Chi di social perisce di social guarisce?
Sara ha 15 anni, la vita ha lasciato i segni di grandi paure, ma Sara non ha paura di mostrarli.
Sara non si nasconde, e non presta il fianco ai casi-ni quotidiani che vorrebbero renderla muta per torturala meglio.
Sì, questo buio ha fame, la stessa fame che le ha tolto. Ma non le ha tolto la dolcezza. Non è un 1-0, è una lotta in cui per ora lei sembra avere la peggio. Ma in quanto a stile vince lei di netto.
Sara è arrabbiata, ma il suo volto non è duro, non è muto. Sara ha pensieri neri, ma le sue labbra sono bellissime, sono grandi e sono il disegno di un cielo abile, di un rosa generoso di parole di luce.
A dire il vero Sara, ora come ora, meriterebbe solo di ricevere ma lei ha scelto di essere “una persona dalla quale trarre un insegnamento”. In pratica ha preso il suo pacchetto di dolore, gli ha tolto la vergogna, e ha deciso di metterlo lì a disposizione di chi, giovane o adulto che sia, possa ritrovarsi oppure sentirsi sollevato per non stare poi così malaccio.
E qui, sulla definizione di adulto, facciamo che vale solo la regola anagrafica. Se pensiamo ai percorsi della consapevolezza, in tante vite si resta all’inizio anche nei pressi della fine.
Le storie di dolore hanno il limite di tutte le cose che vengono da grandi calderoni: si ha sempre la sensazione che non valga la pena raccontarle, e forse neanche affrontarle, per quello sfinimento che dà ciò che si è già visto, sentito dire. Ma tutto cambia se si inizia a sentire col cuore. Una sola persona che ti ascolta davvero e quel palloncino vuoto prende forma. Quella fame di vita, quasi spenta, riconosce ancora quel languorino di meraviglia.
Lo stupore non puoi perderlo a 15 anni, non è giusto. Così si dice. Ma non è giusto mai. Ci sono persone di 80 anni che ci parli e ti sale la serotonina (NDR che fa rima con Esterina).
Ma Sara sta per entrare in quella che va ricordata per tutta la vita come l’Estate dei 16 anni che ha fatto sopravvivere il cornetto Algida a molte intemperie sociali. Perché, comunque vada, per tutta la vita, in ogni vacanza estiva spererai di ritrovare quella magia.
In questi ultimi anni, a Sara sono state passate carte pessime. Non le ha scelte: una casa andata letteralmente in fumo in un’ora, mentre la sua mamma combatteva già su fronti di non poco momento. Una specie di accanimento narrativo con tocchi di inverosimile che Sara racconterà a piccoli passi. E se sei adolescente e non te la senti di fare il tuo mestiere, cioè lamentarti, perché tutto è troppo complesso, resti muto e apri crepe. Ma quando si aprono crepe dentro possono entrarci i vermi, e così in quelle crepe è entrato il bullismo a scuola, la percezione di inadeguatezza e la voglia di divenire via via trasparente, pari solo alla voglia di essere vista davvero.
Sara si è messa le cuffie, ha smesso di mangiare, certi giorni fa fatica a respirare perché persino l’ossigeno le pare invadere il suo corpo. Non tollera le parole, i rumori, le interferenze, l’orario dei pasti. Ma continua a stare bene con la sua musica. E dentro a quelle cuffie ha riposto il sentore delle emozioni.
Francamente, io non me ne infischio.
Non mi soffermerò più di un rigo su chi in quelle maledette chat di bulli l’ha dipinta come non era, usando la creatività in modo macabro e sporco.
Sono 15 anni anche quelli dei bulli. Non è dato sapere se siano persino più difficili dei suoi. Ma, chi aveva una certa dose di fantasia ha deciso di adoperarla così, e spero che nella sua vita usi differentemente le sue attitudini.
Sara nella sua estate dei 16 anni ha deciso che, anche se va tutto male, userà la sua voce per cantare e per raccontare, con l’augurio di incoraggiare chi la segue con la sua guarigione.
E Sara, quando a te ascoltandola verrebbe da toglierti un sassolino dalla scarpa e lanciarlo contro chi ha inferto ingiustizie, oltre ogni destino contorto, dice: “se voglio combattere i pregiudizi non posso stigmatizzare chi ha sbagliato”.
Perché Sara ha 15 anni, ma non improvvisa.
Sara, svegliaci, che è l’estate dei tuoi 16 anni
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