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Attualità - Censura: arrestato e privato del passaporto il regista iraniano Mohammad Rasoulof

Attualità - Censura: arrestato e privato del passaporto il regista iraniano Mohammad Rasoulof
Attualità - Censura: arrestato e privato del passaporto il regista iraniano Mohammad Rasoulof

Recente vincitore della sezione “Un certain regard” al Festival del Cinema di Cannes, il regista iraniano Mohammad Rasoulof deve affrontare il problema della censura nel suo Paese, che lo accusa di “propaganda contro il regime” e di comportamenti volti a “mettere in pericolo la sicurezza nazionale.

Il film, una sorta di thriller kafkiano che si intitola “A man of integrity”, denuncia la corruzione burocratica in Iran, narrando le vicende di un uomo, Reza, un allevatore ittico che si rifiuta di pagare una tangente per un prestito che salverebbe la sua attività.

La vicenda raccontata nel film ricorda quella di Michele Kohlhaas un racconto dello scrittore tedesco Heinrich Von Kleist, pubblicato in una prima versione parziale nel 1808 all'interno della rivista Phöbus, ed in versione definitiva nel 1810 nel primo volume degli Erzählungen (Racconti). Ispirato ad un episodio storico avvenuto nel sedicesimo secolo, narra la risoluta lotta per ottenere giustizia di un commerciante di cavalli vittima di un sopruso da parte di un signorotto locale. Mutatis mutandis, la vicenda si ripropone oggi in terra di Iran.

Il registra, cineasta di talento e prolifico, era incappato nel cappio della censura con due suoi film precedenti, ovvero Manuscripts Do not Burn (2013) e Iron Island (2005), che erano stati banditi in Iran.

Rasoulof è attualmente agli arresti domiciliari a Teheran, in attesa di processo: il suo passaporto gli era stato confiscato già a settembre, dopo che era tornato dagli USA, dove aveva partecipato al Telluride Film Festival. Il regista era già stato imprigionato una volta, nel 2010, assieme al suo amico e collega Jafar Panahi, condannati entrambi a sei anni di carcere, poi ridotti a dodici mesi e infine assolti. A Panahi, tuttavia, fu impedito di realizzare film per venti anni. Ma stavolta la cosa appare ancora più seria.

L’aspetto paradossale, denunciato dal regista, è che il film aveva già avuto il visto preventivo per le riprese. Pertanto, non si tratta di un film clandestino, girato di nascosto in Iran, ma di un film ufficiale e autorizzato. La disciplina di controllo, peraltro, richiede un doppio visto: quello prima di girare e quello da richiedere successivamente, per ottenere l’autorizzazione all’uscita nelle sale cinematografiche. Questo secondo visto non è ai arrivato.

Probabilmente il regime non ha gradito la denuncia del regista, che ora rischia sei anni di carcere per i due reati che gli vengono contestati: attentato alla sicurezza nazionale e propaganda contro il regime. A un giornalista del Figaro, che l’ha intervistato, ha dichiarato di essere in attesa di comparire in Tribunale, denunciando una situazione processuale vaga e confusa. Le indagini, infatti, sono ancora in corso e non si conosce la durata delle stesse.

Per un quadro sulla libertà di espressione sulla stampa e sul web, si visiti il sito Freedomhouse.

Auspicando una rapida e favorevole risoluzione di questa odissea giudiziaria, sarà cura della redazione di Filodiritto seguire le vicende del regista iraniano, e di darvene conto con futuri aggiornamenti.