Violenza di Stato e “Nuda Vita” nelle Favelas di Rio de Janeiro: Profili di Diritto Penale, Costituzionale e Internazionale nella Necropolitica della Sicurezza
Violenza di Stato e “Nuda Vita” nelle Favelas di Rio de Janeiro: Profili di Diritto Penale, Costituzionale e Internazionale nella Necropolitica della Sicurezza
L’Operação Contenção, condotta il 28 ottobre 2025 nei complessi di Alemão e Penha a Rio de Janeiro, costituisce uno spartiacque nella riflessione giuridica sul rapporto tra sicurezza pubblica, diritti fondamentali e uso legittimo della forza da parte dello Stato. Con oltre 2.500 agenti impiegati, centinaia di mandati di arresto e un bilancio di vittime senza precedenti, tale operazione solleva questioni che travalicano la mera contingenza fattuale, toccando il nucleo normativo dello Stato di diritto. Il diritto alla sicurezza, pur riconosciuto come componente essenziale della convivenza civile (art. 5, caput, Costituzione Federale del Brasile), non può essere invocato come clausola di sospensione delle garanzie fondamentali previste dallo stesso articolo e dagli strumenti internazionali ratificati dal Paese — tra cui il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (artt. 6 e 7) e la Convenzione Americana dei Diritti Umani (artt. 4 e 5). L’analisi dell’operazione in oggetto impone di confrontarsi con il principio di proporzionalità nell’uso della forza, cardine della giurisprudenza costituzionale e sovranazionale. Ai sensi dell’art. 37, §6 della Costituzione brasiliana, lo Stato risponde civilmente per i danni causati dai propri agenti in attività di servizio, qualora ne sia dimostrato l’abuso o l’eccesso. La Corte Interamericana dei Diritti Umani, nella nota sentenza Favela Nova Brasília vs. Brasile (2017), ha già sancito la responsabilità internazionale dello Stato brasiliano per l’uso eccessivo della forza nelle operazioni di polizia nelle favelas, affermando che la violenza sistemica contro popolazioni marginalizzate costituisce violazione degli artt. 4 (diritto alla vita), 5 (integrità personale) e 25 (tutela giudiziaria effettiva) della Convenzione Americana. Alla luce di tale precedente, la letalità registrata durante l’Operação Contenção — con oltre cento morti, inclusi civili non armati — configura un’ipotesi di responsabilità statale aggravata, suscettibile di azione innanzi agli organi interamericani e, potenzialmente, di ricadute penali individuali per violazione dei diritti umani ai sensi dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale (art. 7, §1, lett. a e h, “atti disumani” e “persecuzione”). La retorica del “bandido bom é bandido morto” (“un buon delinquente è un delinquente morto”), ampiamente utilizzata da autorità politiche e media, riflette una torsione ideologica del diritto penale che sposta l’asse dalla colpevolezza individuale alla pericolosità sociale. Tale paradigma, già criticato da Günther Jakobs nella sua teoria del Feindstrafrecht (diritto penale del nemico), legittima la sospensione delle garanzie procedurali e la punibilità anticipata sulla base dell’appartenenza a una categoria stigmatizzata — in questo caso, i giovani afrodiscendenti residenti nelle favelas. Il passaggio dal Rechtsstaat al Sicherheitsstaat (dallo Stato di diritto allo Stato di sicurezza) si manifesta nella sostituzione del diritto con la discrezionalità dell’apparato coercitivo, in palese contrasto con il principio di legalità sancito dall’art. 5, XXXIX della Costituzione Federale (“non vi è crimine né pena senza legge precedente che li definisca”). L’uso massiccio di mezzi militari, la chiusura di scuole e ospedali, le perquisizioni collettive senza mandato individuale e l’assenza di controllo giurisdizionale tempestivo configurano una sospensione di fatto dell’ordine costituzionale. Secondo l’art. 136 della Costituzione, l’istituzione dello stato di difesa o dello stato d’assedio è prerogativa presidenziale, soggetta a limiti temporali, territoriali e parlamentari. Tuttavia, l’applicazione extralegale di misure equivalenti, sotto la denominazione di “operazioni di polizia”, produce un effetto sostanzialmente analogo alla proclamazione di uno stato d’eccezione non dichiarato — ciò che Giorgio Agamben definirebbe “paradigma della sovranità pura”. In termini di diritto comparato, tale fenomeno rientra nella categoria della constitutional degradation: un processo di erosione silenziosa delle garanzie costituzionali mediante l’uso reiterato dell’eccezione securitaria. L’art. 5, caput, della Costituzione brasiliana proclama l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, senza distinzioni di razza, colore o condizione sociale. Tuttavia, la prassi operativa delle forze dell’ordine evidenzia una discriminazione strutturale sistematica, con un impatto sproporzionato sulle popolazioni afrodiscendenti e povere. Il principio di uguaglianza sostanziale, inteso non solo come parità formale ma come parità di protezione, impone che lo Stato adotti politiche di sicurezza rispettose della dignità della persona umana (art. 1, III, Cost.) e orientate alla tutela dei diritti, non alla loro soppressione. L’assenza di indagini efficaci sulle violenze di polizia — in violazione dell’art. 8 della Convenzione Americana — costituisce inoltre una negazione della giustizia e un atto di revittimizzazione istituzionale. In base al diritto internazionale consuetudinario e agli artt. 1 e 2 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, lo Stato ha l’obbligo positivo di prevenire, indagare e punire violazioni del diritto alla vita commesse da suoi agenti. L’assenza di controllo indipendente e la mancata separazione funzionale tra forze militari e di polizia violano i parametri stabiliti dal Comitato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (General Comment n. 36, 2018) in materia di right to life. Tale configurazione rientra nella categoria dell’impunità strutturale, già condannata dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani quale forma di violazione continuata degli obblighi di garanzia ex art. 1.1 della Convenzione. L’analisi giuridica delle operazioni di sicurezza nelle favelas suggerisce la necessità di un ripensamento radicale del modello di law enforcement.
Una politica di sicurezza conforme alla Costituzione deve fondarsi su tre assi: Legalità e controllo giurisdizionale effettivo (artt. 5, XXXV e 37 CF): nessuna operazione può svolgersi senza autorizzazione giudiziaria specifica e successivo scrutinio penale delle condotte individuali; Professionalizzazione e demilitarizzazione della polizia (art. 144 CF): separazione delle funzioni di ordine pubblico da quelle di difesa nazionale; Accountability democratica e partecipazione comunitaria, in linea con i Principi Base ONU sull’Uso della Forza (1990) e con la Risoluzione n. 45/166 del Consiglio dei Diritti Umani (2020). Solo una riforma in senso garantista e costituzionalmente orientato potrà restituire alle forze dell’ordine la legittimità perduta e allo Stato la propria funzione di garante, non di carnefice, dei diritti fondamentali. Le favelas di Rio rappresentano oggi il luogo paradigmatico in cui la sovranità si manifesta nella sua forma più nuda: il potere di dare la morte senza dover rispondere al diritto. Il concetto di nuda vita, elaborato da Agamben, assume qui una valenza giuridica concreta: individui privati di tutela giurisdizionale effettiva, le cui esistenze sono gestite attraverso un diritto penale d’eccezione. La sfida del diritto contemporaneo, nazionale e internazionale, consiste nel riaffermare il primato della legalità su ogni pretesa di sicurezza assoluta. Come ammoniva la Corte Suprema brasiliana nella sentenza ADPF 635 (2020): “Non esiste politica di sicurezza pubblica compatibile con la Costituzione che ignori la dignità della persona umana.” In questa affermazione risiede la chiave di volta:
senza diritto, la sicurezza si trasforma in violenza legale; senza giustizia, l’ordine è solo il nome che l’oppressore dà alla paura.