Cassazione Civile: iscrizione d’ipoteca a garanzia del credito derivante da tributi

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema della garanzia ipotecaria pretesa dall’Amministrazione finanziaria e prestata dal contribuente a seguito di un giudizio tributario di accertamento sui redditi di quest’ultimo.

Nel caso di specie, veniva convenuto il Ministero dell’Economia e delle Finanze per il risarcimento del danno derivante dall’iscrizione d’ipoteca sui beni dell’impresa (attrice); ipoteca richiesta dal procedimento di sospensione della riscossione. In particolare era contestata all’impresa la dichiarazione quale reddito fondiario, della proprietà di alcuni immobili, da ritenersi reddito d’impresa secondo la posizione dell’Amministrazione finanziaria. La Corte d’Appello di Firenze condannava il Ministero al risarcimento del danno per le spese sostenute dall’impresa per l’iscrizione dell’ipoteca.

La Corte nel decidere sui motivi del ricorso presentato dall’Amministrazione finanziaria stabilisce innanzitutto che: ”…la giurisdizione sulla proposta azione di risarcimento del danno per comportamento illecito dell’ amministrazione finanziaria appartiene al giudice ordinario” (cfr. Cass. SS.UU. 8958/2007).

Nel merito la sentenza afferma che: “[…] l’amministrazione finanziaria non può essere chiamata a rispondere del danno eventualmente causato al contribuente sulla base del solo dato oggettivo della illegittimità della azione amministrativa, essendo necessario che la stessa, nell’adottare l’atto illegittimo, abbia violato le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, che costituiscono il limite esterno della sua azione”.

La Corte prosegue affermando che nel caso di specie, gli avvisi di accertamento emessi sulla base di una diversa qualificazione dei beni della società fondavano l’iscrizione al ruolo del terzo dei tributi ritenuti evasi sulla base dell’articolo 15 D.P.R. n. 602 del 1973 (in vigore al tempo della controversia), “tale iscrizione […] non rientra nell’ambito del potere discrezionale dell’amministrazione finanziaria, ma costituisce un atto dovuto”.

Per quanto riguarda la garanzia ipotecaria, questa era stata richiesta dall’amministrazione a seguito della domanda di annullamento d’ufficio degli avvisi di accertamento posta in essere dalla società nell’ambito del giudizio davanti alle Commissioni tributarie ed in attesa del suo esito. In proposito la Corte afferma che: ”[…] tale garanzia fu chiesta […] dato il rilevante importo dei tributi portati dalle due cartelle esattoriali[…]; stando così le cose non si potrebbe rimproverare all’amministrazione finanziaria di aver violato i principi di legalità, imparzialità o buona amministrazione, avendo preteso una garanzia adeguata dato il notevole importo dei tributi” contestati.

Né avrebbe l’amministrazione errato, nonostante le richieste di annullamento d’ufficio, nell’attendere l’accertamento incontrovertibile del fatto che i redditi derivanti dagli immobili in questione non costituissero reddito d’impresa, essendo la regola che “non si considerano produttivi di reddito fondiario gli immobili relativi ad imprese commerciali” (articolo 40 (attuale 43), del D.P.R. 917/1986).

Su queste basi la Corte, ritenendo fondato il ricorso dell’Amministrazione, decide nel merito per il rigetto della richiesta risarcitoria da parte della società.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 23 settembre 2011, n.19458)

[Andrea Brannetti]

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema della garanzia ipotecaria pretesa dall’Amministrazione finanziaria e prestata dal contribuente a seguito di un giudizio tributario di accertamento sui redditi di quest’ultimo.

Nel caso di specie, veniva convenuto il Ministero dell’Economia e delle Finanze per il risarcimento del danno derivante dall’iscrizione d’ipoteca sui beni dell’impresa (attrice); ipoteca richiesta dal procedimento di sospensione della riscossione. In particolare era contestata all’impresa la dichiarazione quale reddito fondiario, della proprietà di alcuni immobili, da ritenersi reddito d’impresa secondo la posizione dell’Amministrazione finanziaria. La Corte d’Appello di Firenze condannava il Ministero al risarcimento del danno per le spese sostenute dall’impresa per l’iscrizione dell’ipoteca.

La Corte nel decidere sui motivi del ricorso presentato dall’Amministrazione finanziaria stabilisce innanzitutto che: ”…la giurisdizione sulla proposta azione di risarcimento del danno per comportamento illecito dell’ amministrazione finanziaria appartiene al giudice ordinario” (cfr. Cass. SS.UU. 8958/2007).

Nel merito la sentenza afferma che: “[…] l’amministrazione finanziaria non può essere chiamata a rispondere del danno eventualmente causato al contribuente sulla base del solo dato oggettivo della illegittimità della azione amministrativa, essendo necessario che la stessa, nell’adottare l’atto illegittimo, abbia violato le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, che costituiscono il limite esterno della sua azione”.

La Corte prosegue affermando che nel caso di specie, gli avvisi di accertamento emessi sulla base di una diversa qualificazione dei beni della società fondavano l’iscrizione al ruolo del terzo dei tributi ritenuti evasi sulla base dell’articolo 15 D.P.R. n. 602 del 1973 (in vigore al tempo della controversia), “tale iscrizione […] non rientra nell’ambito del potere discrezionale dell’amministrazione finanziaria, ma costituisce un atto dovuto”.

Per quanto riguarda la garanzia ipotecaria, questa era stata richiesta dall’amministrazione a seguito della domanda di annullamento d’ufficio degli avvisi di accertamento posta in essere dalla società nell’ambito del giudizio davanti alle Commissioni tributarie ed in attesa del suo esito. In proposito la Corte afferma che: ”[…] tale garanzia fu chiesta […] dato il rilevante importo dei tributi portati dalle due cartelle esattoriali[…]; stando così le cose non si potrebbe rimproverare all’amministrazione finanziaria di aver violato i principi di legalità, imparzialità o buona amministrazione, avendo preteso una garanzia adeguata dato il notevole importo dei tributi” contestati.

Né avrebbe l’amministrazione errato, nonostante le richieste di annullamento d’ufficio, nell’attendere l’accertamento incontrovertibile del fatto che i redditi derivanti dagli immobili in questione non costituissero reddito d’impresa, essendo la regola che “non si considerano produttivi di reddito fondiario gli immobili relativi ad imprese commerciali” (articolo 40 (attuale 43), del D.P.R. 917/1986).

Su queste basi la Corte, ritenendo fondato il ricorso dell’Amministrazione, decide nel merito per il rigetto della richiesta risarcitoria da parte della società.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 23 settembre 2011, n.19458)

[Andrea Brannetti]