Cassazione SU: sospensione condizionale della pena nell’ipotesi di revoca di sentenze di condanna

Nell’adottare i provvedimenti conseguenti alla revoca di condanne relative a fatti non costituenti più reato, il giudice dell’esecuzione può disporre, a norma dell’articolo 673 Codice di Procedura Penale, la sospensione condizionale della pena inflitta con una successiva sentenza qualora l’applicazione del beneficio, nel giudizio di cognizione, sia stata negata a causa dell’impedimento costituito dalle condanne poi revocate e sia giustificata dalla valutazione degli elementi acquisiti nel momento in cui è formulato il giudizio prognostico”. Questo il principio di diritto elaborato dalle Sezioni Unite, componendo così un contrasto creatosi all’interno della stessa Corte.

Secondo un primo orientamento, il giudice dell’esecuzione ha il potere di concedere il beneficio della sospensione condizionale solo quando ciò consegua al riconoscimento del concorso formale o della continuazione, onde deve escludersi la concedibilità, in sede esecutiva, del beneficio a seguito della revoca per abolitio criminis, ai sensi dell’art. 673 c.p.p., di condanne che, in sede di cognizione, ne avevano impedito l’applicazione. Da tale indirizzo - ha ricordato la Cassazione - rimasto per molti anni incontrastato nella giurisprudenza di questa Corte, si è discostata per prima una decisione pronunciata nel 2000 dalla Terza Sezione Penale con cui è stato stabilito che, nell’ipotesi in cui vi sia stata sentenza di condanna irrevocabile per più reati unificati dalla continuazione ad una pena complessiva ostativa alla concessione del beneficio e successivamente sia intervenuta una revoca parziale della sentenza in ordine ad alcuni dei reati unificati, il giudice dell’esecuzione può concedere la sospensione condizionale della pena, previa valutazione dei presupposti e dopo il compimento del giudizio prognostico ex art. 164 c.p. che il giudice della cognizione non aveva avuto motivo di effettuare, semprechè, ovviamente, la pena per i reati residui venga rideterminata in una misura che ne consentirebbe la concessione.
 
Proseguono le Sezioni Unite:

Così delineati i termini del contrasto di giurisprudenza, devono essere assunte come chiave di volta dell’indagine ermeneutica le indicazioni contenute nell’ordinanza n. 211 del 26.5.2005 pronunciata dal Giudice delle leggi nel presente processo per definire l’incidente di legittimità costituzionalità sollevato dalla Prima Sezione Penale di questa Corte in ordine all’art. 673 c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice dell’esecuzione possa applicare la sospensione condizionale della pena in caso di revoca per abolitio criminis di sentenze di condanna che avevano impedito la concessione del beneficio per un diverso reato. In tale decisione, dopo avere dato atto dell’esistenza di divergenti posizioni all’interno della giurisprudenza di legittimità, la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione, precisando che “il giudice - quanto meno in assenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato - ha il dovere di seguire l’interpretazione da lui ritenuta più adeguata ai principi costituzionali, configurandosi, altrimenti, la questione di costituzionalità quale improprio strumento volto ad ottenere l’avallo della Corte a favore di una determinata interpretazione della norma”.

La regola ermeneutica dell’interpretazione adeguatrice è pienamente condivisa dalle Sezioni Unite, che ne hanno più volte affermato il ruolo di imprescindibile punto di riferimento dell’attività del giudice ... La linea interpretativa che esclude la possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena in caso di revoca della sentenza di condanna per abolitio criminis conduce a risultati che appaiono disarmonici rispetto alla regola fondamentale del sistema penale enunciata dall’art. 2, comma 2, c.p., ed ai valori costituzionali di ragionevolezza e di equilibrata simmetria dell’ordinamento. ... La palese discrasia cui conduce la tesi negativa rende necessaria, dunque, la verifica della praticabilità ermeneutica della posizione che attribuisce alla disciplina una portata immune dagli inconvenienti segnalati e la rende sintonica al canone della ragionevolezza.

Le Sezioni Unite ritengono che il principio dell’interpretazione adeguatrice giustifichi l’adesione all’indirizzo favorevole alla concedibilità della sospensione condizionale della pena nell’ipotesi di revoca di sentenze di condanna, per la ragione che esso risulta maggiormente aderente alle linee strutturali del sistema normativo ed appare come il più coerente risultato di un’indagine ricostruttiva della disciplina di cui all’art. 673 c.p.p., che coinvolge sia profili di diritto processuale riguardanti il principio del giudicato e i limiti dei poteri decisori del giudice dell’esecuzione, sia profili di diritto sostanziale, incidenti sull’ambito di operatività della legge penale nel tempo, inquadrati nel contesto dei valori enunciati dalla Carta costituzionale in riferimento ai principi di pari trattamento e di legalità della pena (artt. 3, 25 e 27 Cost.).


Sentenza sul sito della Cassazione.


(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Penali, Sentenza 20 dicembre 2005 - 6 febbraio 2006, n.4687: Revoca della sentenza per abolizione del reato - Sospensione condizionale della pena - Applicabilità).

Nell’adottare i provvedimenti conseguenti alla revoca di condanne relative a fatti non costituenti più reato, il giudice dell’esecuzione può disporre, a norma dell’articolo 673 Codice di Procedura Penale, la sospensione condizionale della pena inflitta con una successiva sentenza qualora l’applicazione del beneficio, nel giudizio di cognizione, sia stata negata a causa dell’impedimento costituito dalle condanne poi revocate e sia giustificata dalla valutazione degli elementi acquisiti nel momento in cui è formulato il giudizio prognostico”. Questo il principio di diritto elaborato dalle Sezioni Unite, componendo così un contrasto creatosi all’interno della stessa Corte.

Secondo un primo orientamento, il giudice dell’esecuzione ha il potere di concedere il beneficio della sospensione condizionale solo quando ciò consegua al riconoscimento del concorso formale o della continuazione, onde deve escludersi la concedibilità, in sede esecutiva, del beneficio a seguito della revoca per abolitio criminis, ai sensi dell’art. 673 c.p.p., di condanne che, in sede di cognizione, ne avevano impedito l’applicazione. Da tale indirizzo - ha ricordato la Cassazione - rimasto per molti anni incontrastato nella giurisprudenza di questa Corte, si è discostata per prima una decisione pronunciata nel 2000 dalla Terza Sezione Penale con cui è stato stabilito che, nell’ipotesi in cui vi sia stata sentenza di condanna irrevocabile per più reati unificati dalla continuazione ad una pena complessiva ostativa alla concessione del beneficio e successivamente sia intervenuta una revoca parziale della sentenza in ordine ad alcuni dei reati unificati, il giudice dell’esecuzione può concedere la sospensione condizionale della pena, previa valutazione dei presupposti e dopo il compimento del giudizio prognostico ex art. 164 c.p. che il giudice della cognizione non aveva avuto motivo di effettuare, semprechè, ovviamente, la pena per i reati residui venga rideterminata in una misura che ne consentirebbe la concessione.
 
Proseguono le Sezioni Unite:

Così delineati i termini del contrasto di giurisprudenza, devono essere assunte come chiave di volta dell’indagine ermeneutica le indicazioni contenute nell’ordinanza n. 211 del 26.5.2005 pronunciata dal Giudice delle leggi nel presente processo per definire l’incidente di legittimità costituzionalità sollevato dalla Prima Sezione Penale di questa Corte in ordine all’art. 673 c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice dell’esecuzione possa applicare la sospensione condizionale della pena in caso di revoca per abolitio criminis di sentenze di condanna che avevano impedito la concessione del beneficio per un diverso reato. In tale decisione, dopo avere dato atto dell’esistenza di divergenti posizioni all’interno della giurisprudenza di legittimità, la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione, precisando che “il giudice - quanto meno in assenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato - ha il dovere di seguire l’interpretazione da lui ritenuta più adeguata ai principi costituzionali, configurandosi, altrimenti, la questione di costituzionalità quale improprio strumento volto ad ottenere l’avallo della Corte a favore di una determinata interpretazione della norma”.

La regola ermeneutica dell’interpretazione adeguatrice è pienamente condivisa dalle Sezioni Unite, che ne hanno più volte affermato il ruolo di imprescindibile punto di riferimento dell’attività del giudice ... La linea interpretativa che esclude la possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena in caso di revoca della sentenza di condanna per abolitio criminis conduce a risultati che appaiono disarmonici rispetto alla regola fondamentale del sistema penale enunciata dall’art. 2, comma 2, c.p., ed ai valori costituzionali di ragionevolezza e di equilibrata simmetria dell’ordinamento. ... La palese discrasia cui conduce la tesi negativa rende necessaria, dunque, la verifica della praticabilità ermeneutica della posizione che attribuisce alla disciplina una portata immune dagli inconvenienti segnalati e la rende sintonica al canone della ragionevolezza.

Le Sezioni Unite ritengono che il principio dell’interpretazione adeguatrice giustifichi l’adesione all’indirizzo favorevole alla concedibilità della sospensione condizionale della pena nell’ipotesi di revoca di sentenze di condanna, per la ragione che esso risulta maggiormente aderente alle linee strutturali del sistema normativo ed appare come il più coerente risultato di un’indagine ricostruttiva della disciplina di cui all’art. 673 c.p.p., che coinvolge sia profili di diritto processuale riguardanti il principio del giudicato e i limiti dei poteri decisori del giudice dell’esecuzione, sia profili di diritto sostanziale, incidenti sull’ambito di operatività della legge penale nel tempo, inquadrati nel contesto dei valori enunciati dalla Carta costituzionale in riferimento ai principi di pari trattamento e di legalità della pena (artt. 3, 25 e 27 Cost.).


Sentenza sul sito della Cassazione.


(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Penali, Sentenza 20 dicembre 2005 - 6 febbraio 2006, n.4687: Revoca della sentenza per abolizione del reato - Sospensione condizionale della pena - Applicabilità).