Cassazione Penale: cessioni “parziali” di quote societarie e riciclaggio

La Suprema Corte con la sentenza n. 13421/12 depositata l’11 aprile 2012 stabilisce che anche la cessione parziale delle quote di una società può essere sufficiente a configurare il reato di “trasferimento fraudolento di valori” (articolo 12-quinquies del D.L. 8-6-1992 n. 306 - Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa).

Si stabilisce infatti che “una società può essere tanto fittiziamente intestata al 100% ad uno o più prestanomi quanto esserlo solo in diversa misura percentuale, senza che ciò influisca sulla configurabilità del delitto”.

Per la configurabilità del reato basta un’elevata probabilità e non una prova certa ed inconfutabile della cessione fittizia di una società, anche se la disponibilità economica dei prestanome rendesse compatibile l’acquisto delle quote societarie “dato che è ben possibile che soggetti pur muniti di redditi significativi possano prestarsi ad operazioni interpositive nell’interesse di chi voglia eludere misure di prevenzione patrimoniale e/o intenda compiere attività di riciclaggio o di reimpiego”.

Nulla muta in caso di cessione di una quota sociale, poiché in tal caso non muta né l’elemento oggettivo né quello soggettivo, né l’elemento giuridico; una tale condotta è comunque lesiva dell’interesse a che non venga frustrata l’effettività delle norme in tema di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando e a che siano represse le attività di riciclaggio e reimpiego di capitali di provenienza illecita.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Penale, Sentenza 11 aprile 2012, n.13421)

[Nota Avv. Vittorio Mirra]

La Suprema Corte con la sentenza n. 13421/12 depositata l’11 aprile 2012 stabilisce che anche la cessione parziale delle quote di una società può essere sufficiente a configurare il reato di “trasferimento fraudolento di valori” (articolo 12-quinquies del D.L. 8-6-1992 n. 306 - Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa).

Si stabilisce infatti che “una società può essere tanto fittiziamente intestata al 100% ad uno o più prestanomi quanto esserlo solo in diversa misura percentuale, senza che ciò influisca sulla configurabilità del delitto”.

Per la configurabilità del reato basta un’elevata probabilità e non una prova certa ed inconfutabile della cessione fittizia di una società, anche se la disponibilità economica dei prestanome rendesse compatibile l’acquisto delle quote societarie “dato che è ben possibile che soggetti pur muniti di redditi significativi possano prestarsi ad operazioni interpositive nell’interesse di chi voglia eludere misure di prevenzione patrimoniale e/o intenda compiere attività di riciclaggio o di reimpiego”.

Nulla muta in caso di cessione di una quota sociale, poiché in tal caso non muta né l’elemento oggettivo né quello soggettivo, né l’elemento giuridico; una tale condotta è comunque lesiva dell’interesse a che non venga frustrata l’effettività delle norme in tema di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando e a che siano represse le attività di riciclaggio e reimpiego di capitali di provenienza illecita.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Penale, Sentenza 11 aprile 2012, n.13421)

[Nota Avv. Vittorio Mirra]