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Avvocato Generale UE: no ai divieti alla rete distributiva delle vendite on line

Art. 81, n. 1, CE – Concorrenza – Distribuzione selettiva – Divieto generale e assoluto di vendere su Internet prodotti cosmetici e di igiene personale agli utilizzatori finali – Restrizione della concorrenza per oggetto – Regolamento (CE) n. 2790/1999 – Art. 4, lett. c) – Limitazione delle vendite attive e passive – Restrizione grave – Esenzione individuale – Art. 81, n. 3, CE
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JAN MAZÁK

Causa C‑439/09 (1)

Pierre Fabre Dermo-Cosmétique SAS

contro

Président de l’Autorité de la Concurrence

e

Ministre de l’Économie, de l’Industrie et de l’Emploi

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour d’appel de Paris (Francia)]

I – Introduzione

1. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale è sorta nell’ambito di un ricorso con cui la Pierre Fabre Dermo-Cosmétique SAS (in prosieguo: la «PFDC»), ha chiesto l’annullamento e, in subordine, la modifica della decisione del Conseil de la concurrence (Consiglio della concorrenza francese, in prosieguo: il «Consiglio») 29 ottobre 2008, 08-D-25. In tale decisione si è riscontrato che la PFDC aveva violato l’art. L. 420-1 del Code de Commerce (Codice di commercio) e l’art. 81 CE (ora art. 101 TFUE), imponendo di fatto ai suoi distributori selezionati (autorizzati), nei suoi accordi di distribuzione selettiva, un divieto generale e assoluto di vendita su Internet di prodotti cosmetici e di igiene personale agli utilizzatori finali. Il Consiglio ha ritenuto il divieto di vendita su Internet derivante dal requisito, previsto nei contratti di distribuzione della PFDC, che la vendita dei prodotti di cui trattasi fosse effettuata nell’ambito di uno spazio fisico in presenza di un laureato in farmacia.

II – Controversia nella causa principale e questione pregiudiziale

2. Il gruppo Pierre Fabre commercializza varie gamme di prodotti farmaceutici, omeopatici e parafarmaceutici. La PFDC ha come attività la fabbricazione e la commercializzazione di prodotti cosmetici e per l’igiene personale e dispone di più filiali, tra cui i laboratori cosmetici Avène, Klorane, Galénic e Ducray. Nel 2007, i gruppi Pierre Fabre e Cosmétique Active France, filiale de l’Oréal, erano preponderanti con il 20% e, rispettivamente il 18,6% delle quote di mercato in ragione della loro anzianità e del loro «portafoglio» di marche.

3. I contratti concessi dalla PFDC per la distribuzione dei prodotti cosmetici e di igiene personale relativi ai marchi Avène, Klorane, Galénic e Ducray precisano che tali vendite devono essere realizzate in uno spazio fisico e con l’obbligatoria presenza di un laureato in farmacia (2). Il giudice del rinvio afferma che è pacifico tra le parti che tali requisiti escludono, di fatto, tutte le forme di vendita via Internet.

4. Con decisione 27 giugno 2006, il Consiglio ha proceduto d’ufficio all’esame di pratiche attuate nel settore della distribuzione dei prodotti cosmetici e dell’igiene personale. Con decisione 8 marzo 2007, 07–D 07, il Consiglio ha accettato e reso vincolanti gli impegni proposti dalle imprese poste sotto esame, ad eccezione del gruppo Pierre Fabre, consistenti nel modificare i loro contratti di distribuzione selettiva al fine di prevedere la possibilità per i membri della loro rete di vendere i loro prodotti su Internet. L’esame delle pratiche del gruppo Pierre Fabre è stato stralciato dal relatore generale il 30 ottobre 2006.

5. I prodotti oggetto d’esame sono i prodotti cosmetici e di igiene personale distribuiti mediante sistemi di distribuzione selettiva e offerti con il consiglio di un farmacista. Tali prodotti, che fanno parte del più ampio settore dei prodotti cosmetici e di igiene personale sono, a tale titolo, assoggettati a vari requisiti relativi alla loro composizione e alla loro etichettatura. Tuttavia, non rientrando nella categoria dei medicinali e non essendo così assoggettati al monopolio dei farmacisti, nulla osta a che tali prodotti vengano liberamente commercializzati al di fuori della rete farmaceutica.

6. La concorrenza tra produttori sul mercato dei prodotti cosmetici e dell’igiene personale è viva in ragione, in particolare, della natura dei prodotti, per i quali l’innovazione svolge un ruolo centrale. La loro distribuzione è essenzialmente effettuata dalle farmacie, dalle parafarmacie indipendenti o integrate nei supermercati alimentari, nonché dalle profumerie. Le farmacie restano tuttavia il canale di distribuzione privilegiato con oltre i due terzi delle vendite: tale situazione si spiega con il monopolio di distribuzione detenuto fino alla fine degli anni 1980 e con la rete territoriale di cui esse dispongono, nonché in ragione dell’immagine positiva data dalla presenza di un farmacista e dalla prossimità della vendita di medicinali dispensati su ricetta. Del resto, le vendite su Internet, considerati tutti i prodotti, hanno conosciuto un forte progresso. Secondo il Consiglio, se è ancora troppo presto per misurare l’evoluzione delle vendite su Internet dei prodotti cosmetici e di igiene personale, le grandi marche di lusso nel settore della profumeria, della gioielleria o degli accessori hanno sviluppato recentemente in Francia o all’estero i loro propri siti di vendita su Internet.

7. Nel corso della loro audizione presso la relatrice dell’11 marzo 2008, i rappresentanti, tra l’altro, della PFDC hanno spiegato le ragioni che hanno indotto il gruppo Pierre Fabre a vietare la vendita dei suoi prodotti su Internet: «La natura di tali prodotti necessita del consiglio di uno specialista farmaceutico in ragione dell’azione di tali prodotti, sviluppati in un’ottica di cura (…). I nostri prodotti rispondono a problematiche di pelle particolari, come pelli intolleranti, con un rischio di reazione allergica. Consideriamo di conseguenza che la vendita su Internet non risponderebbe alle attese dei consumatori e dei professionisti della salute sui nostri prodotti e di conseguenza alle esigenze che noi fissiamo nelle nostre condizioni generali di vendita. Tali prodotti sono anche raccomandati dalla comunità medica (…)».

8. Il Consiglio, tenuto conto della potenzialità di sensibile incidenza sul commercio intracomunitario (3), ha esaminato le pratiche con riferimento alle disposizioni dell’art. L. 420-1 del codice di commercio e dell’art. 81 CE. Nella decisione, il Consiglio ha rilevato che, imponendo ai suoi distributori autorizzati un divieto di vendita dei prodotti su internet, la società PFDC limita la libertà commerciale dei suoi distributori escludendo un mezzo di commercializzazione dei suoi prodotti cosmetici e di igiene personale. La PFD restringe, inoltre, la scelta dei consumatori desiderosi di acquistare via Internet. Il Consiglio ha altresì rilevato che il divieto fatto ai distributori autorizzati priva questi ultimi della facoltà di procacciarsi clienti mediante l’invio di un messaggio o di soddisfare richieste spontanee indirizzate sul loro sito e che tale pratica equivale ad una limitazione delle vendite attive e passive dei distributori.

9. Secondo il Consiglio il divieto ha necessariamente un oggetto restrittivo della concorrenza, che viene ad aggiungersi alla limitazione della concorrenza inerente alla scelta stessa di un sistema di distribuzione selettiva da parte del fabbricante, il quale limita il numero di distributori autorizzati a distribuire il prodotto e impedisce ai distributori di vendere tali prodotti a distributori non autorizzati. Poiché la quota di mercato dei prodotti Pierre Fabre è inferiore al 30%, il Consiglio ha esaminato se la pratica restrittiva sia coperta dal regolamento (CE) della Commissione 22 dicembre 1999, n. 2790, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del Trattato CE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (4), il che richiederebbe che le restrizioni non costituiscano restrizioni gravi. Il Consiglio ha ritenuto che, per quanto la pratica di divieto di vendita via Internet non sia espressamente prevista nel regolamento comunitario, essa equivale ad un divieto di vendite attive e passive. Di conseguenza, il divieto praticato nell’ambito di una rete di distribuzione selettiva costituisce, in forza della lett. c) dell’art. 4 del regolamento n. 2790/1999, una restrizione grave, che non può fruire dell’esenzione automatica del regolamento.

10. La PFDC ha sostenuto, tra l’altro, di avere il diritto di vietare le vendite su Internet, poiché il gestore di una rete conserva il diritto di vietare vendite da parte di un distributore autorizzato «a partire da un luogo di stabilimento non autorizzato». La PFDC ha affermato che, quand’anche il divieto di vendita su Internet integrasse una restrizione grave, spetterebbe all’autorità della concorrenza dimostrare l’oggetto o l’effetto della pratica grazie ad un esame individuale della pratica che il relatore non avrebbe nella specie effettuato. La PFDC ha inoltre sostenuto che tenuto conto della rete eccezionale ed omogenea costituita dai punti di vendita fisici dei distributori, tutti i consumatori hanno accesso ai rivenditori PFDC e che, così, la pratica è priva di ogni effetto sulla concorrenza tra marche.

11. Il Consiglio ha reputato che un sito Internet non è un luogo di commercializzazione ma uno strumento di vendita alternativo. Il Consiglio ha inoltre constatato, tra l’altro che le pratiche restrittive gravi ai sensi del regolamento n. 2790/1999 costituiscono restrizioni della concorrenza per oggetto, senza che si renda necessario dimostrare maggiormente in dettaglio sotto quale aspetto tale oggetto è restrittivo della concorrenza, né analizzare gli effetti delle pratiche.

12. Per quanto riguarda la questione dell’esenzione individuale ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE (ora art. 101, n. 3 TFUE) e dell’art. L. 420-4 del codice di commercio, il Consiglio ha ritenuto che la PFDC non abbia dimostrato il progresso economico e il carattere indispensabile della restrizione di concorrenza in modo tale da poter fruire dell’esenzione individuale, rilevando tra l’altro che la PFDC non aveva dimostrato che la pratica controversa contribuisse a migliorare la distribuzione dei prodotti dermo-cosmetici prevenendo i rischi di contraffazione e di concorrenza parassitaria tra farmacie autorizzate né che essa garantisse il benessere del consumatore grazie alla presenza fisica del farmacista all’atto della consegna del prodotto.

13. Con la decisione, oltre a dichiarare la violazione dell’art. L.420-1 del codice di commercio e dell’art. 81 CE, da parte della PFDC, è stato intimato a quest’ultima di sopprimere, nei suoi contratti di distribuzione selettiva, tutte le menzioni equivalenti ad un divieto di vendita su Internet dei suoi prodotti cosmetici e di igiene personale e di prevedere espressamente la possibilità per i suoi distributori di fare ricorso a tale modo di distribuzione entro un termine di tre mesi a partire dalla notifica della decisione. Alla PFDC è stato inoltre intimato di trasmettere a tutti i suoi punti vendita, entro un termine di tre mesi a partire dalla notifica della decisione, una lettera che annuncia loro le modifiche apportate ai loro contratti di distribuzione selettiva e, qualora lo ritenesse opportuno, di inquadrare la costruzione dei suoi siti Internet della sua rete di distribuzione prevedendo criteri di presentazione o di configurazione dei siti e di informarne il Consiglio entro un termine di tre mesi a partire dalla notificazione della decisione. Alla PFDC è stata inflitta una sanzione di un ammontare di EUR 17 000.

14. Il 24 dicembre 2008, la PFDC ha proposto ricorso dinanzi al giudice del rinvio chiedendo l’annullamento e, in subordine, la modifica della decisione. A sostegno del suo ricorso la PFDC deduce, in primo luogo, il difetto di motivazione della decisione per quanto riguarda la qualifica dell’oggetto anticoncorrenziale. La PFDC ha dedotto, tra l’altro, la mancata analisi, da parte del Consiglio, del contesto giuridico ed economico nel quale si inscrive la pratica, obbligatoria per dimostrare l’esistenza di un’infrazione per oggetto. In secondo luogo, la PFDC sostiene che la decisione è affetta da errore di diritto in quanto ritiene un oggetto «necessariamente» anticoncorrenziale. La PFDC osserva, tra l’altro, che lo scopo perseguito dai suoi accordi di distribuzione selettiva non è quello di restringere il gioco della concorrenza ma anzi, al contrario, di garantire il livello di servizio adeguato ai consumatori. Gli accordi sono solamente intesi a consentire ai clienti di chiedere e di ottenere in qualsiasi momento il parere di uno specialista sulla scelta più adeguata dei prodotti Pierre Fabre. La PFDC sostiene che la qualifica di infrazione per se della pratica sanzionata contrasta con l’evoluzione generale del diritto della concorrenza. Secondo la PFDC, la decisione le ha negato la possibilità di legittimare la pratica anticoncorrenziale posta in essere con giustificazioni oggettive. In terzo luogo, la PFDC sostiene che la decisione è affetta da errore di diritto e da errore manifesto di valutazione in quanto non ha riconosciuto alla pratica di cui trattasi il beneficio dell’esenzione per categoria previsto dal regolamento n. 2790/1999. Infine, la PFDC sostiene che la decisione è affetta da errore di diritto in quanto rifiuta alla pratica di cui trattasi il beneficio di un’esenzione individuale prevista dall’art. 81, n. 3, CE, sebbene il divieto di vendita via Internet garantisca il benessere del consumatore grazie alla presenza fisica di un laureato in farmacia all’atto della consegna del prodotto, prevenendo, inoltre, il rischio di contraffazione e di concorrenza parassitaria. Inoltre la soppressione di tale divieto non darebbe origine ad un’accresciuta concorrenza, e in particolare ad alcun calo dei prezzi.

15. Con documento datato 11 giugno 2009, la Commissione ha presentato osservazioni scritte alla Cour d’appel de Paris in applicazione dell’art. 15, n. 3, del regolamento (CE) del Consiglio n. 1/2003 (5). Secondo il giudice del rinvio, la Commissione ha osservato che ogni divieto generale e assoluto di vendere on-line i prodotti contrattuali agli utilizzatori finali, imposto dal fornitore ai propri distributori autorizzati nell’ambito di una rete di distribuzione selettiva costituisce una grave restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, quale che sia la quota di mercato detenuta dal fornitore. La Commissione ha sostenuto che la qualifica della vendita on-line come vendita passiva o attiva non è pertinente nel caso della distribuzione selettiva nella misura in cui ogni restrizione alla rivendita, che si tratti di una vendita passiva o attiva, costituisce una grave restrizione. Inoltre, se la distribuzione dei prodotti contrattuali non è regolamentata, la Commissione ritiene che solo in circostanze eccezionali potrà essere fatta valere una giustificazione oggettiva di una grave restrizione. Per quanto riguarda l’applicazione dell’esenzione per categoria di cui al regolamento n. 2790/1999, la Commissione ha espresso il parere che un accordo di distribuzione selettiva contenente una restrizione grave della concorrenza, come quella consistente nel vietare ai distributori autorizzati la vendita on-line dei prodotti contrattuali, non può fruire dell’esenzione per categoria istituita dal regolamento poiché tale utilizzo di Internet non può essere assimilato all’apertura di un punto di vendita fisico nel luogo di stabilimento non autorizzato dal fornitore. Tuttavia, non è necessariamente escluso che la restrizione possa soddisfare le quattro condizioni cumulative relative all’esenzione individuale ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE, e beneficiare così di tale esenzione. A norma dell’art. 2 del regolamento (CE) n. 1/2003, l’onere della prova che le quattro condizioni siano soddisfatte grava sull’impresa che invoca il beneficio dell’esenzione.

16. In tali circostanze, con sentenza datata 29 ottobre 2009, la Cour d’appel de Paris ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se il divieto generale e assoluto di vendere su Internet i prodotti contrattuali agli utilizzatori finali imposto ai distributori autorizzati nell’ambito di una rete di distribuzione selettiva costituisca effettivamente una «grave» restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, che si sottrae all’esenzione per categoria prevista dal regolamento n. 2790/1999 ma che può eventualmente fruire di un’esenzione individuale in applicazione dell’art. 81, n. 3, CE».

III – Procedimento dinanzi alla Corte

17. Memorie scritte sono state presentate dalla PFDC, dall’Autorità della concorrenza francese (in prosieguo: l’«Autorità») (6), dai governi francese, polacco e italiano, dalla Commissione e dall’Autorità di vigilanza EFTA. L’11 novembre 2010 si teneva un’udienza.

IV – Osservazioni preliminari

18. A mio parere, come sostenuto dall’Autorità e dalla Commissione, la questione pregiudiziale sollevata dalla Cour d’appel de Paris può essere suddivisa, a fini di semplificazione, in tre questioni. In primo luogo, se il divieto generale e assoluto di vendere su Internet i prodotti contrattuali agli utilizzatori finali, imposto ai distributori autorizzati nell’ambito di una rete di distribuzione selettiva, abbia un oggetto restrittivo della concorrenza ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE. In secondo luogo, se tale restrizione possa beneficiare dell’esenzione per categoria prevista dal regolamento n. 2790/1999. In terzo luogo, qualora la restrizione di cui trattasi non possa beneficiare dell’esenzione per categoria, se possa beneficiare di un’esenzione individuale ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE.

V – Prima questione – L’oggetto anticoncorrenziale

19. La PFDC sostiene che una restrizione grave ai sensi del regolamento n. 2790/1999 non costituisce, di per sé, un’infrazione per oggetto ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE e, pertanto, non solleva l’autorità o il giudice competenti dall’obbligo di dimostrare, nella causa in esame, la sussistenza di tale infrazione. Secondo la giurisprudenza della Corte, le autorità garanti della concorrenza devono analizzare individualmente e concretamente l’accordo o la pratica, tenendo conto del contesto giuridico ed economico della stessa. La PFDC sostiene che, nella decisione, tale analisi non è stata effettuata, limitandosi essa a riscontrare che una restrizione grave costituisce un’infrazione per oggetto. La PFDC rileva, inoltre, che l’oggetto dell’accordo era favorevole alla concorrenza ed era volto a garantire ai consumatori il miglior livello di assistenza possibile nell’acquisto di uno dei suoi prodotti. Al fine di fornire il miglior livello di assistenza possibile, un farmacista deve procedere ad una diretta osservazione della pelle, dei capelli e del cuoio capelluto del cliente. Consigli di qualità equivalente non possono essere forniti nel caso di vendita via Internet. Inoltre, la PFDC ritiene che, autorizzando le vendite via Internet, il requisito della presenza di un farmacista in un punto di vendita fisico potrebbe essere considerato discriminatorio. La PFDC rileva, inoltre, che gli accordi di distribuzione selettiva non devono essere esaminati unicamente in base al prezzo, ma anche tenendo conto dei servizi forniti ai consumatori. Per di più, atteso il livello molto elevato della concorrenza tra marche, risultante dalla presenza di oltre 23 000 punti di vendita in Francia, un’analisi concreta dimostra che l’oggetto dell’accordo non è la restrizione della concorrenza.

20. L’Autorità sostiene che il divieto, tenuto conto del suo oggetto anticoncorrenziale, costituisce una restrizione grave ai sensi dell’art. 4, lett. c), del regolamento n. 2790/1999 ed è proibito in forza dell’art. 81, n. 1, CE. Il divieto prevede la restrizione delle vendite attive e passive ai sensi dell’art. 4, lett. c), del regolamento n. 2790/1999. L’Autorità osserva che Internet rappresenta un canale di distribuzione nuovo ed un importante strumento per accrescere la concorrenza, che deve essere conciliato con canali più tradizionali, come la distribuzione selettiva, giustificando in tal modo l’imposizione di determinate condizioni. Tuttavia, il divieto generale e assoluto delle vendite su Internet e l’eliminazione totale dei loro evidenti vantaggi sotto il profilo della concorrenza sono sproporzionati. Il divieto è pregiudizievole per la concorrenza e per i consumatori e ostacola l’integrazione del mercato interno, contrastando, in tal modo, con uno degli obiettivi essenziali del Trattato. Il contesto economico e giuridico della causa principale non può rimettere in discussione tale conclusione. Sebbene un sistema di distribuzione selettiva sia legittimo ove conforme alla giurisprudenza ad esso relativa, tale sistema provoca una riduzione della concorrenza, rendendo in tal modo ancora più importanti le restanti possibilità di conco

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JAN MAZÁK

Causa C‑439/09 (1)

Pierre Fabre Dermo-Cosmétique SAS

contro

Président de l’Autorité de la Concurrence

e

Ministre de l’Économie, de l’Industrie et de l’Emploi

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour d’appel de Paris (Francia)]

I – Introduzione

1. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale è sorta nell’ambito di un ricorso con cui la Pierre Fabre Dermo-Cosmétique SAS (in prosieguo: la «PFDC»), ha chiesto l’annullamento e, in subordine, la modifica della decisione del Conseil de la concurrence (Consiglio della concorrenza francese, in prosieguo: il «Consiglio») 29 ottobre 2008, 08-D-25. In tale decisione si è riscontrato che la PFDC aveva violato l’art. L. 420-1 del Code de Commerce (Codice di commercio) e l’art. 81 CE (ora art. 101 TFUE), imponendo di fatto ai suoi distributori selezionati (autorizzati), nei suoi accordi di distribuzione selettiva, un divieto generale e assoluto di vendita su Internet di prodotti cosmetici e di igiene personale agli utilizzatori finali. Il Consiglio ha ritenuto il divieto di vendita su Internet derivante dal requisito, previsto nei contratti di distribuzione della PFDC, che la vendita dei prodotti di cui trattasi fosse effettuata nell’ambito di uno spazio fisico in presenza di un laureato in farmacia.

II – Controversia nella causa principale e questione pregiudiziale

2. Il gruppo Pierre Fabre commercializza varie gamme di prodotti farmaceutici, omeopatici e parafarmaceutici. La PFDC ha come attività la fabbricazione e la commercializzazione di prodotti cosmetici e per l’igiene personale e dispone di più filiali, tra cui i laboratori cosmetici Avène, Klorane, Galénic e Ducray. Nel 2007, i gruppi Pierre Fabre e Cosmétique Active France, filiale de l’Oréal, erano preponderanti con il 20% e, rispettivamente il 18,6% delle quote di mercato in ragione della loro anzianità e del loro «portafoglio» di marche.

3. I contratti concessi dalla PFDC per la distribuzione dei prodotti cosmetici e di igiene personale relativi ai marchi Avène, Klorane, Galénic e Ducray precisano che tali vendite devono essere realizzate in uno spazio fisico e con l’obbligatoria presenza di un laureato in farmacia (2). Il giudice del rinvio afferma che è pacifico tra le parti che tali requisiti escludono, di fatto, tutte le forme di vendita via Internet.

4. Con decisione 27 giugno 2006, il Consiglio ha proceduto d’ufficio all’esame di pratiche attuate nel settore della distribuzione dei prodotti cosmetici e dell’igiene personale. Con decisione 8 marzo 2007, 07–D 07, il Consiglio ha accettato e reso vincolanti gli impegni proposti dalle imprese poste sotto esame, ad eccezione del gruppo Pierre Fabre, consistenti nel modificare i loro contratti di distribuzione selettiva al fine di prevedere la possibilità per i membri della loro rete di vendere i loro prodotti su Internet. L’esame delle pratiche del gruppo Pierre Fabre è stato stralciato dal relatore generale il 30 ottobre 2006.

5. I prodotti oggetto d’esame sono i prodotti cosmetici e di igiene personale distribuiti mediante sistemi di distribuzione selettiva e offerti con il consiglio di un farmacista. Tali prodotti, che fanno parte del più ampio settore dei prodotti cosmetici e di igiene personale sono, a tale titolo, assoggettati a vari requisiti relativi alla loro composizione e alla loro etichettatura. Tuttavia, non rientrando nella categoria dei medicinali e non essendo così assoggettati al monopolio dei farmacisti, nulla osta a che tali prodotti vengano liberamente commercializzati al di fuori della rete farmaceutica.

6. La concorrenza tra produttori sul mercato dei prodotti cosmetici e dell’igiene personale è viva in ragione, in particolare, della natura dei prodotti, per i quali l’innovazione svolge un ruolo centrale. La loro distribuzione è essenzialmente effettuata dalle farmacie, dalle parafarmacie indipendenti o integrate nei supermercati alimentari, nonché dalle profumerie. Le farmacie restano tuttavia il canale di distribuzione privilegiato con oltre i due terzi delle vendite: tale situazione si spiega con il monopolio di distribuzione detenuto fino alla fine degli anni 1980 e con la rete territoriale di cui esse dispongono, nonché in ragione dell’immagine positiva data dalla presenza di un farmacista e dalla prossimità della vendita di medicinali dispensati su ricetta. Del resto, le vendite su Internet, considerati tutti i prodotti, hanno conosciuto un forte progresso. Secondo il Consiglio, se è ancora troppo presto per misurare l’evoluzione delle vendite su Internet dei prodotti cosmetici e di igiene personale, le grandi marche di lusso nel settore della profumeria, della gioielleria o degli accessori hanno sviluppato recentemente in Francia o all’estero i loro propri siti di vendita su Internet.

7. Nel corso della loro audizione presso la relatrice dell’11 marzo 2008, i rappresentanti, tra l’altro, della PFDC hanno spiegato le ragioni che hanno indotto il gruppo Pierre Fabre a vietare la vendita dei suoi prodotti su Internet: «La natura di tali prodotti necessita del consiglio di uno specialista farmaceutico in ragione dell’azione di tali prodotti, sviluppati in un’ottica di cura (…). I nostri prodotti rispondono a problematiche di pelle particolari, come pelli intolleranti, con un rischio di reazione allergica. Consideriamo di conseguenza che la vendita su Internet non risponderebbe alle attese dei consumatori e dei professionisti della salute sui nostri prodotti e di conseguenza alle esigenze che noi fissiamo nelle nostre condizioni generali di vendita. Tali prodotti sono anche raccomandati dalla comunità medica (…)».

8. Il Consiglio, tenuto conto della potenzialità di sensibile incidenza sul commercio intracomunitario (3), ha esaminato le pratiche con riferimento alle disposizioni dell’art. L. 420-1 del codice di commercio e dell’art. 81 CE. Nella decisione, il Consiglio ha rilevato che, imponendo ai suoi distributori autorizzati un divieto di vendita dei prodotti su internet, la società PFDC limita la libertà commerciale dei suoi distributori escludendo un mezzo di commercializzazione dei suoi prodotti cosmetici e di igiene personale. La PFD restringe, inoltre, la scelta dei consumatori desiderosi di acquistare via Internet. Il Consiglio ha altresì rilevato che il divieto fatto ai distributori autorizzati priva questi ultimi della facoltà di procacciarsi clienti mediante l’invio di un messaggio o di soddisfare richieste spontanee indirizzate sul loro sito e che tale pratica equivale ad una limitazione delle vendite attive e passive dei distributori.

9. Secondo il Consiglio il divieto ha necessariamente un oggetto restrittivo della concorrenza, che viene ad aggiungersi alla limitazione della concorrenza inerente alla scelta stessa di un sistema di distribuzione selettiva da parte del fabbricante, il quale limita il numero di distributori autorizzati a distribuire il prodotto e impedisce ai distributori di vendere tali prodotti a distributori non autorizzati. Poiché la quota di mercato dei prodotti Pierre Fabre è inferiore al 30%, il Consiglio ha esaminato se la pratica restrittiva sia coperta dal regolamento (CE) della Commissione 22 dicembre 1999, n. 2790, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del Trattato CE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (4), il che richiederebbe che le restrizioni non costituiscano restrizioni gravi. Il Consiglio ha ritenuto che, per quanto la pratica di divieto di vendita via Internet non sia espressamente prevista nel regolamento comunitario, essa equivale ad un divieto di vendite attive e passive. Di conseguenza, il divieto praticato nell’ambito di una rete di distribuzione selettiva costituisce, in forza della lett. c) dell’art. 4 del regolamento n. 2790/1999, una restrizione grave, che non può fruire dell’esenzione automatica del regolamento.

10. La PFDC ha sostenuto, tra l’altro, di avere il diritto di vietare le vendite su Internet, poiché il gestore di una rete conserva il diritto di vietare vendite da parte di un distributore autorizzato «a partire da un luogo di stabilimento non autorizzato». La PFDC ha affermato che, quand’anche il divieto di vendita su Internet integrasse una restrizione grave, spetterebbe all’autorità della concorrenza dimostrare l’oggetto o l’effetto della pratica grazie ad un esame individuale della pratica che il relatore non avrebbe nella specie effettuato. La PFDC ha inoltre sostenuto che tenuto conto della rete eccezionale ed omogenea costituita dai punti di vendita fisici dei distributori, tutti i consumatori hanno accesso ai rivenditori PFDC e che, così, la pratica è priva di ogni effetto sulla concorrenza tra marche.

11. Il Consiglio ha reputato che un sito Internet non è un luogo di commercializzazione ma uno strumento di vendita alternativo. Il Consiglio ha inoltre constatato, tra l’altro che le pratiche restrittive gravi ai sensi del regolamento n. 2790/1999 costituiscono restrizioni della concorrenza per oggetto, senza che si renda necessario dimostrare maggiormente in dettaglio sotto quale aspetto tale oggetto è restrittivo della concorrenza, né analizzare gli effetti delle pratiche.

12. Per quanto riguarda la questione dell’esenzione individuale ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE (ora art. 101, n. 3 TFUE) e dell’art. L. 420-4 del codice di commercio, il Consiglio ha ritenuto che la PFDC non abbia dimostrato il progresso economico e il carattere indispensabile della restrizione di concorrenza in modo tale da poter fruire dell’esenzione individuale, rilevando tra l’altro che la PFDC non aveva dimostrato che la pratica controversa contribuisse a migliorare la distribuzione dei prodotti dermo-cosmetici prevenendo i rischi di contraffazione e di concorrenza parassitaria tra farmacie autorizzate né che essa garantisse il benessere del consumatore grazie alla presenza fisica del farmacista all’atto della consegna del prodotto.

13. Con la decisione, oltre a dichiarare la violazione dell’art. L.420-1 del codice di commercio e dell’art. 81 CE, da parte della PFDC, è stato intimato a quest’ultima di sopprimere, nei suoi contratti di distribuzione selettiva, tutte le menzioni equivalenti ad un divieto di vendita su Internet dei suoi prodotti cosmetici e di igiene personale e di prevedere espressamente la possibilità per i suoi distributori di fare ricorso a tale modo di distribuzione entro un termine di tre mesi a partire dalla notifica della decisione. Alla PFDC è stato inoltre intimato di trasmettere a tutti i suoi punti vendita, entro un termine di tre mesi a partire dalla notifica della decisione, una lettera che annuncia loro le modifiche apportate ai loro contratti di distribuzione selettiva e, qualora lo ritenesse opportuno, di inquadrare la costruzione dei suoi siti Internet della sua rete di distribuzione prevedendo criteri di presentazione o di configurazione dei siti e di informarne il Consiglio entro un termine di tre mesi a partire dalla notificazione della decisione. Alla PFDC è stata inflitta una sanzione di un ammontare di EUR 17 000.

14. Il 24 dicembre 2008, la PFDC ha proposto ricorso dinanzi al giudice del rinvio chiedendo l’annullamento e, in subordine, la modifica della decisione. A sostegno del suo ricorso la PFDC deduce, in primo luogo, il difetto di motivazione della decisione per quanto riguarda la qualifica dell’oggetto anticoncorrenziale. La PFDC ha dedotto, tra l’altro, la mancata analisi, da parte del Consiglio, del contesto giuridico ed economico nel quale si inscrive la pratica, obbligatoria per dimostrare l’esistenza di un’infrazione per oggetto. In secondo luogo, la PFDC sostiene che la decisione è affetta da errore di diritto in quanto ritiene un oggetto «necessariamente» anticoncorrenziale. La PFDC osserva, tra l’altro, che lo scopo perseguito dai suoi accordi di distribuzione selettiva non è quello di restringere il gioco della concorrenza ma anzi, al contrario, di garantire il livello di servizio adeguato ai consumatori. Gli accordi sono solamente intesi a consentire ai clienti di chiedere e di ottenere in qualsiasi momento il parere di uno specialista sulla scelta più adeguata dei prodotti Pierre Fabre. La PFDC sostiene che la qualifica di infrazione per se della pratica sanzionata contrasta con l’evoluzione generale del diritto della concorrenza. Secondo la PFDC, la decisione le ha negato la possibilità di legittimare la pratica anticoncorrenziale posta in essere con giustificazioni oggettive. In terzo luogo, la PFDC sostiene che la decisione è affetta da errore di diritto e da errore manifesto di valutazione in quanto non ha riconosciuto alla pratica di cui trattasi il beneficio dell’esenzione per categoria previsto dal regolamento n. 2790/1999. Infine, la PFDC sostiene che la decisione è affetta da errore di diritto in quanto rifiuta alla pratica di cui trattasi il beneficio di un’esenzione individuale prevista dall’art. 81, n. 3, CE, sebbene il divieto di vendita via Internet garantisca il benessere del consumatore grazie alla presenza fisica di un laureato in farmacia all’atto della consegna del prodotto, prevenendo, inoltre, il rischio di contraffazione e di concorrenza parassitaria. Inoltre la soppressione di tale divieto non darebbe origine ad un’accresciuta concorrenza, e in particolare ad alcun calo dei prezzi.

15. Con documento datato 11 giugno 2009, la Commissione ha presentato osservazioni scritte alla Cour d’appel de Paris in applicazione dell’art. 15, n. 3, del regolamento (CE) del Consiglio n. 1/2003 (5). Secondo il giudice del rinvio, la Commissione ha osservato che ogni divieto generale e assoluto di vendere on-line i prodotti contrattuali agli utilizzatori finali, imposto dal fornitore ai propri distributori autorizzati nell’ambito di una rete di distribuzione selettiva costituisce una grave restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, quale che sia la quota di mercato detenuta dal fornitore. La Commissione ha sostenuto che la qualifica della vendita on-line come vendita passiva o attiva non è pertinente nel caso della distribuzione selettiva nella misura in cui ogni restrizione alla rivendita, che si tratti di una vendita passiva o attiva, costituisce una grave restrizione. Inoltre, se la distribuzione dei prodotti contrattuali non è regolamentata, la Commissione ritiene che solo in circostanze eccezionali potrà essere fatta valere una giustificazione oggettiva di una grave restrizione. Per quanto riguarda l’applicazione dell’esenzione per categoria di cui al regolamento n. 2790/1999, la Commissione ha espresso il parere che un accordo di distribuzione selettiva contenente una restrizione grave della concorrenza, come quella consistente nel vietare ai distributori autorizzati la vendita on-line dei prodotti contrattuali, non può fruire dell’esenzione per categoria istituita dal regolamento poiché tale utilizzo di Internet non può essere assimilato all’apertura di un punto di vendita fisico nel luogo di stabilimento non autorizzato dal fornitore. Tuttavia, non è necessariamente escluso che la restrizione possa soddisfare le quattro condizioni cumulative relative all’esenzione individuale ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE, e beneficiare così di tale esenzione. A norma dell’art. 2 del regolamento (CE) n. 1/2003, l’onere della prova che le quattro condizioni siano soddisfatte grava sull’impresa che invoca il beneficio dell’esenzione.

16. In tali circostanze, con sentenza datata 29 ottobre 2009, la Cour d’appel de Paris ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se il divieto generale e assoluto di vendere su Internet i prodotti contrattuali agli utilizzatori finali imposto ai distributori autorizzati nell’ambito di una rete di distribuzione selettiva costituisca effettivamente una «grave» restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, che si sottrae all’esenzione per categoria prevista dal regolamento n. 2790/1999 ma che può eventualmente fruire di un’esenzione individuale in applicazione dell’art. 81, n. 3, CE».

III – Procedimento dinanzi alla Corte

17. Memorie scritte sono state presentate dalla PFDC, dall’Autorità della concorrenza francese (in prosieguo: l’«Autorità») (6), dai governi francese, polacco e italiano, dalla Commissione e dall’Autorità di vigilanza EFTA. L’11 novembre 2010 si teneva un’udienza.

IV – Osservazioni preliminari

18. A mio parere, come sostenuto dall’Autorità e dalla Commissione, la questione pregiudiziale sollevata dalla Cour d’appel de Paris può essere suddivisa, a fini di semplificazione, in tre questioni. In primo luogo, se il divieto generale e assoluto di vendere su Internet i prodotti contrattuali agli utilizzatori finali, imposto ai distributori autorizzati nell’ambito di una rete di distribuzione selettiva, abbia un oggetto restrittivo della concorrenza ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE. In secondo luogo, se tale restrizione possa beneficiare dell’esenzione per categoria prevista dal regolamento n. 2790/1999. In terzo luogo, qualora la restrizione di cui trattasi non possa beneficiare dell’esenzione per categoria, se possa beneficiare di un’esenzione individuale ai sensi dell’art. 81, n. 3, CE.

V – Prima questione – L’oggetto anticoncorrenziale

19. La PFDC sostiene che una restrizione grave ai sensi del regolamento n. 2790/1999 non costituisce, di per sé, un’infrazione per oggetto ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE e, pertanto, non solleva l’autorità o il giudice competenti dall’obbligo di dimostrare, nella causa in esame, la sussistenza di tale infrazione. Secondo la giurisprudenza della Corte, le autorità garanti della concorrenza devono analizzare individualmente e concretamente l’accordo o la pratica, tenendo conto del contesto giuridico ed economico della stessa. La PFDC sostiene che, nella decisione, tale analisi non è stata effettuata, limitandosi essa a riscontrare che una restrizione grave costituisce un’infrazione per oggetto. La PFDC rileva, inoltre, che l’oggetto dell’accordo era favorevole alla concorrenza ed era volto a garantire ai consumatori il miglior livello di assistenza possibile nell’acquisto di uno dei suoi prodotti. Al fine di fornire il miglior livello di assistenza possibile, un farmacista deve procedere ad una diretta osservazione della pelle, dei capelli e del cuoio capelluto del cliente. Consigli di qualità equivalente non possono essere forniti nel caso di vendita via Internet. Inoltre, la PFDC ritiene che, autorizzando le vendite via Internet, il requisito della presenza di un farmacista in un punto di vendita fisico potrebbe essere considerato discriminatorio. La PFDC rileva, inoltre, che gli accordi di distribuzione selettiva non devono essere esaminati unicamente in base al prezzo, ma anche tenendo conto dei servizi forniti ai consumatori. Per di più, atteso il livello molto elevato della concorrenza tra marche, risultante dalla presenza di oltre 23 000 punti di vendita in Francia, un’analisi concreta dimostra che l’oggetto dell’accordo non è la restrizione della concorrenza.

20. L’Autorità sostiene che il divieto, tenuto conto del suo oggetto anticoncorrenziale, costituisce una restrizione grave ai sensi dell’art. 4, lett. c), del regolamento n. 2790/1999 ed è proibito in forza dell’art. 81, n. 1, CE. Il divieto prevede la restrizione delle vendite attive e passive ai sensi dell’art. 4, lett. c), del regolamento n. 2790/1999. L’Autorità osserva che Internet rappresenta un canale di distribuzione nuovo ed un importante strumento per accrescere la concorrenza, che deve essere conciliato con canali più tradizionali, come la distribuzione selettiva, giustificando in tal modo l’imposizione di determinate condizioni. Tuttavia, il divieto generale e assoluto delle vendite su Internet e l’eliminazione totale dei loro evidenti vantaggi sotto il profilo della concorrenza sono sproporzionati. Il divieto è pregiudizievole per la concorrenza e per i consumatori e ostacola l’integrazione del mercato interno, contrastando, in tal modo, con uno degli obiettivi essenziali del Trattato. Il contesto economico e giuridico della causa principale non può rimettere in discussione tale conclusione. Sebbene un sistema di distribuzione selettiva sia legittimo ove conforme alla giurisprudenza ad esso relativa, tale sistema provoca una riduzione della concorrenza, rendendo in tal modo ancora più importanti le restanti possibilità di conco