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Art. 49

Integrazione del contraddittorio

1. Quando il ricorso sia stato proposto solo contro taluno dei controinteressati, il presidente o il collegio ordina l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri.

2. L’integrazione del contraddittorio non è ordinata nel caso in cui il ricorso sia manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato; in tali casi il collegio provvede con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’articolo 74.

3. Il giudice, nell’ordinare l’integrazione del contraddittorio, fissa il relativo termine, indicando le parti cui il ricorso deve essere notificato. Può autorizzare, se ne ricorrono i presupposti, la notificazione per pubblici proclami prescrivendone le modalità. Se l’atto di integrazione del contraddittorio non è tempestivamente notificato e depositato, il giudice provvede ai sensi dell’articolo 35.

4. I soggetti nei cui confronti è integrato il contraddittorio ai sensi del comma 1 non sono pregiudicati dagli atti processuali anteriormente compiuti.

Bibliografia. A. Liberati, Il Nuovo Diritto Processuale Amministrativo, IV volume, CEDAM, 2010; V. Lopilato – A. Quaranta, Il processo amministrativo. Commentario al Decreto Legislativo 104/2010, Giuffrè, 2011.

 

Sommario. 1. L’integrazione del contraddittorio e la connessione con l’articolo 27 CPA 2. La notificazione per pubblici proclami. 3. Gli atti processuali anteriormente compiuti.

 

1. L’integrazione del contraddittorio e la connessione con l’articolo 27 CPA

L’istituto in esame opera a garanzia del contraddittorio tra le parti e va esaminato in simbiosi con l’articolo 27 CPA secondo cui “Il contraddittorio è integralmente costituito quando l’atto introduttivo è notificato all’amministrazione resistente e, ove esistenti, ai controinteressati. Se il giudizio è promosso solo contro alcune delle parti e non si è verificata alcuna decadenza, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre entro un termine perentorio. Nelle more dell’integrazione del contraddittorio il giudice può pronunciare provvedimenti cautelari interinali”.

L’articolo 49 CPA esordisce statuendo che, nell’ipotesi in cui il contraddittorio non sia integro (e, ovviamente, non si siano verificate decadenze), il giudice monocratico e/o il collegio ne ordinano l’integrazione, “fissando un termine perentorio ai sensi del comma III e indicando le parti nei cui confronti l’integrazione è disposta” (V. Lopilato – A. Quaranta).

 

2. La notificazione per pubblici proclami

Il giudice, ordinando l’integrazione del contraddittorio, fissa il termine e individua le parti destinatarie della notifica del ricorso. Se ne ricorrono i presupposti, il giudice può finanche disporre la integrazione del contraddittorio attraverso la notificazione per pubblici proclami: quest’ultima, come noto, opera nelle ipotesi in cui la notificazione ordinaria “sia sommariamente difficile per il rilevante numero dei destinatari o per la difficoltà di identificarli tutti” (articolo 150 c.p.c.). La valutazione e la scelta delle modalità di notificazione per pubblici proclami sono demandate alla discrezionalità del giudice.

 

3. Gli atti processuali anteriormente compiuti

Il destinatario dell’integrazione del contraddittorio non può essere pregiudicato dagli atti processuali compiuti anteriormente all’integrazione e dal relativo termine a difesa. A tal uopo “il già richiamato articolo 27 del codice prevede che nelle more della integrazione le misure cautelari possano essere solo interinali, con ciò dovendosi intendere che le relative istanze dovranno comunque essere oggetto di nuova delibazione una volta integrato il contraddittorio” (V. Lopilato – A. Quaranta).

 

Il punto di vista dell’Autore

Il secondo comma dell’articolo 49 CPA detta una chiara regola di economia processuale secondo cui “L’integrazione del contraddittorio non è ordinata nel caso in cui il ricorso sia manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato; in tali casi il collegio provvede con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’articolo 74”.

Inusitatamente la norma in questione lascia prevalere le ragioni di celerità del processo rispetto alle primarie esigenze, costituzionalmente garantite, di tutela del contraddittorio e del giusto processo.

Questo primato, seppur controverso, dell’economia processuale potrebbe avere una sua ragione d’esistenza e non dovrebbe, al netto di alcuni orientamenti dottrinali, tramutarsi obbligatoriamente in una violazione della carta costituzionale. I sostenitori di questa disposizione, difatti, ritengono che la stessa non violi il contraddittorio perché l’accertamento della irricevibilità, dell’inammissibilità, dell’improcedibilità o infondatezza del giudizio non arrecherebbe alcun danno alla parte controinteressata pretermessa: “nell’eventuale secondo grado poi la decisione potrà essere confermata con ribadito esito compiutamente positivo per la parte pretermessa oppure in caso di riforma non potrà che farsi applicazione dell’articolo 10 CPA con rimessione innanzi al primo giudice e quindi con celebrazione della causa a contraddittorio integro sin dal primo grado” (V. Lopilato – A. Quaranta).