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Cina e Russia amiche per la pelle?

Non proprio: chiedere ai siberiani
lago Bajkal
lago Bajkal

Nell’ultimo decennio gli investimenti dei cittadini cinesi nella regione del Bajkal hanno fatto storcere il naso ai siberiani, ma non (ancora) al Cremlino – impegnato a non guastare la liaison con Pechino. La sintonia sino-russa sarà resistente all’acqua?

Gli jakuti lo chiamavano “lago ricco” (Bay göl), mentre i buriati vi si riferivano con l’appellativo di “mare sacro” (Dalai-Nor)1. Si tratta del lago più antico al mondo, le cui “chiare e dolci acque” ricche di ossigeno – causa ed effetto di un ecosistema unico al mondo – contengono circa il 23%2 delle riserve superficiali globali di acqua potabile. Parlare del lago Bajkal significa dunque parlare di un vero e proprio patrimonio dell’umanità. Non solo perché il titolo gli è stato riconosciuto formalmente dall’UNESCO nel 1996, ma soprattutto per il valore di risorsa naturale che è fondamentalmente propedeutica alla vita sulla Terra. Senza il “lago ricco”, insomma, l’umanità si ritroverebbe considerevolmente più povera.

Nella sua storia plurimillenaria, il Bajkal ha affiancato una funzione eminentemente idrico-naturale ad un ruolo più squisitamente geografico: ciò si è verificato in particolare sul finire del XVII secolo, quando lo zar Pietro I firmò con il regnante cinese Kangxi il trattato di Nerčinsk3 per fissare nero su bianco i confini territoriali tra i due enormi imperi confinanti, quale preludio per l’approfondimento delle relazioni commerciali bilaterali. La linea di frontiera fu posizionata presso la porzione settentrionale del fiume Argun’, fino alla confluenza con il Šilka: l’accordo sancì che il Bajkal sarebbe rimasto saldamente sotto il controllo russo, conservando però una significativa vicinanza al confine con la Mongolia. O meglio, con le “due Mongolie”: da una parte lo Stato sovrano proclamato dai filo-sovietici nel 1924 con capitale Ulan Bator, e dall’altra la “Mongolia interna” – con capitale Hohhot – che costituisce l’appendice settentrionale della Repubblica Popolare Cinese. La distanza tra il Bajkal e la cittadina-avamposto cinese di Manzhouli è ad oggi di circa 680 km, all’incirca la stessa misura che separa l’ex capitale imperiale San Pietroburgo da Mosca. Una lontananza che rimane relativamente sicura, ma che nella pratica si è rivelata assai meno inibente del previsto.

Il Bajkal è la punta di diamante di una regione, la Siberia, che ha tutto ciò che teoricamente servirebbe alla Cina: un territorio immenso, prevalentemente disabitato, con abbondanza di risorse idriche ed energetiche. La paventata “incursione” cinese ha inizialmente assunto le sembianze dell’iniziativa imprenditoriale privata, specialmente nella regione di Irkutsk – dove i cittadini dell’ex Impero Celeste hanno consolidato il loro ruolo di investitori esteri di riferimento, specialmente nel settore turistico lacustre. La goccia che ha fatto traboccare il lago è stata il primo mega-progetto coinvolgente in maniera diretta le acque del Bajkal: l’intenzione della società AquaSib4, formalmente russa ma detenuta dalla cinese Lake Baikal Water Industry di Daqing, era infatti quella di costruire un impianto in grado di assorbire 190 milioni di litri d’acqua potabile del Bajkal all’anno. Il liquido sarebbe stato poi imbottigliato e commercializzato in gran parte sui mercati alimentari di Cina e Corea del Sud.

“Sarebbe”, perché appunto la questione ha scoperchiato il vaso di Pandora del risentimento dei russo-siberiani nei confronti di Pechino. Nel giro di pochi mesi, una petizione online rivolta al Governo di Mosca ha raccolto più di un milione e mezzo di firme, con l’obiettivo di interrompere la costruzione dell’impianto e, come se non bastasse, introdurre una norma ad personam (o, per meglio dire, ad populum) che impedisse ai cittadini cinesi di acquistare altra terra: non solo in prossimità di laghi e fiumi, ma anche in prossimità di boschi, dato che i cinesi vengono accusati di essere la longa manus dietro il disboscamento di ettari di taiga. Il ribollimento siberiano non poteva non impensierire l’establishment moscovita, che attraverso l’allora capo del Governo Dmitri Medvedev si affrettò a dichiarare il proprio (cautissimo) dissenso avverso l’opera. Così, nel marzo 2019 (appena due mesi dopo la posa), una corte di Irkutsk ordinò la sospensione della costruzione dell’impianto, ufficialmente a causa della “assenza di una valutazione complessiva dell’impatto ambientale”. Come prevedibile, il provvedimento giudiziario ha di fatto costituito la pietra tombale della controversa opera.

Per la cronaca: nel 2013 ad aver chiuso i battenti era stata invece la cartiera di Bajkal'sk5, finita sotto la luce dei riflettori per aver scaricato, nell’arco di mezzo secolo (dal 1966) cloro e altre sostanze chimiche dal processo produttivo direttamente nel Bajkal. In quest’ultimo caso ad averla vinta non furono gli ambientalisti, bensì i creditori dell’azienda, che decisero di azionare la procedura di insolvenza per recuperare i 52 milioni di dollari dovuti loro.

Calmatesi (quasi letteralmente) le acque dell’affaire AquaSib, l’ombra del Dragone è però tornata a inquietare la popolazione della Siberia sud-orientale negli ultimi mesi: stavolta in ballo c’è la costruzione di due impianti di energia idroelettrica6 in grado di rifornire la zona compresa tra il lago Bajkal e il fiume Amur – non da ultimo per tenere sotto controllo i fiumi Amur e Zeja, pericolosamente innalzatisi dopo le copiose piogge della scorsa estate. Dal momento che le strutture andranno collocate in due regioni, Amur e Chabarovsk, confinanti con la Repubblica Popolare, è proprio agli investitori cinesi che si sono rivolti gli imprenditori russi. La risposta è stata laconica: investiremo a patto che ci diate una maggioranza di controllo. Invero, un accordo tra i russi e la Ctgc (China Three Gorges Corporation) già c’era, ed era stato firmato nel 2013: il valore del contratto si aggirava sui 230 miliardi di rubli (circa 3 miliardi di dollari), a condizione che fossero i russi ad avere il 51% del controllo delle nuove strutture. Nel 2016, tuttavia, i cinesi decisero di tirarsi indietro. Una mossa, quella, destinata a tramutarsi nel rilancio in esame, che ha fatto storcere il naso sia a quanti lamentano una compromissione dell’interesse nazionale, sia a quei siberiani che ormai associano l’imprenditoria cinese a una forma legalizzata di sottrazione di acqua (e legname) – poco importando in tale sede se la (sino)fobia in questione sia corroborata dai fatti: in politica, dopotutto, è ciò che appare ad avere importanza.

Il Bajkal pare quindi essere diventato l’epicentro di uno scontro russo-cinese in tendenziale controtendenza rispetto all’armonia raggiunta tra Putin e Xi in numerosi altri ambiti (commerciale, politico, militare, etc.).

Al livello ambientale, la questione idrica rientra nel più generale sentimento di ostilità di una grossa fetta della popolazione est-siberiana nei confronti dei vicini cinesi, che a loro dire starebbero cercando di “mettere le mani sul Bajkal” e sui boschi siberiani senza scrupolo alcuno che non risponda ad una sorda logica commerciale. In relazione all’interesse nazionale, il crescente interesse (imprenditoriale) cinese verso le risorse “di confine” – ivi incluse quelle idriche – non può non interessare il Cremlino, che per il momento ha assunto una posizione defilata, se non proprio di laissez-faire. Tuttavia, è verosimile che se le pretese cinesi si faranno più grandiose e ostili (magari coinvolgendo anche il Partito e i c.d. wolf warriors), a Mosca non potranno nascondersi dietro un silenzio sibillino. Non solo per tenere eventualmente a bada la sete del Dragone, ma anche per contenere la vasta fascia di scontento che si verrebbe a creare tra i siberiani in caso di apatia federale.

 

1 Laura Canali, “Traspare-in-te. Secondo Capitolo: il Lago Bajkal,” Limes, 31 maggio 2018, https://www.limesonline.com/rubrica/traspare-in-te-secondo-capitolo-il-lago-bajkal.

2 “Lake Baikal Morphometric Data,” INTAS Project 99-1669, https://users.ugent.be/~mdbatist/intas/morphometry.htm.

3 “Nerčinsk e Kiachta, Trattati di,” Treccani, consultato il 7 gennaio 2022, https://www.treccani.it/enciclopedia/nercinsk-e-kiachta-trattati-di_(Dizionario-di-Storia)/.

4 “Russian Prosecutors Seek to Stop Chinese Bottling Factory at Lake Baikal,” Moscow Times, 11 marzo 2019, https://www.themoscowtimes.com/2019/03/11/russian-prosecutors-seek-to-stop-chinese-bottling-factory-at-lake-baikal-a64771.

5 Alexander Panin, “Polluting Baikal Paper Mill Finally Shuts Down,” Moscow Times, 13 ottobre 2013, https://www.themoscowtimes.com/2013/10/13/polluting-baikal-paper-mill-finally-shuts-down-a28543.

6 Vladimir Rozanskij , “Beijing Takes on Russian Hydroelectric Plants,” AsiaNews, 14 settembre 2021, https://www.asianews.it/news-en/Beijing-takes-on-Russian-hydroelectric-plants-54049.html.