Cassazione Tributaria: distinzione tra locazione e leasing traslativo

La Sezione tributaria della Corte di Cassazione si pronuncia su ricorso dell’Agenzia delle Entrate, presentato avverso una decisione della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna, con la quale veniva annullata una ripresa fiscale del 1993 posta in essere nei confronti di un Ente autonomo. Questo era l’“utilizzatore” di un bene immobile e corrispondeva al “concedente”, una s.p.a., un canone composto di: una quota in conto godimento dei beni, una quota per la costituzione di un fondo opzione di acquisto ed una quota relativa alla parte del costo di costruzione eccedente l’importo di 10 miliardi di lire.

Nel caso di specie, la ricorrente presentava un unico motivo di gravame per violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 del Codice Civile e 75 del TUIR. In particolare basandosi su due ordini di considerazioni:

“1) Il prezzo di trasferimento del compendio immobiliare dedotto in contratto era convenuto nel relativo valore di mercato al momento dell’esercizio dell’azione di acquisto da parte dell’utilizzatore (valore il cui accertamento era contrattualmente rimesso ad un collegio di arbitratori); tale previsione[…] sarebbe incompatibile con lo schema tipico del leasing, in cui in cui il prezzo di trasferimento è prestabilito nel contratto ed è notevolmente inferiore rispetto al valore residuo del bene.

2) In caso di mancato esercizio dell’opzione di acquisto da parte dell’utilizzatore, il fondo per l’acquisto sarebbe stato trattenuto per metà dal concedente, assolvendo quindi una funzione assimilabile a quella di una caparra confirmatoria.”

Per il primo aspetto, la Corte ribadisce che “il contratto di leasing può essere sia di godimento che traslativo […] nel secondo caso, la pattuizione si riferisce a beni atti a conservare, alla scadenza del rapporto, un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione, cosicché i canoni hanno la funzione di scontare anche una quota del prezzo di previsione del successivo acquisto (sulla differenza tra leasing di godimento e leasing traslativo, tra le tante Cass.18195/07)”.

Per il secondo aspetto, riguardante l’eventualità del mancato acquisto, osserva la Corte che la tesi della ricorrente, secondo cui la quota destinata all’acquisto rappresenterebbe una caparra confirmatoria, non rispetterebbe il dettato dell’articolo 1385 del Codice Civile, secondo cui, “[…] la ritenzione della caparra presuppone un inadempimento, mentre nel contratto di cui si discute l’utilizzatore ha il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare il bene, cosicché il mancato esercizio dell’opzione di acquisto non può essere considerato un inadempimento. […] la clausola che prevede che nel caso di mancato acquisto il concedente trattenga il fondo (sebbene solo per metà, con un temperamento evidentemente legato alla natura dei beni dedotti in contratto) risulta perfettamente coerente con lo schema del leasing traslativo, che - ancorché i canoni incorporino una parte del valore del bene - non prevede che alcuna quota dei canoni versati venga restituita all’utilizzatore che non abbia esercitato l’opzione di acquisto.”.

In definitiva la Corte giudica corretta la qualificazione del contratto de quo come leasing rigettando il ricorso.

(Corte di Cassazione - Sezione Tributaria Civile, Sentenza 9 novembre 2011)

[Andrea Brannetti]

La Sezione tributaria della Corte di Cassazione si pronuncia su ricorso dell’Agenzia delle Entrate, presentato avverso una decisione della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna, con la quale veniva annullata una ripresa fiscale del 1993 posta in essere nei confronti di un Ente autonomo. Questo era l’“utilizzatore” di un bene immobile e corrispondeva al “concedente”, una s.p.a., un canone composto di: una quota in conto godimento dei beni, una quota per la costituzione di un fondo opzione di acquisto ed una quota relativa alla parte del costo di costruzione eccedente l’importo di 10 miliardi di lire.

Nel caso di specie, la ricorrente presentava un unico motivo di gravame per violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 del Codice Civile e 75 del TUIR. In particolare basandosi su due ordini di considerazioni:

“1) Il prezzo di trasferimento del compendio immobiliare dedotto in contratto era convenuto nel relativo valore di mercato al momento dell’esercizio dell’azione di acquisto da parte dell’utilizzatore (valore il cui accertamento era contrattualmente rimesso ad un collegio di arbitratori); tale previsione[…] sarebbe incompatibile con lo schema tipico del leasing, in cui in cui il prezzo di trasferimento è prestabilito nel contratto ed è notevolmente inferiore rispetto al valore residuo del bene.

2) In caso di mancato esercizio dell’opzione di acquisto da parte dell’utilizzatore, il fondo per l’acquisto sarebbe stato trattenuto per metà dal concedente, assolvendo quindi una funzione assimilabile a quella di una caparra confirmatoria.”

Per il primo aspetto, la Corte ribadisce che “il contratto di leasing può essere sia di godimento che traslativo […] nel secondo caso, la pattuizione si riferisce a beni atti a conservare, alla scadenza del rapporto, un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione, cosicché i canoni hanno la funzione di scontare anche una quota del prezzo di previsione del successivo acquisto (sulla differenza tra leasing di godimento e leasing traslativo, tra le tante Cass.18195/07)”.

Per il secondo aspetto, riguardante l’eventualità del mancato acquisto, osserva la Corte che la tesi della ricorrente, secondo cui la quota destinata all’acquisto rappresenterebbe una caparra confirmatoria, non rispetterebbe il dettato dell’articolo 1385 del Codice Civile, secondo cui, “[…] la ritenzione della caparra presuppone un inadempimento, mentre nel contratto di cui si discute l’utilizzatore ha il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare il bene, cosicché il mancato esercizio dell’opzione di acquisto non può essere considerato un inadempimento. […] la clausola che prevede che nel caso di mancato acquisto il concedente trattenga il fondo (sebbene solo per metà, con un temperamento evidentemente legato alla natura dei beni dedotti in contratto) risulta perfettamente coerente con lo schema del leasing traslativo, che - ancorché i canoni incorporino una parte del valore del bene - non prevede che alcuna quota dei canoni versati venga restituita all’utilizzatore che non abbia esercitato l’opzione di acquisto.”.

In definitiva la Corte giudica corretta la qualificazione del contratto de quo come leasing rigettando il ricorso.

(Corte di Cassazione - Sezione Tributaria Civile, Sentenza 9 novembre 2011)

[Andrea Brannetti]