condivisibile opzione n. 2 di maggioranza ha previsto una giustizia tributaria non più dipendente dal MEF ma dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con giudici professionali e competenti, vincitori di concorso pubblico scritto e orale e retribuiti come gli attuali magistrati ordinari (QUINTA MAGISTRATURA).

BISOGNA IMPEDIRE LA DENEGATA GIUSTIZIA