Cassazione Penale: limitazione della libertà di infante con richiesta di riscatto

La Corte si è pronunciata in materia di sequestro di persona, chiarendo che la riduzione della libertà di infante per ottenere il pagamento di una somma di denaro integra il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione (articolo 630 Codice Penale) e non il reato di sottrazione di persone incapaci (articolo 574 Codice Penale), come invece sostenuto dalla difesa del ricorrente, che si basa sull’(errato) assunto che l’articolo 630 del Codice Penale tuteli la “libertà di movimento” e non la “libertà di vivere nell’habitat naturale”, con una ben diversa sanzione prevista dalle due norme (reclusione dai 25 ai 30 anni nel primo caso, reclusione da 1 a 3 anni nel secondo).

Diversamente dalla predetta tesi, la Suprema Corte, aderendo ad un risalente orientamento giurisprudenziale, conferma la sentenza della Corte d’Appello e riconosce che “ricorre l’ipotesi criminosa dell’art. 630 codice penale qualora mediante una abductio o una ritenzione violenta o fraudolenta l’infans o l’amens siano sottratti alla custodia o vigilanza del legale rappresentante e sottoposti ad uno stato di cattività allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione (Cass. Pen. Sez. 1, 2189/1978 Rv. 138098)”.

Ai fini della decisione, la Corte individua alcuni necessari canoni di riferimento applicabili al caso di specie, “tenuto conto:

a) che il sequestro di persona a scopo di estorsione è tradizionalmente concepito quale reato complesso caratterizzato dal dolo specifico, apprezzato come figura autonoma di reato, qualificabile, appunto, come reato complesso, per la confluenza in esso, quali elementi costitutivi, di fatti che costituirebbero per se stessi reato (sequestro di persona ed estorsione), ai sensi dell’art. 84 c.p.;

b) che va escluso che il reato previsto e punito dall’art. 630 codice penale possa considerarsi “ipotesi delittuosa aggravata del sequestro di persona, dal quale si differenzia per il dolo specifico, che si concretizza nello scopo perseguito, per sé o per altri, di un ingiusto profitto come prezzo della liberazione”;

c) che trattasi di reato connotato da natura plurioffensiva, poiché l’oggetto della tutela penale si identifica sia nella libertà personale, sia nell’inviolabilità nel patrimonio: il tratto che ha sempre costituito il suo elemento fondante è la “mercificazione della persona umana” che viene strumentalizzata in tutte le sue dimensioni, anche affettive e patrimoniali, rispetto al fine dell’agente; la persona diventa merce di scambio contro un prezzo, come risulta dalla stretta correlazione posta tra il fine del sequestro che è il profitto ingiusto e il suo titolo, cioè, appunto, il prezzo della liberazione;

d) che nell’anzidetto tratto di plurioffensività, l’elemento obiettivo del sequestro viene tipizzato dallo scopo di conseguire un profitto ingiusto dal prezzo della liberazione, con la conseguenza che, ove ricorrano i due elementi della privazione della libertà personale e della finalità di ottenere un profitto come prezzo della liberazione, il delitto è pienamente realizzato;

e) che si tratta ancora di un reato a consumazione anticipata che si perfeziona nel momento in cui vengono attuati tutti i suoi elementi costitutivi, fino alla cessazione dello stato di soggezione della vittima non essendo quindi richiesto per la consumazione - come elemento necessario - il fatto che l’agente abbia effettivamente conseguito l’ingiusto profitto avuto di mira;

f) che la qualità di incapace della vittima non può impedire la tutela apprestata dall’art. 630 codice penale, diretta anzitutto a preservare il bene della libertà di ogni soggetto, e considerato che questa Corte ha ritenuto configurabile la violazione dell’art. 605, e non quella dell’art. 574 codice penale (sottrazione d’incapace), anche ai danni di un minore, quale che sia la sua età, atteso che soggetto passivo del delitto previsto dall’art. 605 codice penale può essere anche qualsiasi persona giuridicamente incapace di agire e di far valere i propri diritti.

Pertanto, afferma la Corte, nel “sequestro di persone a scopo di estorsione la persona è strumentalizzata in tutte le sua dimensioni, anche affettive e patrimoniali, rispetto all’obiettivo perseguito dall’agente, e la liberazione della vittima (adulta, infante, incapace od amente) potrà dirsi attuata quando essa sia fisicamente libera da interventi coattivi “sul corpo” che impediscano o limitino tutte quelle espressioni che costituiscono il contenuto della libertà personale. Libertà personale – continua la Corte – che non è soltanto quella … della libertà di locomozione, ma comprende tutte le possibili estrinsecazioni della libertà personale stessa, quali, ad esempio, le relazioni interpersonali”.

Nel caso di specie ciò che assume rilievo, trattandosi del sequestro di infante, è infatti il criterio “del pregiudizio alle relazioni personali”, mentre quello della “libertà di locomozione”, trattandosi di infante di cinque mesi, diventa un parametro accessorio rispetto alle relazioni personali, “queste sì dolorosamente percepibili dalla piccola vittima, privata degli usuali ed essenziali riferimenti affettivi ed ambientali”.

Alla luce delle considerazioni di cui sopra, la Corte conclude affermando che “l’invocato art. 574 codice penale risulta voluto nel nostro sistema sanzionatorio a presidio prioritario della potestà genitoriale e del suo concreto esercizio … mentre la norma dell’art. 630 codice penale è inserita tra i delitti contro il patrimonio mediante la violenza alle cose o alle persone, con la conseguente duplice e convergente protezione, non solo dell’interesse pubblico, che attiene alla inviolabilità del patrimonio, ma anche quello della tutela della libertà personale, la cui inviolabilità è stabilita dall’art. 13 della Carta costituzionale e che, nel caso di persona sequestrata, minore di età od infante come nella specie, assume nella economia del crimine un disvalore dominante”.

(Corte di Cassazione - Sezione Sesta Penale, Sentenza 30 dicembre 2011, n. 48744)

[Dott.ssa Luciana Di Vito – Iusgate]

La Corte si è pronunciata in materia di sequestro di persona, chiarendo che la riduzione della libertà di infante per ottenere il pagamento di una somma di denaro integra il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione (articolo 630 Codice Penale) e non il reato di sottrazione di persone incapaci (articolo 574 Codice Penale), come invece sostenuto dalla difesa del ricorrente, che si basa sull’(errato) assunto che l’articolo 630 del Codice Penale tuteli la “libertà di movimento” e non la “libertà di vivere nell’habitat naturale”, con una ben diversa sanzione prevista dalle due norme (reclusione dai 25 ai 30 anni nel primo caso, reclusione da 1 a 3 anni nel secondo).

Diversamente dalla predetta tesi, la Suprema Corte, aderendo ad un risalente orientamento giurisprudenziale, conferma la sentenza della Corte d’Appello e riconosce che “ricorre l’ipotesi criminosa dell’art. 630 codice penale qualora mediante una abductio o una ritenzione violenta o fraudolenta l’infans o l’amens siano sottratti alla custodia o vigilanza del legale rappresentante e sottoposti ad uno stato di cattività allo scopo di conseguire un ingiusto profitto come prezzo della liberazione (Cass. Pen. Sez. 1, 2189/1978 Rv. 138098)”.

Ai fini della decisione, la Corte individua alcuni necessari canoni di riferimento applicabili al caso di specie, “tenuto conto:

a) che il sequestro di persona a scopo di estorsione è tradizionalmente concepito quale reato complesso caratterizzato dal dolo specifico, apprezzato come figura autonoma di reato, qualificabile, appunto, come reato complesso, per la confluenza in esso, quali elementi costitutivi, di fatti che costituirebbero per se stessi reato (sequestro di persona ed estorsione), ai sensi dell’art. 84 c.p.;

b) che va escluso che il reato previsto e punito dall’art. 630 codice penale possa considerarsi “ipotesi delittuosa aggravata del sequestro di persona, dal quale si differenzia per il dolo specifico, che si concretizza nello scopo perseguito, per sé o per altri, di un ingiusto profitto come prezzo della liberazione”;

c) che trattasi di reato connotato da natura plurioffensiva, poiché l’oggetto della tutela penale si identifica sia nella libertà personale, sia nell’inviolabilità nel patrimonio: il tratto che ha sempre costituito il suo elemento fondante è la “mercificazione della persona umana” che viene strumentalizzata in tutte le sue dimensioni, anche affettive e patrimoniali, rispetto al fine dell’agente; la persona diventa merce di scambio contro un prezzo, come risulta dalla stretta correlazione posta tra il fine del sequestro che è il profitto ingiusto e il suo titolo, cioè, appunto, il prezzo della liberazione;

d) che nell’anzidetto tratto di plurioffensività, l’elemento obiettivo del sequestro viene tipizzato dallo scopo di conseguire un profitto ingiusto dal prezzo della liberazione, con la conseguenza che, ove ricorrano i due elementi della privazione della libertà personale e della finalità di ottenere un profitto come prezzo della liberazione, il delitto è pienamente realizzato;

e) che si tratta ancora di un reato a consumazione anticipata che si perfeziona nel momento in cui vengono attuati tutti i suoi elementi costitutivi, fino alla cessazione dello stato di soggezione della vittima non essendo quindi richiesto per la consumazione - come elemento necessario - il fatto che l’agente abbia effettivamente conseguito l’ingiusto profitto avuto di mira;

f) che la qualità di incapace della vittima non può impedire la tutela apprestata dall’art. 630 codice penale, diretta anzitutto a preservare il bene della libertà di ogni soggetto, e considerato che questa Corte ha ritenuto configurabile la violazione dell’art. 605, e non quella dell’art. 574 codice penale (sottrazione d’incapace), anche ai danni di un minore, quale che sia la sua età, atteso che soggetto passivo del delitto previsto dall’art. 605 codice penale può essere anche qualsiasi persona giuridicamente incapace di agire e di far valere i propri diritti.

Pertanto, afferma la Corte, nel “sequestro di persone a scopo di estorsione la persona è strumentalizzata in tutte le sua dimensioni, anche affettive e patrimoniali, rispetto all’obiettivo perseguito dall’agente, e la liberazione della vittima (adulta, infante, incapace od amente) potrà dirsi attuata quando essa sia fisicamente libera da interventi coattivi “sul corpo” che impediscano o limitino tutte quelle espressioni che costituiscono il contenuto della libertà personale. Libertà personale – continua la Corte – che non è soltanto quella … della libertà di locomozione, ma comprende tutte le possibili estrinsecazioni della libertà personale stessa, quali, ad esempio, le relazioni interpersonali”.

Nel caso di specie ciò che assume rilievo, trattandosi del sequestro di infante, è infatti il criterio “del pregiudizio alle relazioni personali”, mentre quello della “libertà di locomozione”, trattandosi di infante di cinque mesi, diventa un parametro accessorio rispetto alle relazioni personali, “queste sì dolorosamente percepibili dalla piccola vittima, privata degli usuali ed essenziali riferimenti affettivi ed ambientali”.

Alla luce delle considerazioni di cui sopra, la Corte conclude affermando che “l’invocato art. 574 codice penale risulta voluto nel nostro sistema sanzionatorio a presidio prioritario della potestà genitoriale e del suo concreto esercizio … mentre la norma dell’art. 630 codice penale è inserita tra i delitti contro il patrimonio mediante la violenza alle cose o alle persone, con la conseguente duplice e convergente protezione, non solo dell’interesse pubblico, che attiene alla inviolabilità del patrimonio, ma anche quello della tutela della libertà personale, la cui inviolabilità è stabilita dall’art. 13 della Carta costituzionale e che, nel caso di persona sequestrata, minore di età od infante come nella specie, assume nella economia del crimine un disvalore dominante”.

(Corte di Cassazione - Sezione Sesta Penale, Sentenza 30 dicembre 2011, n. 48744)

[Dott.ssa Luciana Di Vito – Iusgate]