Cassazione Penale: querela per reato di impedito controllo verso amministratore

Il termine per querelare l’amministratore per la commissione del reato di impedito controllo (articolo 2625 del Codice Civile) decorre dalla data in cui è stato procurato il danno all’ex socio e non dal rifiuto di divulgare le informazioni sociali.

Il principio di cui sopra è stato recentemente affermato dalla Corte di Cassazione che ha annullato la sentenza emessa dai giudici della Corte d’Appello di Catania che, erroneamente, pur accertando l’esistenza dei presupposti del reato, avevano calcolato il termine trimestrale dall’ultima richiesta di visione degli atti societari, dichiarando di non doversi procedere per tardività della querela.

In particolare, la Corte, aderendo alle tesi della Procura Generale e del querelante-danneggiato, ha affermato che il reato di cui all’articolo 2625, comma 2, del Codice Civile, non è di mero pericolo, né di natura istantanea: il delitto in esame è da considerarsi quale reato che tutela il patrimonio, alla stregua della fattispecie delle false comunicazioni sociali in danno della società, e il danno è elemento costitutivo della fattispecie di rilevanza penale e differenziante dall’illecito amministrativo previsto dal primo comma della citata norma.

La consumazione del reato si perfeziona pertanto con il verificarsi dell’evento di danno, necessariamente successivo alla condotta dell’impedimento del controllo, e il termine per la proposizione della querela decorre solo dal momento in cui il danneggiato ha conoscenza certa del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva.

Annullata la sentenza impugnata per rianalizzare nuovamente il tema della tempestività della querela alla luce dei principi sopra esposti, la Corte si pronuncia altresì sul tema della liquidazione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che “dovrà essere valutata, in base all’esito finale, sulla base del criterio della soccombenza: si osserva infatti nella giurisprudenza di legittimità che l’esercizio dell’azione civile nel processo penale realizza un rapporto processuale avente per oggetto una domanda privatistica (alla restituzione o al risarcimento del danno), con la conseguenza che il regime delle spese va regolato secondo il criterio della soccombenza, di cui all’articolo 91 c.p.c., in base al quale l’onere delle spese va valutato, nell’ipotesi di alterne vicende nei diversi gradi del giudizio, con riferimento all’esito finale, a nulla rilevando che una parte, risultata infine soccombente, sia stata vittoriosa in qualche fase o grado”.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 27 marzo 2012, n.11639)

[Dott.ssa Luciana Di Vito - Iusgate]

Il termine per querelare l’amministratore per la commissione del reato di impedito controllo (articolo 2625 del Codice Civile) decorre dalla data in cui è stato procurato il danno all’ex socio e non dal rifiuto di divulgare le informazioni sociali.

Il principio di cui sopra è stato recentemente affermato dalla Corte di Cassazione che ha annullato la sentenza emessa dai giudici della Corte d’Appello di Catania che, erroneamente, pur accertando l’esistenza dei presupposti del reato, avevano calcolato il termine trimestrale dall’ultima richiesta di visione degli atti societari, dichiarando di non doversi procedere per tardività della querela.

In particolare, la Corte, aderendo alle tesi della Procura Generale e del querelante-danneggiato, ha affermato che il reato di cui all’articolo 2625, comma 2, del Codice Civile, non è di mero pericolo, né di natura istantanea: il delitto in esame è da considerarsi quale reato che tutela il patrimonio, alla stregua della fattispecie delle false comunicazioni sociali in danno della società, e il danno è elemento costitutivo della fattispecie di rilevanza penale e differenziante dall’illecito amministrativo previsto dal primo comma della citata norma.

La consumazione del reato si perfeziona pertanto con il verificarsi dell’evento di danno, necessariamente successivo alla condotta dell’impedimento del controllo, e il termine per la proposizione della querela decorre solo dal momento in cui il danneggiato ha conoscenza certa del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva.

Annullata la sentenza impugnata per rianalizzare nuovamente il tema della tempestività della querela alla luce dei principi sopra esposti, la Corte si pronuncia altresì sul tema della liquidazione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che “dovrà essere valutata, in base all’esito finale, sulla base del criterio della soccombenza: si osserva infatti nella giurisprudenza di legittimità che l’esercizio dell’azione civile nel processo penale realizza un rapporto processuale avente per oggetto una domanda privatistica (alla restituzione o al risarcimento del danno), con la conseguenza che il regime delle spese va regolato secondo il criterio della soccombenza, di cui all’articolo 91 c.p.c., in base al quale l’onere delle spese va valutato, nell’ipotesi di alterne vicende nei diversi gradi del giudizio, con riferimento all’esito finale, a nulla rilevando che una parte, risultata infine soccombente, sia stata vittoriosa in qualche fase o grado”.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 27 marzo 2012, n.11639)

[Dott.ssa Luciana Di Vito - Iusgate]