Cassazione Sezioni Unite: riconoscimento ed esecuzione di sentenza straniera

"Nel giudizio di riconoscimento di sentenze straniere in Italia ai sensi dell’art. 67 l. 31 maggio 1995, n. 218, quando si renda necessario procedere ad esecuzione forzata per la loro attuazione, sussiste la giurisdizione del giudice italiano anche se all’attualità manchino in Italia beni da sottoporre all’esecuzione e la Corte d’appello, attesa la natura ed i limiti di tale giudizio, deve limitarsi ad accertare, al fine di pronunziare il riconoscimento, la sussistenza dei soli requisiti per il riconoscimento automatico di cui all’art. 64 l. cit., rimanendo estranea a tale giudizio, anche quale oggetto di accertamento solo incidentale, ogni altra questione in merito alla titolarità di beni, che l’attore intenda sottoporre ad esecuzione".

Questo il principio di diritto elaborato dalle Sezioni Unite della Cassazione in materia non ancora pervenuta alla propria attenzione. La Corte di Cassazione, per giungere al citato principio, ha affrontato l’esame della disciplina di cui agli articoli 64 e seguenti della Legge 218/1995 recante il diritto internazionale privato italiano.

La Legge 218/1995

In via preliminare le Sezioni Unite hanno osservato che "uno degli aspetti più innovativi della riforma del sistema del diritto internazionale privato, di cui alla legge 31 maggio 1995, n. 218 è stata la reintroduzione (vedasi c.p.c. 1865) del principio del riconoscimento automatico, in presenza delle condizioni di cui all’art. 64 c.p.c., delle sentenze straniere passate in giudicato, nel loro effetto di cosa giudicata sostanziale e di cosa giudicata formale o processuale, sia tra le parti sia nei confronti dei giudici italiani, sotto l’aspetto positivo dell’obbligo di attenersi ad esse e sotto l’aspetto negativo dell’impedimento al formarsi di un giudicato italiano sulla stessa lite. Viene, così, generalizzato un principio che precedentemente era previsto solo da alcune convenzioni bilaterali e nel cd. "sistema di Bruxelles" (conv. di Bruxelles del 1968 e succ. mod. e conv. di Lugano del 1988).

Solo per far valere gli effetti esecutivi del giudicato, o per superare la contestazione degli altri effetti o la mancata ottemperanza, è previsto un procedimento giudiziario di accertamento delle condizioni che consentono il riconoscimento automatico dall’art. 67 c.p.c.. Tale articolo così statuisce nei primi due commi: "l. In caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera o del provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, ovvero quando sia necessario procedere ad esecuzione forzata, chiunque vi abbia interesse può chiedere alla corte d’appello del luogo di attuazione l’accertamento dei requisiti del riconoscimento. 2. La sentenza straniera o il provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, unitamente al provvedimento che accoglie la domanda di cui al comma 1, costituiscono titolo per l’attuazione e per l’esecuzione forzata".

Giurisdizione e competenza

Va, anzitutto, osservato che nella fattispecie non può porsi, come erratamente ritenuto dalle parti resistenti e dalla sentenza impugnata, una questione di difetto di giurisdizione del giudice italiano in merito alla domanda di riconoscimento di sentenza straniera in Italia. Infatti la giurisdizione su tale domanda non può che appartenersi al giudice italiano, mentre le questioni che attengono all’esistenza delle condizioni dell’azione ed all’esistenza dei presupposti formali per il riconoscimento attengono al merito (in senso lato) della decisione emessa da giudice che ha giurisdizione. Quella che può proporsi è solo una questione di competenza, attinente al punto se sia stato esattamente adito il giudice funzionalmente competente (nella specie la corte di appello) e territorialmente competente.

L’elemento indicato dalla sentenza impugnata e dalle resistenti per negare la giurisdizione al giudice italiano, e cioè l’assunta mancanza in Italia di beni da sottoporre ad esecuzione, che rendeva impossibile l’esecuzione futura delle sentenze e quindi gli attori privi di interesse processuale a richiedere il riconoscimento delle sentenze straniere, indipendentemente dal punto se possa integrare effettivamente la condizione processuale dell’interesse ad agire per il riconoscimento delle sentenze ( su cui si dirà in seguito), certamente non è un elemento per negare la giurisdizione del giudice italiano nel procedimento de quo.
Inoltre la tesi è contraddittoria in quanto, come accennato, la pronunzia sull’esistenza delle condizioni dell’azione e dei presupposti per il riconoscimento delle sentenze presuppone che il giudice abbia positivamente risolto la questione della sua giurisdizione.

La funzione della Corte d’appello

.. "la corte di appello, adita per la delibazione, deve limitarsi ad accertare l’esistenza dei requisiti del riconoscimento, indicati nell’art. 64 l. 218/1995, non potendosi procedere né ad una nuova statuizione sul rapporto sostanziale dedotto in giudizio dinanzi al giudice straniero, né ad accertamenti o statuizioni su questioni estranee al mero accertamento dei requisiti del riconoscimento".

La possibilità di procedere ad esecuzione forzata

..."la possibilità o meno di procedere ad esecuzione forzata, per la presenza o assenza di beni in Italia da sottoporre al procedimento esecutivo, già di per sé non costituisce un elemento il cui accertamento competa al giudice della delibazione della sentenza straniera, sia pure incidentalmente, ai fini della decisione sulla domanda di riconoscimento di cui all’art. 67 l. n. 218/1995. La norma non richiede l’esistenza di detto presupposto, ma solo che, non essendo stata data attuazione alla sentenza, si renda necessario procedere all’esecuzione, essendo irrilevante poi, in questa sede se potrà soddisfarsi il credito esecutivamente".

Sentenza integralmente consultabile sul Sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 23 ottobre 2006, n. 22663: Riconoscimento di sentenza straniera a norma del diritto internazionale privato - Esecuzione forzata - Indicazione dei beni da aggredire - Mancanza di beni nel territorio - Necessità - Esclusione).

"Nel giudizio di riconoscimento di sentenze straniere in Italia ai sensi dell’art. 67 l. 31 maggio 1995, n. 218, quando si renda necessario procedere ad esecuzione forzata per la loro attuazione, sussiste la giurisdizione del giudice italiano anche se all’attualità manchino in Italia beni da sottoporre all’esecuzione e la Corte d’appello, attesa la natura ed i limiti di tale giudizio, deve limitarsi ad accertare, al fine di pronunziare il riconoscimento, la sussistenza dei soli requisiti per il riconoscimento automatico di cui all’art. 64 l. cit., rimanendo estranea a tale giudizio, anche quale oggetto di accertamento solo incidentale, ogni altra questione in merito alla titolarità di beni, che l’attore intenda sottoporre ad esecuzione".

Questo il principio di diritto elaborato dalle Sezioni Unite della Cassazione in materia non ancora pervenuta alla propria attenzione. La Corte di Cassazione, per giungere al citato principio, ha affrontato l’esame della disciplina di cui agli articoli 64 e seguenti della Legge 218/1995 recante il diritto internazionale privato italiano.

La Legge 218/1995

In via preliminare le Sezioni Unite hanno osservato che "uno degli aspetti più innovativi della riforma del sistema del diritto internazionale privato, di cui alla legge 31 maggio 1995, n. 218 è stata la reintroduzione (vedasi c.p.c. 1865) del principio del riconoscimento automatico, in presenza delle condizioni di cui all’art. 64 c.p.c., delle sentenze straniere passate in giudicato, nel loro effetto di cosa giudicata sostanziale e di cosa giudicata formale o processuale, sia tra le parti sia nei confronti dei giudici italiani, sotto l’aspetto positivo dell’obbligo di attenersi ad esse e sotto l’aspetto negativo dell’impedimento al formarsi di un giudicato italiano sulla stessa lite. Viene, così, generalizzato un principio che precedentemente era previsto solo da alcune convenzioni bilaterali e nel cd. "sistema di Bruxelles" (conv. di Bruxelles del 1968 e succ. mod. e conv. di Lugano del 1988).

Solo per far valere gli effetti esecutivi del giudicato, o per superare la contestazione degli altri effetti o la mancata ottemperanza, è previsto un procedimento giudiziario di accertamento delle condizioni che consentono il riconoscimento automatico dall’art. 67 c.p.c.. Tale articolo così statuisce nei primi due commi: "l. In caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera o del provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, ovvero quando sia necessario procedere ad esecuzione forzata, chiunque vi abbia interesse può chiedere alla corte d’appello del luogo di attuazione l’accertamento dei requisiti del riconoscimento. 2. La sentenza straniera o il provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, unitamente al provvedimento che accoglie la domanda di cui al comma 1, costituiscono titolo per l’attuazione e per l’esecuzione forzata".

Giurisdizione e competenza

Va, anzitutto, osservato che nella fattispecie non può porsi, come erratamente ritenuto dalle parti resistenti e dalla sentenza impugnata, una questione di difetto di giurisdizione del giudice italiano in merito alla domanda di riconoscimento di sentenza straniera in Italia. Infatti la giurisdizione su tale domanda non può che appartenersi al giudice italiano, mentre le questioni che attengono all’esistenza delle condizioni dell’azione ed all’esistenza dei presupposti formali per il riconoscimento attengono al merito (in senso lato) della decisione emessa da giudice che ha giurisdizione. Quella che può proporsi è solo una questione di competenza, attinente al punto se sia stato esattamente adito il giudice funzionalmente competente (nella specie la corte di appello) e territorialmente competente.

L’elemento indicato dalla sentenza impugnata e dalle resistenti per negare la giurisdizione al giudice italiano, e cioè l’assunta mancanza in Italia di beni da sottoporre ad esecuzione, che rendeva impossibile l’esecuzione futura delle sentenze e quindi gli attori privi di interesse processuale a richiedere il riconoscimento delle sentenze straniere, indipendentemente dal punto se possa integrare effettivamente la condizione processuale dell’interesse ad agire per il riconoscimento delle sentenze ( su cui si dirà in seguito), certamente non è un elemento per negare la giurisdizione del giudice italiano nel procedimento de quo.
Inoltre la tesi è contraddittoria in quanto, come accennato, la pronunzia sull’esistenza delle condizioni dell’azione e dei presupposti per il riconoscimento delle sentenze presuppone che il giudice abbia positivamente risolto la questione della sua giurisdizione.

La funzione della Corte d’appello

.. "la corte di appello, adita per la delibazione, deve limitarsi ad accertare l’esistenza dei requisiti del riconoscimento, indicati nell’art. 64 l. 218/1995, non potendosi procedere né ad una nuova statuizione sul rapporto sostanziale dedotto in giudizio dinanzi al giudice straniero, né ad accertamenti o statuizioni su questioni estranee al mero accertamento dei requisiti del riconoscimento".

La possibilità di procedere ad esecuzione forzata

..."la possibilità o meno di procedere ad esecuzione forzata, per la presenza o assenza di beni in Italia da sottoporre al procedimento esecutivo, già di per sé non costituisce un elemento il cui accertamento competa al giudice della delibazione della sentenza straniera, sia pure incidentalmente, ai fini della decisione sulla domanda di riconoscimento di cui all’art. 67 l. n. 218/1995. La norma non richiede l’esistenza di detto presupposto, ma solo che, non essendo stata data attuazione alla sentenza, si renda necessario procedere all’esecuzione, essendo irrilevante poi, in questa sede se potrà soddisfarsi il credito esecutivamente".

Sentenza integralmente consultabile sul Sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 23 ottobre 2006, n. 22663: Riconoscimento di sentenza straniera a norma del diritto internazionale privato - Esecuzione forzata - Indicazione dei beni da aggredire - Mancanza di beni nel territorio - Necessità - Esclusione).