Cassazione: appello dell’imputato dopo quello del difensore

"Posto che la disciplina stabilita dal nuovo art. 175, comma 2, è diretta proprio a garantire il diritto al nuovo giudizio al contumace o al latitante, "salvo che lo stesso abbia avuto conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione o opposizione", il Collegio ritiene che la specificità e l’univocità di detta disciplina non consentano di considerare precluso il diritto dell’imputato alla restituzione nel termine per appellare per il solo fatto che l’impugnazione sia stata proposta dal difensore di ufficio dell’imputato che, ignaro dell’ esistenza del processo a proprio carico, non poteva ovviamente avere posto in essere alcuna volontaria rinuncia.

Tale opinione, la cui base giustificativa è saldamente ancorata alle precise e non equivoche previsioni del secondo comma dell’art. 175, non trova ostacolo nel principio di unicità del diritto di impugnazione per effetto del quale l’esercizio di tale diritto da parte del difensore preclude all’interessato, una volta scaduti i termini, di attivare il medesimo mezzo di impugnazione.

E’ utile ricordare le vicende che hanno condotto all’approvazione definitiva dell’attuale disciplina. Dai lavori preparatori risulta che il testo del d.l. 21.2.2005, n. 17, riproduceva la formula "sempre che l’impugnazione non sia già Stata proposta dal difensore", contenuta nell’originario secondo comma dell’art. 175 c.p.p., tesa ad escludere la possibilità per l’imputato contumace di chiedere ed ottenere la restituzione nel termine nei casi in cui l’impugnazione fosse già stata proposta dal suo difensore. In sede di prima lettura alla Camera l’inciso era stato soppresso, per poi essere ripristinato dal Senato, che aveva anche reinserito nel testo dell’art. 571 c.p.p. la regola, abrogata dall’art. 46 della l. 16.12.1999, n. 479, per cui contro una sentenza contumaciale il difensore può proporre impugnazione solo se munito di specifico mandato rilasciato con la nomina o anche successivamente nelle forme per questa previste Infine, nel corso della seconda lettura alla Camera, entrambe le previsioni erano state soppresse e non figurano nel testo definitivamente approvato.

Il delicato problema dell’eventuale valore preclusivo dell ’impugnazione esercitata dal difensore era, dunque, ben presente al legislatore e la consapevole eliminazione della condizione negativa in un primo tempo inserita ("sempre che l’impugnazione non sia già stata proposta dal difensore") non può avere altro significato che quello di fare dipendere il diritto alla restituzione nel termine alla mancata conoscenza del procedimento o del provvedimento e all’assenza di rinuncia volontaria all’impugnazione, che rappresentano le due sole condizioni indicate nel testo definitivo della legge di conversione.

Il problema del coordinamento della disposizione in esame con il principio di consumazione dell’ impugnazione deve essere, dunque, risolto assegnando prevalenza alla normativa di cui al secondo comma dell’ art. 175 perché indubbiamente speciale rispetto alle regole generali sulle impugnazioni. La conclusione è avvalorata da concludenti argomenti di ordine logico ricavabili dai principi di coerenza e di non contraddizione, che devono costantemente orientare l’interprete, essendo evidente che risulterebbe palesemente contraddittoria una disciplina che, nel momento stesso in cui riconosce il diritto alla restituzione a favore di chi non ha avuto conoscenza del processo, introducesse una preclusione dipendente non da una sua condotta, ma da quella del difensore di ufficio che abbia esercitato l’impugnazione ad insaputa dell’interessato".

Sentenza integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Penale, Sentenza 16 ottobre 2006, n.34468: Impugnazione di sentenza contumaciale da parte dell’imputato dopo l’appello del difensore d’ufficio - Ammissibilità).

"Posto che la disciplina stabilita dal nuovo art. 175, comma 2, è diretta proprio a garantire il diritto al nuovo giudizio al contumace o al latitante, "salvo che lo stesso abbia avuto conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione o opposizione", il Collegio ritiene che la specificità e l’univocità di detta disciplina non consentano di considerare precluso il diritto dell’imputato alla restituzione nel termine per appellare per il solo fatto che l’impugnazione sia stata proposta dal difensore di ufficio dell’imputato che, ignaro dell’ esistenza del processo a proprio carico, non poteva ovviamente avere posto in essere alcuna volontaria rinuncia.

Tale opinione, la cui base giustificativa è saldamente ancorata alle precise e non equivoche previsioni del secondo comma dell’art. 175, non trova ostacolo nel principio di unicità del diritto di impugnazione per effetto del quale l’esercizio di tale diritto da parte del difensore preclude all’interessato, una volta scaduti i termini, di attivare il medesimo mezzo di impugnazione.

E’ utile ricordare le vicende che hanno condotto all’approvazione definitiva dell’attuale disciplina. Dai lavori preparatori risulta che il testo del d.l. 21.2.2005, n. 17, riproduceva la formula "sempre che l’impugnazione non sia già Stata proposta dal difensore", contenuta nell’originario secondo comma dell’art. 175 c.p.p., tesa ad escludere la possibilità per l’imputato contumace di chiedere ed ottenere la restituzione nel termine nei casi in cui l’impugnazione fosse già stata proposta dal suo difensore. In sede di prima lettura alla Camera l’inciso era stato soppresso, per poi essere ripristinato dal Senato, che aveva anche reinserito nel testo dell’art. 571 c.p.p. la regola, abrogata dall’art. 46 della l. 16.12.1999, n. 479, per cui contro una sentenza contumaciale il difensore può proporre impugnazione solo se munito di specifico mandato rilasciato con la nomina o anche successivamente nelle forme per questa previste Infine, nel corso della seconda lettura alla Camera, entrambe le previsioni erano state soppresse e non figurano nel testo definitivamente approvato.

Il delicato problema dell’eventuale valore preclusivo dell ’impugnazione esercitata dal difensore era, dunque, ben presente al legislatore e la consapevole eliminazione della condizione negativa in un primo tempo inserita ("sempre che l’impugnazione non sia già stata proposta dal difensore") non può avere altro significato che quello di fare dipendere il diritto alla restituzione nel termine alla mancata conoscenza del procedimento o del provvedimento e all’assenza di rinuncia volontaria all’impugnazione, che rappresentano le due sole condizioni indicate nel testo definitivo della legge di conversione.

Il problema del coordinamento della disposizione in esame con il principio di consumazione dell’ impugnazione deve essere, dunque, risolto assegnando prevalenza alla normativa di cui al secondo comma dell’ art. 175 perché indubbiamente speciale rispetto alle regole generali sulle impugnazioni. La conclusione è avvalorata da concludenti argomenti di ordine logico ricavabili dai principi di coerenza e di non contraddizione, che devono costantemente orientare l’interprete, essendo evidente che risulterebbe palesemente contraddittoria una disciplina che, nel momento stesso in cui riconosce il diritto alla restituzione a favore di chi non ha avuto conoscenza del processo, introducesse una preclusione dipendente non da una sua condotta, ma da quella del difensore di ufficio che abbia esercitato l’impugnazione ad insaputa dell’interessato".

Sentenza integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Penale, Sentenza 16 ottobre 2006, n.34468: Impugnazione di sentenza contumaciale da parte dell’imputato dopo l’appello del difensore d’ufficio - Ammissibilità).