Cassazione: no all’indennizzo per violazione ragionevole durata se il protrarsi del giudizio risponde a specifico interesse
Quanto, invece al danno non patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo, il danno è, anche alla stregua della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, conseguenza normale ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, a causa dei disagi e dei turbamenti di ordine psicologico che la lesione di tale diritto solitamente provoca a chi ne è titolare: sicché, pur dovendosi escludere la configurabilità di un danno non patrimoniale in re ipsa - ossia di un danno automaticamente e necessariamente insisto nell’accertamento della violazione - una volta accertata quest’ultima deve, invece, considerarsi di regola in re ipsa la prova del relativo pregiudizio, che il giudice deve quindi ritenere esistente; sempre però che non constino nel caso concreto circostanze particolari che facciano positivamente escludere che il danno in questione sia stato subito dal ricorrente: come tipicamente avviene, ad esempio, nella ipotesi in cui il protrarsi del giudizio appaia rispondente ad uno specifico interesse della parte o sia comunque destinato a produrre conseguenze che la parte stessa percepisce come a sé favorevoli. La valutazione circa la sussistenza, nel caso concreto, di tali particolari circostanze si risolve in un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito e non sindacabile in sede di legittimità, ove sorretto da motivazione congrua e scevra da vizi logici e giuridici".
Nel caso di specie, la controversia oggetto del processo civile presupposto - conclusosi con l’estinzione per inattività delle parti, a seguito di transazione stragiudiziale - era stata completamente gestita fuori dell’ambito processuale, con conseguente carenza di interesse del ricorrente alla celere definizione del giudizio in cui era convenuto, essendo il suo interesse quello, opposto, alla stasi del procedimento per coltivare la prospettiva, poi concretizzatasi, della definizione in sede stragiudiziale. La Corte di cassazione ha confermato l’impugnata sentenza, che non aveva riconosciuto il danno non patrimoniale in favore della parte istante.
Massima e sentenza sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 13 aprile 2006, n.8716: Ragionevole durata del processo - Protrazione del giudizio rispondente ad uno specifico interesse della parte - Danno non patrimoniale - Configurabilità - Esclusione).
Quanto, invece al danno non patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo, il danno è, anche alla stregua della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, conseguenza normale ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, a causa dei disagi e dei turbamenti di ordine psicologico che la lesione di tale diritto solitamente provoca a chi ne è titolare: sicché, pur dovendosi escludere la configurabilità di un danno non patrimoniale in re ipsa - ossia di un danno automaticamente e necessariamente insisto nell’accertamento della violazione - una volta accertata quest’ultima deve, invece, considerarsi di regola in re ipsa la prova del relativo pregiudizio, che il giudice deve quindi ritenere esistente; sempre però che non constino nel caso concreto circostanze particolari che facciano positivamente escludere che il danno in questione sia stato subito dal ricorrente: come tipicamente avviene, ad esempio, nella ipotesi in cui il protrarsi del giudizio appaia rispondente ad uno specifico interesse della parte o sia comunque destinato a produrre conseguenze che la parte stessa percepisce come a sé favorevoli. La valutazione circa la sussistenza, nel caso concreto, di tali particolari circostanze si risolve in un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito e non sindacabile in sede di legittimità, ove sorretto da motivazione congrua e scevra da vizi logici e giuridici".
Nel caso di specie, la controversia oggetto del processo civile presupposto - conclusosi con l’estinzione per inattività delle parti, a seguito di transazione stragiudiziale - era stata completamente gestita fuori dell’ambito processuale, con conseguente carenza di interesse del ricorrente alla celere definizione del giudizio in cui era convenuto, essendo il suo interesse quello, opposto, alla stasi del procedimento per coltivare la prospettiva, poi concretizzatasi, della definizione in sede stragiudiziale. La Corte di cassazione ha confermato l’impugnata sentenza, che non aveva riconosciuto il danno non patrimoniale in favore della parte istante.
Massima e sentenza sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 13 aprile 2006, n.8716: Ragionevole durata del processo - Protrazione del giudizio rispondente ad uno specifico interesse della parte - Danno non patrimoniale - Configurabilità - Esclusione).