Cassazione Penale: truffa e indebito utilizzo di carta di credito on line
La Cassazione ha ribadito il proprio orientamento, con particolare riferimento alla consumazione del reato di indebita ufilizzazione di carta di credito. Afferma la Cassazione: "questa Corte ha già individuato un principio ermeneutico, datato e ripetuto, al quale si ritiene di doversi rifare che, secondo cui l’indebita utilizzazione, a fini di profitto, della carta di credito o del documento analogo, da parte di chi non ne sia titolare, integra il reato di cui all’art. 55 co 9 D.Lgs n.231 del 2007, indipendentemente dal conseguimento di un profitto o dal verificarsi di un danno, non essendo richiesto dalla norma che la transazione giunga a buon fine (Sentenza N. 44362 del 2003 Rv. 227253; sentenza N. 42888 del 2004 Rv. 230117; sentenza N. 22902 del 2001 Rv. 218873) e comunque, alla luce dell’insegnamento delle Sezioni Unite (Sez. Un. 28.3.2001, n. 22902, ric. Tizzi, riv. 218873), il reato di truffa non è assorbito in quello di indebita utilizzazione, a fine di profitto proprio o altrui, da parte di chi non ne sia titolare, di carte di credito o analoghi strumenti di prelievo o pagamento, se la condotta incriminata non si esaurisca nel mero utilizzo del documento predetto ma sia connotata, come nel caso in esame, da un quid pluris, ossia dall’artifizio consistente nel carpire ed utilizzare, invito domino, il codice alfanumerico. Nelle intenzioni dei clienti, intatti, quest’ultimo doveva restare segreto fino alla consegna della merce, oggetto della transazione commerciale".
(Corte di Cassazione - Sezione Feriale Penale, Sentenza 15 settembre - 12 dicembre 2011, n.45946)
La Cassazione ha ribadito il proprio orientamento, con particolare riferimento alla consumazione del reato di indebita ufilizzazione di carta di credito. Afferma la Cassazione: "questa Corte ha già individuato un principio ermeneutico, datato e ripetuto, al quale si ritiene di doversi rifare che, secondo cui l’indebita utilizzazione, a fini di profitto, della carta di credito o del documento analogo, da parte di chi non ne sia titolare, integra il reato di cui all’art. 55 co 9 D.Lgs n.231 del 2007, indipendentemente dal conseguimento di un profitto o dal verificarsi di un danno, non essendo richiesto dalla norma che la transazione giunga a buon fine (Sentenza N. 44362 del 2003 Rv. 227253; sentenza N. 42888 del 2004 Rv. 230117; sentenza N. 22902 del 2001 Rv. 218873) e comunque, alla luce dell’insegnamento delle Sezioni Unite (Sez. Un. 28.3.2001, n. 22902, ric. Tizzi, riv. 218873), il reato di truffa non è assorbito in quello di indebita utilizzazione, a fine di profitto proprio o altrui, da parte di chi non ne sia titolare, di carte di credito o analoghi strumenti di prelievo o pagamento, se la condotta incriminata non si esaurisca nel mero utilizzo del documento predetto ma sia connotata, come nel caso in esame, da un quid pluris, ossia dall’artifizio consistente nel carpire ed utilizzare, invito domino, il codice alfanumerico. Nelle intenzioni dei clienti, intatti, quest’ultimo doveva restare segreto fino alla consegna della merce, oggetto della transazione commerciale".
(Corte di Cassazione - Sezione Feriale Penale, Sentenza 15 settembre - 12 dicembre 2011, n.45946)