Cassazione Civile: risarcimento per danno da prestazione medica "di routine"

La Terza sezione della Suprema Corte continua nella sua opera di definizione del danno non patrimoniale risarcibile.

Nella fattispecie, la Corte d’Appello di Bari aveva riconosciuto alla paziente il diritto al risarcimento del danno causato dal dentista nell’applicazione di una protesi dentaria con la tecnica dell’impiantologia.

Invano il professionista invoca la violazione dell’art. 1176 del Codice civile, sostenendo che la prestazione abbia implicato “problemi tecnici di speciale difficoltà” e che, di conseguenza, debba essere piuttosto applicabile l’articolo 2236 Codice civile, secondo cui il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave.

La Corte di Cassazione preliminarmente definisce l’intervento in questione come “di routine”, specificando poi che a fronte di simili prestazioni “spetta al medico provare, il che non risulta essere avvenuto […] la particolare complessità in concreto dell’evento stesso”.

Infine specifica che, se è vero che la responsabilità professionale è più “leggera” quando il danno avviene nell’ambito di operazioni tecnicamente complesse, allo stesso tempo «la diligenza del medico nell’adempimento della sua prestazione professionale dev’essere valutata assumento a parametro la condotta del debitore qualificato, ai sensi dell’art. 1176, secondo comma, cod. civ. (da ultimo, Cass. 1 febbraio 2011, n. 2334)”

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 27 giugno 2011, n. 14109)

[Dott.ssa Ilaria Martinelli]

La Terza sezione della Suprema Corte continua nella sua opera di definizione del danno non patrimoniale risarcibile.

Nella fattispecie, la Corte d’Appello di Bari aveva riconosciuto alla paziente il diritto al risarcimento del danno causato dal dentista nell’applicazione di una protesi dentaria con la tecnica dell’impiantologia.

Invano il professionista invoca la violazione dell’art. 1176 del Codice civile, sostenendo che la prestazione abbia implicato “problemi tecnici di speciale difficoltà” e che, di conseguenza, debba essere piuttosto applicabile l’articolo 2236 Codice civile, secondo cui il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave.

La Corte di Cassazione preliminarmente definisce l’intervento in questione come “di routine”, specificando poi che a fronte di simili prestazioni “spetta al medico provare, il che non risulta essere avvenuto […] la particolare complessità in concreto dell’evento stesso”.

Infine specifica che, se è vero che la responsabilità professionale è più “leggera” quando il danno avviene nell’ambito di operazioni tecnicamente complesse, allo stesso tempo «la diligenza del medico nell’adempimento della sua prestazione professionale dev’essere valutata assumento a parametro la condotta del debitore qualificato, ai sensi dell’art. 1176, secondo comma, cod. civ. (da ultimo, Cass. 1 febbraio 2011, n. 2334)”

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 27 giugno 2011, n. 14109)

[Dott.ssa Ilaria Martinelli]