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Art. 20

Obbligo di assumere l’incarico e ricusazione

1. Il verificatore e il consulente, se scelto tra i dipendenti pubblici o tra gli iscritti negli albi di cui all’articolo 13 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, hanno l’obbligo di prestare il loro ufficio, tranne che il giudice riconosca l’esistenza di un giustificato motivo.

2. Il consulente, o il verificatore, può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell’articolo 51 del codice di procedura civile. Della ricusazione conosce il giudice che l’ha nominato.

Bibliografia. A. Liberati, Il Nuovo Diritto Processuale Amministrativo, IV volume, CEDAM, 2010; V. Lopilato – A. Quaranta, Il processo amministrativo. Commentario al D.lgs. 104/2010, Giuffrè, 2011; A. Lugo, Manuale di diritto processuale civile, Milano, 2009; C. Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, Torino, 1998; S. Pieroni, Commento all’articolo 20, in Codice del processo amministrativo, a cura di G. Ferrari – R. Garofoli, Roma, 2010; S. Satta – C. Punzi, Diritto processuale civile, Padova, 2000, XIII ed.

 

Sommario. 1. L’obbligo di accettare l’incarico. 2. La ricusazione degli ausiliari del giudice.

 

1. L’obbligo di accettare l’incarico

Da una prima lettura dell’articolo 20 CPA, sembra evincersi che il verificatore (organismo pubblico) e il consulente tecnico dipendente pubblico e/o iscritto all’albo del tribunale debbano obbligatoriamente accettare l’incarico “tranne che il giudice riconosca l’esistenza di un giustificato motivo”: vale a dire, queste figure possono rinunciare all’incarico solo in presenza di giustificate cause (motivi d’astensione, ragioni di opportunità, ragioni strettamente personali e indefettibili) che siano adeguatamente vagliate e accolte dal giudice.

Invece i consulenti tecnici privati e/o non iscritti all’albo professionale del tribunale possono rinunciare liberamente all’incarico conferitogli senza dover rappresentare alcuna motivazione.

La norma di rinvio al codice processuale civile prevista dall’articolo 39 CPA, dispone che il verificatore e il consulente siano responsabili civilmente, penalmente e disciplinarmente (ove iscritti ad un apposito albo professionale) nell’esercizio delle proprie funzioni; anche il responsabile dell’organo verificatore, secondo alcuni autori, dovrebbe rispondere del proprio operato nell’esercizio delle funzioni ausiliarie (V. Lopilato – A. Quaranta).

 

2. La ricusazione degli ausiliari del giudice

Il verificatore e il consulente tecnico possono essere ricusati dalle parti ove sussistano le ragioni di astensione dell’articolo 51 c.p.c.

La ricusazione, pertanto, può aversi quando il consulente e/o il verificatore: I) ha interesse nella causa o in un’altra vertente su identica questione di diritto; II) egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori; III) egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori; IV) ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa o ha deposto nella causa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico; V) è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore, gerente di un ente, di una associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa; VI) in ogni altro in cui esistono gravi ragioni di convenienza.

Il termine per il deposito dell’istanza di ricusazione – dinanzi allo stesso giudice che ha disposto la nomina – varia a seconda della figura: nel caso del consulente, opera il termine indicato dal co. II dell’articolo 67 CPA (“con l’ordinanza con cui dispone la consulenza tecnica d’ufficio, il collegio nomina il consulente, formula i quesiti e fissa il termine entro cui il consulente deve comparire dinanzi al magistrato a tal fine delegato per assumere l’incarico e prestare giuramento ai sensi del comma 4”).

Nel caso, invece, del verificatore, l’istanza di ricusazione può essere depositata finchè il verificatore non ha iniziato le operazioni ausiliarie (TAR Calabria – Catanzaro, del 06.11.2018, n. 1883).

Tale soluzione - osserva la dottrina - dovrebbe operare finanche per l’istanza di ricusazione del commissario ad acta (V. Lopilato – A. Quaranta).

L’esaminando procedimento di ricusazione viene deciso con decreto non impugnabile del presidente o del magistrato delegato.

La mancata ricusazione del verificatore/consulente non inficia la validità della decisione successivamente pronunciata dal giudice amministrativo né può essere fatta valere in sede di giudizio di legittimità (Cons. St. del 06.03.2003, n. 1228).

 

Il punto di vista dell’Autore

L’attuale formulazione dell’articolo 20 CPA, meriterebbe di essere ripensata perché prescrive l’onere di motivazione della rinuncia all’incarico solo in capo ai verificatori pubblici e ai consulenti tecnici dipendenti pubblici e/o iscritti all’albo del tribunale. 

A mio avviso, tale onere andrebbe esteso finanche ai consulenti tecnici privati e/o non iscritti ad alcun albo professionale perché il dovere motivazionale, pur appesantendo l’iter procedimentale, assolve a una generale funzione di trasparenza dell’attività giurisdizionale e limita la formazione di eventuali condotte illecite a danno del processo.