CEDU: l’espropriazione isolata non può giustificare un’indennità inferiore al valore di mercato del bene ablato

Traduzione non ufficiale dell’avv. Elena Trabucchi
SECONDA SEZIONE

SENTENZA BORTESI ED ALTRI C. ITALIA

(Ricorso n. 71399/01)

SENTENZA

STRASBURGO

10 giugno 2008

Questa sentenza diventerà definitiva alle condizioni di cui all’articolo 44, paragrafo 2, della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa Bortesi ed altri c. Italia,

La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), che si riunisce nella sezione composta da:

Françoise Tulkens, presidente,

Antonella Mularoni,

Ireneu Cabral Barreto,

Vladimiro Zagrebelsky,

Dragoljub Popović,

András Sajó,

Nona Tsotsoria, giudici,

e da Sally Dole, cancelliere di sezione,

Dopo averne deliberato in camera di consiglio il 20 maggio 2008,

Pronuncia la seguente sentenza, adottata a questa data:

PROCEDURA

1. All’origine della causa si trova una ricorso (n. 71399/01) diretto contro la Repubblica italiana e di cui tre cittadini di questo Stato, il sig. A.B., G.B. e S.B. ("i ricorrenti"), hanno adito la Corte il 18 maggio 2000 ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione„).

2. I ricorrenti sono rappresentati dai sigg.ri Aristide e Giuseppe Spanò, avvocati in Parma. Il governo italiano (“il Governo„) è rappresentato dal suo agente, il sig. R. Adam, e dal suo coagente aggiunto, il sig. N. Lettieri.

3. Il 1° aprile 2004, la Corte ha dichiarato il ricorso parzialmente inammissibile e ha deciso di comunicare al governo le obiezioni dei ricorrenti di cui all’articolo 1 del Protocollo n. 1, e articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione (equità della procedura). Facendo valere le disposizioni dell’articolo 29, paragrafo 3, della Convenzione, essa ha deciso che l’ammissibilità e il merito della causa vengano esaminati contemporaneamente.

IN FATTO

I. Le CIRCOSTANZE DELLA FATTISPECIE

4. I ricorrenti sono nati rispettivamente nel 1950,1953 e 1910 e risiedono a Felino (Parma). Sono gli eredi del sig. A.B., deceduto il 2 novembre 1999.

5. A.B. era proprietario per tre quarti di un terreno edificabile sito in Parma.

6. Il 23 aprile 1980, il comune di Parma approvò un piano urbanistico, dichiarato di pubblica utilità, per la creazione di un polo di attività e di una strada sul terreno di A.B.

7. Il 6 novembre 1980, il comune di Parma offrì ad A.B un acconto di 451 113 750 ITL sull’indennità di espropriazione calcolata in base alla legislazione “provvisoria„ (legge n. 385 del 1980), come se si trattasse di un terreno agricolo, con riserva di fissare l’indennizzo definitivo una volta entrata in vigore la legge che stabilisce i nuovi criteri di risarcimento per i terreni edificabili.

8. Quest’offerta fu accettata da A.B. Il 17 dicembre 1980, quest’ultimo concluse un accordo di cessione del terreno che formalizzò l’espropriazione dei terreni. L’amministrazione versò l’acconto e si decise che, una volta che la nuova legge fosse entrata in vigore e l’indennità definitiva calcolata, gli interessi sarebbero stati versati sulla differenza.

9. Con sentenza n. 223 del 1983, la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale la legge n. 385 del 1980 dato che questa presupponeva per la compensazione l’adozione di una legge futura.

10. In seguito a questa sentenza, la legge n. 2359 del 1865 secondo la quale l’indennità di espropriazione di un terreno corrispondeva al valore di mercato di quest’ultimo, spiegò nuovamente questi effetti.

11. Il 21 aprile 1988, A.B presentò un ricorso dinanzi al tribunale di Parma, chiedendo in particolare il versamento a titolo d’indennità di espropriazione di una somma pari al valore di mercato del terreno, ai sensi della legge n. 2359 di 1865.

12. Nel corso della procedura, una perizia ordinata dal tribunale determinò il valore venale alla somma di 6 213 000 000 ITL all’epoca dell’espropriazione.

13. Con una sentenza dell’8 luglio 1993, il tribunale di Parma condannò l’amministrazione comunale al versamento a favore di A.B di una somma pari al valore venale del terreno a titolo di indennità d’espropriazione, ossia 6 213 000 000 ITL, dalla quale occorreva sottrarre l’acconto di 451 113 750 ITL già pagato.

14. Il 6 giugno 1994, A.B presentò appello verso la sentenza del tribunale di Parma, poiché il tribunale non aveva indicizzato, nel giorno della pronuncia, la somma riconosciuta e non aveva neppure concesso gli interessi. Anche l’amministrazione comunale presentò appello verso la sentenza, contestando in particolare l’importo dell’indennità d’espropriazione riconosciuta ad A.B e chiedendo l’applicazione alla fattispecie della legge n. 359 del 1992, nel frattempo entrata in vigore.

15. Una perizia ordinata dalla Corte d’appello determinò il valore venale del terreno a 3 661 140 000 ITL e l’importo dell’indennità di espropriazione, calcolato ai sensi della legge n. 359 del 1992, a 1 839 706 000 ITL. Da quest’ultimo importo, occorreva sottrarre la somma di 451 113 750 ITL, già versata a titolo di acconto. Di conseguenza, secondo il perito, la somma dovuta ad A.B a titolo d’indennità di espropriazione era di 1 388 592 250 ITL.

16. Con sentenza del 24 maggio 1999, depositata in cancelleria il 16 giugno 1999, la Corte d’appello di Bologna dichiarò che A.B aveva diritto ad un’indennità di espropriazione ai sensi dell’articolo 5 bis della legge n. 359 del 1992 e, di conseguenza, condannò l’amministrazione comunale a versargli l’importo di 1 388 592 250 ITL, oltre interessi. Questa sentenza diventò definitiva il 24 novembre 1999.

17. Dal fascicolo risulta che, al fine di ottenere il pagamento di questa somma, i ricorrenti rinunciarono al rimborso di 40 milioni ITL per le spese processuali.

18. L’indennità accordata fu sottoposta ad un’imposta in origine del 20% ai sensi della legge n. 413 del 1991.

II. IL DIRITTO E LA PRASSI NAZIONALI PERTINENTI

19. Il diritto e la prassi nazionali applicabili all’epoca dei fatti nonché altre disposizioni pertinenti si trovano descritti nella sentenza Scordino c. Italia (n. 1) [GC] (n. 36813/97, paragrafi 47-74, CEDU 2006-…).

20. Con sentenza n. 348 del 22 ottobre 2007, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’articolo 5bis del decreto n. 333 del 1992, come modificato dalla legge n. 359 del 1992, riguardo ai criteri utilizzati per calcolare l’importo dell’indennizzo. La Corte costituzionale ha anche indicato al legislatore i criteri da considerare per un’eventuale nuova legge, facendo riferimento al valore venale del bene.

21. La legge finanziaria n. 244 del 24 dicembre 2007 ha stabilito che l’indennità di espropriazione per un terreno edificabile deve corrispondere al valore venale del bene. Quando l’espropriazione rientra nell’ambito di una riforma economica e sociale, sarà applicata una riduzione del 25%. Questa disposizione è applicabile a tutte le procedure d’espropriazione in corso al 1° gennaio 2008, eccetto quelle dove la decisione sull’indennità d’espropriazione è stata accettata o è diventata definitiva.

IN DIRITTO

I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DELLA CONVENZIONE

22. Invocando l’articolo 1 del Protocollo n. 1, i ricorrenti si lamentano del carattere inadeguato dell’indennità d’espropriazione, che è stata calcolata in funzione della legge n. 359 del 1992. La disposizione in questione si legge così:

“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblica utilità e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non pregiudicano il diritto degli Stati di applicare le leggi che ritengono necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o ammende.„

23. Il governo si oppone a questa tesi.

A. Sull’ammissibilità

24. Il governo solleva un’eccezione relativa al non esaurimento dei mezzi di ricorso interni. A questo proposito, esso afferma che i ricorrenti non sono ricorsi in cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Bologna.

25. I ricorrenti contestano queste argomentazioni.

26. La Corte ricorda di avere già scartato simili eccezioni (vedere, fra gli altri, Chiró n.2 c. Italia (dic.), n. 65137/01, 27 maggio 2004). Essa non vede alcun motivo per derogare alle sue conclusioni precedenti e respinge dunque questa eccezione.

27. La Corte constata che questo addebito non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35, paragrafo, 3 della Convenzione, e non intravede altre ragioni d’inammissibilità. Occorre dunque dichiararlo ammissibile.

B. In merito

1. Argomenti delle parti

28. Le parti si accordano per affermare che vi è stata “privazione dei beni„ ai sensi della seconda frase del primo comma dell’articolo 1 del Protocollo n. 1. Inoltre, non è contestato che gli interessati siano stati privati della proprietà conformemente alla legge e che l’espropriazione perseguisse uno scopo legittimo di pubblica utilità.

29. I ricorrenti sostengono di avere subito un danno sproporzionato al loro diritto al rispetto dei beni. A tale riguardo, discutono l’importo dell’indennità che risulta dall’applicazione della legge n. 359 del 1992 e sostengono che l’indennità calcolata conformemente a questa legge corrisponde a meno della metà del valore mercantile del terreno. Inoltre, sottolineano che un’imposta in origine del 20% è stata applicata sull’importo accordato dalle giurisdizioni nazionali, in modo che l’indennità è stata ancora ridotta.

30. Il governo si oppone a questa tesi e chiede alla Corte di affermare la non violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

2) Valutazione della Corte

31. La Corte ricorda che in numerosi casi di espropriazione legittima, come l’espropriazione di un terreno per la costruzione di una strada o per altri fini di “pubblica utilità„, solo una compensazione integrale può essere considerata ragionevolmente in relazione al valore del bene (Scordino c. Italia (n. 1) [GC] (n. 36813/97, paragrafo 96, CEDU 2006-; Stornaiuolo c. Italia, n. 52980/99, paragrafi 61 e 66, 8 agosto 2006; Mason ed altri c. Italia (equa soddisfazione), n. 43663/98, paragrafo 37, 24 luglio 2007). Questa norma non è tuttavia senza eccezioni (Ex-roi della Grecia ed altri c. Grecia [GC] (equa soddisfazione), n. 25701/94, paragrafo 78), dato che gli obiettivi legittimi “di pubblica utilità„, quali quelli che perseguono le misure di riforma economica o di giustizia sociale, possono militare per un rimborso inferiore al pieno valore mercantile (James ed altri c. Regno Unito, sentenza del 21 febbraio 1986, serie A n. 98, p. 36, paragrafo 54).

32. La Corte constata che la compensazione accordata ai ricorrenti, calcolata in funzione dell’articolo 5 bis della legge n. 359 del 1992, ammonta a 1 839 706.000 ITL (cioè circa 950 128 EUR), mentre il valore di mercato del terreno stimato alla data dell’espropriazione e preso in considerazione dalla Corte d’appello era di 3 661 140 000 ITL (cioè circa 1 890 821 EUR) (paragrafi 15-16 di cui sopra). Ne risulta che l’indennità di espropriazione è di gran lunga inferiore al valore venale del bene in questione. Inoltre, questo importo è stato ulteriormente ridotto per la tassazione del 20% (l’indennità pagata ammonta a circa 752 554 EUR).

33. Nella fattispecie si tratta di un caso di espropriazione isolata, che non s’inserisce in un contesto di riforma economica, sociale o politica e non si ricollega ad alcuna altra circostanza particolare. Di conseguenza, la Corte non vede nessun obiettivo legittimo “di pubblica utilità„ che possa giustificare un rimborso inferiore al valore di mercato (Scordino c. Italia (n. 1) [GC], summenzionato, paragrafo 103).

34. Riguardo all’insieme delle considerazioni precedenti, la Corte ritiene che la compensazione accordata ai ricorrenti non sia adeguata dato lo scarso importo e non ci siano ragioni di pubblica utilità che possono legittimare una compensazione inferiore al valore mercantile del bene. Ne consegue che i ricorrenti hanno dovuto sostenere un onere sproporzionato ed eccessivo che non può essere giustificato da un interesse generale legittimo perseguito dalle autorità.

35. Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

2. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6, PARAGRAFO 1, DELLA CONVENZIONE

36. I ricorrenti adducono che l’adozione e l’applicazione alla loro procedura dell’articolo 5bis della legge n. 359 del 1992 costituisce un’ingerenza legislativa contraria al loro diritto ad un processo equo, come garantito dall’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione che dispone:

“1. Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia valutata equamente (...) da un tribunale (...), che deciderà (...) le contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile (...)„

A. Sull’ammissibilità

37. La Corte constata che questo addebito non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35, paragrafo 3, della Convenzione e non intravede altre ragioni d’inammissibilità. Occorre dunque dichiararlo ammissibile.

B. Nel merito

38. I ricorrenti denunciano un’ingerenza del potere legislativo nel funzionamento del potere giudiziario, data l’adozione e l’applicazione nei loro confronti dell’articolo 5 bis della legge n. 359 del 1992.

39. Il governo non ha presentato osservazioni su questo punto.

40. La Corte ribadisce che se in linea di principio non è vietato al potere legislativo regolamentare la materia civile con nuove disposizioni aventi effetto retroattivo, i diritti derivanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e la nozione di processo equo di cui all’articolo 6 della Convenzione si oppongono, salvo ragioni imperiose di interesse generale, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia allo scopo di influenzare la conclusione giudiziaria della controversia (Zielinski e Pradal & Gonzales c. Francia [GC], n. 24846/94 e da 34165/96 a 34173/96, paragrafo 57, CEDU 1999-VII; Raffinerie greche Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, sentenza del 9 dicembre 1994, serie A n. 301-B; Papageorgiou c. Grecia, sentenza del 22 ottobre 1997, Racc. 1997-VI).

41. Essa constata che l’articolo 5 bis ha semplicemente eliminato retroattivamente una parte essenziale dei crediti di compensazione, di importi elevati, che i proprietari dei terreni espropriati, come i ricorrenti, avrebbero potuto reclamare agli esproprianti. A tale riguardo, la Corte ricorda di avere appena constatato che la compensazione accordata ai ricorrenti non era adeguata, visto l’importo modesto e che non ci sono ragioni di pubblica utilità tali da giustificare una compensazione inferiore al valore di mercato del bene (Scordino c. Italia (n. 1), summenzionato, paragrafi 126-131).

42. D’altra parte, l’applicazione della legge controversa non si basa “su un interesse generale ed imperioso„ che possa giustificare l’effetto retroattivo.

43. Pertanto vi è stata violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione.

3. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

44. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

“Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto nazionale della parte contraente non permette di eliminare se non in modo imperfetto le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte danneggiata, se occorre, un’equa soddisfazione.„

A. Danno

45. I ricorrenti richiedono una somma che corrisponde a quella che avrebbero ottenuto se l’articolo 5 bis della legge n. 359 del 1992 non fosse stato applicato al loro caso, cioè la differenza tra il valore di mercato del terreno e l’importo dell’indennità accordata, più gli interessi. Essi basano le loro pretese sulla perizia ordinata in prima istanza, che non è stata presa in considerazione dalla Corte d’appello (paragrafi 11, 14 e 15 di cui sopra).

46. Riguardo al danno morale, i ricorrenti si rimettono alla saggezza della Corte.

47. Il governo non ha commentato le pretese dei ricorrenti.

48. Ispirandosi a criteri generali enunciati nella giurisprudenza relativa all’articolo 1 del Protocollo n. 1 (Scordino c. Italia (n. 1) summenzionato, paragrafi 93-98; Stornaiuolo c. Italia, n. 52980/99, paragrafo 61, 8 agosto 2006; Mason ed altri c. Italia (soddisfazione equa), n. 43663/98, paragrafo 38, 24 luglio 2007), la Corte ritiene che, nella fattispecie, l’indennità d’espropriazione adeguata avrebbe dovuto corrispondere al valore di mercato del bene al momento della privazione di quest’ultimo.

49. La Corte accetta quindi di accordare una somma che corrisponde alla differenza tra il valore del terreno e l’indennità ottenuta dai ricorrenti a livello nazionale. Quest’ultima deve essere comprensiva degli interessi atti ad indennizzare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo che è trascorso dallo spossessamento del terreno. Secondo la Corte, questi interessi dovrebbero corrispondere all’interesse legale semplice applicato sul capitale progressivamente rivalutato.

50. La Corte deve tenere conto del fatto che A.B., di cui i ricorrenti sono gli eredi, era proprietario del terreno controverso solo per tre quarti (paragrafo 5 di cui sopra). In mancanza di indicazioni contrarie, la Corte ritiene che i ricorrenti siano legittimati a ricevere un’equa soddisfazione soltanto nella misura del 75% rispetto al valore del terreno oggetto della causa.

51. Essa accorda quindi un importo che corrisponde alla differenza tra il valore mercantile del terreno nel 1980, epoca dell’espropriazione, come considerata dalla Corte d’appello (paragrafo 15 di cui sopra), e l’indennità ottenuta a livello nazionale (paragrafo 16 di cui sopra), più gli interessi diretti a compensare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo che è trascorso dallo spossessamento del terreno.

52. Tenuto conto di questi elementi, e deliberando all’equità, la Corte ritiene ragionevole accordare ai ricorrenti congiuntamente la somma di 1 800 000 EUR, oltre l’importo che può essere dovuto a titolo d’imposta su questa somma, per pregiudizio materiale.

53. Quanto al pregiudizio morale, nella fattispecie, la Corte ritiene che quest’ultimo sia sufficientemente risarcito dalla constatazione della violazione (mutatis mutandis, Housing Association of War Disabled and Victims of War of Attica ed altri c. Grecia (equa soddisfazione) n. 35859/02, paragrafo 32, 27 settembre 2007).

B. Spese e costi

54. I ricorrenti richiedono il rimborso delle spese della procedura instaurata contro il Ministero della giustizia ai sensi della “legge Pinto„ per lamentare la durata eccessiva della procedura. L’importo richiesto ammonta a 4 478,73 EUR

55. Il governo non ha presentato commenti su questo punto.

56. Secondo la giurisprudenza della Corte, l’assegnazione delle spese e dei costi ai sensi dell’art. 41 presuppone che sia stata stabilita la realtà, la necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Inoltre, le spese di giustizia sono ricuperabili soltanto nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, ad esempio, Beyeler c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 33202/96, paragrafo 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], n. 30943/96, paragrafo 105, CEDU 2003-VIII).

57. La Corte, con decisione del 1° aprile 2004, ricorda di avere dichiarato inammissibile l’addebito dei ricorrenti relativo alla durata della procedura. Perciò, le pretese dei ricorrenti devono essere respinte poiché non si riferiscono alle violazioni constatate.

C. Interessi moratori

58. La Corte giudica appropriato calcolare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti di percentuale.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

1. Dichiara, per il resto, ammissibile il ricorso;

2. Afferma che vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1;

3. Afferma che vi è stata violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione;

4. Afferma

a) che lo Stato convenuto deve versare ai ricorrenti, entro tre mesi dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44, paragrafo 2, della Convenzione, 1 800 000 EUR (unmilioneottocentomila euro) per danno materiale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo d’imposta;

b) che, a decorrere dalla scadenza del suddetto termine e fino al pagamento, questo importo dovrà essere maggiorato di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, maggiorato di tre punti di percentuale;

5. Respinge la domanda di equo risarcimento per l’eccedenza.

Fatto in francese, quindi comunicato per iscritto il 10 giugno 2008, in applicazione dell’articolo 77, paragrafi 2 e 3 del regolamento.

Sally Dole Françoise Tulkens

Cancelliere presidente

SENTENZA BORTESI ED ALTRI C. ITALIA

SECONDA SEZIONE

SENTENZA BORTESI ED ALTRI C. ITALIA

(Ricorso n. 71399/01)

SENTENZA

STRASBURGO

10 giugno 2008

Questa sentenza diventerà definitiva alle condizioni di cui all’articolo 44, paragrafo 2, della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa Bortesi ed altri c. Italia,

La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), che si riunisce nella sezione composta da:

Françoise Tulkens, presidente,

Antonella Mularoni,

Ireneu Cabral Barreto,

Vladimiro Zagrebelsky,

Dragoljub Popović,

András Sajó,

Nona Tsotsoria, giudici,

e da Sally Dole, cancelliere di sezione,

Dopo averne deliberato in camera di consiglio il 20 maggio 2008,

Pronuncia la seguente sentenza, adottata a questa data:

PROCEDURA

1. All’origine della causa si trova una ricorso (n. 71399/01) diretto contro la Repubblica italiana e di cui tre cittadini di questo Stato, il sig. A.B., G.B. e S.B. ("i ricorrenti"), hanno adito la Corte il 18 maggio 2000 ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione„).

2. I ricorrenti sono rappresentati dai sigg.ri Aristide e Giuseppe Spanò, avvocati in Parma. Il governo italiano (“il Governo„) è rappresentato dal suo agente, il sig. R. Adam, e dal suo coagente aggiunto, il sig. N. Lettieri.

3. Il 1° aprile 2004, la Corte ha dichiarato il ricorso parzialmente inammissibile e ha deciso di comunicare al governo le obiezioni dei ricorrenti di cui all’articolo 1 del Protocollo n. 1, e articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione (equità della procedura). Facendo valere le disposizioni dell’articolo 29, paragrafo 3, della Convenzione, essa ha deciso che l’ammissibilità e il merito della causa vengano esaminati contemporaneamente.

IN FATTO

I. Le CIRCOSTANZE DELLA FATTISPECIE

4. I ricorrenti sono nati rispettivamente nel 1950,1953 e 1910 e risiedono a Felino (Parma). Sono gli eredi del sig. A.B., deceduto il 2 novembre 1999.

5. A.B. era proprietario per tre quarti di un terreno edificabile sito in Parma.

6. Il 23 aprile 1980, il comune di Parma approvò un piano urbanistico, dichiarato di pubblica utilità, per la creazione di un polo di attività e di una strada sul terreno di A.B.

7. Il 6 novembre 1980, il comune di Parma offrì ad A.B un acconto di 451 113 750 ITL sull’indennità di espropriazione calcolata in base alla legislazione “provvisoria„ (legge n. 385 del 1980), come se si trattasse di un terreno agricolo, con riserva di fissare l’indennizzo definitivo una volta entrata in vigore la legge che stabilisce i nuovi criteri di risarcimento per i terreni edificabili.

8. Quest’offerta fu accettata da A.B. Il 17 dicembre 1980, quest’ultimo concluse un accordo di cessione del terreno che formalizzò l’espropriazione dei terreni. L’amministrazione versò l’acconto e si decise che, una volta che la nuova legge fosse entrata in vigore e l’indennità definitiva calcolata, gli interessi sarebbero stati versati sulla differenza.

9. Con sentenza n. 223 del 1983, la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale la legge n. 385 del 1980 dato che questa presupponeva per la compensazione l’adozione di una legge futura.

10. In seguito a questa sentenza, la legge n. 2359 del 1865 secondo la quale l’indennità di espropriazione di un terreno corrispondeva al valore di mercato di quest’ultimo, spiegò nuovamente questi effetti.

11. Il 21 aprile 1988, A.B presentò un ricorso dinanzi al tribunale di Parma, chiedendo in particolare il versamento a titolo d’indennità di espropriazione di una somma pari al valore di mercato del terreno, ai sensi della legge n. 2359 di 1865.

12. Nel corso della procedura, una perizia ordinata dal tribunale determinò il valore venale alla somma di 6 213 000 000 ITL all’epoca dell’espropriazione.

13. Con una sentenza dell’8 luglio 1993, il tribunale di Parma condannò l’amministrazione comunale al versamento a favore di A.B di una somma pari al valore venale del terreno a titolo di indennità d’espropriazione, ossia 6 213 000 000 ITL, dalla quale occorreva sottrarre l’acconto di 451 113 750 ITL già pagato.

14. Il 6 giugno 1994, A.B presentò appello verso la sentenza del tribunale di Parma, poiché il tribunale non aveva indicizzato, nel giorno della pronuncia, la somma riconosciuta e non aveva neppure concesso gli interessi. Anche l’amministrazione comunale presentò appello verso la sentenza, contestando in particolare l’importo dell’indennità d’espropriazione riconosciuta ad A.B e chiedendo l’applicazione alla fattispecie della legge n. 359 del 1992, nel frattempo entrata in vigore.

15. Una perizia ordinata dalla Corte d’appello determinò il valore venale del terreno a 3 661 140 000 ITL e l’importo dell’indennità di espropriazione, calcolato ai sensi della legge n. 359 del 1992, a 1 839 706 000 ITL. Da quest’ultimo importo, occorreva sottrarre la somma di 451 113 750 ITL, già versata a titolo di acconto. Di conseguenza, secondo il perito, la somma dovuta ad A.B a titolo d’indennità di espropriazione era di 1 388 592 250 ITL.

16. Con sentenza del 24 maggio 1999, depositata in cancelleria il 16 giugno 1999, la Corte d’appello di Bologna dichiarò che A.B aveva diritto ad un’indennità di espropriazione ai sensi dell’articolo 5 bis della legge n. 359 del 1992 e, di conseguenza, condannò l’amministrazione comunale a versargli l’importo di 1 388 592 250 ITL, oltre interessi. Questa sentenza diventò definitiva il 24 novembre 1999.

17. Dal fascicolo risulta che, al fine di ottenere il pagamento di questa somma, i ricorrenti rinunciarono al rimborso di 40 milioni ITL per le spese processuali.

18. L’indennità accordata fu sottoposta ad un’imposta in origine del 20% ai sensi della legge n. 413 del 1991.

II. IL DIRITTO E LA PRASSI NAZIONALI PERTINENTI

19. Il diritto e la prassi nazionali applicabili all’epoca dei fatti nonché altre disposizioni pertinenti si trovano descritti nella sentenza Scordino c. Italia (n. 1) [GC] (n. 36813/97, paragrafi 47-74, CEDU 2006-…).

20. Con sentenza n. 348 del 22 ottobre 2007, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’articolo 5bis del decreto n. 333 del 1992, come modificato dalla legge n. 359 del 1992, riguardo ai criteri utilizzati per calcolare l’importo dell’indennizzo. La Corte costituzionale ha anche indicato al legislatore i criteri da considerare per un’eventuale nuova legge, facendo riferimento al valore venale del bene.

21. La legge finanziaria n. 244 del 24 dicembre 2007 ha stabilito che l’indennità di espropriazione per un terreno edificabile deve corrispondere al valore venale del bene. Quando l’espropriazione rientra nell’ambito di una riforma economica e sociale, sarà applicata una riduzione del 25%. Questa disposizione è applicabile a tutte le procedure d’espropriazione in corso al 1° gennaio 2008, eccetto quelle dove la decisione sull’indennità d’espropriazione è stata accettata o è diventata definitiva.

IN DIRITTO

I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DELLA CONVENZIONE

22. Invocando l’articolo 1 del Protocollo n. 1, i ricorrenti si lamentano del carattere inadeguato dell’indennità d’espropriazione, che è stata calcolata in funzione della legge n. 359 del 1992. La disposizione in questione si legge così:

“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblica utilità e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non pregiudicano il diritto degli Stati di applicare le leggi che ritengono necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o ammende.„

23. Il governo si oppone a questa tesi.

A. Sull’ammissibilità

24. Il governo solleva un’eccezione relativa al non esaurimento dei mezzi di ricorso interni. A questo proposito, esso afferma che i ricorrenti non sono ricorsi in cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Bologna.

25. I ricorrenti contestano queste argomentazioni.

26. La Corte ricorda di avere già scartato simili eccezioni (vedere, fra gli altri, Chiró n.2 c. Italia (dic.), n. 65137/01, 27 maggio 2004). Essa non vede alcun motivo per derogare alle sue conclusioni precedenti e respinge dunque questa eccezione.

27. La Corte constata che questo addebito non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35, paragrafo, 3 della Convenzione, e non intravede altre ragioni d’inammissibilità. Occorre dunque dichiararlo ammissibile.

B. In merito

1. Argomenti delle parti

28. Le parti si accordano per affermare che vi è stata “privazione dei beni„ ai sensi della seconda frase del primo comma dell’articolo 1 del Protocollo n. 1. Inoltre, non è contestato che gli interessati siano stati privati della proprietà conformemente alla legge e che l’espropriazione perseguisse uno scopo legittimo di pubblica utilità.

29. I ricorrenti sostengono di avere subito un danno sproporzionato al loro diritto al rispetto dei beni. A tale riguardo, discutono l’importo dell’indennità che risulta dall’applicazione della legge n. 359 del 1992 e sostengono che l’indennità calcolata conformemente a questa legge corrisponde a meno della metà del valore mercantile del terreno. Inoltre, sottolineano che un’imposta in origine del 20% è stata applicata sull’importo accordato dalle giurisdizioni nazionali, in modo che l’indennità è stata ancora ridotta.

30. Il governo si oppone a questa tesi e chiede alla Corte di affermare la non violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

2) Valutazione della Corte

31. La Corte ricorda che in numerosi casi di espropriazione legittima, come l’espropriazione di un terreno per la costruzione di una strada o per altri fini di “pubblica utilità„, solo una compensazione integrale può essere considerata ragionevolmente in relazione al valore del bene (Scordino c. Italia (n. 1) [GC] (n. 36813/97, paragrafo 96, CEDU 2006-; Stornaiuolo c. Italia, n. 52980/99, paragrafi 61 e 66, 8 agosto 2006; Mason ed altri c. Italia (equa soddisfazione), n. 43663/98, paragrafo 37, 24 luglio 2007). Questa norma non è tuttavia senza eccezioni (Ex-roi della Grecia ed altri c. Grecia [GC] (equa soddisfazione), n. 25701/94, paragrafo 78), dato che gli obiettivi legittimi “di pubblica utilità„, quali quelli che perseguono le misure di riforma economica o di giustizia sociale, possono militare per un rimborso inferiore al pieno valore mercantile (James ed altri c. Regno Unito, sentenza del 21 febbraio 1986, serie A n. 98, p. 36, paragrafo 54).

32. La Corte constata che la compensazione accordata ai ricorrenti, calcolata in funzione dell’articolo 5 bis della legge n. 359 del 1992, ammonta a 1 839 706.000 ITL (cioè circa 950 128 EUR), mentre il valore di mercato del terreno stimato alla data dell’espropriazione e preso in considerazione dalla Corte d’appello era di 3 661 140 000 ITL (cioè circa 1 890 821 EUR) (paragrafi 15-16 di cui sopra). Ne risulta che l’indennità di espropriazione è di gran lunga inferiore al valore venale del bene in questione. Inoltre, questo importo è stato ulteriormente ridotto per la tassazione del 20% (l’indennità pagata ammonta a circa 752 554 EUR).

33. Nella fattispecie si tratta di un caso di espropriazione isolata, che non s’inserisce in un contesto di riforma economica, sociale o politica e non si ricollega ad alcuna altra circostanza particolare. Di conseguenza, la Corte non vede nessun obiettivo legittimo “di pubblica utilità„ che possa giustificare un rimborso inferiore al valore di mercato (Scordino c. Italia (n. 1) [GC], summenzionato, paragrafo 103).

34. Riguardo all’insieme delle considerazioni precedenti, la Corte ritiene che la compensazione accordata ai ricorrenti non sia adeguata dato lo scarso importo e non ci siano ragioni di pubblica utilità che possono legittimare una compensazione inferiore al valore mercantile del bene. Ne consegue che i ricorrenti hanno dovuto sostenere un onere sproporzionato ed eccessivo che non può essere giustificato da un interesse generale legittimo perseguito dalle autorità.

35. Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

2. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6, PARAGRAFO 1, DELLA CONVENZIONE

36. I ricorrenti adducono che l’adozione e l’applicazione alla loro procedura dell’articolo 5bis della legge n. 359 del 1992 costituisce un’ingerenza legislativa contraria al loro diritto ad un processo equo, come garantito dall’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione che dispone:

“1. Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia valutata equamente (...) da un tribunale (...), che deciderà (...) le contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile (...)„

A. Sull’ammissibilità

37. La Corte constata che questo addebito non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35, paragrafo 3, della Convenzione e non intravede altre ragioni d’inammissibilità. Occorre dunque dichiararlo ammissibile.

B. Nel merito

38. I ricorrenti denunciano un’ingerenza del potere legislativo nel funzionamento del potere giudiziario, data l’adozione e l’applicazione nei loro confronti dell’articolo 5 bis della legge n. 359 del 1992.

39. Il governo non ha presentato osservazioni su questo punto.

40. La Corte ribadisce che se in linea di principio non è vietato al potere legislativo regolamentare la materia civile con nuove disposizioni aventi effetto retroattivo, i diritti derivanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e la nozione di processo equo di cui all’articolo 6 della Convenzione si oppongono, salvo ragioni imperiose di interesse generale, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia allo scopo di influenzare la conclusione giudiziaria della controversia (Zielinski e Pradal & Gonzales c. Francia [GC], n. 24846/94 e da 34165/96 a 34173/96, paragrafo 57, CEDU 1999-VII; Raffinerie greche Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, sentenza del 9 dicembre 1994, serie A n. 301-B; Papageorgiou c. Grecia, sentenza del 22 ottobre 1997, Racc. 1997-VI).

41. Essa constata che l’articolo 5 bis ha semplicemente eliminato retroattivamente una parte essenziale dei crediti di compensazione, di importi elevati, che i proprietari dei terreni espropriati, come i ricorrenti, avrebbero potuto reclamare agli esproprianti. A tale riguardo, la Corte ricorda di avere appena constatato che la compensazione accordata ai ricorrenti non era adeguata, visto l’importo modesto e che non ci sono ragioni di pubblica utilità tali da giustificare una compensazione inferiore al valore di mercato del bene (Scordino c. Italia (n. 1), summenzionato, paragrafi 126-131).

42. D’altra parte, l’applicazione della legge controversa non si basa “su un interesse generale ed imperioso„ che possa giustificare l’effetto retroattivo.

43. Pertanto vi è stata violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione.

3. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

44. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

“Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto nazionale della parte contraente non permette di eliminare se non in modo imperfetto le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte danneggiata, se occorre, un’equa soddisfazione.„

A. Danno

45. I ricorrenti richiedono una somma che corrisponde a quella che avrebbero ottenuto se l’articolo 5 bis della legge n. 359 del 1992 non fosse stato applicato al loro caso, cioè la differenza tra il valore di mercato del terreno e l’importo dell’indennità accordata, più gli interessi. Essi basano le loro pretese sulla perizia ordinata in prima istanza, che non è stata presa in considerazione dalla Corte d’appello (paragrafi 11, 14 e 15 di cui sopra).

46. Riguardo al danno morale, i ricorrenti si rimettono alla saggezza della Corte.

47. Il governo non ha commentato le pretese dei ricorrenti.

48. Ispirandosi a criteri generali enunciati nella giurisprudenza relativa all’articolo 1 del Protocollo n. 1 (Scordino c. Italia (n. 1) summenzionato, paragrafi 93-98; Stornaiuolo c. Italia, n. 52980/99, paragrafo 61, 8 agosto 2006; Mason ed altri c. Italia (soddisfazione equa), n. 43663/98, paragrafo 38, 24 luglio 2007), la Corte ritiene che, nella fattispecie, l’indennità d’espropriazione adeguata avrebbe dovuto corrispondere al valore di mercato del bene al momento della privazione di quest’ultimo.

49. La Corte accetta quindi di accordare una somma che corrisponde alla differenza tra il valore del terreno e l’indennità ottenuta dai ricorrenti a livello nazionale. Quest’ultima deve essere comprensiva degli interessi atti ad indennizzare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo che è trascorso dallo spossessamento del terreno. Secondo la Corte, questi interessi dovrebbero corrispondere all’interesse legale semplice applicato sul capitale progressivamente rivalutato.

50. La Corte deve tenere conto del fatto che A.B., di cui i ricorrenti sono gli eredi, era proprietario del terreno controverso solo per tre quarti (paragrafo 5 di cui sopra). In mancanza di indicazioni contrarie, la Corte ritiene che i ricorrenti siano legittimati a ricevere un’equa soddisfazione soltanto nella misura del 75% rispetto al valore del terreno oggetto della causa.

51. Essa accorda quindi un importo che corrisponde alla differenza tra il valore mercantile del terreno nel 1980, epoca dell’espropriazione, come considerata dalla Corte d’appello (paragrafo 15 di cui sopra), e l’indennità ottenuta a livello nazionale (paragrafo 16 di cui sopra), più gli interessi diretti a compensare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo che è trascorso dallo spossessamento del terreno.

52. Tenuto conto di questi elementi, e deliberando all’equità, la Corte ritiene ragionevole accordare ai ricorrenti congiuntamente la somma di 1 800 000 EUR, oltre l’importo che può essere dovuto a titolo d’imposta su questa somma, per pregiudizio materiale.

53. Quanto al pregiudizio morale, nella fattispecie, la Corte ritiene che quest’ultimo sia sufficientemente risarcito dalla constatazione della violazione (mutatis mutandis, Housing Association of War Disabled and Victims of War of Attica ed altri c. Grecia (equa soddisfazione) n. 35859/02, paragrafo 32, 27 settembre 2007).

B. Spese e costi

54. I ricorrenti richiedono il rimborso delle spese della procedura instaurata contro il Ministero della giustizia ai sensi della “legge Pinto„ per lamentare la durata eccessiva della procedura. L’importo richiesto ammonta a 4 478,73 EUR

55. Il governo non ha presentato commenti su questo punto.

56. Secondo la giurisprudenza della Corte, l’assegnazione delle spese e dei costi ai sensi dell’art. 41 presuppone che sia stata stabilita la realtà, la necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Inoltre, le spese di giustizia sono ricuperabili soltanto nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, ad esempio, Beyeler c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 33202/96, paragrafo 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], n. 30943/96, paragrafo 105, CEDU 2003-VIII).

57. La Corte, con decisione del 1° aprile 2004, ricorda di avere dichiarato inammissibile l’addebito dei ricorrenti relativo alla durata della procedura. Perciò, le pretese dei ricorrenti devono essere respinte poiché non si riferiscono alle violazioni constatate.

C. Interessi moratori

58. La Corte giudica appropriato calcolare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti di percentuale.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

1. Dichiara, per il resto, ammissibile il ricorso;

2. Afferma che vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1;

3. Afferma che vi è stata violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione;

4. Afferma

a) che lo Stato convenuto deve versare ai ricorrenti, entro tre mesi dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44, paragrafo 2, della Convenzione, 1 800 000 EUR (unmilioneottocentomila euro) per danno materiale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo d’imposta;

b) che, a decorrere dalla scadenza del suddetto termine e fino al pagamento, questo importo dovrà essere maggiorato di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, maggiorato di tre punti di percentuale;

5. Respinge la domanda di equo risarcimento per l’eccedenza.

Fatto in francese, quindi comunicato per iscritto il 10 giugno 2008, in applicazione dell’articolo 77, paragrafi 2 e 3 del regolamento.

Sally Dole Françoise Tulkens

Cancelliere presidente

SENTENZA BORTESI ED ALTRI C. ITALIA