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Art. 4

Giurisdizione dei giudici amministrativi

1. La giurisdizione amministrativa è esercitata dai tribunali amministrativi regionali e dal Consiglio di Stato secondo le norme del presente codice.

Bibliografia. Patroni Griffi F., Una giustizia (amministrativa) in perenne trasformazione: profili storico-evolutivi e prospettive, 2016, in www.giustizia-amministrativa.it; Pajno A., Il giudice amministrativo italiano come giudice europeo, in Dir. Proc. Amm., 2/2018; Police A., L’avvocato amministrativista e il suo ruolo nella semplificazione dei rapporti con la P.A., in AA. VV., La professione del giurista – Scritti in onore di Luigi Manzi, Napoli, ESI, 2018.

 

Sommario. 1. Rinvio. 2. La cornice costituzionale. 

 

1. Rinvio

Con l’articolo 4 il legislatore ha sottolineato l’attribuzione, sulla base dell’art. 125 della Costituzione relativo al doppio grado, ai due “plessi” distinti dei Tribunali Amministrativi Regionali e del Consiglio di Stato, della giustizia amministrativa.

Il funzionamento è affidato alla magistratura amministrativa, il cui ruolo è unico, articolato nelle varie qualifiche, come stabilito nella Tabella allegata alla L. n. 186 del 1982, legge che attualmente, “in attesa del generale riordino dell’ordinamento della giustizia amministrativa” (come recita l’art. 7, comma 1), è la fonte normativa principale della materia. Sul piano della normazione secondaria, il testo di riferimento è il Regolamento di Organizzazione degli Uffici Amministrativi della giustizia amministrativa, approvato con Decreto del Presidente del Consiglio di Stato 29 gennaio 2018 n. 9.

Le relazioni strutturali con le altre istituzioni dello Stato sono molteplici e, per vari aspetti, più intense di quelle vigenti per la giurisdizione ordinaria. 

Sotto un primo profilo, è il Presidente del Consiglio, e non il Ministro della Giustizia, il “referente” istituzionale della giustizia amministrativa. Al capo del Governo sono, infatti, attribuiti una serie di importanti competenze, tra le quali spicca “l’alta sorveglianza” su tutti gli uffici e su tutti i magistrati - sui risultati della quale egli riferisce annualmente al Parlamento con una relazione sullo stato della giustizia amministrativa (art. 31 della L. n. 186/1982) – oltre alla contitolarità, in via disgiunta con il Presidente del Consiglio di Stato, dell’azione disciplinare.  Allo stesso Presidente del Consiglio spetta poi, previa delibera del Consiglio dei Ministri e sentito il parere del Consiglio di Presidenza, di formulare al Presidente della Repubblica la proposta di nomina del Presidente del Consiglio di Stato. La prassi generalmente seguita prevede che il Consiglio di Presidenza indichi un solo candidato, ma si è verificato, anche di recente, che il capo del Governo richieda la formulazione di una “rosa” di nomi, riportando la scelta alla propria autonoma valutazione. 

Un altro momento significativo di raccordo tra la Giustizia amministrativa e le altre istituzioni dello Stato è rappresentato dalla previsione della nomina, da parte del Parlamento, di quattro componenti laici del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, che è l’organo di autogoverno corrispondente, in quest’ambito, al Consiglio Superiore della Magistratura. L’art. 7 della L. n. 186/1982, come innovata, in questa parte, dalla L. n. 150/2005, prevede che i componenti laici vengano scelti tra i professori ordinari di materie giuridiche o tra avvocati con almeno venti anni di esercizio professionale. Gli altri componenti del Consiglio di Presidenza sono il Presidente del Consiglio di Stato (che lo presiede) quattro magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato e sei magistrati in servizio presso i Tribunali Amministrativi Regionali, nonché quattro magistrati supplenti. La nomina dei componenti in rappresentanza dei magistrati è elettiva, il mandato è di quattro anni e non è consentita l’immediata rieleggibilità. 

Alle sedute nelle quali possono essere adottate misure finalizzate ad assicurare la migliore funzionalità del processo amministrativo telematico partecipano, con diritto di voto, il Presidente aggiunto del Consiglio di Stato ed il Presidente di Tribunale Amministrativo Regionale con la maggiore anzianità di ruolo.

Il Consiglio di Presidenza ha piena competenza sullo stato giuridico dei magistrati amministrativi e sul conferimento degli incarichi. Approva il bilancio e il conto consuntivo della G.A., formula proposte per l’adeguamento delle strutture e dei servizi, delibera in materia di piante organiche del personale di magistratura e formula direttive ai presidenti degli uffici giudiziari per l’organizzazione dell’attività giurisdizionale; infine, stabilisce criteri e modalità per la fissazione dei carichi di lavoro dei magistrati.

 

2. La cornice costituzionale

Nella nostra Carta fondamentale la materia è trattata in modo articolato, in norme che attengono al ruolo del giudice e in particolare, dei giudici speciali, in disposizioni relative all’azione e all’assetto della giurisdizione amministrativa. Con riferimento specifico all’ordinamento della G.A., appare necessario richiamare:

- art. 100, comma 1, che definisce il Consiglio di Stato “organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione”;

- art. 100, comma 3, che affida alla legge il compito di assicurare l’indipendenza del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti e dei loro componenti di fronte al Governo;

- art. 103, comma 1, che riserva al Consiglio di Stato e agli altri organi di giustizia amministrativa la giurisdizione “per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi”;

- art. 111, comma 8, il quale prevede il ricorso in Cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato (e della Corte dei Conti) per i soli motivi attinenti alla giurisdizione;

- art. 125, nel quale si dispone che “nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l’ordinamento stabilito con legge della Repubblica”.

Stretta attinenza con queste disposizioni ha l’art. 108, comma 2, che affida sempre alla legge il compito di assicurare l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali.

Si coglie dunque una prima rilevante distinzione tra l’ordinamento giudiziario ordinario e quello della giurisdizione amministrativa. Mentre nel primo ambito si riconosce che la magistratura costituisce “un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere” (art. 104, comma 1) e, in conseguenza di ciò, è la stessa Costituzione a prevedere e disciplinare l’organo preposto ad assicurare tale posizione istituzionale (ovvero il Consiglio Superiore della Magistratura, art. 104, commi 2 e ss.), nel secondo ambito la garanzia costituzionale non si spinge a riconoscere l’autonomia dei giudici ma è limitata alla loro indipendenza, ed è il legislatore ordinario a individuare le forme e i modi.

 

Il punto di vista dell’Autore

Il “sistema” giustizia amministrativa conta anche su rapporti di condivisione e collaborazione tra la componente della magistratura e quella degli avvocati. Soprattutto l’implementazione ed il funzionamento a regime del processo amministrativo telematico ha visto le due componenti collaborare attivamente nell’ottica di una graduale ottimizzazione del telematico, dopo un primo periodo transitorio. Oggi sono in itinere alcune proposte da parte dell’Unione Nazionale Avvocati Amministrativisti che si dirigono verso una duplice direzione. A livello centrale, si tratta di creare, nell’ambito del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, una Consulta Forense, che funga da raccordo permanente tra il vertice dell’autogoverno della magistratura amministrativa ed il foro amministrativistico, nelle sue due componenti, quella istituzionale (il Consiglio Nazionale Forense) e quella associativa. Le relative funzioni potrebbero essere mutuate, almeno in parte, da quelle dei Consigli giudiziari del plesso della giustizia ordinaria. A livello periferico si propone di creare, presso ogni T.A.R., un Consiglio giudiziario amministrativo, con le stesse funzioni della Consulta centrale, naturalmente riferite al singolo distretto giudiziario. La composizione dovrebbe vedere applicato un criterio di pariteticità tra le due componenti, ferma restando la presidenza in capo al magistrato di vertice del Tribunale. L’organismo opererebbe, in primo luogo, per individuare le buone pratiche per ottimizzare le attività, prevalentemente attraverso protocolli d’intesa. Attraverso questi nuovi organismi si dovrebbero incentivare quelle capacità di dialogo e di sinergia con le istituzioni e la società civile, necessarie per soddisfare al meglio le effettive esigenze di giustizia nei rapporti con l’amministrazione pubblica ed utili anche a migliorare l’immagine che hanno i cittadini di questo imprescindibile strumento di democrazia.