Cassazione Lavoro: interposizione di manodopera e appalto
Il Tribunale ribaltava il giudizio del Pretore - che aveva accolto le richieste del lavoratore - e concludeva per l’insussistenza di una illecita interposizione di manodopera sul rilevo fondante che i collegamenti con le strutture e i dipendenti della società committente apparivano in realtà limitati a questioni assolutamente tecniche escludendosi del tutto una subordinazione gerarchica non potendosi individuare la subordinazione nel potere di verificare eventuali inadempienze e irregolarità nell’espletamento delle prestazioni a seguito dei controlli essendo tale controllo unicamente effettuato sui registri e comunicato ad altri uffici al fine di integrare inadempienze del contratto di appalto e non risultando in contestazione che tutti gli altri aspetti inerenti la gestione amministrativa del rapporto di lavoro quali i turni di servizio, turni di ferie, permessi, retribuzioni ed adempimenti amministrativi relativi al personale, erano gestiti totalmente dall’impresa appaltatrice.
Molto importante la ricostruzione del proprio orientamento in materia di interposizione della manodopera. La Cassazione ha infatti ricordato che: "secondo Cass. 18281/07 (conforme a Cass. 11120/06, 14996/05) il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro sancito dall’art. 1, legge 23 ottobre 1960, n. 1369, opera nel caso in cui l’appalto abbia ad oggetto la messa a disposizione di una prestazione lavorativa, attribuendo all’appaltatore i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto, senza una reale organizzazione della prestazione stessa finalizzata ad un risultato produttivo autonomo, ed ancora secondo Cass. 16016/07 cit. (conforme a Cass. 14302/02) il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro (art. 1 legge 23 ottobre 1960, n. 1369), in riferimento agli appalti “endoaziendali”, caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di tutte le attività, ancorché strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore - datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo".
E ancora che "né, sempre in base a giurisprudenza di questa Corte, è necessario, per aversi intermediazione vietata, che l’impresa appaltatrice sia una impresa fittizia, essendo invece sufficiente che la stessa non fornisca una propria organizzazione di mezzi in relazione al particolare servizio appaltato (v., fra le tante, Cass. 5087/98 e 11120/06). Invero, una volta accertata l’estraneità dell’appaltatore all’organizzazione e direzione dei prestatori di lavoro nell’esecuzione dell’appalto è del tutto ultronea qualsiasi questione inerente il rischio economico e l’autonoma organizzazione del medesimo rimanendo, comunque, esclusa da parte dell’appaltatore, per la rilevata estraneità, una reale organizzazione della prestazione stessa finalizzata ad un risultato produttivo autonomo (Cass. 12363/03)".
La Cassazione ha rilevato un grave difetto di motivazione nella pronuncia di secondo grado, posto che "non è assolutamente sufficiente verificare che l’appalto venga concluso con un soggetto dotato di una propria ed effettiva organizzazione, occorrendo accertare, in primo luogo, se, a termini di contratto, la prestazione lavorativa deve essere resa nell’ambito di un’organizzazione e gestione propria dell’appaltatore, in quanto finalizzata ad un autonomo risultato produttivo; anche in caso di esito positivo di questa indagine, è altresì necessario esaminare la concreta esecuzione del contratto e, quindi, l’esistenza anche in fatto dell’autonomia gestionale dell’appaltatore che si esplica nella conduzione aziendale, nella direzione del personale, nella scelta delle modalità e dei tempi di lavoro. Nella motivazione della sentenza di appello, di contro, sono valorizzati elementi privi di rilievo dirimente, quali la permanenza dei poteri di gestione amministrativa in capo alla cooperativa, che è, invece, connaturale alle ipotesi di intermediazione vietata, mentre non emerge in cosa consistesse, nella specie, l’autonomia gestionale dell’appaltatore, quale fosse l’attività organizzativa svolta nella disposizione del servizio, come si esplicasse la sua attività di direzione nei confronti del personale impiegato nell’appalto, in che modo l’appaltatore esperisse autonomamente un complesso di operazioni costituenti un servizio autonomo".
(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 9 marzo 2009, n. 5648: Interposizione di manodopera - Appalto - Contratto - Attività dell’appaltatrice).
Il Tribunale ribaltava il giudizio del Pretore - che aveva accolto le richieste del lavoratore - e concludeva per l’insussistenza di una illecita interposizione di manodopera sul rilevo fondante che i collegamenti con le strutture e i dipendenti della società committente apparivano in realtà limitati a questioni assolutamente tecniche escludendosi del tutto una subordinazione gerarchica non potendosi individuare la subordinazione nel potere di verificare eventuali inadempienze e irregolarità nell’espletamento delle prestazioni a seguito dei controlli essendo tale controllo unicamente effettuato sui registri e comunicato ad altri uffici al fine di integrare inadempienze del contratto di appalto e non risultando in contestazione che tutti gli altri aspetti inerenti la gestione amministrativa del rapporto di lavoro quali i turni di servizio, turni di ferie, permessi, retribuzioni ed adempimenti amministrativi relativi al personale, erano gestiti totalmente dall’impresa appaltatrice.
Molto importante la ricostruzione del proprio orientamento in materia di interposizione della manodopera. La Cassazione ha infatti ricordato che: "secondo Cass. 18281/07 (conforme a Cass. 11120/06, 14996/05) il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro sancito dall’art. 1, legge 23 ottobre 1960, n. 1369, opera nel caso in cui l’appalto abbia ad oggetto la messa a disposizione di una prestazione lavorativa, attribuendo all’appaltatore i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto, senza una reale organizzazione della prestazione stessa finalizzata ad un risultato produttivo autonomo, ed ancora secondo Cass. 16016/07 cit. (conforme a Cass. 14302/02) il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro (art. 1 legge 23 ottobre 1960, n. 1369), in riferimento agli appalti “endoaziendali”, caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di tutte le attività, ancorché strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore - datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo".
E ancora che "né, sempre in base a giurisprudenza di questa Corte, è necessario, per aversi intermediazione vietata, che l’impresa appaltatrice sia una impresa fittizia, essendo invece sufficiente che la stessa non fornisca una propria organizzazione di mezzi in relazione al particolare servizio appaltato (v., fra le tante, Cass. 5087/98 e 11120/06). Invero, una volta accertata l’estraneità dell’appaltatore all’organizzazione e direzione dei prestatori di lavoro nell’esecuzione dell’appalto è del tutto ultronea qualsiasi questione inerente il rischio economico e l’autonoma organizzazione del medesimo rimanendo, comunque, esclusa da parte dell’appaltatore, per la rilevata estraneità, una reale organizzazione della prestazione stessa finalizzata ad un risultato produttivo autonomo (Cass. 12363/03)".
La Cassazione ha rilevato un grave difetto di motivazione nella pronuncia di secondo grado, posto che "non è assolutamente sufficiente verificare che l’appalto venga concluso con un soggetto dotato di una propria ed effettiva organizzazione, occorrendo accertare, in primo luogo, se, a termini di contratto, la prestazione lavorativa deve essere resa nell’ambito di un’organizzazione e gestione propria dell’appaltatore, in quanto finalizzata ad un autonomo risultato produttivo; anche in caso di esito positivo di questa indagine, è altresì necessario esaminare la concreta esecuzione del contratto e, quindi, l’esistenza anche in fatto dell’autonomia gestionale dell’appaltatore che si esplica nella conduzione aziendale, nella direzione del personale, nella scelta delle modalità e dei tempi di lavoro. Nella motivazione della sentenza di appello, di contro, sono valorizzati elementi privi di rilievo dirimente, quali la permanenza dei poteri di gestione amministrativa in capo alla cooperativa, che è, invece, connaturale alle ipotesi di intermediazione vietata, mentre non emerge in cosa consistesse, nella specie, l’autonomia gestionale dell’appaltatore, quale fosse l’attività organizzativa svolta nella disposizione del servizio, come si esplicasse la sua attività di direzione nei confronti del personale impiegato nell’appalto, in che modo l’appaltatore esperisse autonomamente un complesso di operazioni costituenti un servizio autonomo".
(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 9 marzo 2009, n. 5648: Interposizione di manodopera - Appalto - Contratto - Attività dell’appaltatrice).