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Cassazione Penale: il rinvio di un intervento d’urgenza espone il medico a responsabilità penale

Il rinvio di un intervento già programmato come urgente, senza alcun monitoraggio delle condizioni del paziente, esclude la configurazione della colpa lieve, richiesto come elemento soggettivo di esclusione della responsabilità penale del medico.

Il principio in esame è stato stabilito dai giudici di Cassazione, chiamati a pronunciarsi sulla configurazione di una responsabilità penale per la condotta tenuta da un primario, a norma della Legge n. 189/2012, in materia di tutela della salute, per aver questo rinviato un intervento già programmato (nella specie, un taglio cesareo), cagionando per negligenza l’interruzione della gravidanza.

Estinto il reato ascritto per prescrizione, il primario è stato condannato dalla Corte d’Appello del luogo al risarcimento dei danni in favore della parte civile. Avverso tale sentenza, lo stesso ha proposto ricorso in Cassazione.

Il medico contesta la sentenza di merito per il fatto che “il sopravvenuto art. 3 della legge 8 novembre 2012, n. 189 esclude la responsabilità penale per colpa lieve dell’esercente la professione sanitaria il quale si attenga a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, le quali non prevedono il parto cesareo come intervento da praticarsi nei casi di epatogestosi, quale quello riscontrato nei confronti della persona offesa”.

La Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata, configurando la condotta incriminata come contraria alle “buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica”. In particolare, non si potrebbe parlare di colpa lieve nel caso esaminato per la grave negligenza e imperizia tenuta dal primario.

Nelle motivazioni della sentenza della Corte di cassazione leggiamo: “La condotta ascritta all’imputato non può assolutamente essere ritenuta come connotata da colpa lieve, nelle concrete circostanze della vicenda. A questo punto determinante è la considerazione per la quale il parto cesareo era stato in concreto programmato come intervento urgente. Tanto esclude che il rinvio dell’operazione, oltretutto non accompagnato da un monitoraggio cardiografico della paziente, fosse conforme a buone pratiche, e comunque nel momento in cui il feto cessava di vivere la notte seguente alla giornata programmata per il taglio cesareo, rende coerenti le conclusioni della sentenza impugnata sull’essere tale intervento l’unico a quel punto idoneo ad impedire l’evento letale”.

Di conseguenza, la Cassazione ha rigettato il ricorso e confermato la condanna al risarcimento dei danni cagionati alla paziente.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 10 gennaio 2014, n. 660)

Il rinvio di un intervento già programmato come urgente, senza alcun monitoraggio delle condizioni del paziente, esclude la configurazione della colpa lieve, richiesto come elemento soggettivo di esclusione della responsabilità penale del medico.


Il principio in esame è stato stabilito dai giudici di Cassazione, chiamati a pronunciarsi sulla configurazione di una responsabilità penale per la condotta tenuta da un primario, a norma della Legge n. 189/2012, in materia di tutela della salute, per aver questo rinviato un intervento già programmato (nella specie, un taglio cesareo), cagionando per negligenza l’interruzione della gravidanza.

Estinto il reato ascritto per prescrizione, il primario è stato condannato dalla Corte d’Appello del luogo al risarcimento dei danni in favore della parte civile. Avverso tale sentenza, lo stesso ha proposto ricorso in Cassazione.

Il medico contesta la sentenza di merito per il fatto che “il sopravvenuto art. 3 della legge 8 novembre 2012, n. 189 esclude la responsabilità penale per colpa lieve dell’esercente la professione sanitaria il quale si attenga a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, le quali non prevedono il parto cesareo come intervento da praticarsi nei casi di epatogestosi, quale quello riscontrato nei confronti della persona offesa”.

La Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata, configurando la condotta incriminata come contraria alle “buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica”. In particolare, non si potrebbe parlare di colpa lieve nel caso esaminato per la grave negligenza e imperizia tenuta dal primario.

Nelle motivazioni della sentenza della Corte di cassazione leggiamo: “La condotta ascritta all’imputato non può assolutamente essere ritenuta come connotata da colpa lieve, nelle concrete circostanze della vicenda. A questo punto determinante è la considerazione per la quale il parto cesareo era stato in concreto programmato come intervento urgente. Tanto esclude che il rinvio dell’operazione, oltretutto non accompagnato da un monitoraggio cardiografico della paziente, fosse conforme a buone pratiche, e comunque nel momento in cui il feto cessava di vivere la notte seguente alla giornata programmata per il taglio cesareo, rende coerenti le conclusioni della sentenza impugnata sull’essere tale intervento l’unico a quel punto idoneo ad impedire l’evento letale”.

Di conseguenza, la Cassazione ha rigettato il ricorso e confermato la condanna al risarcimento dei danni cagionati alla paziente.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 10 gennaio 2014, n. 660)