Cassazione Penale: peculato del geometra comunale

Confermando le sentenze dei precedenti gradi di giudizio, la Corte ha condannato un geometra comunale per il delitto di peculato a seguito dell’illecita appropriazione del denaro dovuto e versato dai cittadini per la definizione di pratiche edilizie e del delitto di truffa nelle altre ipotesi in cui l’appropriazione riguardava somme versate, ma in realtà non dovute all’ente pubblico.

Nel rigettare il ricorso presentato dalla difesa del geometra, la Corte chiarisce che l’eventuale agire in violazione delle norme interne del comune sulla modalità di riscossione dei crediti non esclude i presupposti del reato, potendo la violazione di norme interne costituire un illecito disciplinare che si aggiunge al reato. Pertanto, per la consumazione del reato “è irrilevante … che l’appropriazione del denaro derivi da un corretto e legittimo esercizio delle funzioni esercitate da parte dell’agente o dall’esercizio di fatto e arbitrario di tali funzioni; dovendosi escludere il peculato solo quando il possesso sia meramente occasionale”, ovvero solo ove il possesso delle somme dipenda da evento fortuito o legato al caso, non anche quando l’affidamento riposto dai cittadini nella qualifica pubblica dell’agente ha favorito l’insorgere del presupposto del reato, ovvero del possesso delle somme.

In conclusione, il peculato si verifica “tanto se il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio abbia la disponibilità giuridica quanto semplicemente quella materiale del denaro altrui”. Trattandosi nel caso di specie di prestazioni (versamenti) che i privati dovevano effettuare a favore dell’ente, le somme già appartenevano alla PA, “a nulla rilevando le modalità di riscossione e la eventuale irritualità dei mezzi di pagamento … Dunque il possesso del denaro da parte del ricorrente non era conseguenza di una truffa, ma si ricollegava direttamente all’illecito storno di somme da esigere per conto della PA”.

(Corte di Cassazione - Sezione Penale, Sentenza 14 settembre 2011)

[Dott.ssa Luciana Di Vito]

Confermando le sentenze dei precedenti gradi di giudizio, la Corte ha condannato un geometra comunale per il delitto di peculato a seguito dell’illecita appropriazione del denaro dovuto e versato dai cittadini per la definizione di pratiche edilizie e del delitto di truffa nelle altre ipotesi in cui l’appropriazione riguardava somme versate, ma in realtà non dovute all’ente pubblico.

Nel rigettare il ricorso presentato dalla difesa del geometra, la Corte chiarisce che l’eventuale agire in violazione delle norme interne del comune sulla modalità di riscossione dei crediti non esclude i presupposti del reato, potendo la violazione di norme interne costituire un illecito disciplinare che si aggiunge al reato. Pertanto, per la consumazione del reato “è irrilevante … che l’appropriazione del denaro derivi da un corretto e legittimo esercizio delle funzioni esercitate da parte dell’agente o dall’esercizio di fatto e arbitrario di tali funzioni; dovendosi escludere il peculato solo quando il possesso sia meramente occasionale”, ovvero solo ove il possesso delle somme dipenda da evento fortuito o legato al caso, non anche quando l’affidamento riposto dai cittadini nella qualifica pubblica dell’agente ha favorito l’insorgere del presupposto del reato, ovvero del possesso delle somme.

In conclusione, il peculato si verifica “tanto se il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio abbia la disponibilità giuridica quanto semplicemente quella materiale del denaro altrui”. Trattandosi nel caso di specie di prestazioni (versamenti) che i privati dovevano effettuare a favore dell’ente, le somme già appartenevano alla PA, “a nulla rilevando le modalità di riscossione e la eventuale irritualità dei mezzi di pagamento … Dunque il possesso del denaro da parte del ricorrente non era conseguenza di una truffa, ma si ricollegava direttamente all’illecito storno di somme da esigere per conto della PA”.

(Corte di Cassazione - Sezione Penale, Sentenza 14 settembre 2011)

[Dott.ssa Luciana Di Vito]