Cassazione SU Civili: fallimento in Italia in caso di trasferimento fittizio all’estero
La Cassazione ha ricordato che "secondo il costante orientamento di questa Corte, il trasferimento in uno Stato extracomunitario della sede di una società, benché anteriore al deposito dell’istanza di fallimento, non esclude la giurisdizione italiana, essendo essa inderogabile - salve le convenzioni internazionali o le norme comunitarie - secondo il disposto degli artt. 9 e 10 della legge fallimentare (quali novellati dagli artt. 7 e 9 del d. Igs. n. 5 del 2006) e dell’art, 25 della legge 31 maggio 1995, n. 218, i quali escludono la predetta giurisdizione soltanto nei casi di effettivo e tempestivo trasferimento all’estero, cioè nei soli casi in cui questo non abbia carattere fittizio o strumentale (cfr., ex plurimis, le ordinanze n. 25038 del 2008 e 3057 del 2009) che, quanto poi alla seconda prospettazione, è stato più volte precisato che, ai sensi dell’art, 3, paragrafo 1, dei citato Regolamento (CE) n. 1346 del 2000, relativo alle procedure di insolvenza, competenti ad aprire la procedura di insolvenza sono i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, presumendosi - per le società e le persone giuridiche - che il centro degli interessi coincida, fino a prova contraria, con il luogo in cui si trova la sede statutaria, e che tuttavia, ove anteriormente alla presentazione dell’istanza di fallimento - come nella specie » la società abbia trasferito all’estero la propria sede legale, e tale trasferimento appaia fittizio, non avendo ad esso fatto seguito l’esercizio di attività economica nella nuova sede, né lo spostamento presso di essa del centro dell’attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell’impresa, permane la giurisdizione del giudice italiano a dichiarare il fallimento (cfr., le ordinanze nn. 11398 del 2009 e 10606 del 2005)".
Nel caso di specie, "il carattere fittizio del trasferimento della sede legale della Società (...) all’estero emerge: a) dalla equivoca e comunque ingiustificata "scissione" dei trasferimento tra sede legale in uno Stato degli U.S.A., Delaware - dove, per stessa ammissione dei ricorrenti, non è stato spostato il centro dell’attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell’impresa - e sede "operativa" in Gran Bretagna, Southampton, dove, a migliaia di chilometri di distanza dalia sede legale, è stato collocato il centro di detta attività, con la conseguenza che, non avendo fatto seguito al trasferimento all’estero della sede legale (Delaware) né l’effettivo esercizio di attività imprenditoriale nella nuova sede, né io spostamento presso di essa del centro dell’attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell’impresa, la presunzione di coincidenza della sede effettiva con la nuova indicata sede legale è da considerarsi vinta, con l’ulteriore conseguenza della inapplicabilità alla fattispecie del menzionato art, 3, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 1346 del 2000; b) dalla circostanza che il preteso trasferimento negli U.S.A. della sede della Società appare essere stato deliberato ed effettivamente eseguito (con la cancellazione dal Registro delle imprese di Roma in data 18 giugno 2009) in epoca tanto prossima alla presentazione delle su menzionate istanze di fallimento (quando la situazione d’insolvenza di detta società era già ampiamente in atto, come risulta dalia sentenza dichiarativa di fallimento), da far ragionevolmente supporre che si sia trattato di un espediente posto in essere in vista della probabile apertura della procedura d’insolvenza, piuttosto che di una scelta reale, dettata da effettive ragioni imprenditoriali, enunciate ma mai minimamente documentate dai ricorrenti".
Sul punto, conformi, ricordiamo:
Cassazione Sezioni Unite Civili: fallimento in Italia in caso di trasferimento fittizio all’estero
Cassazione Civile: il trasferimento fittizio della sede all’estero non salva dal fallimento
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Ordinanza 3 ottobre 2011, n. 20144)
La Cassazione ha ricordato che "secondo il costante orientamento di questa Corte, il trasferimento in uno Stato extracomunitario della sede di una società, benché anteriore al deposito dell’istanza di fallimento, non esclude la giurisdizione italiana, essendo essa inderogabile - salve le convenzioni internazionali o le norme comunitarie - secondo il disposto degli artt. 9 e 10 della legge fallimentare (quali novellati dagli artt. 7 e 9 del d. Igs. n. 5 del 2006) e dell’art, 25 della legge 31 maggio 1995, n. 218, i quali escludono la predetta giurisdizione soltanto nei casi di effettivo e tempestivo trasferimento all’estero, cioè nei soli casi in cui questo non abbia carattere fittizio o strumentale (cfr., ex plurimis, le ordinanze n. 25038 del 2008 e 3057 del 2009) che, quanto poi alla seconda prospettazione, è stato più volte precisato che, ai sensi dell’art, 3, paragrafo 1, dei citato Regolamento (CE) n. 1346 del 2000, relativo alle procedure di insolvenza, competenti ad aprire la procedura di insolvenza sono i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, presumendosi - per le società e le persone giuridiche - che il centro degli interessi coincida, fino a prova contraria, con il luogo in cui si trova la sede statutaria, e che tuttavia, ove anteriormente alla presentazione dell’istanza di fallimento - come nella specie » la società abbia trasferito all’estero la propria sede legale, e tale trasferimento appaia fittizio, non avendo ad esso fatto seguito l’esercizio di attività economica nella nuova sede, né lo spostamento presso di essa del centro dell’attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell’impresa, permane la giurisdizione del giudice italiano a dichiarare il fallimento (cfr., le ordinanze nn. 11398 del 2009 e 10606 del 2005)".
Nel caso di specie, "il carattere fittizio del trasferimento della sede legale della Società (...) all’estero emerge: a) dalla equivoca e comunque ingiustificata "scissione" dei trasferimento tra sede legale in uno Stato degli U.S.A., Delaware - dove, per stessa ammissione dei ricorrenti, non è stato spostato il centro dell’attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell’impresa - e sede "operativa" in Gran Bretagna, Southampton, dove, a migliaia di chilometri di distanza dalia sede legale, è stato collocato il centro di detta attività, con la conseguenza che, non avendo fatto seguito al trasferimento all’estero della sede legale (Delaware) né l’effettivo esercizio di attività imprenditoriale nella nuova sede, né io spostamento presso di essa del centro dell’attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell’impresa, la presunzione di coincidenza della sede effettiva con la nuova indicata sede legale è da considerarsi vinta, con l’ulteriore conseguenza della inapplicabilità alla fattispecie del menzionato art, 3, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 1346 del 2000; b) dalla circostanza che il preteso trasferimento negli U.S.A. della sede della Società appare essere stato deliberato ed effettivamente eseguito (con la cancellazione dal Registro delle imprese di Roma in data 18 giugno 2009) in epoca tanto prossima alla presentazione delle su menzionate istanze di fallimento (quando la situazione d’insolvenza di detta società era già ampiamente in atto, come risulta dalia sentenza dichiarativa di fallimento), da far ragionevolmente supporre che si sia trattato di un espediente posto in essere in vista della probabile apertura della procedura d’insolvenza, piuttosto che di una scelta reale, dettata da effettive ragioni imprenditoriali, enunciate ma mai minimamente documentate dai ricorrenti".
Sul punto, conformi, ricordiamo:
Cassazione Sezioni Unite Civili: fallimento in Italia in caso di trasferimento fittizio all’estero
Cassazione Civile: il trasferimento fittizio della sede all’estero non salva dal fallimento
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Ordinanza 3 ottobre 2011, n. 20144)